il filo dei ricordi-racconti

giovedì 15 maggio 2014

Vicenza La bomboniera


Vicenza: la bomboniera


Che Vicenza sia una bomboniera, è cosa ormai risaputa, è come aprire una scatoletta di finissima porcellana, e trovarci dentro un'infinità di cose belle.
Avere la fortuna di trovare degli amici, che ti ospitano e ti ricevono con piacere, proprio in questa città, è moltissimo per me.
Volevo visitare la mostra di Monet, ma per tutta una serie di motivi rischiavo di perderla, poi i miei amici, mi hanno invitato e fatto da cicerone, per questo scrigno che ancora mi riserva e mi riserverà delle sorprese.


Al Palazzo Chiericati, che dopo tre anni di restauro, ha riaperto la parte più prestigiosa del complesso museale, è visitabile solo un'ala, mentre continuano i lavori nelle altre ale del palazzo.


Nei piano nobili si possono ammirare le due sale, sono in bella mostra ritratti dell'aristocrazia vicentina del 500, le famiglie Porto, Gualdo e Valmarana, e la poetessa Maddalena Campiglia.
 Nella sala della memoria antica si possono trovare placchette, monete, sculture, mentre le figure mitoligiche donate nel corso del 1800


fanno bella figura nel salone d'onore, e altre stanze che concludono il primo percorso sono dedicate alla pittura religiosa, nature morte e paesaggi. 
 Proprio nelle stanze dei sottotetti ho trovato l'ennesima donazione del marchese Giuseppe Roi, una raccolta personale d'arte che partiva dal secoloXV fino al XX.



Il marchese Roi, è mancato nel 2009, aveva una villa, ereditata dal bis-nonno, Antonio Fogazzaro,  Sul lago Ceresio, in terra Italiana, che in questo luogo scrisse il romanzo "Piccolo Mondo Antico".
Sulle sponde del lago Ceresio, sorge questa bellissima villa, che ho recentemente visitato, proprio perchè il Marchese Roi alla sua morte l'ha donata al FAI, Fondo Ambiente Italiano.
Vicenza era la sua città Natale, ma trascorreva molte estati anche a Oria Valsdolda.
 Una vita tra Vicenza e il Piccolo mondo antico, proprio come il Fogazzaro, del quale era discendente. . .


Il marchese Roi soprattutto è stato grande fautore della candidatura di Vicenza e delle ville palladiane ad essere riconosciute come patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.
 Vicenza, nel 1985, gli ha conferito la Medaglia d'oro per la sua costante e instancabile opera a favore della cultura e del patrimonio artistico.
Ci siamo poi diretti alla chiesa di San Lorenzo

Tempio di San Lorenzo


Il tempio di San Lorenzo venne eretto tra il 1280 e il 1300 dai frati Francescani minori a ridosso delle prime mura cittadine. Sul luogo della preesistente cappella di San Lorenzo, i Francescani eressero anche il proprio convento, soppresso dagli ordini napoleonici.


La chiesa a tre navate rappresenta, insieme a Santa Corona, uno dei più insigni monumenti del gotico sacro vicentino che raggiunge la più alta espressione nella realizzazione del portale, opera del 1344 di Andriolo de Santi.


 Nella lunetta del portale sono rappresentati la Madonna col Bambino, san Francesco, san Lorenzo e il committente Pietro da Marano.
All'interno trovano dimora i numerosi monumenti funebri di illustri personaggi vicentini.
Nel transetto destro spicca l'altare della nobile famiglia dei Pojana.
Si possono ammirare affreschi di Benedetto Montagna, opere di Francesco Pittoni, di Giovanni Antonio Fumiani e di Giulio Carpioni e un gruppo scultoreo di Antonino da Venezia raffigurante la Vergine tra i santi Pietro e Paolo.
Una tela di Alessandro Maganza, "La comunione di san Bonaventura", e lo splendido polittico "Dormitio Virginis" di Paolo Veneziano (1333) ora sono conservati presso la Pinacoteca di palazzo Chiericati.
L'attiguo chiostro rinascimentale ha parti riferibili ad una costruzione più antica e una vera a pozzo del XIV secolo.


