il filo dei ricordi-racconti

mercoledì 30 novembre 2016

Il quadrilatero del Silenzio Milano

IL QUADRILATERO DEL SILENZIO
Milano


Dopo una settimana, in cui il tempo è stato veramente inclemente, le previsioni accennavano ad un miglioramento.
Con nostra grande sorpresa, ci ha donato una domenica di cielo limpido, con una temperatura abbastanza gradevole, tipica di fine autunno.
Di prima mattina, siamo già in viaggio, la stazione del treno e via .... Milano ci aspetta.
L'incontro con la guida, in Corso Venezia che, dal fin dal 1770, è considerata una delle vie più eleganti della città.
Un tempo si chiamava Porta Orientale, e collegava il centro della città con Bergamo e Monza.
Sotto il dominio austriaco, l'imperatrice Maria Teresa d'Austria, con l'arrivo in città, del suo giovane figlio Ferdinando, incaricò l'architetto Piermarini, di rinnovare il Regio Ducal palazzo, odierno Palazzo Reale, vicino al Duomo, e di costruire una residenza di campagna, che poi divenne Villa Reale di Monza, di abbellire i bastioni della città e costruire i giardini pubblici, oggi conosciuti come i giardini di porta Venezia.
La nobiltà milanese, iniziò a costruire lungo il Corso Venezia, un gran numero di ville e di palazzi di grande pregio architettonico, era anche il luogo delle passeggiate, dei ritrovi della nobiltà, ogni manifestazione importante, avrebbe fatto la sua entrata in città attraverso questo viale.
Corso Venezia era la culla dei movimenti culturali nelle epoche che si susseguirono.
Cesare Beccaria lavorò con Maria Teresa D'Austria, amava la vita e gli agi che gli abitanti del corso si potevano permettere,
Stendhal assiduo sostenitore di Napoleone Bonaparte, rimase affascinato da questa zona ricca di sfarzo e frenesia,
Alessandro Manzoni cita Corso Venezia ne i "Promessi Sposi.
Il Quadrilatero del Silenzio, divenne il cuore dello stile liberty, nel periodo che andava dai primi del novecento fino agli anni del primo conflitto mondiale.
Un arco imponente ci accoglie, la volta dell’arco riporta quello che è il simbolo delle opere di Portaluppi, la sua firma, la classica losangatura anni Trenta, che si ripresenta spesso negli interni ed esterni, da lui progettati tra il 1926 e il 1930, è il palazzo della società Buonarroti -Carpaccio -Giotto .
Il nostro percorso, si snoda partendo dal Palazzo Saporiti, di stile neoclassico, venne commissionato da Gaetano Belloni, un biscattiere, che gestiva il gioco d'azzardo, all'interno del Teatro della Scala, con la caduta di Napoleone e l'avvento di Mariateresa d'Austria, cadde in rovina, dovette vendere il palazzo ai marchesi Rocca Saporiti di Genova.
Quello che colpisce del palazzo, è la grande loggia a tribuna da cui la famiglia, e i propri ospiti, assistevano ai cortei e alle varie feste, perchè Porta Venezia, era l'ingresso principale, dalla quale tutti i vari governatori, capi di stato, che si sono succeduti nel corso dei secoli accedevano alla città di Milano, venivano accolti gli ospiti d'onore.
Personaggi come Giuseppe Parini, Alessandro Manzoni, Cesare Beccaria e Stendhal rimasero per lungo tempo affascinati da queste zone ricche di frenesia e sfarzo. In questa zona, visse, tra gli altri, anche Filippo Tommaso Marinetti.
Tutte intorno, palazzine Liberty dall’elegante imponenza impreziosite da motivi floreali, forme flessuose e sinuose.
Palazzo Berri Meregalli, è un palazzo angolare che non ti permette di staccargli gli occhi di dosso, ogni dettaglio è unico, originale,
realizzato dall’architetto piacentino Giulio Ulisse Arata, vede in se convivere diversi stili: dall’architettura neogotica, nello sviluppo verticale, all’architettura bizantina degli interni in mosaico, sino ai temi del liberty nei ferri battuti e nelle statue animali delle decorazioni esterne.


