il filo dei ricordi-racconti

martedì 30 settembre 2014

Como e la mostra

COMO E LA MOSTRA

Ho iniziato ad andar per mostre proprio nella mia città, nella cornice di Villa Olmo, villa neoclassica dove durante la storia sono stati ospiti personaggi importanti: Napoleone Bonaparte, gli imperatori d'Austria Francesco Ferdinando I e Maria Carolina, il generale Radesky e Giuseppe Garibaldi. Ora è un centro espositivo, rassegne d'arte importanti, ogni anno un pittore, da Mirò, Picasso, Magritte, Rubens, Le icone russe, la dinastia dei Bruegel,ora con il cambio di amministrazione comunale, la scelta, già dall'anno scorso, è di proporre un percorso dove l'architettura di una città diventa soggetto e progetto.
Con la mostra "città nuova oltre Sant'Elia", del 2013, sono state esposte più di 100 opere, alcune delle quali inedite, tra dipinti, disegni, modelli, filmati, installazioni di artisti, architetti, registi, quali Antonio Sant’Elia, Umberto Boccioni, Fernand Léger, Mario Sironi, Le Corbusier, Frank Lloyd Wright, e altri. .....Fonte web
Devo dire che le ho considerate esposizioni di nicchia, spiegate molto bene, ma adatta ad un pubblico preparato, o amante del futurismo, sono uscita dalle mostre con la sensazione di un vuoto.
Le opere di Sant' Elia rappresentano grattacieli monolitici ed enormi con terrazzi, ponti e passerelle aeree. Da un suo disegno è nato a Como il Sacrario, monumento ai caduti, la maggior parte dei suoi progetti non è stata realizzata ma il suo modo di vedere una città ha influenzato molti architetti e disegnatori, sua è stata l'idea di esporre gli ascensori sulle facciate degli edifici e i suoi disegni sulla città nuova hanno ispirato il regista Fritz Lang, che ha inserito le sue architetture nel film Metropolis
Quest'anno il progetto continua e propone 60 opere, che percorrono 100 anni della nostra storia artistica, sociale e culturale, fino alla fine dell'800, i soggetti dei nostri quadri rappresentavano visioni panoramiche naturali, poi con avvento del futurismo la città, più che rappresentata viene inventata.
Dal manifesro dei futuristi del 1909,
" La città sarà un concentrato dinamico di forze vitali,che aggrediscono il paesaggio. Questi sono pensieri di quello che dovrà essere una realtà che ancora non esiste e che non ha ancora avuto modo di essere rappresentata".
Così dal 1900 fino ai giorni nostri i pittori futuristi rappresentano una città con un ventaglio di stili, tra ragionamenti analitici, e sogni visionari, e disagi esistenziali rappresentati in modo vario.
Boccioni,


 nel primo settore, rappresenta la città, con le ciminiere in lontananza, mantenendo ancora le radici alla terra, nel quadro non vengono rappresentati i monumenti, evidente segno che la città del futuro si sviluppa al di fuori dei centri storici, espandendosi nelle periferie, il segno della moderna industria che avvolge sia il territorio, che l'energia di una vita semplice e rurale, per questo sono opere che rendono viva una città, sembra di sentire il rumore, di percepire il movimento.

Con l'espressione futurismo metafisico, De Chirico, ne è il maggior rappresentante, sembra che voglia esaltare la classicità della pittura esasperando  il ruolo del tempo attraverso il futuro fino a che diventi quasi irreale, come se l'uomo non vedesse più solo con lo sguardo ma anche con la mente, come se vivesse al di fuori della realtà.


Balla,




 Depero, 



folla ai treni sotterranei



e Boccioni, 

la strada entra in casa 

città che sale 


Sironi 




continuano a rappresentare la città in modo meccanico, sembra che il tema della città inghiotta a seconda della veduta dei diversi artisti tutto e il contrario di tutto, la tradizione architettonica lascia spazio a figure geometriche rappresentate e unite con meccanismi fino a creare opere d'arte totali, capace di riunire i diversi elementi di una ricerca artistica, partendo dalla pittura fino a realizzare sculture attraverso l'uso di materiali poveri, cartoni, vetri, fili scartati da impianti elettrici o idraulici.

Poi si passa alla aereopittura,


per rappresentare una visione diversa della città, la sensazione che ne ho avuto e che qualcosa o qualcuno stesse per precipitare.

