il filo dei ricordi-racconti

mercoledì 19 gennaio 2022

 



La Risiera di San Sabba

La risiera di San Sabba è stata per molti anni uno stabilimento per la lavorazione del riso che giungeva al porto di Trieste attraverso gli scambi commerciali con l’Oriente.

Nel 1930 la fabbrica non esisteva già più e l’imponente complesso era diventato la sede del Regio esercito Italiano.

Di recente ho voluto visitare questo luogo e l’impressione che ne ho avuto, e di un luogo desolato, vuoto, si respira un'aria di sofferenza ed inquietudine....non si può rimanere indifferenti, quasi che le mura stesse, si vergognassero di quello che era stato perpetrato al loro interno.

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 la Venezia Giulia cessa di far parte dello Stato italiano e diventa protettorato del Reich, l’operazione è stata consentita con la complicità dei vecchi e nuovi fascisti che hanno consegnato Trieste e L’Istria alla Germania. 




Pochi mesi sono serviti ai tedeschi per trasformare un luogo che dava lavoro e sostentamento in un luogo di smistamento, prigionia, torture e morte. Le SS del commando T4, uno dei nuclei più selezionati e potenti del sistema nazista, preposto all’eliminazione in Europa di malati di mente, ebrei e oppositori politici del nazismo.
Durante le azioni di rappresaglia in Istria e sul Carso, dopo aver fatto prigioniero ogni singolo essere umano che trovavano, prima di incendiare le case e gli appartamenti, portavano via tutto quanto potevano animali compresi, e tutto veniva trasportato in risiera. Dopo qualche mese vennero costruite le celle e l’essiccatoio dove prima si essiccava il riso, venne trasformato in un forno crematorio, le opere furono supervisionate dall’esperto in materia Erwin Lambert che aveva già costruito altri forni crematoi, inoltre avevano già a disposizione la ciminiera dello stabilimento alta 40 metri, Nel forno della risiera si potevano bruciare più persone, venne fatto un collaudo il 4 aprile 1944 con 70 cadaveri fucilati il giorno precedente ad Opicina. Con poca spesa e velocemente i tedeschi riuscirono ad organizzare un campo di sterminio, un grande deposito, un magazzino, e la caserma per le loro truppe, le finestre vennero murate il complesso aveva già una recinzione.
Per evitare che la popolazione sentisse le urla dei prigionieri per le percosse inflitte suonavano sempre della musica.
Non sono brava a descrivere nei dettagli come era strutturata e suddivisa la risiera, anche perché a causa del Covid non ho fatto una visita completa.
Ma dopo aver attraversato la biglietteria, (con una signora molto poco disposta, anzi quasi infastidita dalla mia presenza e dalle mie domande), ho visto le celle, piccole buie, in queste celle venivano rinchiusi coloro che erano ritenuti dai tedeschi pericolosi e sospetti, sulle porte delle celle e delle pareti ci sono delle scritte, ho letto che una buona parte le ha cancellate il tempo, l’abbandono, e la polvere, che inizialmente erano veramente tante


 ho sempre letto che, in uno dei recenti lavori di straordinaria manutenzione nelle crepe del cemento sono stati trovati dei pezzetti di carta piccoli scritti ripiegati e indirizzati ai propri cari…..



Due piani sopra le celle, vi erano i laboratori di sartoria e calzoleria delle SS.
 Nel cortile interno proprio di fronte alle celle vi era il forno crematorio, fatto saltare in aria dai nazisti nella notte del 28 e 29
aprile 1945, per eliminare le prove dei loro crimini, ora vi è una spirale simbolica in metallo.


 Un canale sotterraneo, univa il forno alla ciminiera, in 17 micro- celle catacombali, ossia in uno spazio molto ristretto venivano rinchiuse dalle 4 alle 6 persone, 
delle vere e proprie anticamere della morte, una di queste celle era usata per le torture.



