il filo dei ricordi-racconti

martedì 9 settembre 2014

la levatrice e la cicogna

LA LEVATRICE E LA CICOGNA


Correva l'anno 1936, era il mese di maggio, un mese di intenso lavoro per i contadini che abitavano nella fattoria del Ronco.



C'era fermento, in quei giorni, Licia che aveva da poco compiuto 8 anni, era stata incaricata di accudire le sorelle più piccole e i cugini.
La mamma Elisabetta, aveva un gran da fare, anche perchè zia Luigia, con la quale divideva le faccende, era chiusa in camera sua da qualche giorno, dicevano che avesse mangiato qualcosa che le aveva fatto male, tanto che una signora in bicicletta con una borsa, appoggiata sul manubrio, veniva a visitarla più volte al giorno.




La nonna, non aveva tempo, stava accudendo le larve dei bachi da seta, e gli uomini, avevano da fare nelle stalle, nei prati, in campagna.


Si sentivano dei lamenti uscire dalla camera di zia Luigia, ma nessuno avrebbe mai osato entrare.
Un pomeriggio verso le diciassette, anche la mucca Rosina aveva iniziato a muggire, in modo strano, il papà di Licia, inforcando la bicicletta corse a chiedere aiuto ai contadini vicini e ad avvisare il veterinario.


Sul camino un pentolone di rame, pieno di acqua scaldava al fuoco,.
Che trambusto, gente che entrava a prendere acqua calda e usciva di corsa per recarsi alla stalla....
Mentre al piano superiore la zia si lamentava sempre più, giunsero anche la mamma di Zia Luigia e sua sorella.
Licia pur essendo la più adulta dei bambini, non riusciva comprendere cosa stesse capitando, avevano avuto l'ordine di rimanere fermi per non intralciare chi passasse con l'acqua calda, ma non era facile tenere fermi sei bambini.

Così la curiosità li spinse ad avvicinarsi sempre più alla stalla, dove gli uomini tutti intorno alla mucca dicevano:
" la ga de fa" (lo deve fare)
" Dai Rosina, dai!!!"
"Brava Rosina, dai ancora.



Girarono intorno alla stalla e attraverso dei buchi che c' erano sulle tavole di legno, cercavano di spiare cosa stessero facendo, ma vennero subito scoperti, e rimandati di nuovo sotto il portico dove dovevano stare fermi,
cosa impossibile da pretendere.




Andarono piano piano, al piano di sopra per ascoltare tutto quello che dicevano le donne rinchiuse in quella stanza, dalla finestra videro che la zia sofferente girava intorno al letto, mentre veniva incitata a respirare.
Licia e il cugino Sergio, i più adulti, se si può dire, si guardavano senza capire cosa stesse succedendo, ma vennero scoperti dalla signora in bicicletta, che era ritornata a controllare.
" Via da qui, brutti curiosoni ! ", ma poco dopo usciva sull'uscio e la incaricava di andare di corsa a chiamare il dottore.



Mentre correva a cercare il medico, pensava che fossero tutti impazziti.
Giunsero poi altre due zie, per dare una mano ad Elisabetta, che oltre a scaldare acqua in continuazione, aveva preparato la cena per tutti.
La signora con la bicicletta, non era più andata via, si era fermata in camera con zia Luigia, e nella stalla gli uomini facevano i turni per cenare.



Quella sera, mentre mamma Elisabetta metteva a letto i più piccoli ottennero il permesso di andare nel cortile posteriore a prendere lucciole, che arrivavano col calar del sole, nelle vicinanze del fieno.
Erano tantissime, le prendevano e poi le mettevano in un bicchiere, poi sentirono un urlo, e poco dopo un pianto.
Rientrati in casa Elisabetta, li avvisava che la signora della bicicletta, aveva portato nella sua borsa, un bambino per la zia Luigia, si sarebbe chiamato Bruno.



Arrivarono il medico e il veterinario, uno in bicicletta, e l'altro con un'auto,




 ci volle molto tempo prima che il medico scendesse e dicesse che tutto era andato bene, disse che aveva cucito un po'.
Anche il veterinario, entrando in casa per lavare bene le mani, disse tutto a posto, proprio un bel vitellino.




Sergio sgranando gli occhi, chiese al veterinario:
" lo avevate nell'auto,  il vitello, signore?
 Perchè nella borsa ho visto che non c'era.
Gli adulti presenti si guardarono in faccia, dicendo che era tutto merito della  mamma cicogna, che li aveva portati nella borsa che aveva nella  sua bicicletta.
Per molto tempo, i bambini del Ronco credevano che la levatrice si chiamasse mamma  cicogna.
La stessa levatrice che aveva aiutato la mamma di Licia, la zia Luigia, ha seguito poi Licia nel suo primo parto....



Ridendo mi ha detto, beata ingenuità.......ora vanno in giro con la pancia di fuori, e io invece   credevo davvero di esser nata in una borsa.......





6 commenti:

  1. Una bella storia davvero, vera e ben raccontata. Il traguardo finale è stupendo: la vita, che i bambini apprezzano un po' maliziosamente perché non credono alla cicogna.
    Grazie, Enrica.

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  2. semplice ma pur con il suo fascinoil mistero della nascita!!!Brava Enrica come al solito!!!

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  3. Che bella storia ,Enrica,hai raccontato un pezzo di vita contadina,con tanta maestria,semplicita'e amore .Mi sembrava di essere presente in mezzo a quel trambusto,,,i bambini nella loro innocenza ,sono stati fantastici.Hai saputo mettere anche una bella dose comica,che mi ha fatta sorridere di gusto.Brava,come sempre,elisabetta,,,,,,,,,

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  4. Vita contadina ma non solo... i bambini nascevano allo stesso modo anche in città prima dell'arrivo delle modernità e del diffondersi delle Cliniche specialistiche. Sono primogenito di una famiglia numerosa e crescendo ho visto arrivare a casa la Signora in bicicletta e con la borsa tante volte e tutte le volte portava una sorellina e la famiglia cresceva. Unica eccezione, per l'ultima sorellina, 19 anni di differenza, la mamma mi svegliò alle 3 del mattino dicendomi vai, corri a chiamare la Signora Clelia (così si chiamava la levatrice condotta) e dille di venire subito. Fui io stesso ad andare a prendere la levatrice con il mio scooter, suonai il campanello, la Signora Clelia si affacciò alla finestra, le dissi che era urgente e doveva venire subito e che l'avrei accompagnata io stesso e così fu. Per la fretta impostami dalla mamma, mi resi conto dopo che ero uscito di casa con una calza sola ma anche la levatrice che conosceva la mamma e sapeva la situazione, non si era vestita completamente: si era infilata in un cappotto ed era scesa di corsa.
    In quella occasione nacque Marinella, la mia sesta sorellina.

    Fantastica Enrica, ben articolato il racconto con la concomitanza delle due nascite: il primogenito di Licia e il vitellino della mucca.
    Pino

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  5. Bel Racconto Enrica, fa sorridere, che bei tempi, credo che anche noi da piccoli pensavamo che i bambini li portasse la cicogna, ora invece è tutto in bella vista, peccato un po' di ingenuità ci vorrebbe ancora, soprattutto per i bimbi.
    anna b.

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  6. E' un racconto bellissimo Enrica scritto con la tua solita autentica semplicita e tu ci fa vivere la vita della fattoria ,vede i ragazzini curiosi .senti larrivo del medico del veterinario .Ecco il vitellino ed il vagito del neonato .Sei swemplicemente brava ,sei tu Sandra

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