il filo dei ricordi-racconti

sabato 5 marzo 2022



La mostra:
Monet e gli impressionisti in Normandia


Ho prenotato la visita alla mostra Monet e gli Impressionisti in Normandia al Museo Revoltella di Trieste. Avrei preferito vedere più indicazioni all’interno delle vie cittadine, con più informazioni per raggiungere il museo, per chi come me non conosce la città, per chi giunge da fuori regione sarebbero di molto aiuto, purtroppo è un discorso che vale per molte delle nostre città, i musei sono sempre poco indicati….L’esterno del museo ti fa pensare a qualcosa di imponente e importante che però avrebbe bisogno di una bella mano di manutenzione, l’interno per raggiungere la mostra è affollato, green pass misurazione della temperatura e acquisizione dei biglietti non rendono più semplice l’accesso.



I miei biglietti sono prenotati online e quindi c’è una corsia preferenziale, ad accogliere il visitatore c’è un tabellone multimediale, dove le pitture prendono vita, l’acqua del mare arriva sotto i nostri piedi le barche si muovono in questo mare e l’effetto acustico è molto gradevole, il sole splende, l’erba verde sembra si muova al soffio del vento, è molto bello….
Salendo una scala si giunge all’apertura della mostra, una cartina della Normandia, ci racconta la geografia e il percorso dei pittori in quel periodo, le opere ci accolgono così semplicemente belle, un’eleganza infinita dentro quadri che sembrano davvero vivi. Ho visto parecchie mostre ma questo percorso espositivo non so nemmeno io perché, ha una marcia in più, la scelta delle opere è talmente ben fatta che la mia mente fantastica….
Sarà che io amo le opere degli impressionisti, non mi stanco mai di osservare di trovare nuovi particolari anche in un quadro già visto in mostre precedenti. Questo percorso espositivo, contiene prestiti che giungono da diversi Musei, e da diverse collezioni private, le opere esposte appartengono alle più rappresentative collezioni del periodo impressionista. E un percorso che ci racconta il movimento artistico e la sua evoluzione, le amicizie gli scambi e le influenze pittoriche, perché da allievi attraverso le evoluzioni, diventavano artisti e insegnanti, e molto spesso l’alunno superava il maestro, non sempre con la tecnica, ma con intuizioni di cambiamenti verso le libertà di genere, bastavano piccoli particolari che per essere rappresentati però, chiedevano grandi sacrifici e a tanta pazienza.
In questo periodo, i grandi artisti dell’epoca, si confrontavano e iniziarono anche grandi collaborazioni, immersi nella natura, nella luce folgorante dai colori vivi e penetranti della Normandia, il messaggio che ancora oggi ci raggiunge è, che fossero davvero felici di dipingere.



La Normandia, è stata una vera e propria culla della corrente artistica impressionista . Ma tra i primi a scoprire le potenzialità della regione, a raffigurarne gli scorci e a promuoverne la bellezza, furono gli acquerellisti e pittori romantici inglesi come J.M. William Turner e Richard Parkes Bonington.
Quindi Tra Villerville e Honfleur, era possibile trovare paradisi celati da una natura ricca e selvaggia, terre rigogliose con il mare sullo sfondo.




La fattoria Saint Siméon, di proprietà di mère Toutain, anche se situata in un luogo meno conosciuto fu senza dubbio importante, dove gli artisti si incontravano, dipingevano insieme, potevano rifocillarsi e godere di una splendida vista.

Monet la strada per Sain Siméon


Molti pittori dipinsero en plein air, riuscendo a catturare e a mettere sulla tela, grazie ad una grande capacità di espressione artistica una terra ricca di natura, le luci fredde e chiare, le spiagge infinite con le alte scogliere e i cieli che continuavano a mutare, tanto da fondersi nelle onde del mare, i contorni non sono più definiti i pittori catturano il soffio del vento e incresparsi delle onde, la natura il soggetto di queste bellissime opere che possiamo ammirare..





E' la ricerca dell’infinito, non di uno solo, ma di quanti infiniti siamo in grado di percepire, in questa mostra troviamo anche la maestria del puntinismo, che è un’altra forma di espressione, la bellezza e la modernità dei colori puri, non è facile trovare mostre con opere di Seraut.