 Si poteva morire per impiccagione, per fucilazione, alcuni furgoni vennero modificati e diventavano camere a gas, o semplicemente con delle mazzate in testa, ma non sempre la mazzata uccideva subito, per cui nel forno finirono persone ancora vive.
I prigionieri scelti per la deportazione venivano invece ammucchiati negli stanzoni di un altro edificio che faceva parte del complesso, alcuni ebrei vennero uccisi sul posto, molti ebrei destinati alla deportazione in Germania venivano rinchiusi in camerate , uomini , donne, bambini anche di pochi mesi che poi finivano nei vagoni piombati diretti ad Auchwits Dachau,Mathausen, i campi del massacro.
Nel quadro principale e organizzativo che riguardava la risiera, vi era lo scopo di fermare i nemici attivi, ossia la resistenza italiana, slovena e croata, che disturbava la continuità geografica e organizzativa dei rifornimenti. Si erano formati dei movimenti politici, tra gli operai, i contadini che convincevano e mobilitavano la popolazione, contro il governo nazista locale.
I tedeschi adottarono la politica del terrore, della violenza senza criterio, della distruzione. La risiera se pur in dimensione ridotte fu una piccola parte di Auschwitz, Di Dachau, di Belsen.
 Alla risiera si giungeva per vie diverse, dalle camere di tortura dell’Ispettorato speciale e delle SS, dai centri speciali dei fascisti, dalle carceri, dalle zone operative o dai villaggi distrutti. Alcuni calcoli fatti con prudenza stimano che le persone scomparse alla risiera siano intorno ai 4-5000.



Quanti prigionieri rastrellati, precettati con la forza, passati per la risiera e poi smistati per i diversi lager, o ai lavori obbligatori di guerra sul confine e nel litorale almeno 20.000, grazie alle tante carte di identità rinvenute nell’edificio al momento della liberazione.
Per migliaia di partigiani, ostaggi, persone rastrellate, fra cui numerose donne e bambini, la Risiera di San Sabba a Trieste, fu la fermata finale, un capolinea deciso dall’arroganza, dalla prepotenza, e dal fanatismo. La risiera di San Sabba è stata poi utilizzata dal 1946,  come sede di un 
 campo profughi di immigrati cacciati dalla Jugoslavia per circa una decina d’anni, dal 1965 è ritenuta monumento nazionale.

 

domenica 16 gennaio 2022

Per non dimenticare

 

Trieste era stata occupata dalle truppe del Regno d'Italia il 3 novembre 1918, al termine della prima guerra mondiale, e poi ufficialmente annessa all'Italia con la ratifica del Trattato di Rapallo del 1920.
Subito dopo la prima guerra mondiale il Friuli Venezia Giulia risultava una regione colpita duramente.



 Le difficoltà economiche e sociali e il vuoto politico, e la non sentita appartenenza al territorio italiano, hanno disorientato le forze politiche presenti sul territorio.

La mancanza di dialogo tra cattolici e repubblicani e movimenti operai più vicini al partito socialista, hanno creato un vuoto che è stato subito riempito dall’ideologia estremista del nazional socialismo.

L’illusione che questi ideali davano, la sensazione di poter risolvere tutto attraverso la potenza nazionale, risultava affascinante in quella parte della piccola borghesia, che era molto frustrata e arrabbiata con tutti e contro tutti, contro il governo italiano che mancava nell’organizzazione e nella precisione, rispetto al governo austro-ungarico che di Trieste e del Friuli aveva fatto la fortuna, arrabbiata contro i nuovi ricchi, contro i proletari, la piccola borghesia era pronta a difendere uno stato di cose che non esistevano più nella realtà non avevano più nulla da conservare…..

Il programma di uno stato forte e potente, l’espansione economica, la voglia di reprimere le lotte sociali e proletarie, ma soprattutto impedire che la Jugoslavia disponesse di città portuali per evitare qualunque concorrenza economica, furono i temi che convinsero molti cittadini triestini ad aderire al fascio triestino di combattimento, guidati e organizzati da uno dei più esperti e disonesti uomini senza remore morali, chiamato Francesco Giunta. Sotto la guida di questo personaggio iniziano nel 1920 le “nobili azioni risolutive” che divennero il modello per tutto lo squadrismo italiano.