Ancor oggi la chiesa presenta, addossati alle pareti laterali, i confessionali dove i Padri Conventuali accolgono quotidianamente i fedeli che si accostano al sacramento.
Purtroppo il tempo è poco favorevole non smette di piovere, ma noi continuiamo la nostra visita,
Nel frattempo ci troviamo in Pazza Duomo, la Cattedrale, è un edificio imponente dall'esterno, ricostruito varie volte e recentemente durante i lavori di restauro sono state trovate le fondamenta di edifici sacri preesistenti, la facciata in marmo,


 la cupola progettata dal Palladio, seppur contiene parecchie opere importanti, l'impatto entrando, l'impressione è di semplicità, (questo è quel che ho sentito io).


Diversi palazzi circondano la piazza del Duomo, Il vescovado e il museo Diocesiano, altri monumenti e palazzi che non abbiamo visto circondano questa piazza.
Si è fatta ormai ora di Pranzo, mentre il cielo sfoga tutta la sua rabbia e non smette di piovere un solo secondo.
Siamo andati pranzo, verso le 14 alla mostra allestita alla Basilica Palladiana, terminata la nostra visita guidata, ci siamo recati nella chiesa di Santa Corona, di stile romanico-ogivale

Dal Web :
La Chiesa di S. Corona:
La chiesa, di fondazione domenicana, fu iniziata nel 1261 per accogliervi la reliquia della Sacra Spina, donata da Luigi IX, re di Francia, al vescovo di Vicenza, Beato Bartolomeo da Breganze.


L’interno gotico, con presbiterio realizzato da Lorenzo da Bologna nella seconda metà del XV secolo, ospita numerose e importanti opere pittoriche e scultoree.


Tra queste, il capolavoro di Giovanni Bellini “Il Battesimo di Cristo”, collocato sull’altare Garzadori, opera attribuita a Rocco da Vicenza e l’”Adorazione dei Magi” di Paolo Veronese.


 Inoltre  la “Madonna delle stelle” di Lorenzo Veneziano e Marcello Fogolino, la grande pala della "Maddalena e Santi" di Bartolomeo Montagna, la “Madonna con Bambino e Santi” di Giambattista Pittoni.
 Nell’abside della chiesa, il notevole coro ligneo, intagliato e intarsiato, opera di Pier Antonio dell’Abate.


 Tra le decorazioni più antiche, gli affreschi di Michelino da Besozzo della Cappella Thiene,


dei primi anni del Quattrocento, importante testimonianza del più aggiornato gotico internazionale.
Siamo ritornati nel cuore della città, abbiamo visitato il Palazzo Vescovile, abitazione del vescovo e sede del museo Diocesiano, un palazzo antico a pochi metri dal Duomo


Il Palazzo Vescovile è un grande e storico palazzo che nel corso dei secoli ha subito tantissime variazioni, con la seconda guerra Mondiale, in seguito ai bombardamenti angloamericani, ha subito parecchi danni, le parti di questo palazzo raccontano tanti stili che si sono succeduti nelle varie ristrutturazioni e rifacimenti nel corso dei secoli ha diversi stemmi che ricordano i vescovi che si sono succeduti, nella facciata, troviamo lo stemma di Giuseppe Maria Peruzzi, vescovo di Vicenza ai primi dell'ottocento, sul lato meridionale, questa è la zona più colpita dai bombardamenti,ma fu ricostruita dal 1947 al 1952, venne aggiunta la costruzione dell'attico che contiene lo stemma di un'altro vescovo: Carlo Zinato.


Di interesse storico è il lato quattrocentesco del palazzo costeggia il primo tratto di contrà vescovado, lo stemma del Vescovo Zeno è inserito tra la quarta e la quinta finestra del primo piano, le finestre di questa parte sono diverse tra loro, due sono in stile gotico, altre rispecchiano lo stile vicentino del quattrocento mentre altre due sono del seicento.

 Il vescovo Zeno fece costruire anche la loggia colpita gravemente dai bombardamenti, in seguito molto ben restaurata, ha il tipico gusto lombardo del quattrocento ed è attribuita a Bernardino da Como.

Il cortile ben sistemato ha un pozzo risalente al 400.
Il museo Diocesiano contiene molte opere di importante fattura, preziose e che documentano il percorso della storia, nella cultura della Chiesa vicentina, ma ospita anche il gioiello della città, nel 2010 grazie alle donazioni dei cittadini di Vicenza sono stati raccolti 65 Kg di argento, indetto un concorso per la riproduzione del gioiello, partendo dall'immagine della Pianta angelica.