Chiude il percorso del novecento la visione futuristica ma romantica e nostalgica, ma anche critica di Guttuso








e Salvatore Fiume 


città di statue



fino ai giorni nostri dove la città viene rappresentata attraverso fotografie che non sono solo il testimone,ma l'interpretazione personale di un luogo attraverso il futuro e la realtà.
Il futuro si contrappone alla realtà, la fantasia ai confini stabiliti, alle rotture brusche di una città diversa, dove la periferia delle varie città viene rappresentata come luoghi di solitudine e grigiume, per giungere all'immagine di crisi della città attuale.
Davanti ad un percorso di opere di notevole importanza, alcune venivano presentate per la prima volta, come "la città che avanza" di Giacomo Balla,


o la scultura fatta da Pomodoro espressamente per questo evento.



I nomi importanti dell'arte che in questo percorso si sono susseguiti, malgrado tutto questo, sono uscita con la testa piena di parole, futurismo, astrattismo, visioni superiori, entusiasmo, resistenze culturali, energia ottimistica.
Ho visto officine appese alle nuvole, e ponti simili a degli enormi giganti, chiavi inglesi e catene.
Mi è mancato lo sguardo di un bambino, l'immagine  di una madre che allatta, di una donna che balla con il proprio compagno, del mare in tempesta, o di un prato pieno di papaveri....
Mi  è mancato il calore che di solito mi da un quadro....



giovedì 18 settembre 2014

Mary Cassat

Mary Cassatt:
Quando vado ad una mostra, oppure ho la possibilità di visitare un museo, c'è sempre un quadro che mi colpisce più di altri, spiegarne il perchè è difficile , torno a casa, nella mente ho quell'immagine, e mi informo, ancora una volta sulla storia del personaggio. Questa artista tanto mi ha affascinata, da immaginarla così:

Scese dal treno, minuta, ma austera, fiera nel portamento,con il suo intercedere deciso, la si distingueva fra tante....
Era finalmente giunta a Parigi.
Donna di classe, cresciuta in una famiglia della borghesia americana, i modi educati, la cultura acquisita durante l'infanzia, i viaggi per le città europee, le lingue straniere scritte e parlate, un bagaglio di cultura non indifferente per una donna. Era nata nel 1844, secolo in cui esser donna non era facile, per Mary è stato molto più difficile.



Era pur sempre la figlia femmina, in una famiglia borghese, con l'ardire di voler apprendere le tecniche artistiche e di farne la propria professione.
Il padre avrebbe preferito una signorina aggraziata, con meno idee liberali, mentre la madre l'ha sempre appoggiata.
A quindici anni si è iscritta ad un corso alla Pennsylvania Accademy of the fine Art, che frequenta per tutta la durata della guerra di secessione, insofferente ai ritmi e alla supponenza degli artisti di sesso maschile, per l'atteggiamento nei suoi confronti, abbandona il corso e decise di studiare da sola.
Ulteriormente decisa ad ampliare i suoi studi si trasferisce con la madre e alcune amiche a Parigi, non può iscriversi alla Scuola delle belle arti, era proibito alle donne esserne ammesse, prende lezioni private, ed essendo riuscita ad ottenere il permesso, si esercita copiando le tele esposte al Museo del Louvre, dove riesce a intrecciare amicizie, visto che alle donne era proibito frequentare i caffè, dove solitamente gli artisti maschi si riunivano.
Continua a studiare sotto la guida di diversi maestri, Thomas Couture e Charles Chaplin, influenzata dallo stile di Corot e Couture, disegna il "suonatore di mandolino"



che viene accettato dalla giuria del Salon de Paris.
Mentre il movimento artista è in fermento, lei continua il proprio lavoro, a produrre opere che vengono esposte al Salon, ma subisce il morso dell'insoddisfazione personale.
Purtroppo con la guerra Franco-prussiana, Mary ritorna negli Stati Uniti, malgrado la protezione benevola della madre, che aveva sempre riconosciuto e sostenuto la vena artistica della figlia, ricominciano gli screzi con il padre, che non approva le sue scelte, fornendole solo un sostegno per le necessità primarie, rifiutando in modo categorico di sostenerle gli studi o di rifornirle i materiali.per dipingere. Riesce ad esporre due tele in una galleria di New York, molti furono i consensi alle sue opere, ma nessuno le acquistò.
il fratello Alexander


Rimasta senza colori si trasferisce, in cerca di fortuna, a Chicago, ma in seguito ad un incendio, perde tutte le sue opere, lo sconforto la spinge ad allontanarsi per poco tempo dall'arte.
L’Arcivescovo di Pittsburgh, è il mentore del suo ritorno, le commissionò due copie di due opere del Correggio.
Ripartiva di nuovo per giungere a Parma, dove erano le opere da copiare, terminato il lavoro, visitò Madrid e Siviglia e decise di ritornare nuovamente a Parigi.





