il filo dei ricordi-racconti

mercoledì 19 gennaio 2022

 



La Risiera di San Sabba

La risiera di San Sabba è stata per molti anni uno stabilimento per la lavorazione del riso che giungeva al porto di Trieste attraverso gli scambi commerciali con l’Oriente.

Nel 1930 la fabbrica non esisteva già più e l’imponente complesso era diventato la sede del Regio esercito Italiano.

Di recente ho voluto visitare questo luogo e l’impressione che ne ho avuto, e di un luogo desolato, vuoto, si respira un'aria di sofferenza ed inquietudine....non si può rimanere indifferenti, quasi che le mura stesse, si vergognassero di quello che era stato perpetrato al loro interno.

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 la Venezia Giulia cessa di far parte dello Stato italiano e diventa protettorato del Reich, l’operazione è stata consentita con la complicità dei vecchi e nuovi fascisti che hanno consegnato Trieste e L’Istria alla Germania. 




Pochi mesi sono serviti ai tedeschi per trasformare un luogo che dava lavoro e sostentamento in un luogo di smistamento, prigionia, torture e morte. Le SS del commando T4, uno dei nuclei più selezionati e potenti del sistema nazista, preposto all’eliminazione in Europa di malati di mente, ebrei e oppositori politici del nazismo.
Durante le azioni di rappresaglia in Istria e sul Carso, dopo aver fatto prigioniero ogni singolo essere umano che trovavano, prima di incendiare le case e gli appartamenti, portavano via tutto quanto potevano animali compresi, e tutto veniva trasportato in risiera. Dopo qualche mese vennero costruite le celle e l’essiccatoio dove prima si essiccava il riso, venne trasformato in un forno crematorio, le opere furono supervisionate dall’esperto in materia Erwin Lambert che aveva già costruito altri forni crematoi, inoltre avevano già a disposizione la ciminiera dello stabilimento alta 40 metri, Nel forno della risiera si potevano bruciare più persone, venne fatto un collaudo il 4 aprile 1944 con 70 cadaveri fucilati il giorno precedente ad Opicina. Con poca spesa e velocemente i tedeschi riuscirono ad organizzare un campo di sterminio, un grande deposito, un magazzino, e la caserma per le loro truppe, le finestre vennero murate il complesso aveva già una recinzione.
Per evitare che la popolazione sentisse le urla dei prigionieri per le percosse inflitte suonavano sempre della musica.
Non sono brava a descrivere nei dettagli come era strutturata e suddivisa la risiera, anche perché a causa del Covid non ho fatto una visita completa.
Ma dopo aver attraversato la biglietteria, (con una signora molto poco disposta, anzi quasi infastidita dalla mia presenza e dalle mie domande), ho visto le celle, piccole buie, in queste celle venivano rinchiusi coloro che erano ritenuti dai tedeschi pericolosi e sospetti, sulle porte delle celle e delle pareti ci sono delle scritte, ho letto che una buona parte le ha cancellate il tempo, l’abbandono, e la polvere, che inizialmente erano veramente tante


 ho sempre letto che, in uno dei recenti lavori di straordinaria manutenzione nelle crepe del cemento sono stati trovati dei pezzetti di carta piccoli scritti ripiegati e indirizzati ai propri cari…..



Due piani sopra le celle, vi erano i laboratori di sartoria e calzoleria delle SS.
 Nel cortile interno proprio di fronte alle celle vi era il forno crematorio, fatto saltare in aria dai nazisti nella notte del 28 e 29
aprile 1945, per eliminare le prove dei loro crimini, ora vi è una spirale simbolica in metallo.


 Un canale sotterraneo, univa il forno alla ciminiera, in 17 micro- celle catacombali, ossia in uno spazio molto ristretto venivano rinchiuse dalle 4 alle 6 persone, 
delle vere e proprie anticamere della morte, una di queste celle era usata per le torture.



 Si poteva morire per impiccagione, per fucilazione, alcuni furgoni vennero modificati e diventavano camere a gas, o semplicemente con delle mazzate in testa, ma non sempre la mazzata uccideva subito, per cui nel forno finirono persone ancora vive.
I prigionieri scelti per la deportazione venivano invece ammucchiati negli stanzoni di un altro edificio che faceva parte del complesso, alcuni ebrei vennero uccisi sul posto, molti ebrei destinati alla deportazione in Germania venivano rinchiusi in camerate , uomini , donne, bambini anche di pochi mesi che poi finivano nei vagoni piombati diretti ad Auchwits Dachau,Mathausen, i campi del massacro.
Nel quadro principale e organizzativo che riguardava la risiera, vi era lo scopo di fermare i nemici attivi, ossia la resistenza italiana, slovena e croata, che disturbava la continuità geografica e organizzativa dei rifornimenti. Si erano formati dei movimenti politici, tra gli operai, i contadini che convincevano e mobilitavano la popolazione, contro il governo nazista locale.
I tedeschi adottarono la politica del terrore, della violenza senza criterio, della distruzione. La risiera se pur in dimensione ridotte fu una piccola parte di Auschwitz, Di Dachau, di Belsen.
 Alla risiera si giungeva per vie diverse, dalle camere di tortura dell’Ispettorato speciale e delle SS, dai centri speciali dei fascisti, dalle carceri, dalle zone operative o dai villaggi distrutti. Alcuni calcoli fatti con prudenza stimano che le persone scomparse alla risiera siano intorno ai 4-5000.