Il gioiello della città originale fu rubato da Napoleone e perduto ora la città ha una fedele riproduzione consegnata nel 2013.
Sempre nell'anno 2010 si è composto il comitato della Rua, che ha fatto ripartire un'altra antica tradizione.
 Dal Web:

La Rua

Storia della rua

La Rua era la giostra che per sei secoli, dal 1444, ha simboleggiato la città di Vicenza in occasione della festività del Corpus Domini, tradizionalmente considerata come l'appuntamento popolare che ha infervorato gli animi dei cittadini, i quali hanno riconosciuto in essa un simbolo di unità. Nel 1928, sotto una pioggia battente, la Rua compì il suo ultimo giro, di cui rimane un annebbiato filmato dell'Istituto Luce.
Con i bombardamenti della seconda guerra mondiale si perdette anche il macchinario. Foto, locandine, ricordi e soprattutto le pubblicazioni di Walter e Antonio Stefani conservarono però la memoria di questo grande simbolo.


Nel corso dei secoli la connotazione religiosa della torre, il cui nome fa riferimento alla ruota per i bambini montata al centro e simbolo dell'antico ordine dei notai, è divenuto un elemento di riconoscibilità civica, che ha accompagnato i momenti storici più salienti e le personalità più illustri di passaggio a Vicenza.
Oltre alla Rua, Vicenza aveva un suo palio, come Siena o Asti, che accompagnava il Giro con una partecipazione davvero straordinaria di persone e mezzi.


Nel mese di settembre viene rievocata questa antica tradizione sfilando per il centro di Vicenza.
Si, è fatta sera, piove ancora, con i miei amici ritorniamo all'auto. Ma la nostra giornata non è terminata i nostri amici ci hanno offerto la cena in un tipico ristorante vicentino, qui ci hanno raggiunto altri amici, dove abbiamo mangiato la specialità della casa, "il baccalà alla vicentina" con la polenta.


Che giornata!!!! Arte, cultura e buona cucina, domani ci aspetta il santuario del Monte Berico.



Ci siamo alzati con un po' di stanchezza, ieri abbiamo camminato veramente tanto, il tempo oggi è clemente.
Il santuario della Madonna di Monte Berico, è una chiesa imponente situata in un luogo suggestivo, la vista su Vicenza è spettacolare, l'interno del Santuario è ricco di storia e tradizione,
lo svolgimento della funzione religiosa del mattino non ci ha concesso di visitare come avrei voluto, resta comunque un luogo che per i credenti è simbolo di devozione, contiene opere importanti del Palladio importante del Veronese.



Le origini del Santuario di Monte Berico sono legate alle due apparizioni della Madonna a Vincenza Pasini, una donna che portava cibo al marito che lavorava sul colle: la prima del 7 marzo del 1426, la seconda del 1 agosto 1428.



 La Madonna prometteva la fine della peste e chiedeva che in quel luogo le fosse dedicata una chiesa. Così nel 1428, in pochi mesi, sorse la prima chiesetta tardogotica e un piccolo cenobio per ospitare una comunità religiosa dedita all'accoglienza dei pellegrini.
Il progettista della prima chiesa è sconosciuto, lo stile gotico nei secoli si incorpora con il barocco che è stato adottato nei successivi ampliamenti.
Per favorire la salita "a monte", dal centro della città si snodano settecento metri di portici, con 150 archi, uno per ogni ave Maria, inoltre, ogni 10 archi è stato inserito un ripiano, per un totale di quindici ripiani, sulle cui pareti si trovano affreschi a seconda dei misteri del rosario che si sta contemplando.



La strada più antica per raggiungere il santuario, è la salita delle scalette, un arco trionfale introduce a questa gradinata che ancora una volta ci ricorda che questa è la città di Andrea Palladio
 Abbiamo visitato il museo della resistenza, dopo aver
 pranzato in compagnia,   torniamo verso  casa, ringrazio ancora i miei cari amici, per l'ospitalità, la generosità e la disponibilità a farmi vedere quante belle cose ci sono in questa città.





martedì 13 maggio 2014

Verso Monet

LA MOSTRA DI VICENZA

VERSO MONET......storia del paesaggio dal seicento al novecento

La Basilica Palladiana è il simbolo di Vicenza, dalla Piazza dei Signori, domina imponente e magnifica è diventata monumento nazionale e ospita l'ultima mostra di Marco Goldin.
La mostra divisa in cinque sezioni passa attraverso i secoli, spaziando tra i paesi europei e il continente americano, le opere esposte ci raccontano il paesaggio attraverso i cambiamenti di stili, e il modo di vedere la natura.
Nel seicento la natura, inizia a diventare il soggetto, non è più solo una scenografia, inserita in un quadro, i primi pittori che introdussero la natura come elemento furono Annibale Carracci e Domenichino.

