il filo dei ricordi-racconti

domenica 30 agosto 2020

il Duomo di Milano e le sue terrazze

                              Il Duomo di Milano e le sue terrazze

 

 Sono stata tante volte a Milano, sono stata dentro il Duomo, ma non avevo mai fatto una visita approfondita del suo interno e delle sue terrazze, avremmo dovuto visitare anche il Museo del Duomo, ma dandoci poco avviso venivamo informati, che sarebbe rimasto chiuso.

Inizia il percorso nella storia del Duomo:  

Il Duomo di Milano è dedicato a Santa Maria nascente, la città di Milano, a quel tempo si espandeva, e le due chiese esistenti, l’antica Cattedrale di Santa Maria Maggiore, e la basilica di Santa Tecla, non riuscivano più a contenere i fedeli, il crollo di un campanile, spinse l’Arcivescovo della città a promuovere la costruzione di un nuovo edificio, che sorgesse comunque nel cuore più antico della città.

Quindi la decisione iniziale di costruire una nuova cattedrale, il 12 maggio 1386, venne presa dalle cariche religiose e dalla popolazione.

Il Duomo di Milano, è stato voluto dai milanesi, per i milanesi.

 Molti furono i volontari che si adoperarono nella demolizione, negli scavi delle prime fondamenta, coordinati da architetti scelti dalle commissioni formate da religiosi e da esponenti dalla cittadinanza, chiamati gli “Associati”. Risalire alla data certa a tutti i nomi dei progettisti diventa un elenco di nomi  importanti che si sono susseguiti per ben 500 anni, quello che è certo che per questa cattedrale si sono prodigate le maestranze lombarde, aiutate dal fervore della cittadinanza.



Le corporazioni dei tessitori, dei fornai, dei mugnai, dei fabbri, dei macellai, dei calzolai, dei conciatori di pelli, degli armaioli, dei pescatori;

 i Collegi dei Medici, degli Speziali e dei Notai;

Il Vicario di Provvisione, il Podestà; tutti lavorarono duramente alla fondazione; mentre gruppi di fanciulle in abito bianco, dette le cantagole, accompagnate da pifferi e da trombe percorrevano i rioni della città e le zone limitrofe a raccogliere oboli per la grande cattedrale.

 Milano si espandeva, e Gian Galeazzo Visconti, che sognava uno stato prestigioso, non poteva lasciare che, la popolazione e il potere religioso, gli “Associati”, prendessero il sopravvento, decise quindi di intervenire nella realizzazione del duomo.



Il progetto iniziale, prevedeva un edificio in mattoni e seguendo le tecniche del gotico lombardo, vennero gettate le prime fondazioni dei piloni nel 1387, su progetto approvato nel 1386.

In tutta Europa gli stili delle costruzioni si evolvevano,  Gian Galeazzo, voleva una cattedrale, con un progetto più ambizioso, un grandioso edificio, simbolo del potere e delle sue ambizioni, in quel momento  le tendenze europee prevedevano le forme architettoniche del tardo gotico tedesco.

Il Duca di Milano voleva il marmo, il  Duomo sarebbe stato rivestito di marmo, Essendo il proprietario delle Cave di Candoglia,


 il 24 ottobre 1387,
 donò l’uso della Cave  alla Veneranda Fabbrica del Duomo, rese possibile il trasporto del marmo, attraverso le vie d’acqua, gratuitamente, senza far pagare loro alcun dazio, dal fiume  Toce, i blocchi di marmo raggiungevano il lago Maggiore,


 passando poi attraverso il fiume Ticino,
si giungeva al Naviglio Grande, mentre gli operai della Fabbrica del Duomo,  in tempi celeri portavano a termine  il naviglio piccolo, per portare il marmo fino al laghetto, (oggi Via Laghetto),




che si trovava  a poche centinaia di metri dal cantiere del Duomo, questo metodo venne  utilizzato  fino al 1920, anche dopo la chiusura del laghetto, per  il trasporto dei blocchi del marmo fino a Milano, successivamente si è  passati  al trasporto via terra.

Gian Galeazzo Visconti, in realtà divenne duca di Milano e di Lombardia nel 1395, dopo aver acquistato il titolo per 100 mila fiorini dall’ imperatore germanico Venceslao IV di Lussemburgo.

Molti furono gli ingegneri che nel corso dei secoli si sono susseguiti nella costruzione del duomo, che è iniziata nel 1386 ed è terminata proprio con la facciata nel 1800…

Molte le incomprensioni tra le maestranze milanesi e gli architetti d’oltralpe. 