Incendiarono l’albergo Balcan, era la sede della Casa del popolo, spacciando quest’azione come un sacra santa vendetta nazionale, non bastava bruciare, il Balkan venne anche mitragliato, anche altri importanti edifici come quello di Pola vengono danneggiati,



succede così che i fasci di combattimento in Trieste e in Friuli Venezia Giulia danno l’avvio ad un movimento che a parole era di rinnovamento nazionale, ma in realtà lo steso Giunta definiva :

“ Lasciando molti morti sulle strade il fascismo giuliano marcia ognor più speditamente verso la meta”.

Il 20 settembre 1920 Mussolini visita Trieste e ne rimane favorevolmente colpito.





In tutta la regione , tutte le sedi culturali socialiste e slave vennero distrutte 134 edifici tra cui 100 circoli di cultura, 2 case del popolo, 21 camere del lavoro, tre cooperative senza tener conto degli studi privati di professionisti e abitazioni di sloveni. Le violenze quotidiane erano svariate dalle umiliazione alle beffe, le botte fino a giungere agli assassini a sangue freddo.

I fascisti ricevevano molti aiuti dalle banche, le compagnie di assicurazioni, gli industriali, gli spedizionieri, le grandi case commerciali mettevano a loro disposizione automezzi, autisti, benzina. I locali del fascio triestino vengono forniti da Assicurazioni Generali. ma l’elenco dei finanziatori è molto lungo, la stampa locale è a loro favore e scrive elogi al fascismo.

Dal 1922 al 1924, il fascismo prevale ottiene la maggioranza in parlamento dopo l’omicidio Matteotti il governo elimina L’OPPOSIZIONE PARLAMENTARE e instaura la DITTATURA. Sopprime la libertà di stampa, scioglie i partiti e le organizzazioni politiche e i diritti delle minoranze.

L’opposizione politica è costretta all’azione clandestina e in quegli anni il tribunale speciale fascista condanna un innumerevole numero di persone al carcere, e promuove le condanne a morte per gli antifascisti.

Dittatura vuol dire impoverire le menti, i valori intellettuali e civili, vuol dire scavare dentro ogni essere umano tutte le brutture possibili, affinché si possa sopravvivere, soffocare ogni residuo di sentimento civile e umano che alberga in ognuno di noi…

Nel 1938 Mussolini accoglie la politica razziale tedesca, l’idea che poi porterà milioni di persone ai campi di concentramento viene accettata dal governo.

Nel 1939 si allea con la Germania e avviene l’occupazione dell’Albania

Nel 1940 l’Italia entra in guerra a fianco del regime nazista.




Che la politica fascista, e le violenze che i fascisti perpetravano in Friuli Venezia Giulia, fossero state accettate e sviluppate prima che in altre zone d’Italia sia un dato di fatto, è altrettanto vero però
che la  RESISTENZA  è STATA SEMPRE MOLTO ATTIVA
 ma povera di mezzi e di sostentamento, gli antifascisti hanno dato sempre un segnale di VOGLIA DI LIBERTA'
tanto che nel 1941 il tribunale speciale per la difesa dello Stato si deve trasferire a Trieste, molti antifascisti sono stati condannati al carcere duro, alcune sentenze di morte sono state attuate tramite fucilazione alla schiena.
La situazione però nel 1942 precipita, la violenza fascista che tanto aveva motivato i borghesi giuliani, ora spaventa gli stessi che l’avevano sostenuta. È una violenza esagerata nella repressione sui civili, sia per mezzo di operazioni di polizia che per operazioni militari.
In seguito alla morte di 4 soldati come atto di rappresaglia
 
via Ghega n°12 Targa 



 i nazisti prelevarono dalle carceri della città 51 prigionieri (tra cui sei donne e diversi ragazzi di 16-17 anni) e, dopo averli portati sul luogo dell'attentato, li impiccarono in ogni angolo e finestra del palazzo Rittmeyer, in via Ghega N° 12, lasciando poi i cadaveri esposti alla pubblica vista.



