il filo dei ricordi-racconti

venerdì 24 luglio 2020

Pisogne lago d'iseo Santa Maria della neve

   Pisogne Lago d'Iseo, santa Maria della neve 



La provincia di Brescia, nei secoli scorsi, era considerata molto importante, essendo posta geograficamente, come il crocevia di transito per raggiungere il nord Europa. Fin dai tempi più remoti era considerata, per la posizione geografica, per le capacità lavorative dei Bresciani, un centro ambito tanto che,  ha subito diverse dominazioni, nel 1426 diventa parte della Repubblica di Venezia, nei primi due secoli della dominazione veneta,  Brescia, non è più un borgo medioevale,  diventa una città, si creano nuove vie, si aprono nuove piazze al commercio urbano,  le grandi famiglie nobili, approfittando della stabilità politica,  ordinano la costruzione di nuovi palazzi, che verranno poi abilmente decorati, tutto questo non solo in città,  dove i nobili si misuravano attraverso le torri e le decorazioni.
 Lo sviluppo economico, porta prosperità, e sviluppa gli studi delle scienze, nelle lettere, nell'architettura, nella scultura e nella pittura, anche nei paesi della provincia, sappiamo che la laboriosità e l’ingegno è sempre stata una delle caratteristiche dei bresciani, nella periferia si produceva, lana, seta, e con la lavorazione del ferro anche le armi, veniva prodotto tanto tanto cibo, che diventava moneta. Così dal 1400 fino a tutto il 500, si creò la scuola di pittura lombarda, il primo pittore e insegnante fu Vincenzo Foppa, il suo stile, metodo, e messaggio fu molto ben recepito da tre pittori del cinquecento, il  Romanino,


 il  Moretto, e  il Savoldi. Fu il secolo della trasformazione, nel bresciano e nel bergamasco seppero anteporre al manierismo toscano, una pittura reale, lo stile era concreto con lo scopo di raccontare l’uomo e la natura, con una particolare attenzione agli effetti della luce.
Fra questi artisti si scatenarono grandi gelosie.
Il Romanino è stato uno dei grandi esponenti del rinascimento lombardo, ancora oggi affascina studiosi e osservatori.
Nato a Brescia, nel 1484/87, si formò artisticamente tra Brescia e Venezia, dove subì l’influenza del Giorgione, ma anche della pittura transalpina di Albrecht Durer , lo dimostra la “Madonna col bambino” eseguita intorno al 1505 e  ora conservata al Louvre. 


Si indirizzò anche allo studio illusionistico della prospettiva, seguendo gli studi di Bramantino e di Bernardo Zenale, ne sono un’altra dimostrazione gli affreschi conservati ora a Budapest, raffiguranti episodi della vita di Nicolò Orsini, o la piccola pala di San Rocco nella chiesa di San giovanni Evangelista a Brescia. Intorno al 1510, commissiona per la chiesa di San Lorenzo a Brescia, il Compianto Cristo morto, ora conservato nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia, l’artista propone il realismo con riferimenti alla pittura cremonese.


Lavora per la chiesa di San Piero a Tavernola Bergamasca, usa molto la prospettiva illusionistica, nell'affresco della Madonna, santi e committenti. A Brescia nella chiesa di San Francesco, presenta la Pietà, e due coppie di Santi, che facevano parte di un polittico,  invece ora sono divise tra il Museo di Kassel, e la raccolta Cunietti di Milano. Anche a Padova, nella chiesa di Santa Giustina, ha lasciato la sua impronta, si riferisce molto a Tiziano, di cui ha studiato gli affreschi nella scuola del Santo, ma anche alla formazione lombarda del Bramante realizzando la pala dell’altare maggiore.
Insieme a Dosso Dossi, a Battista Dossi e al Fogolino, decorano la residenza del principe vescovo Cardinale Bernando Cles, definita come il “Magno Palazzo” nel Castello del Buonconsiglio a Trento.
Decorò le ante dell’organo del Duomo vecchio di Brescia, e nel 1540 quelle per San Giorgio in Braida a Verona, nel 1545 a Brescia presso la chiesa di San Domenico, esegue la Pala di San Domenico, oggi nella Pinacoteca Tosio Martinengo di Verona.
Giunge in Valle Camonica come un pittore affermato, ma è in questa valle che sperimenta e dimostra quella che per lui è la vera essenza, il suo stile anticlassico nelle sue opere. Rappresenta la realtà quotidiana nei gesti, nei costumi e nelle espressioni, non cerca modelli raffinati ma quasi evidenzia la normalità con rappresentazioni, quasi grottesche, evidenziando i difetti dei suoi modelli.
Ancora oggi affascina studiosi e osservatori dell’arte, la sua evidente vena realistica, marcata con evidenti riferimenti alla pittura transalpina.
Veniva definito, dal web:

“il solo e vero grande sdegnoso e sdegnato barbaro dell’intero Cinquecento italiano.
La mia visita alla chiesa di Santa Maria della neve.
Considerata una pieve minore, la chiesa di Santa Maria della neve è il gioiello del Romanino nel bellissimo paese di Pisogne…


Oggi visitiamo questa chiesa ma apprendo che c’è proprio un percorso che ci consentirebbe di accedere a più chiese realizzate dal Romanino.
Questa chiesa voluta dalla popolazione di Pisogne, non da committenze clericali, ha un sagrato ampio rispetto alle dimensioni della stessa  e la facciata è anonima, presenta solo qualche decorazione a rombi nella parte alta, ma la guida ci informa che da documenti e disegni dell’epoca nella parte centrale della facciata era stata decorata una danza della morte, il portale presenta dei medaglioni probabilmente è il riferimento ai committenti più  generosi e importanti per la costruzione della chiesa, ma una volta varcato il portone, si rimane letteralmente rapiti ed affascinati,



 ora la chiesa  è sconsacrata, è a campata unica  ed è completamente affrescata dal soffitto alle pareti dal Romanino,  che  inserisce l’illusione della prospettiva, non faceva schizzi preparatori era un abilissimo disegnatore quindi usando i prodotti che la zona metteva a disposizione intonacava usando la sabbia del fiume Oglio e disegnava direttamente sulle pareti.
Anche i colori che ha usato rappresentano il luogo e la committenza di quest’opera sono per lo più i colori della terra.  Il pittore, fuori dagli schemi, non era molto amato dalle gerarchie ecclesiali.
Il programma pittorico, delle pareti è dedicato alla Passione, 




alla Morte
 e alla Resurrezione del Cristo,



 mentre sulle volte sono rappresentati profeti sibille e veggenti, 


l’ unica fonte di luce proviene da un rosone sulla facciata, ma la visione è comunque buona, il Romanino sembra rendere veloce la sua pittura, schietta,  come se un pensiero fosse s spuntato improvviso nella mente,   l’ingresso in Gerusalemme,
la Discesa al limbo,


 
l’Ultima Cena,


 la Salita al Calvario, 


i volti e i corpi raffigurati sono l’espressione  schietta della popolazione, tutto è frutto della realtà, gente che tanto lavora,
 lo dimostrano le braccia molto grosse della Maddalena che abbraccia la croce, 



 
oppure i piedi sgraziati di Adamo che Gesù cerca di togliere dal limbo,


i nasi grandi o  adunchi degli avventori nella fustigazione di Cristo,

 mentre i visi
belli,  sono quelli dell’arcangelo Gabriele che fa l’annuncio



 e quello di  Maria. 



Ma è il viso di Gesù che cade sotto il peso della croce quello che più mi ha colpito….




La visita guidata continua nel grazioso paesino, la torre  civica era la prigione, che abbiamo visitato, 


qui la guida ci parla di donne che sono state messe al rogo per stregoneria, ci parla di avvistamenti e patriarchi e podestà, il potere e la vita delle popolazioni, di lavoro e fatica.


    


domenica 12 luglio 2020

  Raffaello e il cinquecentenario  a Roma

Sono 500 anni dalla scomparsa di Raffaello Sanzio, a Roma hanno allestito una bella mostra.
Le celebrazioni dei centenari servono a ricordare e ad approfondire, tanti aspetti, attraverso opere, a volte incomplete, carteggi, studi, e alle tante committenze.
E’ un viaggio a ritroso, nella vita di questo genio, dal giorno della sua morte fino alla sua giovinezza ad Urbino.
Il 6 aprile del 1520, venerdì Santo, alle tre di notte moriva Raffaello Sanzio, una febbre continua ed acuta, lo aveva colpito da diversi giorni, aveva solamente 37 anni.
Al suo capezzale, nel suo studio, venne posta la sua ultima opera autografa, ancora in parte da completare “La Trasfigurazione”,  


La mostra, si apre con un quadro di Pietro Vanni “Il funerale di Raffaello”.
Nel corteo funebre che accompagnava il feretro, si riescono a notare Michelangelo, il Perugino, Albrecht Durer con il quale Raffaello aveva scambiato molti carteggi.