Se Gian Galeazzo Visconti, voleva che il Duomo rappresentasse il suo ducato in grandiosità, l' Arcivescovo Carlo Borromeo,



nel 1561,  rende evidente che non intende avere interferenze dalle autorità laiche,  all'interno del Duomo spariscono molto in fretta, le tombe dei duchi, che non hanno mai più trovato sepoltura, una vera e propria cacciata dei potenti, voluta da un esponente della chiesa, per riservare un posto solamente agli Arcivescovi di Milano e a qualche benemerito benefattore, come Marco Carelli, che, in seguito alla sua morte, nel 1394,  non avendo eredi, nominò erede universale la Veneranda  Fabbrica del Duomo, con un patrimonio di 35.000 ducati che corrisponderebbe a circa 30 milioni di euro dei nostri giorni, fu il più grande benefattore del Duomo, anche la guglia più antica, realizzata nell' anno 1404, è dedicata a Marco  Carelli,  da qui nasce l' idea  per la raccolta fondi che la Veneranda Fabbrica promuove con la campagna "adotta una guglia"..



I secoli si sono susseguiti, così come gli stili e le decisioni,  anche all'interno della Veneranda Fabbrica si sono susseguite varie decisioni, modifiche, vari progetti dei tanti architetti,  nel 1765, sotto il dominio austroungarico,  l'arcivescovo Pozzobonelli e la Fabbrica del Duomo decidono di dare un segnale alla popolazone.  Si decide di innalzare la guglia maggiore, sul triburio, realizzata dall'architetto Francesco Croce, e su di questa  innalzare  la statua della Madonnina, dedicata all'Assunta, che lo scultore Giuseppe Perego modellò con lo sguardo rivolto verso l'alto e le braccia tese invocando la protezione divina sulla città di Milano, il messaggio parte dal luogo di fede ma è riservato a tutti i cittadini di Milano che da allora  non guarderanno più solo in terra e dove mettono i piedi,  ma alzeranno lo sguardo verso l'alto  perchè la guglia  con la statua della madonnina raggiunge un' altezza di metri 108,5.  

 



E' molto difficile, quindi,  definire lo stile del duomo di Milano, nonostante tutto, hanno dato origine ad un’opera mirabile, impossibile confonderla con altre, c’è chi la definisce una cozzaglia di stili, mentre altri la definiscono una grande opera d’arte.




E’ una delle chiese più ricche di storia della nostra Italia, il risultato dell’impegno di un cantiere durato oltre 500 anni, tra ripensamenti, aggiustamenti, cambiamenti di stile, demolizioni e rifacimenti.
Le navate sono 5, sono 52 le colonne che sostengono le volte, la navata centrale è veramente ampia, è tanto alta che non fa ricordare lo stile gotico,


tante, altissime, istoriate, alcune finestre raccontano una sola scena della fede, della cultura della città di Milano,  mentre altre scene  vengono raccontate da sei o anche nove finestre. in tutto il Duomo le vetrate sono 169




Si dice che la finestra più bella sia quella del Giudizio Universale.



Il transetto dell’altare ha dimensioni talmente ampie che da solo potrebbe essere una piccola chiesa, nel transetto di sinistra un gigantesco candelabro a sette braccia alto dodici metri, scolpito da un orafo francese, Nicola di Verdun, e donato all’arciprete Giovanni Battista Trivulzio nel 1562, per questo chiamato Candelabro Trivulzio.


Alla destra invece, si trova la statua che stava sulle terrazze  del Duomo, dedicata a San Bartolomeo, gli scalpellini che lavoravano per il Duomo di Milano, sia che lavorassero per l’ interno, sia che lavorassero per le statue delle terrazze, tenevano conto di ogni piccolo particolare, San Bartolomeo è uno dei dodici apostoli di Gesù, viene giustiziato per la sua fede cristiana, e scorticato vivo porta sulle spalle la propria pelle staccata dalla carne, come un drappo, è evidente da parte dello scultore Marco d’ Agrate, lo studio di anatomia e la rappresentazione fedele sulla statua, nulla veniva lasciato al caso, da questi maestri d’arte.

Dopo circa cinque secoli, questa statua, continua a stupire i visitatori che provengono da tutte le parti del mondo.

L’altare maggiore, è posizionato più alto rispetto al livello delle navate, il coro ligneo è stupendo, e di fronte uno all’altro gli organi, uno più antico dell’altro, che al termine delle funzioni vengono protetti da ante riccamente decorate, sotto l’altare c’è una piccola chiesa e l’ingresso al Tesoro del Duomo che contiene calici d’oro, opere, e gioielli preziosi.

Intorno all’ altare maggiore ci sono le vetrate dell’apside, che sono spettacolari al di sotto di queste, si trovano i sarcofagi di San Carlo Borromeo, di Ariberto da Intimiano, e di Gian Giacomo Medici.