Ospizio e faro di Honfleur


Questa mostra è un viaggio in luoghi dove non vi era nulla, poi attraverso i quadri,  grazie anche alla conoscenza diventano luoghi di villeggiatura, si sviluppa la moda dei bagni al mare grazie a Carolina Borbone duchessa di Berry.

Monet: Camille sulla spiaggia 



Il mare e gli spazi incontaminati della natura, il silenzio dei paesaggi, diventano un ricordo, ora nelle opere dei pittori troviamo rappresentate le famiglie, persone sole o in gruppi ammassati sulle spiagge o in mezzo all’acqua.

Monet Barche sulla spiaggia



Ma il mare non è solo vacanza è anche lavoro e lo vediamo rappresentato coi pescatori, le barche tirate a secco sulla spiaggia, oppure nel mare in tempesta, riflesse nel mare calmo, o ferme in porto.




I temi pittorici variano, diventa interessante il mercato sotto la pioggia, il cantiere nautico o le lavandaie al fiume perché dal mare della Normandia ci si sposta lungo le rive della Senna.



Albert Leoburg
                                                                                            Draga sulla Senna 


Il movimento impressionista si sviluppò per lo più lavorando en plein air ma vi sono opere molto belle di altri pittori in questa mostra che non parteciparono mai alle” mostre degli impressionisti” uno di questi pittori fu Johan Barthold Jongkind,


 che ricevette più onori dopo la morte che durante la sua attività, in Normandia e di seguito a Parigi frequentò Claude Monet,



 Edouard Manet ed Eugene Boudin 

Boudin entrata al porto di                                    Honfleur

                                
Boudin: lavandaie ad Honfleur

ebbero lunghe discussioni d'arte, insegnamenti che avrebbero in seguito influenzato le loro successive esperienze artistiche, ricevette elogi da Charles Baudelaire, che ammirò la poesia delle sue vedute.
I dipinti di Johan Barthold Jongkind, sono caratterizzati da freschezza e da vivacità, osservatore attento della natura, con pennellate vigorose e precise, rappresentava la luminosità delle onde del mare e delle nuvole nel cielo.



Ebbe i più grandi riconoscimenti dai propri amici e colleghi, infatti di lui dissero Camille Pissarro: Il paesaggio senza Jongkind avrebbe avuto un aspetto del tutto differente. Manet lo considerò :
Il padre della scuola dei paesaggisti.

Il più influenzato dalla sua personalità fu Monet: La sua pittura era moderna; egli è stato il mio vero maestro e a lui io devo l'educazione finale del mio occhio artistico.
Dunque non solo natura, ma anche amicizia insegnamenti e personalità con diverse affinità.
Da Claude Monet al suo grande maestro e amico Eugène Boudin, da Thèdore Gericault a Jean-Baptiste Camille Corot,

Camille Corot

 da Adolphe-Félix Cals, 
Dobourg, 

Dobourg fattoria Saint                                         Siméone

 sempre troppo poco conosciuto ma oggi apprezzato e reputato come il vero pioniere dell’impressionismo, da Gustave Courbet, da Eugène Delacroix a Jacques Villon, da Pierre-Auguste Renoir


 a Berthe Morisot, unica donna in mostra un viaggio dentro la geografia, l’arte e la luce.

Berthe Morisot










mercoledì 19 gennaio 2022

 



La Risiera di San Sabba

La risiera di San Sabba è stata per molti anni uno stabilimento per la lavorazione del riso che giungeva al porto di Trieste attraverso gli scambi commerciali con l’Oriente.

Nel 1930 la fabbrica non esisteva già più e l’imponente complesso era diventato la sede del Regio esercito Italiano.

Di recente ho voluto visitare questo luogo e l’impressione che ne ho avuto, e di un luogo desolato, vuoto, si respira un'aria di sofferenza ed inquietudine....non si può rimanere indifferenti, quasi che le mura stesse, si vergognassero di quello che era stato perpetrato al loro interno.