Era uomo giovane, attivo, sul piano lavorativo aveva molte botteghe, dove, i suoi tanti allievi lavoravano per lui. Aveva amicizie, e relazioni. Si narra, che fosse molto attivo sessualmente, la cosa che lascia perplessi, è che, seppur così giovane, avesse dato disposizioni, nel caso di una sua morte prematura.
Chiese espressamente essere sepolto all’interno del Pantheon, il tempio pagano di forma circolare, che conserva ancora oggi, l’antica grandezza, che con l’avvento del cristianesimo, diventava  la chiesa di Santa Maria della Rotonda, dove Raffaello aveva già fatto restaurare un’edicola, e chiesto ad un suo collaboratore, il Lorenzetto, di creare una statua della Madonna col bambino,  prendendo come modello una statua romana di Afrodite.



Raffaello è stato un pittore, un’ architetto, un genio, è stato un precursore dei restauratori, tanto che, un anno prima della sua morte, scrisse una lettera a quattro mani con l’ amico Baldassarre Castiglione, invitando il Papa  Leone X,  Figlio di Lorenzo il Magnifico,  a censire e preservare; “le statue e gli ornamenti antichi” di Roma. Una lettera che il papa, forse non ricevette mai, rimase solamente una bozza, che ancora oggi, ai giorni nostri, contiene i concetti di tutela e salvaguardia, che fanno la storia, che raccolgono il patrimonio e la cultura di una nazione.
La sua morte viene ricordata come una tragedia senza precedenti, il fatto di essere morto il venerdì Santo, il giorno della propria nascita il 6 aprile 1483, alimenta la visione di Raffaello non solo di artista, ne accresce il mito, fino a farlo considerare una divinità, un nuovo Cristo.
Tutti ebbero parole di dolore profondo, da Marcantonio Micheli a Pico della Mirandola, tra i tanti Giorgio Vasari, che scrisse:
Dal Web:
 “...era persona molto amorosa affezionata alle donne e ai diletti carnali...Faceva una vita sessuale molto disordinata e fuori modo...dopo aver disordinato più del solito tornò a casa con la febbre...”.
Il percorso della mostra, a causa del corona virus, è obbligatoriamente, preciso, per esempio non è possibile tornare indietro di una sala.
Come artista aveva una capacità naturale, spontanea, il suo modo di fare, era innato, nasceva dentro di lui, forse per questo veniva definito divino, ma era un uomo che non si sottraeva ai piaceri della vita.
Baldassarre Castiglione, autore del Cortigiano, descrive molto bene con le parole, quello che Raffaello realizza nella composizione, ogni esecuzione è un’ideale delicata di perfezione e grazia.
Tre sono i quadri, che dovremmo avere più tempo di osservare, Il ritratto di Baldassarre Castiglione,

 il ritratto di Papa Leone X, 

e il doppio ritratto di Raffaello con un amico, gli esperti dicono che sia stato dipinto negli ultimi anni della sua vita, l’amico fa da tramite spinge il nostro sguardo verso Raffaello,  il quale vuole ricordarci che ha raggiunto la posizione sociale, lo sguardo è fermo,  ma ci trascina come se fosse magnetico.

Raffaello voleva che la sua fisionomia si avvicinasse a quella di Cristo, per rafforzare il proprio mito.

In altre sale della mostra, si trovano molti disegni e carteggi del grande artista che si confronta con l’arte antica, fin dal soggiorno a Firenze e poi a Roma. Molte le copie che faceva alle statue antiche.