Il 6 marzo 1942 vennero istituiti campi di concentramento per civili sloveni, in attesa di giudizio da parte dei tribunali militari.

Nel mese di giugno l’esercito passa in rappresaglia verso la popolazione, molti furono i morti in diverse zone del Friuli Venezia Giulia, Fiume, Merecce, Postecce, Postegnera, Bitigne di sotto, Bitigne di sopra, Monte Chivoli,  nei rastrellamenti veniva fatta ostaggio tutta la popolazione e anche il bestiame.

I prigionieri venivano prelevati dal carcere e uccisi a colpi di baionetta e di pugnale e poi appesi ad un albero affinché fossero di monito ai rivoltosi contro il regime.

Il 29 giugno il prefetto di Trieste porse formalmente al questore la richiesta di impiegare i gas.

Il 10 luglio viene ordinato di passare alle armi, che tutti i ribelli venissero fatti i prigionieri, prelevati gli ostaggi e bruciati i villaggi nelle zone dove avveniva la resistenza.

Venne sostituito anche il segretario del fascio di Trieste considerato troppo debole.

Sotto la direzione del nuovo segretario, Spangaro, vennero uccise molte persone in città e in provincia. Siccome la resistenza, malgrado i delitti e le violenze non veniva fermata, vennero applicate le misure di territorio invaso, istituito un Ispettorato speciale di pubblica sicurezza per il Venezia Giulia, questa pratica speciale era stata applicata anche in Sicilia per combattere il banditismo.

L’Ispettorato si insedia in un villa in via Bellosguardo 81 a Trieste che molti triestini conosceranno come Villa Trieste.

Oggi la villa non esiste più, ma è stata posta una lapide commemorativa.



Buona parte dell’attività è di polizia repressiva, composta da nuclei addestrati alla lotta anti partigiana. Questi poliziotti agivano perlopiù di sorpresa sulla base di informazioni ricevute precise, indagini politiche con l’impiego di informatori segreti. Nei primi mesi del 1943 vennero effettuati parecchi arresti uomini ma soprattutto donne accusati di essere fiancheggiatori dei partigiani, molte sono le testimonianze nei processi celebrati a Trieste nel dopoguerra.

Lo stesso vescovo di Trieste Santin il 12 marzo 1943 scrive al sottosegretario agli interni: “

Vi posso assicurare che v’è nella popolazione una viva indignazione per questo trattamento, uomini e donne vengono seviziati nel modo più bestiale, vi sono particolari che fanno "inorridire”, a seguito dell’intervento del vescovo venne aperta un’inchiesta che si concluse con “nulla di grave è avvenuto”.

Nel luglio del 1943 venne votata dal Gran Consiglio la mozioni di sfiducia contro Mussolini che venne arrestato per ordine del re, il regime e il partito fascista si sciolgono e si dissolvono come la neve al sole.

Il re si dissocia dalla Germania e proclama l’armistizio, l’esercito è senza direttive, i tedeschi occupano il territorio, e gli squadristi fascisti diventano nazisti, è ricordata ancora oggi la loro ferocia nei confronti degli antifascisti a prescindere dalla nazionalità o dalla fede…

Il movimento antifascista si raccoglie nel comitato di liberazione nazionale e dalla Carnia a Fiume in tutto il territorio regionale contrastano i fascisti con la lotta armata.

Si unirono i comunisti i democratici cristiani, i socialisti, i repubblicani, i liberali, e gli azionisti, molti esponenti di questi partiti antifascisti triestini, Reti, Felluga, Frausim, Pisono Foschiatti moriranno nei campi di sterminio nazisti…..

Dopo la guerra a Trieste verrà concessa la medaglia d’oro della Resistenza.

L’8 settembre 1943 la Venezia Giulia diventa protettorato del Reich e di conseguenza smette di far parte dell’Italia. Complici di questa operazione i fascisti vecchi e nuovi, che consegnano così Trieste e l’Istria alla Germania di Hitler.

I nazisti a Trieste come monumento funebre a se stessi, allestiscono un campo di concentramento, l’unico campo di sterminio in territorio italiano:

La risiera di San Sabba…