Quanti prigionieri rastrellati, precettati con la forza, passati per la risiera e poi smistati per i diversi lager, o ai lavori obbligatori di guerra sul confine e nel litorale almeno 20.000, grazie alle tante carte di identità rinvenute nell’edificio al momento della liberazione.
Per migliaia di partigiani, ostaggi, persone rastrellate, fra cui numerose donne e bambini, la Risiera di San Sabba a Trieste, fu la fermata finale, un capolinea deciso dall’arroganza, dalla prepotenza, e dal fanatismo. La risiera di San Sabba è stata poi utilizzata dal 1946,  come sede di un 
 campo profughi di immigrati cacciati dalla Jugoslavia per circa una decina d’anni, dal 1965 è ritenuta monumento nazionale.

 

domenica 16 gennaio 2022

Per non dimenticare

 

Trieste era stata occupata dalle truppe del Regno d'Italia il 3 novembre 1918, al termine della prima guerra mondiale, e poi ufficialmente annessa all'Italia con la ratifica del Trattato di Rapallo del 1920.
Subito dopo la prima guerra mondiale il Friuli Venezia Giulia risultava una regione colpita duramente.



 Le difficoltà economiche e sociali e il vuoto politico, e la non sentita appartenenza al territorio italiano, hanno disorientato le forze politiche presenti sul territorio.

La mancanza di dialogo tra cattolici e repubblicani e movimenti operai più vicini al partito socialista, hanno creato un vuoto che è stato subito riempito dall’ideologia estremista del nazional socialismo.

L’illusione che questi ideali davano, la sensazione di poter risolvere tutto attraverso la potenza nazionale, risultava affascinante in quella parte della piccola borghesia, che era molto frustrata e arrabbiata con tutti e contro tutti, contro il governo italiano che mancava nell’organizzazione e nella precisione, rispetto al governo austro-ungarico che di Trieste e del Friuli aveva fatto la fortuna, arrabbiata contro i nuovi ricchi, contro i proletari, la piccola borghesia era pronta a difendere uno stato di cose che non esistevano più nella realtà non avevano più nulla da conservare…..

Il programma di uno stato forte e potente, l’espansione economica, la voglia di reprimere le lotte sociali e proletarie, ma soprattutto impedire che la Jugoslavia disponesse di città portuali per evitare qualunque concorrenza economica, furono i temi che convinsero molti cittadini triestini ad aderire al fascio triestino di combattimento, guidati e organizzati da uno dei più esperti e disonesti uomini senza remore morali, chiamato Francesco Giunta. Sotto la guida di questo personaggio iniziano nel 1920 le “nobili azioni risolutive” che divennero il modello per tutto lo squadrismo italiano.

Incendiarono l’albergo Balcan, era la sede della Casa del popolo, spacciando quest’azione come un sacra santa vendetta nazionale, non bastava bruciare, il Balkan venne anche mitragliato, anche altri importanti edifici come quello di Pola vengono danneggiati,



succede così che i fasci di combattimento in Trieste e in Friuli Venezia Giulia danno l’avvio ad un movimento che a parole era di rinnovamento nazionale, ma in realtà lo steso Giunta definiva :

“ Lasciando molti morti sulle strade il fascismo giuliano marcia ognor più speditamente verso la meta”.

Il 20 settembre 1920 Mussolini visita Trieste e ne rimane favorevolmente colpito.





In tutta la regione , tutte le sedi culturali socialiste e slave vennero distrutte 134 edifici tra cui 100 circoli di cultura, 2 case del popolo, 21 camere del lavoro, tre cooperative senza tener conto degli studi privati di professionisti e abitazioni di sloveni. Le violenze quotidiane erano svariate dalle umiliazione alle beffe, le botte fino a giungere agli assassini a sangue freddo.

I fascisti ricevevano molti aiuti dalle banche, le compagnie di assicurazioni, gli industriali, gli spedizionieri, le grandi case commerciali mettevano a loro disposizione automezzi, autisti, benzina. I locali del fascio triestino vengono forniti da Assicurazioni Generali. ma l’elenco dei finanziatori è molto lungo, la stampa locale è a loro favore e scrive elogi al fascismo.

Dal 1922 al 1924, il fascismo prevale ottiene la maggioranza in parlamento dopo l’omicidio Matteotti il governo elimina L’OPPOSIZIONE PARLAMENTARE e instaura la DITTATURA. Sopprime la libertà di stampa, scioglie i partiti e le organizzazioni politiche e i diritti delle minoranze.

L’opposizione politica è costretta all’azione clandestina e in quegli anni il tribunale speciale fascista condanna un innumerevole numero di persone al carcere, e promuove le condanne a morte per gli antifascisti.

Dittatura vuol dire impoverire le menti, i valori intellettuali e civili, vuol dire scavare dentro ogni essere umano tutte le brutture possibili, affinché si possa sopravvivere, soffocare ogni residuo di sentimento civile e umano che alberga in ognuno di noi…

Nel 1938 Mussolini accoglie la politica razziale tedesca, l’idea che poi porterà milioni di persone ai campi di concentramento viene accettata dal governo.