 Papa Leone X, figlio di Lorenzo il Magnifico, era un grandissimo sostenitore delle immagini e del genio di Raffaello, come primo incarico, gli affidò la decorazione degli appartamenti vaticani, 

stanza della segnatura 

scuola di Atene 

 stanza dell'incendio di borgo


stanza di Eliodoro

 Volta stanza di Eliodoro

Cacciata di Eliodoro dal tempio


sala di Costantino


si susseguirono in beve tempo commissioni, sia dal papa che da molti personaggi legati all’ ambiente e alla corte papale.
 Raffaello era l’architetto nel cantiere della basilica di San Pietro, era stato nominato, sempre dal papa, Prefetto delle antichità di Roma e doveva sovraintendere anche ai marmi fu il primo ad occuparsi di proteggere e conservare le opere e i monumenti antichi della città di Roma, ha creato le strutture portanti, le radici, del nostro patrimonio storico e culturale.
Le committenze aumentavano, sovraccarico di impegni, organizza quindi la sua bottega, una squadra di scultori, architetti, artigiani di ogni tipo, per poter soddisfare le richieste e per poter produrre un notevole numero di opere, era spesso in competizione con altri artisti, suscitava invidia, non solo per la sua abilità  ma anche per la sua capacità imprenditoriale, fu infatti uno dei primi imprenditori di Roma.

L’estasi di Santa Cecilia, prestata dalla pinacoteca di Bologna dopo il restauro, il colore originale, è stupendo, da ammirare i panneggi e le stoffe, mentre la santa è rapita in uno stato adorazione tra il mondo terreno e il mondo spirituale.

Sacra famiglia della Rosa (Madrid) la rosa bianca appoggiata sul ripiano, mentre Giuseppe è in penombra mentre due bambini tengono per mano un cartiglio.

 La Madonna del divino amore:
Maria, e la madre S. Anna , con i capi leggermente appoggiati osservano  il miracolo della vita, due ragazzini, Gesù e  San Giovannino che interagiscono,  davanti a loro, in queste opere,  gli sguardi, parlano,  nel silenzio, trasmettono  sentimento, amore e paura, perché il futuro non sappiamo ancora oggi sapere cosa ci riserva e dietro quasi nascosto dentro il suo mantello Giuseppe che ha già in capo l’aureola, è divenuto Santo e osserva con lo sguardo perso l ‘orizzonte.

Dagli archivi risulta che il 15 giugno del 1515, Leone X paga un anticipo a Raffaello per la realizzazione di dieci grandi disegni preparatori, con le storie della vita dei santi Pietro e Paolo.
Dai quali si realizzeranno degli arazzi di notevoli dimensioni, che verranno appesi nella Cappella Sistina sotto gli affreschi quattrocenteschi, realizzati da quattro grandi artisti, e dalle loro botteghe:
Perugino, Botticelli, Ghirlandaio, e Cosimo Rossetti.
La cappella Sistina è uno scrigno d’arte, il capolavoro assoluto di Michelangelo e del Rinascimento italiano.
Raffaello, nello stesso periodo stava affrescando le stanze vaticane, proviamo ad immaginare, la mole di lavoro, il dover organizzare una efficiente squadra di artisti validi, ma soprattutto doveva affrontare il confronto con i “Grandi” maestri della pittura. 
I due più validi collaboratori furono Giulio Romano e il Penni, in questa sala della mostra sono esposti i disegni di Raffaello e le opere portate a termine dai suoi allievi, che dopo la sua morte portarono in tutta Europa l’innovazione dell’arte di Raffaello.
Agostino Chigi, il banchiere del papa lo incarica di affrescare Villa Farnesina, per dipingere la Galatea,






 in competizione con  Sebastiano del Piombo, 



Raffaello si interroga molto sul tema della bellezza tanto da scrivere all’ amico Castiglione:
“Per dipingere una bella, mi bisognaria di veder più belle, con questa condizione che S.V. si trovasse meco di far la scelta del meglio. Ma essendo carestia et di buoni giudici et di belle donne, io mi servo di certa idea che mi viene nella mente.
Nella mente Raffaello, aveva una donna molto bella, da sempre ritenuta, la sua musa ispiratrice, Margherita Luti, figlia di un fornaio di Trastevere, che amava e utilizzava come modella, pochi mesi prima della sua morte, la ritraeva nuda, con intimità, mentre cerca di coprirsi il seno con un velo trasparente, occhi neri,  lo sguardo colpisce chi la guarda, la bocca carnosa, le guance leggermente arrossate, l’incarnato del viso perfetto, i capelli neri raccolti in un drappo blu e oro, una perla sulla fronte dona grazia al capo. Sul braccio un bracciale con il nome di Raphael Urbinas.
Solo nel 1800 a quest’opera venne dato il nome de “La Fornarina”


