il filo dei ricordi-racconti

giovedì 30 ottobre 2014

Peter Ilsted

PETER ILSTED

Mi sono imbattuta per caso in un quadro di Carl Vilhelm Holsøe , mentre cercavo informazioni, scoprivo un altro pittore, Vilhem Hammersoi, e infine il terzo artista, Peter Ilsted.


Non ho trovato moltissime informazioni, su questo pittore, frequentò la Reale Scuola Danese di belle arti con Holsoè e Hammersoi, con  la prima esposizione che 
fece nel 1883,  gli fu  offerta l'opportunità di     accompagnare il conte Reventlow di Braheborg nel suo viaggio in Italia




e in Medio Oriente, grazie a questa conoscenza,  il giovane pittore ha avuto l'opportunità di una visione dettagliata del mondo arabo.
In un acquarello descrive la scena di lettura in una madrasa al Cairo




                       


                                                               
Viaggiò anche in  Francia e Gran Bretagna, Belgio e Olanda.
Nel 1889 ha fondato la mostra " nel mondo" a Parigi, l' anno successivo con gli amici Hammersoi e Holsoe, fondarono la società di arte progressista che nel tempo venne riconosciuta come la " Scuola Danese di Interior Painting", venivano rappresentati interni di case, dando però maggior importanza alla luce.


                                                   
     
Peter Ilsted, è  stato riconosciuto anche come incisore e grafico, molti sono i riconoscimenti che ha avuto in questo campo.

dalla terrazza di Villa d' Este Cernobbio (Como)

La sorella di Peter Ilsted, Ida, ha sposato Vilhelm Hammersoi nel 1893, amico fraterno, che è stato  sicuramente  ispirato e  influenzato dallo stile del cognato, già popolare a quel tempo.


A prima vista le opere di uno, non sembrano scostarsi molto dalle opere dell'altro, Ilsted, pur mantenendo sempre le stesse connotazioni casalinghe,
ritrae per lo più i componenti di una famiglia, 


sembra prevalga la normalità quotidiana, meno studiata, più semplice, 


rappresentando la luce che filtra a caduta dalle finestre, in case poco arredate. 


Sono opere dove traspare il senso di pulizia, mentre le donne, sempre rappresentate di spalle, danno la percezione di essere indaffarate

  

il silenzio viene percepito come pace e tranquillità, si poi si passa alle rappresentazioni di bambini,

           

qui il messaggio dell'opera cambia sembra di sentire il vocio sommesso dei
bambini 


Mentre i quadri di Hammersoi, sono austeri, si trova  una solitudine indecifrabile, è presente l'ordine, spesso una sola persona, nell'insieme si ha una sensazione di distanza.
In fondo la vita dei due pittori era diversa, Hammersoi non aveva figli, Ilsted aveva 3 figlie e un figlio, si era sposato con la figlia di un farmacista, il matrimonio durò 41 anni, morì a 72.


                                                         
                                                                     
Aveva come dono di natura, il senso della tecnica sia nelle opere che dipingeva,  che nelle incisioni.
Per acquisire la metodologia della maniera nera o mezzatinta, si era recato in Inghilterra, dove la tecnica veniva usata nel 17° secolo. Con originalità ha ripreso ed elaborato, e rappresentato molti soggetti dei suoi quadri.



 La sua capacità era quella di sfruttare le sottili gradazioni tra le ombre e la luce brillante, che viene ripresa sulle superfici in cui essa si poggia, tanto da dare l'impressione di essere in una stanza utilizzata.




Lo stile retrò di Ilsted, richiama molto i dipinti di Vermeer, ma i colori tenui, sono spesso associati ad Andrew Wyeth, probabilmente i due artisti, non erano a conoscenza l'uno dell'altro, essendo contemporanei ma geograficamente distanti.





Nella sua vita ha ricevuto notevoli riconoscimenti in Patria, espose le sue opere, anche in buona parte d'Europa, a Londra, in Germania e presso il Salone de Parigi, dove i media europei rimasero colpiti non solo dalle opere di tutti e tre i pittori, ossia della scuola di 
interni Danese, ma dalle stampe d'arte in cui Ilsted aveva raggiunto livelli molto elevati, come incisore.


Dal dopoguerra in poi, però questi tre artisti, molto ben considerati in Patria, in Europa sono stati dimenticati, solo negli ultimi decenni, con alcune retrospettive a New York, in Francia e attraverso percorsi tematici, anche in Italia, hanno rispolverato, i loro successi, per consentirci di vedere un insieme di tante cose, che rendono questi lavori speciali.



giovedì 9 ottobre 2014

LE CANTINE DEL MENDRISIOTTO


E' autunno iniziano a cambiare i colori, mentre mi reco al lavoro, nei paesi della zona del Mendrisiotto, stanno vendemmiando l'uva che diventerà vino, vitigno di uva Merlot.