L' incontro con Degas, le aprì le porte dell'impressionismo, intraprese l'uso dei pastelli e della tecnica delle acqueforti, migliorò la tecnica di base e il disegno, c'è un filo di malizia che ancora oggi, si insinua tra questi due personaggi, alcuni critici sostenevano che fossero amanti, anche se non è mai stato dimostrato.

I genitori con la sorella Lidia la raggiunsero a Parigi, la sorella divenne molto spesso la modella dei suoi quadri, anche nel periodo in cui era ammalata posava da seduta (la donna che lavora  l'uncinetto)



Lidia all'Operà

Lidia che fa l'uncinetto



la sua produzione era di opere di qualità, Ritratto dell'artista (autoritratto),



Bimba su una poltrona blu,




 leggendo le Figaro ( ritratto della madre)


Dal 1879 al 1886, lavorò a stretto contatto con Degas, ebbero un discreto successo di pubblico, se pur ostacolati dalla critica che li aveva definiti:

i soli artisti che si distinguono... e che offrono qualche motivo di richiamo e giustificazione in una pretenziosa esposizione di allestimenti per vetrine e scarabocchi infantili”. Fonte web

Pur rimanendo amica e in continuo contatto con Renoir, Monet, Pissarro, si stacca dal gruppo degli impressionisti, acquista uno stile personale, sensibile ma non esagerato, dove immagini di madri e figli, nonne e nipoti, diventano il soggetto principale dei suoi lavori.


lavorò molto sulla differenza femminile, iniziava a farsi strada l'emancipazione e l'uguaglianza, rappresentò l'immagine della donna, nella realtà, le sue donne sono protagoniste reali che leggono, osservano,  che meditano, e riflettono sulla vita uscendo dallo schema della bellezza e della passività



Nonostante non si sia sposata  e non abbia avuto figli, i suoi soggetti preferiti sono i bambini che ritrae con particolare delicatezza, altro soggetto ricorrente è la maternità.




Donna decisa, e combattiva, da un lato, ma, molto sensibile negli affetti, ha molto sofferto per la morte di sua sorella avvenuta nel 1882,  tanto da rimanere senza forze.


Avendo sperimentato una notevole varietà di tecniche, ottiene riconoscimenti in quanto è l'artista più versatile del periodo, cosa che mancava a molti suoi contemporanei, lo dimostrano le stampe colorate e originali, dove si era ispirata ai grandi maestri giapponesi, che aveva studiato a Parigi l'anno precedente. una su tutte è la Donna che si lava


Promuove da sola, le sue mostre personali in America, negli ultimi dieci anni del diciannovesimo secolo aveva raggiunto la notorietà di pubblico e di critica, fino al 1910 continua a produrre opere, diventando anche consigliera di parecchi mercanti del settore. 



Nel 1911 si ammala, il diabete avanza nella sua vita,  nel 1914 rallenta la sua produzione , sta  diventando cieca, ha ancora la forza per combattere e abbracciare la causa del voto alle donne, esponendo una personale con 18 opere per sostenere il movimento.


Una donna che ha vissuto, a cavallo tra due secoli, e due continenti, attraverso cambiamenti storici, artistici e di pensiero, mantenendo alta la voglia di dimostrare che le donne, sono donne con la forza, la determinazione, i mutamenti e tanta tenerezza.




Muore il 14 giugno 1926, malgrado le resistenze famigliari sociali e culturali, il governo francese le assegnò la " Legion d'Onore" come riconoscimento per il suo contributo all'arte e per aver contribuito a diffondere il gusto impressionista tra gli artisti e i collezionisti nord-americani



Mary Cassat ha lasciato in eredità a tutti noi, il talento,e il coraggio dell'indipendenza, rappresentando l'universo femminile nella sua più grande dote, consapevole che malgrado tutti i suoi sforzi, il cammino delle donne verso la libertà era ancora lungo, disse: 
"Non ho fatto quello che ho desiderato, ma almeno ho provato a combattere"







martedì 16 settembre 2014

Zia Armida e il pane e Taleggio

LA ZIA ARMIDA E PANE E TALEGGIO

Armida, era una signorina molto carina con due occhi azzurri, un nasino delicato e i capelli castano chiaro, era una bella donna, dai modi delicati, pur avendo già più di trent'anni, non aveva mai avuto un fidanzato.
Viveva con i genitori, e i fratelli le loro rispettive famiglie, che davano per scontato che sarebbe rimasta "zitella".