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 la Venezia Giulia cessa di far parte dello Stato italiano e diventa protettorato del Reich, l’operazione è stata consentita con la complicità dei vecchi e nuovi fascisti che hanno consegnato Trieste e L’Istria alla Germania. 




Pochi mesi sono serviti ai tedeschi per trasformare un luogo che dava lavoro e sostentamento in un luogo di smistamento, prigionia, torture e morte. Le SS del commando T4, uno dei nuclei più selezionati e potenti del sistema nazista, preposto all’eliminazione in Europa di malati di mente, ebrei e oppositori politici del nazismo.
Durante le azioni di rappresaglia in Istria e sul Carso, dopo aver fatto prigioniero ogni singolo essere umano che trovavano, prima di incendiare le case e gli appartamenti, portavano via tutto quanto potevano animali compresi, e tutto veniva trasportato in risiera. Dopo qualche mese vennero costruite le celle e l’essiccatoio dove prima si essiccava il riso, venne trasformato in un forno crematorio, le opere furono supervisionate dall’esperto in materia Erwin Lambert che aveva già costruito altri forni crematoi, inoltre avevano già a disposizione la ciminiera dello stabilimento alta 40 metri, Nel forno della risiera si potevano bruciare più persone, venne fatto un collaudo il 4 aprile 1944 con 70 cadaveri fucilati il giorno precedente ad Opicina. Con poca spesa e velocemente i tedeschi riuscirono ad organizzare un campo di sterminio, un grande deposito, un magazzino, e la caserma per le loro truppe, le finestre vennero murate il complesso aveva già una recinzione.
Per evitare che la popolazione sentisse le urla dei prigionieri per le percosse inflitte suonavano sempre della musica.
Non sono brava a descrivere nei dettagli come era strutturata e suddivisa la risiera, anche perché a causa del Covid non ho fatto una visita completa.
Ma dopo aver attraversato la biglietteria, (con una signora molto poco disposta, anzi quasi infastidita dalla mia presenza e dalle mie domande), ho visto le celle, piccole buie, in queste celle venivano rinchiusi coloro che erano ritenuti dai tedeschi pericolosi e sospetti, sulle porte delle celle e delle pareti ci sono delle scritte, ho letto che una buona parte le ha cancellate il tempo, l’abbandono, e la polvere, che inizialmente erano veramente tante


 ho sempre letto che, in uno dei recenti lavori di straordinaria manutenzione nelle crepe del cemento sono stati trovati dei pezzetti di carta piccoli scritti ripiegati e indirizzati ai propri cari…..



Due piani sopra le celle, vi erano i laboratori di sartoria e calzoleria delle SS.
 Nel cortile interno proprio di fronte alle celle vi era il forno crematorio, fatto saltare in aria dai nazisti nella notte del 28 e 29
aprile 1945, per eliminare le prove dei loro crimini, ora vi è una spirale simbolica in metallo.


 Un canale sotterraneo, univa il forno alla ciminiera, in 17 micro- celle catacombali, ossia in uno spazio molto ristretto venivano rinchiuse dalle 4 alle 6 persone, 
delle vere e proprie anticamere della morte, una di queste celle era usata per le torture.



 Si poteva morire per impiccagione, per fucilazione, alcuni furgoni vennero modificati e diventavano camere a gas, o semplicemente con delle mazzate in testa, ma non sempre la mazzata uccideva subito, per cui nel forno finirono persone ancora vive.
I prigionieri scelti per la deportazione venivano invece ammucchiati negli stanzoni di un altro edificio che faceva parte del complesso, alcuni ebrei vennero uccisi sul posto, molti ebrei destinati alla deportazione in Germania venivano rinchiusi in camerate , uomini , donne, bambini anche di pochi mesi che poi finivano nei vagoni piombati diretti ad Auchwits Dachau,Mathausen, i campi del massacro.
Nel quadro principale e organizzativo che riguardava la risiera, vi era lo scopo di fermare i nemici attivi, ossia la resistenza italiana, slovena e croata, che disturbava la continuità geografica e organizzativa dei rifornimenti. Si erano formati dei movimenti politici, tra gli operai, i contadini che convincevano e mobilitavano la popolazione, contro il governo nazista locale.
I tedeschi adottarono la politica del terrore, della violenza senza criterio, della distruzione. La risiera se pur in dimensione ridotte fu una piccola parte di Auschwitz, Di Dachau, di Belsen.
 Alla risiera si giungeva per vie diverse, dalle camere di tortura dell’Ispettorato speciale e delle SS, dai centri speciali dei fascisti, dalle carceri, dalle zone operative o dai villaggi distrutti. Alcuni calcoli fatti con prudenza stimano che le persone scomparse alla risiera siano intorno ai 4-5000.