Domenichino

Carracci

Lorraine e Pousseine con Salvator Rosa, documentarono e rappresentarono, il vero e il falso della natura, la pittura viene vista in senso poetico, armonie che potevano variare anche a seconda delle richieste dei committenti, basati tuttavia su un’osservazione diretta della natura, i dipinti venivano ideati ed elaborati su formule stabilite dalla tradizione.

Lorraine

Poussaine

Comprendere l’arte richiede tempo, il desiderio di penetrare nel loro mondo poetico, nel familiarizzare con infiniti particolari, quasi sottigliezze.

Ma è in Olanda, sempre nel seicento, con pittori come Van Ruisdael e Hobbema, Van goyes a Seghers che aprono la strada della modernità, anticipando di due secoli, il realismo e l'impressionismo.

Van Rousdael

Seghers

Nella seconda sezione il paesaggio sia naturale che cittadino diventa veduta, il "vedutismo" si sviluppa per lo più a Venezia dati gli scorci di particolare bellezza e attrattiva della città.
Il filone del vedutismo si divide in due :
  1. si può rappresentare il paesaggio, prendendo diverse caratteristiche reali ma in luoghi differenti e formarne un "capriccio" oppure
  2. preferisce rappresentare la natura nel modo più spontaneo possibile, riproducendo la realtà. Il pittore che più ha seguito con coerenza questa seconda scelta è l'olandese Gaspar Van Wittel, mentre il nostro Canaletto spaziava per tutte due le possibilità, usando anche la camera ottica con cui raggiungeva una perfezione visiva che l'occhio naturale si lasciava sfuggire.
Canaletto

Nel secolo precedente il paesaggio veniva adattato alla richiesta del committente del quadro, per cui era una cosa a se stante, ora invece il paesaggio di natura o di città diventa il protagonista.
Molti dei quadri esposti giungevano alla mostra come prestiti, che il pubblico italiano non aveva la possibilità di vedere, io sono rimasta a bocca aperta guardando il quadro del Bellotto "l'Arno verso il ponte di Santa trinità a Firenze"

l''ARNO VERSO IL PONTE DI SANTA   TRINITA' A FIRENZE


In questa sezione alcuni dipinti avevano grandi dimensioni, ma nelle sezioni successive si apre un mondo di sentimenti e di rappresentazione, la bellezza della natura vista nel periodo del romanticismo, verso il 1830, alcuni pittori, diversi per temperamento e stile, animati però dalla stessa voglia di riscoprire la purezza della natura, immergendosi in essa, sperimentando il concetto di " Studio dal vero", si trasferirono vicino a Fontainebleau,

Cézanne

 vivendo in uno dei luoghi incontaminati, lontano dalla città, ma anche spinti da voler rappresentare la quotidianità, così nacque la scuola di Barbizon in Francia.

Pierre-Auguste Renoir
La Seine à Argenteuil
(La Senna a Argenteuil)

ca 1873
olio su tela
46 x 65 cm
Musée d'Orsay,  Parigi


I sentimenti che la natura stessa stimolava venivano rappresentati, nella quotidianità, i temi principali erano i paesaggi e le persone al lavoro nei campi.

Van Gogh

Questo periodo coinvolge tutta l'Europa, dall'Inghilterra dove Turner da un'impronta personale, in Francia con Constable, Corot Millet, Coubert con il suo quadro Onde, fa percepire la forza e la pericolosità del mare in burrasca.

Courbert


Ma il confronto si fa con gli altri pittori europei, non francesi
Von Wright, esponente della Golden Age finlandese,
 il norvegese Dahl, già internazionale ai suoi tempi, l’ungherese Karl Lotz con la vita campestre della puszta e il romeno Grigorescu, formatosi a Barbizon.


Grigorescu 

Il confronto più ampio con i pittori del periodo romantico americano che appartenevano alla Hudson River School dove la differenza sta, nel rapporto degli spazi sconfinati americani, rispetto alla reltà domestica europea. (1820-1840)

Church


E proprio dalla realtà domestica che prende il senso di radice, un cambio di visione, il terreno, la sua descrizione.
Dal 1870 circa fino al 1900, in un periodo di crisi dell'impressionismo, dove alcuni pittori dipingevano anche negli studi e non solo "en plein air ",prende forza il senso di rappresentare la natura anche seguendo l'introspezione personale, del proprio stato d'animo, Van Gogh , rappresenta molto bene i suoi periodi di euforia alternati a periodi di depressione.