Ma un fatto anomalo e alquanto strano, ha cambiato la sua vita, proprio la sera del venerdì Santo, mentre era in processione, si è sentito un trambusto nel bosco dietro il casale dove lei abitava.
Le processioni si sa vanno a passo d'uomo, e da una riva che accedeva al bosco è sceso un giovinotto che rivoltando la propria giacca e si affiancava a lei prendendola sotto braccio:
"Non mi tradire, ho la finanza alle calcagna, la mia bricolla ( sacco pieno di sigarette) è nel fienile di casa tua".
Non conosceva personalmente il giovanotto, ma sapeva bene che faceva il muratore di giorno, e come tutti, nella nostra zona a quei tempi, il contrabbandiere di sigarette di notte.
Era alto, molto alto con occhi azzurri e un sorriso da simpatica canaglia.
Non sapendo bene cosa fare, anche perchè avrebbero rischiato anche i suoi famigliari, se la finanza avesse scovato il malfatto nel fienile, fece buon viso a cattivo gioco.



La mattina si recò al lavoro senza dire nulla, ma la suo rientro la sera, trovò in casa il giovane contrabbandiere che si scusava con i suoi famigliari e con lei.....
I soldi del contrabbando gli servivano perchè voleva acquistare due piccoli locali in una corte per la madre, che lo aveva cresciuto da sola.
Raggiunto il suo obbiettivo però, aveva pensato di raggranellare ancora qualche cosa.
Finchè venne preso mentre correva con il sacco in spalla. I cani che supportavano le guardie di confine lo hanno morso ad una gamba venne portato nel carcere di San Donnino a Como, la madre lo andava a trovare, e mentre stava dentro, iniziò a pensare ad Armida a farsi un futuro diverso.




Si fece fare un tatuaggio sull'avambraccio con il nome di Armida, uscito dal carcere promise che non avrebbe mai più toccato un sacco di contrabbando, divenne capomastro, per una grande ditta di Como mentre nei momenti liberi faceva manutenzione in diversi condomini della città.
Tanto che gli proposero di prendere il posto come portiere....
Fu così che si sposarono, con grande stupore di tutti, nessuno aveva capito le intenzioni di queste due anime; Armida faceva portierato e le pulizie dello stabile, Mario continuava a fare il muratore.




Solo Licia piangeva, la sua amata zia, se ne andava a Como, lontano dal paese.

Gli anni passavano e figli non ne arrivavano, e allora la zia ogni tanto, andava a prendere la nipote la portava a Como nella sua casa.
Licia era convinta di andare in vacanza, non doveva uscire in cortile per utilizzare il bagno, bastava uscire sul ballatoio, aveva l'acqua in casa e anche la luce...si era proprio in vacanza....
Aiutava la zia nelle faccende di casa, spesso si rendeva utile con i Signori che abitavano in quel palazzo.



La domestica dell'avvocato le disse: "
se mi aiuti a portare fino al quarto piano le borse della spesa, poi ti do pane e Taleggio".
Non sapeva cosa fosse il Taleggio, non lo aveva mai visto.
Dopo aver portato di sopra parecchie borse, si era trovata in mano mezzo filoncino di pane con delle fettine di formaggio e una banana, scese di corsa le scale, chiedendo alla zia:
Posso mangiarlo?



La zia la guardò le carezzò la testa e le disse:" mangia cara, mangia, lo hai guadagnato.
era il mese di maggio del 1940.........le storie infinite di nonna Licia





martedì 9 settembre 2014

la levatrice e la cicogna

LA LEVATRICE E LA CICOGNA


Correva l'anno 1936, era il mese di maggio, un mese di intenso lavoro per i contadini che abitavano nella fattoria del Ronco.