Per questa donna, si dice, che Raffaello, rifiutò le nozze con la nipote del cardinal Bibbiena. Margherita Luti dopo la morte di Raffaello si ritirò in un convento.
Ci sono altre due  opere di Raffaello,  molto simili alla Fornarina   per alcuni aspetti,  “La Velata”,  ha il velo posato sui capelli, che ci indica è una donna sposata,  porta gioielli, ha  l’abito sontuoso,  si fanno delle supposizioni su una nobildonna, ad accomunare i due ritratti, sono  la mano destra che viene posata sul cuore, significato di  amore devozione, una perla sul capo.


Per il Vasari sono la stessa donna, amata da Raffaello, la perla presente sia nella Fornarina che nella Velata, riporta al nome della donna, cioè Margherita, che in greco vuol dire perla gemma.
L’altra opera è il ritratto di giovane, conservato a Madrid, in questo lavoro, Raffaello realizza in modo simile la testa, il volto è arrotondato, senza ombre, con la leggera torsione del collo, il soggetto, con grandi occhi neri, ci coinvolge con lo sguardo…


Raffaello ha voluto mostrarci la bellezza ideale, forse voleva rappresentare la bellezza della gioventù, o i modelli di grazia ed eleganza di una donna di corte.


In tutti i disegni dei suoi progetti, in qualità di architetto, Raffaello si rifà agli studi sull’ antico, sono evidenti nella cappella Chigi in Santa Maria del popolo, ispirata al Pantheon,



 il palazzo Branconio dell’Aquila, progettato da Raffaello, probabilmente nell ’ultimo anno di vita, per l’amico Giovan Battista Dell’Aquila, facoltoso gioielliere del Papa.
Il palazzo è stato abbattuto nel 1660, grazie ai tanti disegni di Raffaello a delle stampe precedenti, si riesce a stabilire ancora oggi quanto fosse spettacolare.


Villa madama, ideata da Raffaello è oggi inaccessibile al pubblico, è destinata alle attività istituzionali del Ministero degli Affari
Esteri, dalle ricerche che ho fatto, tutti i pareri, sono concordi nell’ esprimere che risalta il fascino dell’opera incompiuta, ma più di tutto è la ricchezza delle decorazioni, che incanta chi ha avuto la possibilità di entrare nelle sale principali, dal soffitto alle pareti le decorazioni di Raffaello, o dei suoi più stretti collaboratori, tra i quali, Baldassarre Peruzzi, Giulio Romano e Giovanni da Udine.

Johann Wolfang Goethe nel suo libro “Ricordi di viaggio in Italia” scrisse che il tramonto del sole a Villa Madama, provocarono in lui viva e profonda impressione.





Solo Agostino Chigi, ricchissimo banchiere senese poteva competere con il papa, per le commissioni, fece decorare la sua villa sul Tevere, la Farnesina, dove Raffaello dipinse la  Galatea


 e progettò le decorazioni della Loggia di Psiche, che affidò ai suoi collaboratori.




Solitamente i papi venivano ritratti  con solennità,  che siano stati di profilo, di fronte o in ginocchio, l’immagine era sempre piuttosto rigida, Raffaello da una svolta ritraendo papa Giulio II,  seduto a mezza figura, lo spettatore lo osserva dall’ alto come se fosse in piedi leggermente spostato alla destra del papa, togliendo le distanze fisiche e psicologiche,

 tanto che si può osservare lo sguardo preoccupato per le guerre  che si avvicendavano contro i francesi, 

