La Risiera di San Sabba
La risiera di San Sabba è stata per molti anni uno stabilimento per la lavorazione del riso che giungeva al porto di Trieste attraverso gli scambi commerciali con l’Oriente.
Nel 1930 la fabbrica non esisteva già più e l’imponente complesso era diventato la sede del Regio esercito Italiano.
Di recente ho voluto visitare questo luogo e l’impressione che ne ho avuto, e di un luogo desolato, vuoto, si respira un'aria di sofferenza ed inquietudine....non si può rimanere indifferenti, quasi che le mura stesse, si vergognassero di quello che era stato perpetrato al loro interno.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 la Venezia Giulia cessa di far parte dello Stato italiano e diventa protettorato del Reich, l’operazione è stata consentita con la complicità dei vecchi e nuovi fascisti che hanno consegnato Trieste e L’Istria alla Germania.
Pochi mesi sono serviti ai tedeschi per trasformare un luogo che dava lavoro e sostentamento in un luogo di smistamento, prigionia, torture e morte. Le SS del commando T4, uno dei nuclei più selezionati e potenti del sistema nazista, preposto all’eliminazione in Europa di malati di mente, ebrei e oppositori politici del nazismo.
Durante le azioni di rappresaglia in Istria e sul Carso, dopo aver fatto prigioniero ogni singolo essere umano che trovavano, prima di incendiare le case e gli appartamenti, portavano via tutto quanto potevano animali compresi, e tutto veniva trasportato in risiera. Dopo qualche mese vennero costruite le celle e l’essiccatoio dove prima si essiccava il riso, venne trasformato in un forno crematorio, le opere furono supervisionate dall’esperto in materia Erwin Lambert che aveva già costruito altri forni crematoi, inoltre avevano già a disposizione la ciminiera dello stabilimento alta 40 metri, Nel forno della risiera si potevano bruciare più persone, venne fatto un collaudo il 4 aprile 1944 con 70 cadaveri fucilati il giorno precedente ad Opicina. Con poca spesa e velocemente i tedeschi riuscirono ad organizzare un campo di sterminio, un grande deposito, un magazzino, e la caserma per le loro truppe, le finestre vennero murate il complesso aveva già una recinzione.
Per evitare che la popolazione sentisse le urla dei prigionieri per le percosse inflitte suonavano sempre della musica.
Non sono brava a descrivere nei dettagli come era strutturata e suddivisa la risiera, anche perché a causa del Covid non ho fatto una visita completa.
Ma dopo aver attraversato la biglietteria, (con una signora molto poco disposta, anzi quasi infastidita dalla mia presenza e dalle mie domande), ho visto le celle, piccole buie, in queste celle venivano rinchiusi coloro che erano ritenuti dai tedeschi pericolosi e sospetti, sulle porte delle celle e delle pareti ci sono delle scritte, ho letto che una buona parte le ha cancellate il tempo, l’abbandono, e la polvere, che inizialmente erano veramente tante
Durante le azioni di rappresaglia in Istria e sul Carso, dopo aver fatto prigioniero ogni singolo essere umano che trovavano, prima di incendiare le case e gli appartamenti, portavano via tutto quanto potevano animali compresi, e tutto veniva trasportato in risiera. Dopo qualche mese vennero costruite le celle e l’essiccatoio dove prima si essiccava il riso, venne trasformato in un forno crematorio, le opere furono supervisionate dall’esperto in materia Erwin Lambert che aveva già costruito altri forni crematoi, inoltre avevano già a disposizione la ciminiera dello stabilimento alta 40 metri, Nel forno della risiera si potevano bruciare più persone, venne fatto un collaudo il 4 aprile 1944 con 70 cadaveri fucilati il giorno precedente ad Opicina. Con poca spesa e velocemente i tedeschi riuscirono ad organizzare un campo di sterminio, un grande deposito, un magazzino, e la caserma per le loro truppe, le finestre vennero murate il complesso aveva già una recinzione.
Per evitare che la popolazione sentisse le urla dei prigionieri per le percosse inflitte suonavano sempre della musica.
Non sono brava a descrivere nei dettagli come era strutturata e suddivisa la risiera, anche perché a causa del Covid non ho fatto una visita completa.