Nell' androne è possibile vedere non solo i soffitti a mosaico di Angiolo D’Andrea, ma anche la Vittoria Alata di Adolfo Wildt,


un'altra opera dello scultore è in Via Serbelloni, il citofono a forma di orecchio, oggi surclassato dai moderni citofoni, ma in tempi non molto lontani sarebbe bastato sussurrare qualcosa all'orecchio, il custode avrebbe prontamento risposto o riferito il messaggio. I milanesi la chiamano la "Ca' dell'uregiat"



Le espressioni colorite in milanese non hanno risparmiato nemmeno il palazzo Castiglioni, considerato una delle migliori espressioni del liberty lombardo, uno dei gioielli del Sommaruga, che viene ricordato oggi proprio per un particolare mancante....
Al momento dell'inaugurazione, avvenuta nel 1904 il portone era abbellito da una coppia di statue, una rappresentava l'allegoria della pace, l'altra quella dell'industria, la rapresentazione di due donne procaci e seminude che mostravano ai benpensanti il lato posteriore....Sappiamo molto bene che il sarcarmo meneghino non ha sviolinature e rinominò il palazzo con la "Ca di Ciap" in poche parole la casa delle natiche. Il proprietario Ermengildo Castiglioni decise di cedere e togliere le statue che vennero spostate in una entrata laterale di un'altra villa.




Palazzo Fidia, è l'incrocio tra un castello e una navicella spaziale, opera dell'architetto Andreani, le zone verdi che ci sono dietro i cancelli, ci fanno dimenticare che siamo a Milano, la via dei capuccini, e a pochi passi Villa Necchi Campiglio


, rappresenta la classica abitazione dell'alta borghesia industriale, la villa è in stile déco, di fronte all'entrata principale, si trova la prima piscina privata e riscaldata costruita a Milano, fa da cornice a questo splendore un grande parco, oggi è visitabile grazie al Fai a cui è stata donata.


 Sbirciando tra le siepi, di un'altra villa rimaniamo pressochè stupiti. 
Nel parco di Villa Invernizzi, proprio la Villa dei famosi formaggini Susanna,  cosa troviamo?
 Incredibile ma vero una colonia di fenicotteri rosa...



Milan l'è un gran Milan


domenica 20 novembre 2016

Escher

                                             Escher

                 

Palazzo Reale di Milano con Culturaintour




Maurits Cornelis Escher (1898-1972) è stato un incisore olandese, le sue opere hanno come per oggetto immagini e prospettive incredibili.
Animali, che si rincorrono e inseguono fuori e dentro al foglio, mani che si disegnano da sole, geometrie impossibili, quadrati che diventano pesci, che diventano uccelli, che diventano uomini che tornano quadrati.

I soggetti che si rincorrono nei disegni di Escher, anche a distanza di anni, abbiamo ammirato uno straordinario artista, che ha fatto della capacità di stupirsi in prima persona, la base della sua creatività, affinchè potesse realizzare le opere, che hanno stupito tutti noi che le abbiamo ammirate.
Nato a Leeuwarden, in Olanda, il 17 giugno1898. Era un bambino timido, chiuso, non era uno studente modello, in una sola materia era molto bravo, il disegno.




Una sua compagna di scuola, raccontava che aveva delle manie, una volta, metteva pezzetti di formaggio su una fetta di pane, stando molto attento a non lasciare spazi vuoti.
Una passione per il puzzle, che si sarebbe rivelata, incisiva nella sua produzione artistica.
Importante nella sua preparazione, è stato l'incontro con il grafico Samuel Jessurun de Mesquita, che lo aiutò nel suo svillppo artistico, tanto che per tutta la vita, Escher, lo considerò un affetto costante.


Raggiungeva obbiettivi, attraverso due tecniche: la litografia che prevedeva l'incisione delle immagini a rovescio su delle pietre e la xilografia che prevede l'incisione su delle tavolette di legno che poi venivano inchiostrate.



In entrambe le tecniche , i disegni venivano realizzati al contrario. occorreva una tecnica e abilità straordinaria, tanto più che Escher lavorava esclusivamente col bianco e nero. Un esempio riconosciuto straordinario sono gli scarabei del 1935.


L’Italia ha un peso rilevante nella vita di Escher.
La prima visita che fece con i genitori nel 1921, non lo aveva entusiasmato, ma poi si ricredette. Nel 1922 ritornò in Italia, recandosi a Firenze, San Gimignano, Volterra, Siena, Ravello, spingendosi fino a Madrid,Toledo, e Granada.
Lo avevano colpito la campagna italiana, e l'Alhambra di Granada, bellissimo palazzo moresco del trecento, i particolari motivi grafici, che adornavano gli interni del complesso residenziale spagnolo, hanno lasciato un'impronta nella mente fantastica di Escher, che rielaborerà nelle sue opere.