Io, astemia per scelta e convinzione, demonizzavo il vino in quanto causa di problemi, in caso di abuso.
Una persona mi ha fatto veder l'aspetto da un'altra angolazione e, devo ammettere che saper coltivare la vite e produrre un buon vino è un arte, per cui ho cercato di documentarmi un po


Questa zona, è considerata Terra di vite, e di vignaioli, di cui Mendrisio ne è la capitale, qui la viticultura, è la civiltà dei tralci e del vino, con le antiche cantine, che sono i luoghi adatti alla conservazione.
A Mendrisio, Salorino, Capolago, ma anche ai piedi del Monte Generoso, le cantine, si raggruppano e si sostengono, formano intere vie, che ne prendono il nome.



Sono grotte temperate, in cui il vino si conserva in modo ottimale, una targa posta nelle cantine di Mendrisio è datata 1724.
Sono state definite, nel corso dei secoli, da poeti, e scrittori autorevoli, " Le celle di bacco". Costruite ai piedi di frane di grossa entità, per mantenere una temperatura costante, sfruttando le correnti d'aria che dal monte giungono da sotto le frane, dove vengono raccolte dentro tubi di argilla e incanalate dentro le cantine. Mantenendo cosi l'ambiente fresco che varia di pochissimi gradi con il cambio delle stagioni.
Sono il frutto dell'ingegno e dell'osservazione della natura, le prime a scoprire queste correnti di aria fredda, furono delle pecore, che in giorni estremamente caldi, mettevano la testa in alcuni punti del terreno, incuriosito il pastore, si accorse che l'aria fredda proveniva dall'interno della montagna.



Ogni cantina, ha nella facciata antistante la via, il suo portoncino in legno, delle finestrelle al primo piano, o una panchina addossata al muro.
Sono semplici casette rurali, di uno o due piani, al pian terreno o leggermente interrato si trova il locale della conservazione del vino, dei generi alimentari, carne o formaggio, che viene areato con le prese d'aria situate nelle pareti o nei pavimenti. In alcuni casi, " la cella" si addentra nella profondità della montagna, e in tempi antichi fungeva anche da "Nevera", o ghiacciaia, se riempita con della neve.


Sono state costruite in zone immerse nel verde, fuori dal centro abitato, alcune di esse col passar del tempo si sono convertite anche a grotto, diventando luogo di ristoro, di svago, e di leggende.
Si narra che: Napoleone, dopo aver instaurato la Repubblica cisalpina, giunse a cavallo da Milano per recarsi a Campione, fu il profumo delle robiole di un grotto, che convinsero il Generale e il suo seguito a fare una lunga sosta ristoratrice.
In tempi antichi il grotto, era luogo di aggregazione, guardando alcune cartoline d'epoca, sembra di rivedere la gente attorno ai tavoli di legno, o di sasso, poggiare i robusti avambracci mentre ha tra le mani un tazzinello di vino, il tutto all'ombra di robusti Tigli.



A quei tempi il nostranello appena stillato in tazze di terracotta, veniva accompagnato da un tagliere di salumi, o da un piatto, di trippa.
I grotti erano luoghi, dove vi era la più fervida occasione di incontri, di chiacchiere colte, di strepitose maldicenze. 


C'erano anche grotti severi, per gente di poche parole, che si recava in questi luoghi per svagarsi senza sparlare degli avversari, oppure grotti ilari e balzani, dove le robuste risate, e le canzoni in dialetto, riempivano l'atmosfera, e intanto il vino riempiva le tazze.


Sono stata a cena in compagnia in questi grotti, dove ora per chi lo gradisce portano un antipasto di affettati misti, e primi piatti della cucina tradizionale della nostra zona. 


La carne, brasato, spezzatino, stracotto, rognoni trifolati, salsicce con funghi, vengono accompagnati dalla polenta, oppure la polenta stessa, viene condita con formaggi del luogo e tanto burro di alpeggio, chiamata polenta concia, tipico formaggio è lo Zincarlin, e altri vari tipi di formaggi stagionati di capra, alcuni conservati sott' olio. Una cucina povera sicuramente, ma sostanziosa, e di buon gusto.


Su qualche facciata di queste cantina, si legge ancora, " qui vi sorride l'angolo più bello della terra" oppure, " piccola casa grande quiete " .
L'antico respiro della montagna, svolge naturalmente la propria funzione, ripetendola nel tempo, andando a nozze con la moderna Enologia, fiore all'occhiello di queste zone.