C'era fermento, in quei giorni, Licia che aveva da poco compiuto 8 anni, era stata incaricata di accudire le sorelle più piccole e i cugini.
La mamma Elisabetta, aveva un gran da fare, anche perchè zia Luigia, con la quale divideva le faccende, era chiusa in camera sua da qualche giorno, dicevano che avesse mangiato qualcosa che le aveva fatto male, tanto che una signora in bicicletta con una borsa, appoggiata sul manubrio, veniva a visitarla più volte al giorno.




La nonna, non aveva tempo, stava accudendo le larve dei bachi da seta, e gli uomini, avevano da fare nelle stalle, nei prati, in campagna.


Si sentivano dei lamenti uscire dalla camera di zia Luigia, ma nessuno avrebbe mai osato entrare.
Un pomeriggio verso le diciassette, anche la mucca Rosina aveva iniziato a muggire, in modo strano, il papà di Licia, inforcando la bicicletta corse a chiedere aiuto ai contadini vicini e ad avvisare il veterinario.


Sul camino un pentolone di rame, pieno di acqua scaldava al fuoco,.
Che trambusto, gente che entrava a prendere acqua calda e usciva di corsa per recarsi alla stalla....
Mentre al piano superiore la zia si lamentava sempre più, giunsero anche la mamma di Zia Luigia e sua sorella.
Licia pur essendo la più adulta dei bambini, non riusciva comprendere cosa stesse capitando, avevano avuto l'ordine di rimanere fermi per non intralciare chi passasse con l'acqua calda, ma non era facile tenere fermi sei bambini.

Così la curiosità li spinse ad avvicinarsi sempre più alla stalla, dove gli uomini tutti intorno alla mucca dicevano:
" la ga de fa" (lo deve fare)
" Dai Rosina, dai!!!"
"Brava Rosina, dai ancora.



Girarono intorno alla stalla e attraverso dei buchi che c' erano sulle tavole di legno, cercavano di spiare cosa stessero facendo, ma vennero subito scoperti, e rimandati di nuovo sotto il portico dove dovevano stare fermi,
cosa impossibile da pretendere.




Andarono piano piano, al piano di sopra per ascoltare tutto quello che dicevano le donne rinchiuse in quella stanza, dalla finestra videro che la zia sofferente girava intorno al letto, mentre veniva incitata a respirare.
Licia e il cugino Sergio, i più adulti, se si può dire, si guardavano senza capire cosa stesse succedendo, ma vennero scoperti dalla signora in bicicletta, che era ritornata a controllare.
" Via da qui, brutti curiosoni ! ", ma poco dopo usciva sull'uscio e la incaricava di andare di corsa a chiamare il dottore.



Mentre correva a cercare il medico, pensava che fossero tutti impazziti.
Giunsero poi altre due zie, per dare una mano ad Elisabetta, che oltre a scaldare acqua in continuazione, aveva preparato la cena per tutti.
La signora con la bicicletta, non era più andata via, si era fermata in camera con zia Luigia, e nella stalla gli uomini facevano i turni per cenare.



Quella sera, mentre mamma Elisabetta metteva a letto i più piccoli ottennero il permesso di andare nel cortile posteriore a prendere lucciole, che arrivavano col calar del sole, nelle vicinanze del fieno.
Erano tantissime, le prendevano e poi le mettevano in un bicchiere, poi sentirono un urlo, e poco dopo un pianto.
Rientrati in casa Elisabetta, li avvisava che la signora della bicicletta, aveva portato nella sua borsa, un bambino per la zia Luigia, si sarebbe chiamato Bruno.



Arrivarono il medico e il veterinario, uno in bicicletta, e l'altro con un'auto,




 ci volle molto tempo prima che il medico scendesse e dicesse che tutto era andato bene, disse che aveva cucito un po'.
Anche il veterinario, entrando in casa per lavare bene le mani, disse tutto a posto, proprio un bel vitellino.




Sergio sgranando gli occhi, chiese al veterinario:
" lo avevate nell'auto,  il vitello, signore?
 Perchè nella borsa ho visto che non c'era.
Gli adulti presenti si guardarono in faccia, dicendo che era tutto merito della  mamma cicogna, che li aveva portati nella borsa che aveva nella  sua bicicletta.
Per molto tempo, i bambini del Ronco credevano che la levatrice si chiamasse mamma  cicogna.
La stessa levatrice che aveva aiutato la mamma di Licia, la zia Luigia, ha seguito poi Licia nel suo primo parto....



Ridendo mi ha detto, beata ingenuità.......ora vanno in giro con la pancia di fuori, e io invece   credevo davvero di esser nata in una borsa.......