Escher, viaggiò in continuazione in Italia, anche negli anni seguenti, con particolare predilezione per l'Italia centro-meridionale: fu qui, a Ravello, che incontrò per la prima volta Jetta Umiker, la giovane svizzera che sposò a Viareggionel 1924. Si trasferirono poi nel Lazio a Frascati prima e Roma poi - dove ebbero tre figli: Giorgio Arnaldo, Arthur e Jan.
Definirà questo periodo come «gli anni migliori della mia vita» fece infatti, ulteriori viaggi in altre località italiane, quali Viterbo (1926), l'Abruzzo (1927 e 1929), la Calabria (1930), la Costiera Amalfitana  (1931 e 1934) e la Sicilia (1932 e 1935).
Attratto dai piccoli villaggi in Calabria, per esempio Pentedattilo sopra, 



mentre della Sicilia, amava la composizione dei centri urbani che si fondevano col paesaggio.
In Abruzzo, a Castrovalva, e Scanno....




Lascia l’Italia, nel 1935, per andare in Svizzera, non sopportava la mancanza di libertà, inflitta dal clima politico fascista, la causa scatenante fu vedere il figlio Giorgio vestito da balilla. Nell’inverno del 1944, il suo grande maestro e amico Samuel Jessurun de Mosquita, muore con la moglie e il figlio nel campo di concentramento di Theresienstadt, in Rep. Ceca.


Negli anni Quaranta, Escher si trasferisce in Belgio e poi in Olanda.
Abbandonerà la riproduzione della realtà, giustificherà questa scelta,spiegando che nei paesaggi di Belgio e in Olanda non ha trovato nulla di così bello da ispirarlo, come in Italia.


Inizia così, per lui, la rappresentazione dell'infinito, dei paradossi geometrici, dei luoghi che spingono a movimenti infiniti,
il genio della fantasia, dell'irreale, della precisione.




Poco amato dagli artisti, suoi contemporanei,  divenne molto polare, molte sue opere divennero scatole da regalo, copertine di album musicali, biglietti di auguri, decorazioni per t-shirt. Anche dopo la sua morte nel 1972, molte sue opere sono state spunto per cartoni animati: Mikey Mouse, i Simpson,



per il cinema, da Harry Potter al film "Labyrint"con David Bowie. Sono entrata in un quadro senza nemmeno rendermene conto, entravo e uscivo con la mente,


 ho visto con gli occhi della mente, uccelli per poi concentrarmi e con il senso della vista, vedere anche altre cose,


sono entrata realmente in un mondo irreale e mi è piaciuto tantissimo. Il genio, guardare oltre quello che vediamo con la logica, l'irreale diventa un mondo fantastico,


 dove tutti volendo possiamo accedere, molto bello, e non ho sognato, avevo gli occhi aperti, vedendo quello che nella realtà è irrealizzabile.





Con Margherita ed Ester di Culturaintour  e le altre persone che hanno partecipato,  abbiamo condiviso un'altra esperienza ed allora? .. .  Ci vediamo alla prossima 

Pavia e la Certosa

Pavia e la Certosa


Quando ero una ragazzina, che frequentava le scuole dell'obbligo, son capitate più occasioni, in cui con i professori, ci invitavano a partecipare a gite scolastiche.
Io non ho mai potuto partecipare, purtroppo nella mia famiglia, alcuni eventi, gite o vacanze, erano considerati un vero e proprio lusso.
Per cui quando Margherita di Culturaintour, mi ha informato dell'uscita alla Certosa, ho partecipato molto volentieri.
Nel mio immaginario di bambina, la Certosa era una delle eccellenze che avevamo in Lombardia.