Nel 1939 si allea con la Germania e avviene l’occupazione dell’Albania

Nel 1940 l’Italia entra in guerra a fianco del regime nazista.




Che la politica fascista, e le violenze che i fascisti perpetravano in Friuli Venezia Giulia, fossero state accettate e sviluppate prima che in altre zone d’Italia sia un dato di fatto, è altrettanto vero però
che la  RESISTENZA  è STATA SEMPRE MOLTO ATTIVA
 ma povera di mezzi e di sostentamento, gli antifascisti hanno dato sempre un segnale di VOGLIA DI LIBERTA'
tanto che nel 1941 il tribunale speciale per la difesa dello Stato si deve trasferire a Trieste, molti antifascisti sono stati condannati al carcere duro, alcune sentenze di morte sono state attuate tramite fucilazione alla schiena.
La situazione però nel 1942 precipita, la violenza fascista che tanto aveva motivato i borghesi giuliani, ora spaventa gli stessi che l’avevano sostenuta. È una violenza esagerata nella repressione sui civili, sia per mezzo di operazioni di polizia che per operazioni militari.
In seguito alla morte di 4 soldati come atto di rappresaglia
 
via Ghega n°12 Targa 



 i nazisti prelevarono dalle carceri della città 51 prigionieri (tra cui sei donne e diversi ragazzi di 16-17 anni) e, dopo averli portati sul luogo dell'attentato, li impiccarono in ogni angolo e finestra del palazzo Rittmeyer, in via Ghega N° 12, lasciando poi i cadaveri esposti alla pubblica vista.



Il 6 marzo 1942 vennero istituiti campi di concentramento per civili sloveni, in attesa di giudizio da parte dei tribunali militari.

Nel mese di giugno l’esercito passa in rappresaglia verso la popolazione, molti furono i morti in diverse zone del Friuli Venezia Giulia, Fiume, Merecce, Postecce, Postegnera, Bitigne di sotto, Bitigne di sopra, Monte Chivoli,  nei rastrellamenti veniva fatta ostaggio tutta la popolazione e anche il bestiame.

I prigionieri venivano prelevati dal carcere e uccisi a colpi di baionetta e di pugnale e poi appesi ad un albero affinché fossero di monito ai rivoltosi contro il regime.

Il 29 giugno il prefetto di Trieste porse formalmente al questore la richiesta di impiegare i gas.

Il 10 luglio viene ordinato di passare alle armi, che tutti i ribelli venissero fatti i prigionieri, prelevati gli ostaggi e bruciati i villaggi nelle zone dove avveniva la resistenza.

Venne sostituito anche il segretario del fascio di Trieste considerato troppo debole.

Sotto la direzione del nuovo segretario, Spangaro, vennero uccise molte persone in città e in provincia. Siccome la resistenza, malgrado i delitti e le violenze non veniva fermata, vennero applicate le misure di territorio invaso, istituito un Ispettorato speciale di pubblica sicurezza per il Venezia Giulia, questa pratica speciale era stata applicata anche in Sicilia per combattere il banditismo.

L’Ispettorato si insedia in un villa in via Bellosguardo 81 a Trieste che molti triestini conosceranno come Villa Trieste.

Oggi la villa non esiste più, ma è stata posta una lapide commemorativa.



Buona parte dell’attività è di polizia repressiva, composta da nuclei addestrati alla lotta anti partigiana. Questi poliziotti agivano perlopiù di sorpresa sulla base di informazioni ricevute precise, indagini politiche con l’impiego di informatori segreti. Nei primi mesi del 1943 vennero effettuati parecchi arresti uomini ma soprattutto donne accusati di essere fiancheggiatori dei partigiani, molte sono le testimonianze nei processi celebrati a Trieste nel dopoguerra.

Lo stesso vescovo di Trieste Santin il 12 marzo 1943 scrive al sottosegretario agli interni: “

Vi posso assicurare che v’è nella popolazione una viva indignazione per questo trattamento, uomini e donne vengono seviziati nel modo più bestiale, vi sono particolari che fanno "inorridire”, a seguito dell’intervento del vescovo venne aperta un’inchiesta che si concluse con “nulla di grave è avvenuto”.

Nel luglio del 1943 venne votata dal Gran Consiglio la mozioni di sfiducia contro Mussolini che venne arrestato per ordine del re, il regime e il partito fascista si sciolgono e si dissolvono come la neve al sole.

Il re si dissocia dalla Germania e proclama l’armistizio, l’esercito è senza direttive, i tedeschi occupano il territorio, e gli squadristi fascisti diventano nazisti, è ricordata ancora oggi la loro ferocia nei confronti degli antifascisti a prescindere dalla nazionalità o dalla fede…

Il movimento antifascista si raccoglie nel comitato di liberazione nazionale e dalla Carnia a Fiume in tutto il territorio regionale contrastano i fascisti con la lotta armata.

Si unirono i comunisti i democratici cristiani, i socialisti, i repubblicani, i liberali, e gli azionisti, molti esponenti di questi partiti antifascisti triestini, Reti, Felluga, Frausim, Pisono Foschiatti moriranno nei campi di sterminio nazisti…..