Quanti prigionieri rastrellati, precettati con la forza, passati per la risiera e poi smistati per i diversi lager, o ai lavori obbligatori di guerra sul confine e nel litorale almeno 20.000, grazie alle tante carte di identità rinvenute nell’edificio al momento della liberazione.
Per migliaia di partigiani, ostaggi, persone rastrellate, fra cui numerose donne e bambini, la Risiera di San Sabba a Trieste, fu la fermata finale, un capolinea deciso dall’arroganza, dalla prepotenza, e dal fanatismo. La risiera di San Sabba è stata poi utilizzata dal 1946,  come sede di un 
 campo profughi di immigrati cacciati dalla Jugoslavia per circa una decina d’anni, dal 1965 è ritenuta monumento nazionale.

 

domenica 16 gennaio 2022

Per non dimenticare

 

Trieste era stata occupata dalle truppe del Regno d'Italia il 3 novembre 1918, al termine della prima guerra mondiale, e poi ufficialmente annessa all'Italia con la ratifica del Trattato di Rapallo del 1920.
Subito dopo la prima guerra mondiale il Friuli Venezia Giulia risultava una regione colpita duramente.



 Le difficoltà economiche e sociali e il vuoto politico, e la non sentita appartenenza al territorio italiano, hanno disorientato le forze politiche presenti sul territorio.

La mancanza di dialogo tra cattolici e repubblicani e movimenti operai più vicini al partito socialista, hanno creato un vuoto che è stato subito riempito dall’ideologia estremista del nazional socialismo.

L’illusione che questi ideali davano, la sensazione di poter risolvere tutto attraverso la potenza nazionale, risultava affascinante in quella parte della piccola borghesia, che era molto frustrata e arrabbiata con tutti e contro tutti, contro il governo italiano che mancava nell’organizzazione e nella precisione, rispetto al governo austro-ungarico che di Trieste e del Friuli aveva fatto la fortuna, arrabbiata contro i nuovi ricchi, contro i proletari, la piccola borghesia era pronta a difendere uno stato di cose che non esistevano più nella realtà non avevano più nulla da conservare…..

Il programma di uno stato forte e potente, l’espansione economica, la voglia di reprimere le lotte sociali e proletarie, ma soprattutto impedire che la Jugoslavia disponesse di città portuali per evitare qualunque concorrenza economica, furono i temi che convinsero molti cittadini triestini ad aderire al fascio triestino di combattimento, guidati e organizzati da uno dei più esperti e disonesti uomini senza remore morali, chiamato Francesco Giunta. Sotto la guida di questo personaggio iniziano nel 1920 le “nobili azioni risolutive” che divennero il modello per tutto lo squadrismo italiano.

Incendiarono l’albergo Balcan, era la sede della Casa del popolo, spacciando quest’azione come un sacra santa vendetta nazionale, non bastava bruciare, il Balkan venne anche mitragliato, anche altri importanti edifici come quello di Pola vengono danneggiati,



succede così che i fasci di combattimento in Trieste e in Friuli Venezia Giulia danno l’avvio ad un movimento che a parole era di rinnovamento nazionale, ma in realtà lo steso Giunta definiva :

“ Lasciando molti morti sulle strade il fascismo giuliano marcia ognor più speditamente verso la meta”.

Il 20 settembre 1920 Mussolini visita Trieste e ne rimane favorevolmente colpito.





In tutta la regione , tutte le sedi culturali socialiste e slave vennero distrutte 134 edifici tra cui 100 circoli di cultura, 2 case del popolo, 21 camere del lavoro, tre cooperative senza tener conto degli studi privati di professionisti e abitazioni di sloveni. Le violenze quotidiane erano svariate dalle umiliazione alle beffe, le botte fino a giungere agli assassini a sangue freddo.