Anche per chi come me non beve vino, visitando questi luoghi, prova la sensazione che la memoria antica, sia ancora presente, immagino gaie brigate che qui dimenticavano le fatiche, sentendosi leggeri. Come dice il detto " il vino fa buon sangue, ma fa tremar le gambe ".




lunedì 6 ottobre 2014

Dedicata a me in un momento difficilissimo

SUPPLICA AD UNA MAMMA TRISTE E DISPERATA.
Il cielo s'accende di grigio,
l'anima muove l'immota materia,
dall'alto di questo antico maniero, è subito Incanto!
Spiaggie simili a granelli d'orati
che il Lario accarezza, portando lontani ricordi!
L'anima. Sogno suadente che sale nel cielo
trasformandosi in stella!
Non prosciugare il mare della speranza,
lascia che le onde dei battelli, possano infrangersi
con violenza sugli scogli!
Continua a bere il chiarore del giorno,
lasciando che le stelle confermino
ancora l'esistenza del mondo!
Oggi, ti sembra sprofondare nel buio
di ribalte senza luci,
nel silenzio delle cronache di giornale,
in scomodi baratri, in continue incertezze.
Passi giorni ha macerare la tua anima nel dubbio,
spesso infranto da stupri di realtà,
dissacrati i tuoi sogni,
asfissiata da falsi egoismi!
Rimane sempre la vita tua, che candida s'invola
fra cieli limpidi dove non c'è guerra, ne miseria,
dove un'uomo continua con mani avvolte nel mistero
a scrivere versi d'amore per te!
Le siepi non lasciano all'angusto sentiero l'incertezza,
ma continuano a guardare il sole!
Tu che ascolti, la campagna addormentata,
il frinire dei grilli, i passi di vecchie comari tra vicoli antichi,
le lucciole con la loro luce alla sera,
il canto della civetta, presagio della notte,
il concerto dei galli, che annunciano l'alba.
Cammineremo ancora sull'angusto sentiero della vita,
popolato da fantasmi che ci deridono beffardi,
elemosineremo felicità,
in un cielo moribondo,
dove lottano sole e luna,
mentre la notte si gode la sua vittoria!
Siedi alla mensa serale dove brucia la legna dell'inverno,
ma bussa alla porta la primavera,
dove il canto dell'usignolo diventa sorgente di pace e oblio!
Il tempo, sfiora con una carezza il tuo viso!
Il sole di questo autunno rende limpido il tramonto
abbracciando i nostri sogni!
L'acqua della fonte ci canta la nenia antica!
Scivolano i nostri cuori sui ricordi,
abbracciati alla malinconia ,

compagna fedele della nostra vita.

IL Castel di Vezio

IL CASTELLO DI VEZIO


Siam partiti di buon'ora, perchè sapevamo che per queste strade sarebbe passato il Giro di Lombardia, infatti durante il percorso, gli addetti del giro iniziavano a mettere i cartelli indicativi dei km.
Vediamo il lago di Pusiano, alla nostra destra, con tanti sportivi che fanno jogging, sulla pista ciclo pedonale a bordo lago, percorriamo la strada e troviamo il lago di Oggiono, ma il nostro percorso continua, iniziamo a salire, facciamo una piccola deviazione ad Abbadia Lariana, una chiesa imponente ci da il benvenuto. 



Ci fermiamo a fare colazione, poi riprendiamo la strada, chiediamo indicazioni ad un signore, che ci invita a continuare ancora un po' con l'auto, dice che troveremo un'altro posteggio, ora i turisti sono diminuiti. Così facciamo, continuiamo ancora un po' dopo aver posteggiato l'auto, troviamo il paese di Vezio, abbarbicato sul colle, i vicoli in pietra stretti,


 le balconate decorate, chiuse dai vetri per sfruttare il più possibile il tepore e lo spazio, 

una signora che dalla sua finestra, senza parlare, ma solo con i cenni, ci indica nuovamente la strada, si lascia fotografare, sorride, proprio dietro ad un angolo troviamo le indicazioni, ci portano senza alcuna fatica alla nostra meta.

La chiesa dedicata S: Antonio, non è visitabile, ci sono in atto lavori di restauro, ma proprio di fronte c'è il cimitero, uno dei più piccoli d'italia, scampato all'obbligo napoleonico, di allontanare i cimiteri dal nucleo abitato, poche le tombe come pochi sono gli abitanti di questo paesino, che durante la stagione invernale, non supera la cifra di cinquanta persone.



Acquistiamo il biglietto, per poter visitare il castello di Vezio, subito alla nostra destra, troviamo una gabbia, all'interno uno degli animali presenti, nel centro di cura e addestramento dei rapaci, un fantastico gufo reale di nome Artù.