Dopo la guerra a Trieste verrà concessa la medaglia d’oro della Resistenza.

L’8 settembre 1943 la Venezia Giulia diventa protettorato del Reich e di conseguenza smette di far parte dell’Italia. Complici di questa operazione i fascisti vecchi e nuovi, che consegnano così Trieste e l’Istria alla Germania di Hitler.

I nazisti a Trieste come monumento funebre a se stessi, allestiscono un campo di concentramento, l’unico campo di sterminio in territorio italiano:

La risiera di San Sabba…




lunedì 13 dicembre 2021

Breve storia del presepe

 

                 Breve storia del presepe




La tradizione di rappresentare il Natale con il presepe ha origini antiche, sembra proprio che il primo presepe vivente abbia origini italiane…



Dobbiamo questa bellissima e calorosa rappresentazione a San Francesco, che viveva in una capanna sul Monte Lacerone in seguito poi chiamato Monte di San Francesco, in prossimità del borgo di Greccio, qui il Santo aveva già ottenuto che alcune calamità avessero avuto fine ( per esempio l’assalto dei lupi). Già nell’anno 1209, divenne poi amico del castellano del paese, Giovanni Velita e con il suo consenso iniziò a predicare alla popolazione….Dopo un viaggio in Palestina, nel 1922 San Francesco rimase affascinato dalle rappresentazioni sacre che venivano allestite in occasione del Natale. Tornato a Greccio, chiese al Papa Onorio III, il permesso dipoter rappresentare il Santo Natale, il quale rifiutò perché a quel tempo per la religione cattolica era proibita la rappresentazione di drammi sacri, l’unica concessione che il papa fece fu di poter fare la messa all’interno di una grotta e non nella chiesa del borgo. San Francesco con l’aiuto del Castellano scelse una grotta dove venne portata una mangiatoia, della paglia, un bue e un asinello che secondo i vangeli apocrifi erano al fianco del Bambino Gesù, non c'erano la Madonna San Giuseppe e il bambino, fece costruire un altare portatile, e secondo le testimonianze raccolte nei testi sacri, durante la messa sarebbe apparso un bambino che San Francesco strinse tra le braccia..



Nacque così il primo Presepe Vivente.

 In molte chiese la natività venne poi rappresentata  dal 1300 al 1600 attraverso l'opera di grandi pittori, Giotto,



Piero della Francesca,



 Correggio,


 Botticelli, alle opere dipinte dai pittori si affiancavano 
con tanto di scenografie e statuine intagliate e scolpite. 

Così,  partendo da Greccio, il presepe divenne una tradizione popolare che si allargò da prima in tutta l'Italia centrale e in Emilia. Raggiunse poi nel XV secolo Napoli,  e in seguito all'invito che  Papa Paolo III  rivolse direttamente ai fedeli, il presepe conquistò un posto nelle case nobiliari, molto spesso rappresentato come in una piccola cappella.

Nella Cappella Sistina della chiesa di Santa Maria Maggiore a Roma è possibile ammirare uno dei più antichi presepi natalizi, realizzato in alabastro, nel 1289 da Arnolfo da Cambio e donato alla chiesa il presepe ha la forma di una casetta in cui è rappresentata l'adorazione dei magi.



Oggi nelle nostre case ci sono presepi con varie statuine che  molto spesso contengono  personaggi che fanno parte del mondo che ci circonda

Se a San Francesco dobbiamo il primo presepe vivente, grazie ai Gesuiti nel 1600 la rappresentazione del presepe venne portata agli onori e divenne un ornamento che abbelliva le case durante le festività natalizie.

Al di la delle credenze e delle leggende la rappresentazione del presepe vivente, fu molto utile, alle persone più umili, che non sapevano leggere e scrivere. Vedere la rappresentazione della nascita di Gesù, dove  ogni personaggio  veniva descritto non solo a voce , ma anche visibilmente spiegato e raccontato, fu molto importante in molte missioni dove il cristianesimo veniva portato come nuova religione, dove la lingua parlata era diversa, la parola veniva associata all’immagine dell’oggetto, il pastore, la stella cometa, i Re magi, per raggiungere il senso della nascita di Gesù.



lunedì 8 novembre 2021

Cristoglie e la sua chiesa

 



Cristoglie e la sua chiesa

A pochissima distanza dalla città di Trieste, allontanandosi appena appena un po’ dal mare, si va oltre il confine in terra slovena, e il territorio cambia, troviamo colline con prati ben tagliati e fertili, tantissime le vigne che come soldatini sembrano indicarci il percorso. Ci siamo informati nei giorni precedenti, abbiamo trovato un numero di telefono dove ci sono stati elencati orari di apertura, le norme imposte dal Covid 19, e il prezzo del biglietto.
E’ una bella domenica mattina, giungiamo sul posto abbastanza presto, la prima cosa che abbiamo visto è il campanile, si perché siamo venuti fin qui per visitare una piccola e bellissima chiesa fortificata.



Siamo a Cristoglie o come si scrive in sloveno Hrastovje, un piccolissimo paese di poche anime ben tenuto e curato, qui sopra una collina sorveglia le case tutt’intorno come se fosse una sentinella la chiesa della SS. Trinità.