I fascisti ricevevano molti aiuti dalle banche, le compagnie di assicurazioni, gli industriali, gli spedizionieri, le grandi case commerciali mettevano a loro disposizione automezzi, autisti, benzina. I locali del fascio triestino vengono forniti da Assicurazioni Generali. ma l’elenco dei finanziatori è molto lungo, la stampa locale è a loro favore e scrive elogi al fascismo.

Dal 1922 al 1924, il fascismo prevale ottiene la maggioranza in parlamento dopo l’omicidio Matteotti il governo elimina L’OPPOSIZIONE PARLAMENTARE e instaura la DITTATURA. Sopprime la libertà di stampa, scioglie i partiti e le organizzazioni politiche e i diritti delle minoranze.

L’opposizione politica è costretta all’azione clandestina e in quegli anni il tribunale speciale fascista condanna un innumerevole numero di persone al carcere, e promuove le condanne a morte per gli antifascisti.

Dittatura vuol dire impoverire le menti, i valori intellettuali e civili, vuol dire scavare dentro ogni essere umano tutte le brutture possibili, affinché si possa sopravvivere, soffocare ogni residuo di sentimento civile e umano che alberga in ognuno di noi…

Nel 1938 Mussolini accoglie la politica razziale tedesca, l’idea che poi porterà milioni di persone ai campi di concentramento viene accettata dal governo.

Nel 1939 si allea con la Germania e avviene l’occupazione dell’Albania

Nel 1940 l’Italia entra in guerra a fianco del regime nazista.




Che la politica fascista, e le violenze che i fascisti perpetravano in Friuli Venezia Giulia, fossero state accettate e sviluppate prima che in altre zone d’Italia sia un dato di fatto, è altrettanto vero però
che la  RESISTENZA  è STATA SEMPRE MOLTO ATTIVA
 ma povera di mezzi e di sostentamento, gli antifascisti hanno dato sempre un segnale di VOGLIA DI LIBERTA'
tanto che nel 1941 il tribunale speciale per la difesa dello Stato si deve trasferire a Trieste, molti antifascisti sono stati condannati al carcere duro, alcune sentenze di morte sono state attuate tramite fucilazione alla schiena.
La situazione però nel 1942 precipita, la violenza fascista che tanto aveva motivato i borghesi giuliani, ora spaventa gli stessi che l’avevano sostenuta. È una violenza esagerata nella repressione sui civili, sia per mezzo di operazioni di polizia che per operazioni militari.
In seguito alla morte di 4 soldati come atto di rappresaglia
 
via Ghega n°12 Targa 



 i nazisti prelevarono dalle carceri della città 51 prigionieri (tra cui sei donne e diversi ragazzi di 16-17 anni) e, dopo averli portati sul luogo dell'attentato, li impiccarono in ogni angolo e finestra del palazzo Rittmeyer, in via Ghega N° 12, lasciando poi i cadaveri esposti alla pubblica vista.



Il 6 marzo 1942 vennero istituiti campi di concentramento per civili sloveni, in attesa di giudizio da parte dei tribunali militari.

Nel mese di giugno l’esercito passa in rappresaglia verso la popolazione, molti furono i morti in diverse zone del Friuli Venezia Giulia, Fiume, Merecce, Postecce, Postegnera, Bitigne di sotto, Bitigne di sopra, Monte Chivoli,  nei rastrellamenti veniva fatta ostaggio tutta la popolazione e anche il bestiame.

I prigionieri venivano prelevati dal carcere e uccisi a colpi di baionetta e di pugnale e poi appesi ad un albero affinché fossero di monito ai rivoltosi contro il regime.

Il 29 giugno il prefetto di Trieste porse formalmente al questore la richiesta di impiegare i gas.

Il 10 luglio viene ordinato di passare alle armi, che tutti i ribelli venissero fatti i prigionieri, prelevati gli ostaggi e bruciati i villaggi nelle zone dove avveniva la resistenza.