Il disegno del pavimento attuale, venne terminato solo tra il 1914 e il 1940, è un intreccio complesso di marmi chiari e scuri, il marmo nero di Varenna, sul lago di Lecco, il marmo bianco e rosa di Candoglia, e il marmo rosso di Arzo, nella vicina Svizzera, che oggi è però sostituito dal marmo rosso di Verona.



Dunque il Duomo di Milano, voluto dai milanesi, fatto per i milanesi, è il frutto delle donazioni di tutta la popolazione milanese, nel corso dei tanti secoli, risulta dagli archivi della Veneranda Fabbrica che molte furono le donazioni di prostitute,  è il frutto dello sforzo comune di tutti i cittadini milanesi, senza distinzione di classe, così grazie alle donazioni, è  stata costruita la chiesa più grande d’Italia, infatti la Basilica di San Pietro, che è più grande, è nel territorio della Città del Vaticano.

 Il Duomo di Milano è la quarta basilica nel mondo per la superficie, e la sesta per volume.

 


 E’ possibile visitare anche, le fondamenta dell’antica chiesa di Santa Tecla, la prima cattedrale di Milano, costruita intorno al 313 dopo l’Editto di Costantino, 


ci sono le fondamenta del battistero del battistero di San Giovanni alle Fonti, dove la notte di Pasqua del 387 Sant’ Ambrogio aveva battezzato il futuro Sant’ Agostino quando ancora si effettuava il battesimo per immersione.




Appena fu iniziato il cantiere la Fabbrica del Duomo, vendette all’asta i marmi del battistero e le colonne

 Visitare le terrazze del Duomo, il giorno di ferragosto del 2020, in una Milano quasi vuota, è un ‘emozione,  la salita sull’ ascensore,  i attraverso i corridoi, si cammina proprio sul marmo che riveste  le terrazze del Duomo, 





ci sono 145 guglie, che sono state costruite tra il 1700 e il 1858, mentre la più alta  è stata costruita nel 1774, dove  svetta la famosissima Madonnina, che non è d’oro ma è ricoperta di fogli d’oro ed è alta 4 metri.


Le statue sono 3400, di cui 2300 sono posizionate all’ esterno.



 I doccioni sono 150,




 e i giganti sono 96, 






insomma il duomo di Milano, tra interno ed esterno è una Bibbia rappresentata in pietra.

Napoleone  nel 1800 ordina che venga finita la facciata del Duomo promette che tutte le spese saranno sostenute in seguito dalla Francia, vuole che il giorno della sua incoronazione con la Corona Ferrea a Re d'Italia il Duomo sia a posto,

 

La Fabbrica del Duomo per portare a termine i lavori dovette vendere tutti i suoi beni immobili, e il rimborso promesso  i Milanesi lo stanno ancora attendendo.. Inoltre Napoleone volle a titolo di ringraziamento, la statua di San Napoleone  su una guglia del Duomo...


Osservare dall'alto la piazza, rendersi conto di quanto sia bella, perché dall'alto tutto è bellissimo. 


Il Duomo di Milano è un cantiere sempre aperto, c’è un detto che dice

 “ Sei lungo come il Duomo di Milano”,

 perché il Duomo con tutta la sua imponenza, con tutta la sua bellezza,  non smette mai di aver bisogno di manutenzione, e quindi è lungo da sistemare ....



 


domenica 16 agosto 2020

La prostituzione nell'arte

Nel dicembre 2017 sono stata a Pompei, è spettacolare tutto quello che ho potuto visitare, mi tornano alla mente anche delle curiosità, la guida turistica ci aveva fatto notare che sul lastricato stradale era inciso nella pietra un fallo, (organo riproduttivo maschile), stava ad indicare che, nelle vicinanze c’era un bordello,

 il fallo era anche inciso su targhe di terracotta, o sui muri esterni delle case, vicino alle fontanelle dell'acqua, considerato un segno di buon auspicio serviva ad allontanare il malocchio.


 Ci sono poi affreschi espliciti, ci raccontano che anche a quei tempi, i luoghi di piacere a pagamento esistevano, molto sesso e colori forti.

 Una rappresentazione eterosessuale, omosessuale o con più soggetti, sembra che il sesso era molto più libero di quanto noi possiamo, oggi pensare. 



 
Anche nel medioevo,malgrado non fossero anni 
facili si continuava a rappresentare nell’arte, le donne di facili costumi,dei locali dove si esibivano e dei loro frequentatori. 