Ma dopo aver attraversato la biglietteria, (con una signora molto poco disposta, anzi quasi infastidita dalla mia presenza e dalle mie domande), ho visto le celle, piccole buie, in queste celle venivano rinchiusi coloro che erano ritenuti dai tedeschi pericolosi e sospetti, sulle porte delle celle e delle pareti ci sono delle scritte, ho letto che una buona parte le ha cancellate il tempo, l’abbandono, e la polvere, che inizialmente erano veramente tante
ho sempre letto che, in uno dei recenti lavori di straordinaria manutenzione nelle crepe del cemento sono stati trovati dei pezzetti di carta piccoli scritti ripiegati e indirizzati ai propri cari…..
Due piani sopra le celle, vi erano i laboratori di sartoria e calzoleria delle SS.
Nel cortile interno proprio di fronte alle celle vi era il forno crematorio, fatto saltare in aria dai nazisti nella notte del 28 e 29
aprile 1945, per eliminare le prove dei loro crimini, ora vi è una spirale simbolica in metallo.
Un canale sotterraneo, univa il forno alla ciminiera, in 17 micro- celle catacombali, ossia in uno spazio molto ristretto venivano rinchiuse dalle 4 alle 6 persone, delle vere e proprie anticamere della morte, una di queste celle era usata per le torture.
Si poteva morire per impiccagione, per fucilazione, alcuni furgoni vennero modificati e diventavano camere a gas, o semplicemente con delle mazzate in testa, ma non sempre la mazzata uccideva subito, per cui nel forno finirono persone ancora vive.
I prigionieri scelti per la deportazione venivano invece ammucchiati negli stanzoni di un altro edificio che faceva parte del complesso, alcuni ebrei vennero uccisi sul posto, molti ebrei destinati alla deportazione in Germania venivano rinchiusi in camerate , uomini , donne, bambini anche di pochi mesi che poi finivano nei vagoni piombati diretti ad Auchwits Dachau,Mathausen, i campi del massacro.
Nel quadro principale e organizzativo che riguardava la risiera, vi era lo scopo di fermare i nemici attivi, ossia la resistenza italiana, slovena e croata, che disturbava la continuità geografica e organizzativa dei rifornimenti. Si erano formati dei movimenti politici, tra gli operai, i contadini che convincevano e mobilitavano la popolazione, contro il governo nazista locale.
I tedeschi adottarono la politica del terrore, della violenza senza criterio, della distruzione. La risiera se pur in dimensione ridotte fu una piccola parte di Auschwitz, Di Dachau, di Belsen.
Nel quadro principale e organizzativo che riguardava la risiera, vi era lo scopo di fermare i nemici attivi, ossia la resistenza italiana, slovena e croata, che disturbava la continuità geografica e organizzativa dei rifornimenti. Si erano formati dei movimenti politici, tra gli operai, i contadini che convincevano e mobilitavano la popolazione, contro il governo nazista locale.
I tedeschi adottarono la politica del terrore, della violenza senza criterio, della distruzione. La risiera se pur in dimensione ridotte fu una piccola parte di Auschwitz, Di Dachau, di Belsen.
Alla risiera si giungeva per vie diverse, dalle camere di tortura dell’Ispettorato speciale e delle SS, dai centri speciali dei fascisti, dalle carceri, dalle zone operative o dai villaggi distrutti. Alcuni calcoli fatti con prudenza stimano che le persone scomparse alla risiera siano intorno ai 4-5000.
Quanti prigionieri rastrellati, precettati con la forza, passati per la risiera e poi smistati per i diversi lager, o ai lavori obbligatori di guerra sul confine e nel litorale almeno 20.000, grazie alle tante carte di identità rinvenute nell’edificio al momento della liberazione.
Per migliaia di partigiani, ostaggi, persone rastrellate, fra cui numerose donne e bambini, la Risiera di San Sabba a Trieste, fu la fermata finale, un capolinea deciso dall’arroganza, dalla prepotenza, e dal fanatismo. La risiera di San Sabba è stata poi utilizzata dal 1946, come sede di un campo profughi di immigrati cacciati dalla Jugoslavia per circa una decina d’anni, dal 1965 è ritenuta monumento nazionale.
Per migliaia di partigiani, ostaggi, persone rastrellate, fra cui numerose donne e bambini, la Risiera di San Sabba a Trieste, fu la fermata finale, un capolinea deciso dall’arroganza, dalla prepotenza, e dal fanatismo. La risiera di San Sabba è stata poi utilizzata dal 1946, come sede di un campo profughi di immigrati cacciati dalla Jugoslavia per circa una decina d’anni, dal 1965 è ritenuta monumento nazionale.