Venne sostituito anche il segretario del fascio di Trieste considerato troppo debole.

Sotto la direzione del nuovo segretario, Spangaro, vennero uccise molte persone in città e in provincia. Siccome la resistenza, malgrado i delitti e le violenze non veniva fermata, vennero applicate le misure di territorio invaso, istituito un Ispettorato speciale di pubblica sicurezza per il Venezia Giulia, questa pratica speciale era stata applicata anche in Sicilia per combattere il banditismo.

L’Ispettorato si insedia in un villa in via Bellosguardo 81 a Trieste che molti triestini conosceranno come Villa Trieste.

Oggi la villa non esiste più, ma è stata posta una lapide commemorativa.



Buona parte dell’attività è di polizia repressiva, composta da nuclei addestrati alla lotta anti partigiana. Questi poliziotti agivano perlopiù di sorpresa sulla base di informazioni ricevute precise, indagini politiche con l’impiego di informatori segreti. Nei primi mesi del 1943 vennero effettuati parecchi arresti uomini ma soprattutto donne accusati di essere fiancheggiatori dei partigiani, molte sono le testimonianze nei processi celebrati a Trieste nel dopoguerra.

Lo stesso vescovo di Trieste Santin il 12 marzo 1943 scrive al sottosegretario agli interni: “

Vi posso assicurare che v’è nella popolazione una viva indignazione per questo trattamento, uomini e donne vengono seviziati nel modo più bestiale, vi sono particolari che fanno "inorridire”, a seguito dell’intervento del vescovo venne aperta un’inchiesta che si concluse con “nulla di grave è avvenuto”.

Nel luglio del 1943 venne votata dal Gran Consiglio la mozioni di sfiducia contro Mussolini che venne arrestato per ordine del re, il regime e il partito fascista si sciolgono e si dissolvono come la neve al sole.

Il re si dissocia dalla Germania e proclama l’armistizio, l’esercito è senza direttive, i tedeschi occupano il territorio, e gli squadristi fascisti diventano nazisti, è ricordata ancora oggi la loro ferocia nei confronti degli antifascisti a prescindere dalla nazionalità o dalla fede…

Il movimento antifascista si raccoglie nel comitato di liberazione nazionale e dalla Carnia a Fiume in tutto il territorio regionale contrastano i fascisti con la lotta armata.

Si unirono i comunisti i democratici cristiani, i socialisti, i repubblicani, i liberali, e gli azionisti, molti esponenti di questi partiti antifascisti triestini, Reti, Felluga, Frausim, Pisono Foschiatti moriranno nei campi di sterminio nazisti…..

Dopo la guerra a Trieste verrà concessa la medaglia d’oro della Resistenza.

L’8 settembre 1943 la Venezia Giulia diventa protettorato del Reich e di conseguenza smette di far parte dell’Italia. Complici di questa operazione i fascisti vecchi e nuovi, che consegnano così Trieste e l’Istria alla Germania di Hitler.

I nazisti a Trieste come monumento funebre a se stessi, allestiscono un campo di concentramento, l’unico campo di sterminio in territorio italiano:

La risiera di San Sabba…




lunedì 13 dicembre 2021

Breve storia del presepe

 

                 Breve storia del presepe




La tradizione di rappresentare il Natale con il presepe ha origini antiche, sembra proprio che il primo presepe vivente abbia origini italiane…



Dobbiamo questa bellissima e calorosa rappresentazione a San Francesco, che viveva in una capanna sul Monte Lacerone in seguito poi chiamato Monte di San Francesco, in prossimità del borgo di Greccio, qui il Santo aveva già ottenuto che alcune calamità avessero avuto fine ( per esempio l’assalto dei lupi). Già nell’anno 1209, divenne poi amico del castellano del paese, Giovanni Velita e con il suo consenso iniziò a predicare alla popolazione….Dopo un viaggio in Palestina, nel 1922 San Francesco rimase affascinato dalle rappresentazioni sacre che venivano allestite in occasione del Natale. Tornato a Greccio, chiese al Papa Onorio III, il permesso dipoter rappresentare il Santo Natale, il quale rifiutò perché a quel tempo per la religione cattolica era proibita la rappresentazione di drammi sacri, l’unica concessione che il papa fece fu di poter fare la messa all’interno di una grotta e non nella chiesa del borgo. San Francesco con l’aiuto del Castellano scelse una grotta dove venne portata una mangiatoia, della paglia, un bue e un asinello che secondo i vangeli apocrifi erano al fianco del Bambino Gesù, non c'erano la Madonna San Giuseppe e il bambino, fece costruire un altare portatile, e secondo le testimonianze raccolte nei testi sacri, durante la messa sarebbe apparso un bambino che San Francesco strinse tra le braccia..