Questa chiesa ha la caratteristica di essere è uno dei rari esempi di chiesa fortificata all’esterno, ma non solo, è un vero scrigno d’arte anche all’ interno.



Nei secoli passati aveva un doppio ruolo, era un luogo di preghiera, ma anche una fortezza dove la popolazione trovava rifugio durante le tante invasioni turche.
E’ stata costruita intorno al 1200, le mura di fortificazione risalgono al 1500, oltre al campanile che svetta verso l’alto si possono notare due torri dalle quali si avvistavano i nemici. La fortificazione ha una lunghezza particolare, 32 metri di lunghezza, 16 di larghezza e 8 di altezza.



Il numero 8 e i suoi multipli, l’8 è simbolo di giustizia, di prosperità, anche il simbolo dell’infinito, e quindi simbolo della morte.
Non ci sono testimonianze che avvalorino questa tesi una cosa certa però c’è, se all’esterno è molto bella, quando si varca la piccola porta di questa chiesetta si rimane veramente sbalorditi.
Il fatto che non sia di grandi dimensioni, è poco importante,
In seguito a dei lavori eseguiti nel 1949, sono tornati alla luce sotto una forma di intonaco moltissimi affreschi, la chiesa è tutta tappezzata di affreschi, grazie al genio e alla bravura del pittore istriano Giovanni de Castua, che ha reso queste mura un vero libro da sfogliare, la Bibbia dei poveri (biblia pauperum), con il solo ed unico scopo di spiegare alla popolazione analfabeta la visione religiosa medioevale.





E’ un eccezionale ciclo di affreschi risalenti al tardo Medioevo, e al rinascimento è uno dei più importanti cicli pittorici dell’Istria Slovena, si è potuto risalire con certezza grazie alla firma del pittore e alla data dell’anno in cui sono stati realizzati gli affreschi: il 1490. La chiesa ha tre navate, con presbiterio poligonale in facciata sull’arcata dell’abside centrale si trova il trono della Divina Misericordia, nelle arcate sottostanti sono rappresentati gli Apostoli,


nell’abside settentrionale troviamo i Santi Cosma e Damiano insieme ad una rappresentazione fuori dall’uso comune dei Re magi,





proprio sotto di loro c’è un'antica iscrizione in alfabeto slavo utilizzato dagli evangelizzatori cristiani che avevano il compito di convertire la popolazione, questa iscrizione ci permette di sapere che gli affreschi furono commissionati dal parroco di Kurbed Tomič Vrhovič ,ed eseguiti da Giovanni da Castua che ha firmato con il proprio nome Johannes de Castua e la data della realizzazione

In parte il muro della navata centrale, è decorato con l’incoronazione della vergine alla destra e alla sinistra ci sono le scene dell’annunciazione a Maria,





sulla volta centrale è raccontata la Genesi, ossia le origini del mondo,






la creazione dell’uomo, Adamo ed Eva



e la cacciata dall’Eden.
Sopra la porta si trovano i Santi protettori delle malattie infettive, come la peste, San Sebastiano, San Rocco e San Fabiano.
Oltre alla narrazione religiosa, ci sono affreschi che rappresentano la vita quotidiana, sulle volte della navata meridionale  troviamo i mesi da gennaio a luglio, mentre sulle volte della navata settentrionale i mesi da agosto a dicembre, che ci raccontano le azioni che l’uomo svolgeva nell’arco temporale di un anno, dalla semina al raccolto, dalla vendemmia alla macellazione del maiale. Viene inoltre rappresentato l’anno (annus) , del tempo (tempus) e San Geronimo.
Nella parete settentrionale sfila il corteo della visitazione e dell’adorazione dei Re Magi. Sul lato occidentale è decorato il congedo da Erode.
La passione di Gesù, si snoda lungo la parete occidentale e in parte anche sulla parete meridionale.



Proprio sotto nella parete meridionale desta particolare attenzione la danza macabra. In quel periodo la peste mieteva vittime tra giovani ed anziani, non risparmiava nessuno, ne poveri ne ricchi, ci furono tante vittime, e ieri come oggi, ci viene raccontato che la morte arriva per tutti, non guarda il ceto sociale, non guarda l’età, in poche parole questo affresco ci ricorda “che dobbiamo morire”.



Questo tipo di pittura si sviluppò per lo più in Francia, ad Avignone. In Italia, in Trentino a Pinzolo,



in Lombardia a Clusone in provincia di Bergamo,




a Santa Caterina del Sasso in provincia di Varese,



persino ad Atri in Abruzzo dove si trova la copia identica della rappresentazione di Avignone.











domenica 12 settembre 2021


Massimiliano d'Asburgo e la moglie Carlotta e  il Castello di Miramare 


Ferdinando Massimiliano d'Asburgo-Lorena era il secondogenito dell'Arciduca Carlo d' Asburgo -Lorena, e della principessa Sofia di Baviera. Il fratello primogenito Francesco Giuseppe divenne Imperatore, marito della famosissima Elisabetta detta Sissi, e di fatto l'ultimo vero sovrano assoluto europeo per diritto divino fino alla morte.

Massimiliano, nacque a Schonnbrunn a Vienna, con le nomine di Principe Imperiale e Arciduca d'Austria, e Principe Reale di Ungheria e Boemia, era un uomo di particolare intelligenza, amava l'arte e le scienze, in particolare la botanica.