La Certosa di Pavia, o Certosa delle grazie, fu una delle costruzioni promosse da Gian Galeazzo Visconti, per esaudire il voto della seconda moglie e cugina Caterina, venne eretta nel 1396.
In realtà, sembra che Gian Galeazzo, non fosse né tenero, né devoto, e non pienamente mosso dalla carità cristiana, ma bensì dalla grande ambizione, voleva diventare uno degli esponenti di spicco nell'ambiente e nelle vicende politiche del tempo. Per raggiungere tali obbiettivi , non si faceva scrupoli di tipo morale.
Voleva lasciare ai posteri, qualcosa che consacrasse la gloria e la potenza della sua famiglia, emulando e superando i segni importanti lasciati da suo padre, che già aveva consentito alla costruzione il castello Visconteo e l'università di Pavia.
Grazie alla sua politica senza scrupoli, Gian Galeazzo Viscont, nei primi decenni del XV secolo, poteva considerarsi uno degli uomini più potenti Italia, e in virtù di questa forza, aveva disposto in opera parecchi lavori, il Duomo di Milano, la Certosa di Pavia.
I lavori per la costruzione del Duomo, procedevano spediti mentre per la costruzione dell' abbazia dopo ben cinque anni, non progredivano affatto.
Il 7 ottobre del 1401, Gian Galeazzo: affidava al priore del monastero, il Certosino Padre Bartolomeo da Ravenna, la direzione, l'amministrazione, e la sorveglianza dei lavori, revocando ogni autorità agli architetti, assistenti e salariati addetti al cantiere, i quali tutti, dovevano a partire da quel giorno, riconosce, nel priore l'amministratore generale della fabbrica.
Questa disposizione mirava ad assicurare l'unità di direzione ed il regolare sviluppo della vasta costruzione, evitando sprechi di tempo e di denaro, che consentisse di realizzare il mausoleo della sua famiglia.
Il 3 settembre 1403, Gian Galeazzo moriva di peste nel suo castello di Melegnano. I lavori, in seguito al suo decesso,subirono uno stato di fermo.
Nel 1450 i lavori ripresero grazie al rinnovato interese da parte di Francesco Sforza, (1401- 1466) eletto da pochi mesi Duca, a lui succederà poi il fratello Ludovico, detto il Moro, che come Gian Galeazzo, sogna per la Certosa un fututro maestoso, si impegna quindi a realizzare e a terminare i lavori sia esterni che interni. Vennero completate le decorazioni pittoriche interne, le più vaste in Lombardia, , per quel periodo storico, la caratteristica principale era rivolta alla sacralità dell'edificio, il risultato complessivo fu di una netta differenza tra le opere pittoriche e le opere architettoniche.



Con la dominazione francese, che subentrò a Ludovico il Moro, vennero disperse le maestranze e gli artisti che si tramandavano di generazione in generazione, le arti e i lavori che servivano per mantenere in modo adeguato la struttura.
In Lombardia si sono susseguiti tantissimi eventi militari e i lavori subivano frequenti arresti, molto spesso la Certosa veniva saccheggiata, e nei momenti di relativa calma, i lavori riprendevano con committenze diverse, , venivano commissionati dai diversi signori che si sono sussegiti.



La certosa di Pavia venne completata dal XVI al XVIII secolo, il pensiero monastico che nel XV secolo, aveva impedito la creazione di tante opere d'arte, venne superato con immagini e decori lussuosi, l'iniziale di religiosità, veniva eclissata dal lusso e dall'arte.
Il monastero fu ultimato nel 1452 e la chiesa nel 1473. La facciata fu eretta successivamente: nell'ordine inferiore si trovano i lavori di Antonio Amadeo, e dei fratelli Mantegazza, nella parte superiore i lavori di Cristoforo Lombardo.
Nel 1581 Michele Montaigne, vistando la Certosa, trova un lusso straordinario, non solo nelle decorazioni ma anche nel numero di servitori, artigiani, manovali, un numero imponente di cavalli, cocchieri, definenedo la Certosa "la residenza di un potente principe e non un luogo religioso".

Il Palazzo Ducale, venne costruito nel 1620, in stile barocco, così chiamato, in onore della residenza estiva della famiglia Visconti e Sforza, oggi contiene la gipsoteca, al suo interno, troviamo le riproduzioni in gesso di diverse opere scultoree e conserva altri elementi di assoluto valore storico, come il pugnale, la spada senza impugnatura e gli speroni di Gian Galeazzo Visconti ed uno stemma in ceramica in cui e visibile il biscione Visconteo.

Nel corso dei secoli successivi, ancora guerre, pestilenze e devastazioni, hanno attraversato la storia della Certosa, ma i danni irreparabili ancora oggi visibili, sono stati inferti dalla dominazione Napoleonica.
Nella nostra visita, non ci è stato consentito ne di entrare in chiesa, nemmeno ci hanno concesso una visita guidata attraverso le sale adiacenti alla chiesa, penso al refettorio o ai vari chiostri così tanto decantati da chi ha avuto la fortuna di poterli ammirare. La gestione di tutta la struttura è dei monanci cistercensi, che oltre a svolgere vita monastica, hanno la discrezione di approvare, oppure no, ai visitatori la possibilità di una visita guidata interna.


La Certosa ha superato guerre, nel corso di ogni secolo, fino ai giorni nostri, dove, una sorta di notevole trascuratezza, ha accompagnato non solo me ma anche altre persone che oggi la hanno visitata..
Ci siamo ripresi, con un buonissimo pranzo, presso un agriturismo della zona, dove io personalmente ho molto apprezzato il risotto alle ortiche ...
un grazie particolare a Margherita di Cultura in tour che ci ha poi consentito di visitare il Castello di Belgioioso.


Nel 1591