Nacque così il primo Presepe Vivente.

 In molte chiese la natività venne poi rappresentata  dal 1300 al 1600 attraverso l'opera di grandi pittori, Giotto,



Piero della Francesca,



 Correggio,


 Botticelli, alle opere dipinte dai pittori si affiancavano 
con tanto di scenografie e statuine intagliate e scolpite. 

Così,  partendo da Greccio, il presepe divenne una tradizione popolare che si allargò da prima in tutta l'Italia centrale e in Emilia. Raggiunse poi nel XV secolo Napoli,  e in seguito all'invito che  Papa Paolo III  rivolse direttamente ai fedeli, il presepe conquistò un posto nelle case nobiliari, molto spesso rappresentato come in una piccola cappella.

Nella Cappella Sistina della chiesa di Santa Maria Maggiore a Roma è possibile ammirare uno dei più antichi presepi natalizi, realizzato in alabastro, nel 1289 da Arnolfo da Cambio e donato alla chiesa il presepe ha la forma di una casetta in cui è rappresentata l'adorazione dei magi.



Oggi nelle nostre case ci sono presepi con varie statuine che  molto spesso contengono  personaggi che fanno parte del mondo che ci circonda

Se a San Francesco dobbiamo il primo presepe vivente, grazie ai Gesuiti nel 1600 la rappresentazione del presepe venne portata agli onori e divenne un ornamento che abbelliva le case durante le festività natalizie.

Al di la delle credenze e delle leggende la rappresentazione del presepe vivente, fu molto utile, alle persone più umili, che non sapevano leggere e scrivere. Vedere la rappresentazione della nascita di Gesù, dove  ogni personaggio  veniva descritto non solo a voce , ma anche visibilmente spiegato e raccontato, fu molto importante in molte missioni dove il cristianesimo veniva portato come nuova religione, dove la lingua parlata era diversa, la parola veniva associata all’immagine dell’oggetto, il pastore, la stella cometa, i Re magi, per raggiungere il senso della nascita di Gesù.



lunedì 8 novembre 2021

Cristoglie e la sua chiesa

 



Cristoglie e la sua chiesa

A pochissima distanza dalla città di Trieste, allontanandosi appena appena un po’ dal mare, si va oltre il confine in terra slovena, e il territorio cambia, troviamo colline con prati ben tagliati e fertili, tantissime le vigne che come soldatini sembrano indicarci il percorso. Ci siamo informati nei giorni precedenti, abbiamo trovato un numero di telefono dove ci sono stati elencati orari di apertura, le norme imposte dal Covid 19, e il prezzo del biglietto.
E’ una bella domenica mattina, giungiamo sul posto abbastanza presto, la prima cosa che abbiamo visto è il campanile, si perché siamo venuti fin qui per visitare una piccola e bellissima chiesa fortificata.



Siamo a Cristoglie o come si scrive in sloveno Hrastovje, un piccolissimo paese di poche anime ben tenuto e curato, qui sopra una collina sorveglia le case tutt’intorno come se fosse una sentinella la chiesa della SS. Trinità.



Questa chiesa ha la caratteristica di essere è uno dei rari esempi di chiesa fortificata all’esterno, ma non solo, è un vero scrigno d’arte anche all’ interno.



Nei secoli passati aveva un doppio ruolo, era un luogo di preghiera, ma anche una fortezza dove la popolazione trovava rifugio durante le tante invasioni turche.
E’ stata costruita intorno al 1200, le mura di fortificazione risalgono al 1500, oltre al campanile che svetta verso l’alto si possono notare due torri dalle quali si avvistavano i nemici. La fortificazione ha una lunghezza particolare, 32 metri di lunghezza, 16 di larghezza e 8 di altezza.