Il viale in ghiaia, che costeggia il lato nord del castello, con statue in legno di un artista locale, ci invita al percorso, superiamo un cancello, e davanti ai nostri occhi, si apre un panorama che ci lascia veramente senza parole, il nostro lago si apre in uno scenario che poche altre volte ho visto.


La giornata non è delle migliori, ma è comunque uno spettacolo bellissimo e inaspettato, siamo a strapiombo su Varenna, lo sguardo si alza sul lago di Como, tagliato dalla penisola di Bellagio in due rami.


Alla nostra sinistra troviamo il ramo del lago di Lecco e proprio diritto davanti ai nostri occhi il ramo del lago di Como. In lontananza si vede un'isola che sembrerebbe l'Isola Comacina, discutiamo un po' e poi attraverso le indicazioni che abbiamo sul foglio d'ingresso, scopriamo che è la penisola di Ossuccio.


Ancora una scalinata fiancheggiata da aiuole di erbe aromatiche e qui nel giardino degli ulivi, per la gioia di Riccardo, i rapaci stanno ancora dormendo sopra i loro trespoli, solo un barbagianni, appena ci ha notati, è sceso nascondendosi dietro al tronco dell' albero, siamo riusciti a fotografarli da lontano per non infastidirli. Sono due poiane di Harris, una pojana ferruginosa, e un falco lanario.







Un corridoio in ghiaia delimitato dal parapetto consente di girare intorno al giardino e di osservare ancora il panorama.




Nelle giornate calde il falconiere, in abiti medioevali, consente ai visitatori di assistere alle fasi di addestramento e alle esibizioni in volo, e permette così di poter fare foto particolari a tutti i visitatori.
E' presto, per il momento c'è pochissima gente ....Attraverso un portone entriamo nell'antica fortezza medioevale, davanti a noi una torretta mette in bella mostra parti di armature e di armi.



Come ogni castello, che si rispetti, ha i suoi fantasmi, delicate sculture bianche, fatte di garza e gesso, che vengono realizzate con l'aiuto dei turisti, i quali volontariamente, si mettono in posa stando immobili, per circa 20 minuti, le sculture poi vengono sfilate e lasciate sul luogo finche le nevicate invernali non le distruggeranno.





Nel cortile troviamo totem di legno e ceramica,




 giriamo intorno e proprio alla nostra destra una scala in sasso ci conduce sul ponte levatoio,



 lo attraversiamo, entriamo nella torre difensiva, dove è stata allestita la mostra permanente sul Lariosauro,



 calchi dei vari esemplari trovati nella zona di Perledo e del monte San giorgio in Svizzera, ci raccontano la storia di questo rettile acquatico, ormai estinto, che viveva in queste zone milioni di anni fa.
Attraverso diversi scalini siamo giunti in cima, se da sotto il panorama ci è sembrato molto bello, da quassù, in una giornata più limpida, deve essere ineguagliabile, si può spaziare con lo sguardo a 360°.



La montagna che si alza, dietro il lato nord del castello, ha una vegetazione pressoche alpina, pini, larici,castagni, noccioli, pungitopo, agrifogli.




Mentre il lato che dal lago, sale verso il castello, e il paese, è circondato da una vegetazione mediterranea, tipica dei luoghi dove la temperatura è mite: olivi, agavi, rosmarini, palme e piante grasse.




Il lago influisce sul clima lariano, e consente la crescita di specie vegetali che solitamente si trovano nelle zone del sud, siamo infatti in mezzo ad un uliveto, forse il più a nord del mondo, che produce un olio extravergine di qualità superiore, caratterizzato da una bassissima acidità, raccolto e spremuto, in modo tradizionale dai due unici frantoi che ci sono sul lago, gli è stata riconosciuta la denominazione d'origine protetta d.o.p "Laghi Lombardi Lario", ed ha vinto numerosi concorsi.


Ritornati nel giardino degli ulivi, un sentiero che porta alla parte sud del castello, conduce ai sotterranei di un avamposto, della linea difensiva Cadorna. Costruito durante la prima guerra mondiale, per contrastare una possibile invasione tedesca, era un osservatorio scavato nella roccia, situato in posizione strategica, con moltissime feritoie che consentivano un'ottima visibilità sulle zone sottostanti.


Il nostro percorso di visita è terminato, la sosta alla biglietteria/bar per un caffè, delle cartoline, e non poteva certo mancare una bottiglia di buon olio.
Sapevo che era bello, non mi aspettavo un panorama così superbo, è stata davvero una sorpresa stupenda.