questo modello divenne poi molto frequente per ritrarre i papi utilizzato da molti altri pittori.
Raffaello giunge a Roma nel 1508, quando il papa di Roma era Giulio II della Rovere, fu il papa che nel 1506 diede incarico a Donato Bramante di costruire la nuova Basilica di S. Pietro, e diede la committenza a Michelangelo Buonarroti per la decorazione della volta della Cappella Sistina.
Per costruire San Pietro, Bramante demolisce una Basilica di Costantino, Raffaello fu uno dei primi a contestare che si abbattesse una basilica paleocristiana, di cui oggi, noi possiamo solo immaginare quanto potesse essere bella.
Nel 1514, dopo la morte del Bramante, Raffaello venne nominato architetto del cantiere della basilica di San Pietro, da Leone X, appena eletto papa, i lavori sono ancora in fase di demolizione, elaborò nuovi progetti tenendo conto anche delle idee del Bramante, per la nuova grandiosa costruzione a 5 navate.
 Malgrado le tante committenze per grandi opere Raffaello continuò a dipingere per committenze private, ritratti e madonne col bambino, che aveva iniziato a produrre nel periodo fiorentino.
Madonna dell’impannata, E’ il ritratto di una Santa anziana, forse S. Elisabetta, o S. Anna, dietro è rappresentata S. Caterina d’Alessandria, il nome all’ opera è una finestra impannata sullo sfondo.

Mentre a Washinton, si trova la Madonna dell’Alba: Maria siede per terra appoggiata ad un tronco, tutto sembra molto semplice, naturale, in realtà c’è molta sapienza, nella progettazione, la grandezza, il segreto, di Raffaello è quello di far apparire ai nostri occhi, tutto molto naturale e semplice.

Raffaello giunge a Firenze, nel 1504, ha sicuramente avuto la fortuna di poter incontrare, osservare sia Leonardo che Michelangelo, grazie a loro si discosta dal Perugino, suo grande maestro, sa apprendere un po’ da tutti, esercitandosi continuamente confrontandosi, e superandosi.
Ne è la prova la Madonna Tempi oggi a Monaco, Raffaello è molto giovane ma sulla tela trasmette l’amore di una mamma per il proprio figlio, frutto dell’insegnamento di Leonardo sugli studi dei movimenti  fisici e psicologici.

La Dama col liocorno:,  eseguita sicuramente dopo aver visto la Gioconda nello studio di Leonardo, questa dama come la Monnalisa  è seduta davanti ad una terrazza con delle colonne, sullo sfondo un lago,  le pietre  del pendente che ha al collo,  rubino e zaffiro, alludono alla purezza della sposa e alle sue  capacità nel matrimonio, probabilmente era un dono di nozze.

L’autoritratto di Raffaello giovanissimo, si trova a Firenze, il volto che rimarrà per sempre a rappresentarlo, con grazia di un uomo che ama e si lasciava amare….



A soli 17 anni era già maestro d’arte e realizza lo Sposalizio della Vergine ora alla Pinacoteca di  Brera,

a vent’anni per la vedova Baglioni dipinge La Deposizione, oggi a Galleria Borghese.

L'intrigo sulla morte di Raffaello
Roma era in fermento, tra gli artisti c’era molta competizione e spesso per raggiungere i propri obbiettivi non esistevano mezze misure per esempio l'architetto Balsassarre Peruzzi , venne avvelenato. 
Nel 1516 il cardinale Giulio de Medici, commissionò due pale per la cattedrale di Narbonne in Francia, mettendo in competizioneancora i due artisti a Raffaello commissionò “La Trasfigurazione”, oggi ai musei Vaticani, e a Sebastiano del Piombo “La Resurrezione di Lazzaro” oggi,  alla National Gallery di Londra. Una fitta corrispondenza tra Raffaello e l’amico Leonardo Sellaio,  fa supporre che fosse una rivalità accesa, e  nonostante fosse molto impegnato, da altri impegni già assunti,  Raffaello si applicò alla realizzazione  del dipinto completamente, senza l'aiuto dei suoi allievi, purtroppo non riuscì a completarlo  a causa della sua morte improvvisa, anche se era quasi del tutto completato 
Il Vasari racconta, dal web: 
“gli misero alla morte, nella sala ove lavorava, la tavola della Trasfigurazione che aveva finita per il cardinal de medici: la quale opera, nel vedere il corpo morto e quella viva, faceva scoppiare l’anima di dolore a ognuno che quivi guardava”.
 Il corpo di Raffaello venne sepolto nel 1722 nel pantheon, venne riesumato e trovato quasi intatto, le supposizioni sono che se fosse stato avvelenato con l’arsenico il corpo  sarebbe stato preservato dal decadimento....... Ma sono solo supposizioni