Uomo Intelligente si, ma troppo moderno per i tempi in cui viveva. Intraprese la carriera  militare ed ottenne in breve tempo alti gradi di ufficiale. Mentre svolgeva il servizio militare, contribuì energicamente a creare la flotta marittima dell'impero austriaco, rinnovò il porto di Trieste che a quel tempo apparteneva all'Austria.




Verso la fine dell'anno 1855, rimase affascinato dalla bellezza del promontorio. 

Durante un ballo di corte nel palazzo di Laeken, l’arciduca d’Austria Ferdinando Massimiliano 



incontra la principessa Marie Charlotte di Sassonia-Coburgo-Gotha, figlia minore e unica femmina di Leopoldo I re dei Belgi e della sua seconda moglie Louise Marie d’Orléans..



1856 – 23 DICEMBRE

Massimiliano si fidanza ufficialmente 

Il 27 Luglio 1857 matrimonio con Carlotta  




Pur essendo il Principe Imperiale Arciduca d' Austria, aveva idee liberali, tanto che il popolo italiano, pur non apprezzando la dominazione austriaca, aveva molta stima e rispetto per Massimiliano.

Divenne vicerè del Lombardo-Veneto nel febbraio del 1857,  si sposò a Bruxelles con Carlotta del Belgio e raggiunse Milano nel settembre del 1857. Era un'innovatore, cercava di portare clemenza, dopo il duro dominio di Radesky sulla popolazione. Come governatore generale della regione cercò invano di agevolare le popolazioni locali, con iniziative politiche che avrebbero consentito di avere molta più autonomia a livello  amministrativo.

Tali interventi venivano sempre sminuiti dai consiglieri di corte, ma anche dalla volontà stessa del re, che non intendeva lasciare spazio al fratello minore 

Massimiliano, venne più volte ripreso e umiliato dall' imperatore  che infine lo destituì il 19 aprile del 1859

Cavour, che voleva sconfiggere la dominazione austriaca stupulò un accordo con Napoleone III per annettere la Lombardia al Regno di Sardegna e in un futuro unificare l'Italia dividendola in quattro confederazioni.  Camillo Benso Conte di Cavour vedeva in Massimiliano un nemico, tanto che quando venne destituito  scrisse:

 "Finalmente possiamo respirare, è stato destituito l'uomo che temevamo di più, di cui ogni giorno dovevamo registrare i progressi e che costituiva il nostro peggior nemico in Lombardia. La sua tenacia, la sua lealtà e il suo spirito liberale avevano già guadagnato la fiducia di molti dei nostri sostenitori.

La Lombardia sotto l'amministrazione di Massimiliano  non era mai stata così prospera e ben amministrata. Poi, grazie a Dio ,il caro governo viennese interviene e,con le sue consuete maniere, riesce a buttare all'aria ogni cosa e rinuncia alla sua unica possibilità, richiamando il fratello dell'Imperatore, solo perché le sue sagge riforme hanno dato fastidio ai vecchi intransigenti di Vienna...nulla, così è perduto e la Lombardia è di nuovo a nostra disposizione".

Due giorni dopo la destituzione di Massimiliano ,come Vicerè, l'Impero austriaco e il Regno di Sardegna entrarono  in guerra. 

Il Castello di Miramare



 

Partendo da una zona in gran parte spoglia, Massimiliano  ha commissionato un parco, che  avesse potuto essere percorso a piedi: un luogo privato, un luogo che gli avrebbe permesso  di sviluppare la sua passione per la botanica. Il progetto venne affidato all'architetto Carl Junkers, e al giardiniere boemo Anton Jelinek, furono importati grandi quantitativi di terra fertile e numerose varietà di  alberi e arbusti moltissime provenivano da zone extraeuropee, Massimiliano e Carlotta  pur essendo residenti  a Milano, seguivano costantemente i lavori a Miramare. Massimiliano era un'uomo di mare, amava il mare e la botanica la natura.

IL 20 aprile 1859 Massimiliano si trasferisce a Trieste, si ritira dalla vita politica, dalle guerre, dagli intrighi e dai disegni dell'impero di suo fratello.

Massimiliano e Carlotta, che si erano sposati per vero amore e non per impegni nobiliari dal 1859 al 1860 risiedettero in uno egli edifici fatti costruire all'interno del parco, nel castelletto, furono  anni spensierati.

Trascorrevano in modo tranquillo le loro giornate passeggiando in riva al mare o nel parco del castello, erano entrambi amanti della musica, della pittura, di cultura generale e di botanica.

Carlotta  stessa realizzava vedute molte delle quali oggi si trovano proprio nelle sale del Castello di Miramare. 


L’edificazione del castello, però era molto costosa, considerando che il materiale, proveniva in gran parte dall'estero per questo motivo, dopo un paio d’anni dall’inizio dei lavori, Massimiliano decise di eliminare il secondo piano, l’edificio si divideva in tre parti distinte: il piano terra con gli appartamenti arciducali, il primo caratterizzato dagli ambienti di rappresentanza e il cosiddetto “mezzanin” destinato alla servitù.