Col Rinascimento, dove la morale pubblica è più rigida, l’arte dovette ritirarsi.
 Nel cinquecento, non erano prostitute di strada, le chiamavano cortigiane, frequentavano la corte, appartenevano ad un livello sociale abbastanza alto, Tullia d’Aragona, per esempio, era figlia di una cortigiana, faceva la cortigiana, era persona estremamente colta, poetessa, malgrado i tanti sforzi per essere ricordata come donna letterata, rimase nella storia e per sempre una cortigiana. Era la poetessa che credeva nella parità tra uomo e donna, ma veniva ricordata solamente come la “cortigiana degli Accademici”, venne dimenticata in fretta, e morì sola.


 Veronica Franco, in quel di Venezia era definita “cortigiana Honorata, coltivava molti interessi intellettuali, non era una donna di basso livello, molto spesso,fare la cortigiana era l’unico modo per poter raggiungere l’autonomia, Tintoretto fu uno degli ammiratori di Veronica. 


Anche Michelangelo Merisi, il Caravaggio, per realizzare il dipinto “Morte della Vergine”, ha utilizzato come modella una prostituta, morta annegata nel Tevere,la donna aveva il ventre gonfio, nell’ opera è il riconoscimento della gravidanza ultraterrena di Maria, il quadro come tante delle cose fatte dal Caravaggio, fu uno scandalo che oggi noi, possiamo ammirare al Louvre.


 Nel quadro il figliol prodigo dissipa tutti gli averi con una prostituta,Rembrand ci racconta la dissolutezza, un dipinto conservato presso la Gemäldegalerie di Dresda(Germania).


 E dunque vero che è il mestiere più vecchio del mondo.
In Francia tra il 1800 e il 1900 nei bordelli di Parigi si poteva incontrare Degas o Picasso, Toulose Lautrec,e Manet, queste donne,solitamente disprezzate,diventarono le modelle dei loro dipinti, così attraverso l’avvenenza di alcune, la sensualità senza volgarità,oppure rappresentate nell’attesa del cliente, in ambienti nella vita reale,non si trattava solo di donne dai comportamenti sessuali ambigui, né di classi sociali, potevano essere nude o vestite da nobildonne,in queste tele viene rappresentato lo splendore di un ‘epoca, per molti altri aspetti si tocca la sofferenza , la solitudine, e il mondo nascosto dalla facciata di perbenismo, sono la memoria della vita di molte donne,che oggi ammiriamo, nei musei del mondo intero o nelle collezioni private.
 Nell’assenzio di Degas (1875-1876) i due personaggi, una coppia, lei è la prostituta e il suo compagno, forse colui che sfrutta l’attività della donna,lo sguardo è assente nei due personaggi, si avverte la solitudine,sono seduti vicini, non si guardano,non si parlano, ognuno perso dentro i propri pensieri, la distanza viene percepita ma non è reale come se avessero raggiunto la consapevolezza di aver perso.


 L’approccio di Degas era da osservatore distaccato, rappresentava la realtà ma con tono distaccato, era un narratore delle situazioni che si venivano a creare, prostitute in attesa di clienti,


 clienti a volte impacciati, gentiluomini eleganti molto spesso coinvolti da donne nude con il corpo in decadimento dall’età che avanzava, in pose volgari per meglio accattivarsi la clientela,


senza tenere minimamente conto della situazione di queste donne senza provarne mai comprensione.
 Henri Toulose Lautrec era un abituale frequentatore dei bordelli di Parigi, il rapporto che aveva con le prostitute era totalmente diverso,






 
 probabilmente dovuto al fatto che aveva dei problemi di salute, una malattia alle ossa, che gli aveva impedito di crescere, che con il passare del tempo era sempre più invalidante, pur essendo nobile di famiglia, preferiva sfuggire al perbenismo di nobili e aristocratici, e passare le sue giornate nei bassifondi parigini,dove le differenze non facevano scalpore, tanto che in uno di quei bordelli, al numero 8 di rue d’Amboise, trasferì la propria residenza, ritenendo di aver trovato finalmente donne della sua statura.Tutti noi abbiamo bisogno di calore umano, solo e semplice calore al di la dei titoli nobiliari.


   Nel 1906 Pablo Picasso, dipinge “Le Bordel d’Avignon”, (il bordello di Avignone) cinque prostitute in un bordello di calle Avignon, a Barcellona, Picasso era un pittore già conosciuto, espose l’opera solo 10 anni dopo, al Salon d’Antin,e se pur non fosse d’accordo, il nome dell’opera venne cambiato: divenne Le demoiselle d’Avignon,era il periodo della guerra, Picasso subì le influenze di altri pittori, e di altri stili fino a rendere quest’opera controversa da studiare, e sopratutto da capire iniziava così il percorso del cubismo. Non erano le opere che facevano scandalo, nemmeno il tema, quello che scandalizzava era il fatto che gli artisti volessero rendere nota questa realtà.