Il numero 8 e i suoi multipli, l’8 è simbolo di giustizia, di prosperità, anche il simbolo dell’infinito, e quindi simbolo della morte.
Non ci sono testimonianze che avvalorino questa tesi una cosa certa però c’è, se all’esterno è molto bella, quando si varca la piccola porta di questa chiesetta si rimane veramente sbalorditi.
Il fatto che non sia di grandi dimensioni, è poco importante,
In seguito a dei lavori eseguiti nel 1949, sono tornati alla luce sotto una forma di intonaco moltissimi affreschi, la chiesa è tutta tappezzata di affreschi, grazie al genio e alla bravura del pittore istriano Giovanni de Castua, che ha reso queste mura un vero libro da sfogliare, la Bibbia dei poveri (biblia pauperum), con il solo ed unico scopo di spiegare alla popolazione analfabeta la visione religiosa medioevale.





E’ un eccezionale ciclo di affreschi risalenti al tardo Medioevo, e al rinascimento è uno dei più importanti cicli pittorici dell’Istria Slovena, si è potuto risalire con certezza grazie alla firma del pittore e alla data dell’anno in cui sono stati realizzati gli affreschi: il 1490. La chiesa ha tre navate, con presbiterio poligonale in facciata sull’arcata dell’abside centrale si trova il trono della Divina Misericordia, nelle arcate sottostanti sono rappresentati gli Apostoli,


nell’abside settentrionale troviamo i Santi Cosma e Damiano insieme ad una rappresentazione fuori dall’uso comune dei Re magi,





proprio sotto di loro c’è un'antica iscrizione in alfabeto slavo utilizzato dagli evangelizzatori cristiani che avevano il compito di convertire la popolazione, questa iscrizione ci permette di sapere che gli affreschi furono commissionati dal parroco di Kurbed Tomič Vrhovič ,ed eseguiti da Giovanni da Castua che ha firmato con il proprio nome Johannes de Castua e la data della realizzazione

In parte il muro della navata centrale, è decorato con l’incoronazione della vergine alla destra e alla sinistra ci sono le scene dell’annunciazione a Maria,





sulla volta centrale è raccontata la Genesi, ossia le origini del mondo,






la creazione dell’uomo, Adamo ed Eva



e la cacciata dall’Eden.
Sopra la porta si trovano i Santi protettori delle malattie infettive, come la peste, San Sebastiano, San Rocco e San Fabiano.
Oltre alla narrazione religiosa, ci sono affreschi che rappresentano la vita quotidiana, sulle volte della navata meridionale  troviamo i mesi da gennaio a luglio, mentre sulle volte della navata settentrionale i mesi da agosto a dicembre, che ci raccontano le azioni che l’uomo svolgeva nell’arco temporale di un anno, dalla semina al raccolto, dalla vendemmia alla macellazione del maiale. Viene inoltre rappresentato l’anno (annus) , del tempo (tempus) e San Geronimo.
Nella parete settentrionale sfila il corteo della visitazione e dell’adorazione dei Re Magi. Sul lato occidentale è decorato il congedo da Erode.
La passione di Gesù, si snoda lungo la parete occidentale e in parte anche sulla parete meridionale.



Proprio sotto nella parete meridionale desta particolare attenzione la danza macabra. In quel periodo la peste mieteva vittime tra giovani ed anziani, non risparmiava nessuno, ne poveri ne ricchi, ci furono tante vittime, e ieri come oggi, ci viene raccontato che la morte arriva per tutti, non guarda il ceto sociale, non guarda l’età, in poche parole questo affresco ci ricorda “che dobbiamo morire”.



Questo tipo di pittura si sviluppò per lo più in Francia, ad Avignone. In Italia, in Trentino a Pinzolo,



in Lombardia a Clusone in provincia di Bergamo,




a Santa Caterina del Sasso in provincia di Varese,



persino ad Atri in Abruzzo dove si trova la copia identica della rappresentazione di Avignone.