La  prima pietra del Castello venne posata il 1° marzo 1856. Il 24 dicembre del 1860, la Vigilia di  Natale Massimiliano e  Carlotta del Belgio, prendono alloggio al pianoterra dell’edificio, gli esterni  sono del tutto completati, mentre gli interni sono arredati solo in parte,  il primo piano è ancora in fase di allestimento.

Il pianoterra, era  destinato agli appartamenti privati di Massimiliano e Carlotta, in effetti visitandolo da la sensazione di intimo e familiare, il primo piano  veniva utilizzato per la rappresentanza,  era riservato agli ospiti i quali rimanevano veramente affascinati e stupiti e forse  abbagliati da quanto fosse sontuoso e delicato allo stesso tempo, rispettoso degli stemmi e dei simboli imperiali. 

Il progetto della scala interna  è stato realizzato in modo da poter vedere il mare da entrambi i lati attraverso le grandi vetrate, la sala da pranzo è stata denominata Scala dei Gabbiani perché nel soffitto a cassettoni sono dipinti grandi uccelli, la tappezzeria nelle stanze dedicate a Massimiliano ha il simbolo dell' ancora sormontata da una corona, ed  il simbolo dell'ananas, sulla tappezzeria, sulla stoffa delle poltroncine, molti sono i trofei di caccia, armature  che Massimiliano aveva portato dall'India, dalla Cina e dal Giappone durante il giro del mondo che fece con la fregata Novara. .



Nel 1857 sono  state realizzate anche altre costruzioni presenti nel parco: lo avrebbero completato, alcune fontane e sculture varie. La fontana detta “del Tritone”, realizzata dalla ditta tedesca “Thonwaaren-Fabrik” di Ernst era stata presentata a Londra nel 1851; la statua dell’“Amazzone a cavallo”, acquistata dall’arciduca nel 1862, faceva invece parte della produzione di August Kiss.

 Carlotta però, è una donna ambiziosa, gelosa della cognata Sissi, che oltre ad essere la  moglie di Francesco Giuseppe e imperatrice d'Austria,  aveva con Massimiliano un buonissimo rapporto e condivisione di ideali.

Visita di Sissi a Miramare

Dunque la vita a Trieste non soddisfa pienamente Carlotta, che briga e ribriga, finché convince il marito a ricevere una delegazione di nobili messicani che offrono a Massimiliano  la corona di Imperatore del Messico.

Di primo acchito Massimiliano non accetta, ma poi le insistenze della moglie, l'intervento   di Napoleone III lo convincono ad accettare

Dal Castello di Miramare salpa il 14 aprile 1864 a bordo della fregata "Novara", insieme alla moglie. All'interno del castello si trova un grande dipinto che racconta la partenza. 


La situazione che Massimiliano trova, una volta raggiunto il Messico,  non è certo quella che gli era stata raccontata e sicuramente, non è quella che i due coniugi avrebbero desiderato, era già in atto una guerra di rivoluzione. I messicani volevano la Repubblica, non un imperatore per' altro austriaco.

I repubblicani messicani, contrari alla dominazione imperiale, resistettero anche  grazie  agli aiuti di armi da parte dell'America, Napoleone III decise di  ritirare le proprie truppe, lasciando solo Massimiliano.

 Carlotta raggiuse l'Europa cercando di trovare aiuti, ma nessuno stato europeo si sarebbe messo contro l'America, non riuscì portare a termine la propria missione, si dice che avesse avuto un crollo nervoso. 

Massimiliano venne catturato e condannato alla fucilazione, molti reali europei e personaggi importanti come Giuseppe Garibaldi, Victor Hugo, scrissero lettere in Messico chiedendo  gli fosse risparmiata la vita, niente di tutto questo ottenne dei risultati.

 Il 19 giugno 1867 Massimiliano e i suoi generali di fiducia vennero fucilati, il corpo di Massimiliano fu poi imbalsamato esposto in Messico, solo l'anno successivo tornò a Trieste, e poi raggiunse Vienna dove venne sepolto nella cripta Imperiale. 

Carlotta per un po' di tempo visse nel castelletto a Trieste, poi venne riportata in Belgio dal fratello, visse nel Castello di Bouchout a Meise sino alla morte  il 19 gennaio 1927, si dice che fosse impazzita dal dolore.

Il Pittore  Edouard Manet, riteneva che Massimiliano fosse stato abbandonato dalle potenze europee e tradito da Napoleone III tanto che ritrasse ben 4 tele con questo soggetto la più conosciuta è " l'esecuzione dell'Imperatore Massimiliano, il plotone di esecuzione nella tela ha la divisa dell'esercito francese e uno degli ufficiali ha il volto molto simile a quello di Napoleone III.




mercoledì 7 luglio 2021

La Cattedrale di San Giusto a Trieste

    La Cattedrale di San Giusto a Trieste 


Sabato 12 giugno 2021, la cattedrale di San Giusto è qui davanti ai miei occhi ne ho sentito palare tanto, e devo dire che tutto quello che mi hanno raccontato merita di essere visto.

E' posta sul colle di San Giusto e domina tutta la città....

E' la sede del vescovo, è la chiesa del patrono della città, in pratica è il simbolo religioso di Trieste.


E' dedicata a San Giusto, un soldato romano che  non voleva usare violenza e men che meno voleva uccidere i cristiani, in seguito divenne  anche  uno dei più fedeli credenti, si rifiutò di inchinarsi davanti agli dei pagani, non rinnegò mai  la propria fede cristiana. 

Il governatore di Trieste, Mannacio, era un fedele sostenitore dell'imperatore Diocleziano, il quale perseguitava tutti coloro che abbracciavano la fede religiosa cristiana.

 San Giusto, venne legato  portato in mezzo al mare e annegato, malgrado i pesi di piombo con cui lo avevano appesantito, la corrente lo riportò a riva e la notte successiva apparve in sogno ad uno dei cristiani, che il giorno successivo trovando il corpo lo imbalsamò e gli diede  sepoltura in un cimitero vicino alla spiaggia.

In seguito il corpo venne traslato in un Saccello dove i credenti potessero pregarlo. 


Questa cattedrale nasce dall'unione di due chiese parallele, il Saccello di San Giusto, dove erano state traslati i suoi resti  e la chiesa di Santa Maria Assunta.

 Fu il vescovo Pedrazzani da Robecco che dal 1302 al 1320, volle realizzare questo importante intervento donando così alla città una Cattedrale maestosa. 

La facciata è in pietra, abbellita da un' ampio rosone a doppia ruota di finissima fattura, una statua di San Giusto e un portale che è derivato dal taglio di una stele funeraria romana.

Il Campanile a forma quadrata, era di una notevole altezza,  ma in seguito ad un fulmine che  lo danneggiò nel 1422, le dimensioni vennero ridotte a quelle attuali.

L'interno della basilica, è molto suggestivo, la navata centrale unisce le due parti con un soffitto ligneo dipinto, a carena di nave tribola, che è stato rifatto nel 1905, la navata centrale termina con un'abside semicircolare, è la più grande.


L’interno è caratterizzato da magnifici mosaici del XII° secolo che raffigurano Maria Vergine in trono tra San Michele, San Gabriele e i dodici apostoli.




Davanti al presbiterio nella parte sinistra della navata si trova, e ci si cammina sopra, ad una parte  dei resti del pavimento in mosaico del V secolo.

Nel presbiterio nella parte destra, di fronte al trono vescovile, invece troviamo, l'opera di Benedetto Carpaccio in cui si rappresenta la Madonna con i S.s Giusto e Sergio risalente al 1540.

Le navate di destra appartenevano al Saccello di San Giusto, si nota subito la fonte battesimale poggiata sopra una base esagonale che risale al 300, addossata alla parete di destra la statua di marmo di San giusto, nelle cappelle successive si trovano la Cappella di San Servolo dove sono conservate le sue reliquie, e poi le tombe dei reali Carlisti di Spagna nella Cappella dedicata a San Carlo Borromeo.

Le navate di sinistra appartenevano alla chiesa di S.Maria Assunta come ho già detto, si giunge alla cappella di San Lazzaro chiusa da una cancellata del 1659 eseguita a Lubiana, un' inferriata di bellissima fattura, che contiene il tesoro  


protegge un'armadio barocco che a sua volta, conserva e protegge  reliquie e pezzi rari, un dipinto in seta con l'effigie di San Giusto del terzo secolo,  trovato all'interno della cassetta d'argento con le reliquie del Santo, un crocefisso della confraternita dei Battuti, rivestito nella parte inferiore da lamine di argento balzato e dorato nella parte centrale della figura opera di un orafo  probabilmente veneto, e l'alabarda di san Sergio.


Le leggenda racconta che Sergio da Roma, fu un tribune militare, che giunse per un periodo a Trieste, dove conobbe il cristianesimo, grazie alle molte amicizie che fece in città. Richiamato a Roma, era consapevole che sarebbe stato condannato a morte,  pronto ad affrontare il destino e convinto che Dio avrebbe fatto accadere un miracolo. Venne processato da  Antioco,  che lo obbligò a correre a lungo, dopo aver indossato  dei pantaloni con dei chiodi rivolti verso l'interno. Dopo tal sofferenza, nella notte un folto gruppo di angeli lo risanò completamente, suscitando nei giorni successivi  le ire del suo carnefice, il quale dispose  di condannarlo a morte. 


Ma il  7 ottobre del 303, nella piazza cadde dal cielo un'alabarda, che è  tutt'ora conservata in cattedrale, l' alabarda ha una peculiarità..... non viene intaccata dalla ruggine. Quattro  busti  d'argento su piedistalli contengono le reliquie degli apostoli Pietro, Paolo, Filippo e Andrea, sono un gioiello di alta maestria orafa gotica, posti  sul reliquiario di San Giusto.

Infine un ricco ostensorio in argento dorato disegnato da M. Lafitte ed eseguito da Charl Cahier nel 1818. Dietro l'armadio del tesoro sulla parete un affresco risalente al 1400, sulla parete una tela del 1600 che raffigura diversi santi fra i quali San Sebastiano.

 Nella Cappella dedicata a San Giuseppe  diversi gli affreschi che parlano della sua vita,  nelle pareti laterali  disegnati da Giulio Quaglio nel 1706, 


 al centro una tela dello sposalizio della Vergine di Sante Peranda, pittore a me, completamente sconosciuto. 

Il Saccello di San Giovanni era chiuso, quindi tornerò sicuramente per visitarlo.