Van Gogh 
Van Gogh in depressione 

 Ma è Monet la vera perla di questa mostra, uomo che a partire dai quadri dipinti a Fontainbleau, spostandosi poi ad Argentuil,fino al 1878, ha girato moltissimo, realizzando opere in Normandia, a Vetheuil lungo la senna, ad Antibes, a Londra e Venezia di cui amava la nebbia, o davanti alla cattedrale di Rouen.trenta furono i dipinti sulla facciata della cattedrale da punti diversi e in momenti diversi della giornata, alba, tramonto, in pieno sole o avvolta dalla foschia.



Viaggiatore, amante della pittura, Monet, trasmetteva emozioni personali, ricercando le sfumature di colore che gli permettevano di rappresentare l'atmosfera diversa , a seconda dei luoghi, catturava coi pennelli, cieli, nuvole, campagne.
 Si ritirò a Giverny, poichè rischiava di diventare cieco, si dedicò al giardinaggio, creando un giardino spettacolare dove i colori ne fanno uno splendido capolavoro.

casa di Monet

Nel secondo giardino, scavando delle vasche, introducendo delle piante che poi divennero le famose ninfee che tanto amava rappresentare


Sono proprio le ninfee che chiudono il percorso della mostra, quattro tele che, rappresentano la minima parte delle opere da lui dedicate a questi fiori, sono incanta, non vorrei uscire, mentre Riccardo, che con i nostri amici ha terminato il percorso, viene a chiamarmi..


.
Sono molto contenta, molte di queste opere giungono da autorevoli musei, di tutto il mondo, prestati per permettere a tutti, di poter gioire della genialità di chi ci ha preceduto.
Uscendo dalla mostra, so già che ci ritornerò l'anno prossimo, per cui .... arrivederci Vicenza.


domenica 27 aprile 2014

LA RAGAZZA CON L'ORECCHINO DI PERLA

In seguito alla chiusura del museo "Mauritshuis ", dell'Aia in Olanda, per importanti lavori di restauro e ampliamento, una parte di collezione dedicata da Vermer fino a Rembrand è giunta anche in Europa, dopo aver girato diverse Capitali importanti del mondo da Tokio e Kobe in Giappone nel 2012, a San Francisco, Atlanta e a New York nel 2013.
La città che la ospita è Italiana e si tratta di Bologna, è l'unica tappa europea.
Dal 8 febbraio al 25 maggio 2014,a Palazzo Fava si potrà visitare questo stupendo percorso che comprende l' opera ormai famosa, che è diventata il simbolo dell'Aia, "La ragazza con l'orecchino di perla", così come la Gioconda è il simbolo di Parigi.
La biblioteca di un paesino vicino al mio, organizza molto bene questi eventi, a cui naturalmente, ho partecipato con un'altra mia amica.
Giunti a Bologna avevamo la visita alla mostra prenotata per il primo pomeriggio, abbiamo così visitato la città, devo sinceramente dire, che l'avevo vista un po di tempo fa e non mi aveva entusiasmato molto, l'avevo trovata sporca, oggi invece la città è pulita e molto ben organizzata, i negozi malgrado sia un giorno di festa sono tutti aperti, e a disposizione dei turisti e visitatori in occasione della mostra



Seguendo la cartina fornitaci dalla biblioteca, dalla Piazza di Nettuno dove la fontana con Nettuno è in bella mostra, arriviamo fino alla piazza delle due torri:
La torre degli Asinelli e la Garisenda :
nel medioevo Bologna ospitava più di 100 torri queste sono le due più famose, sono salita sul tetto della torre degli Asinelli ho percorso i 498 scalini, alternando la salita con delle soste per permettere agli altri avventori di scendere, così ho avuto anche modo di riprendere fiato, è veramente faticoso, giunta in cima (ce l'ho fatta) la torre è alta 97,20 mt e ha una inclinazione di mt 2,23 usata per scopi militari, durante la seconda guerra mondiale la torre veniva utilizzata con funzioni di avvistamento, i volontari si appostavano in cima per indirizzare i soccorsi verso i luoghi della città bombardati.


Da qui si vedono la Cattedrale di San Pietro, la Basilica di San Petronio le antiche strade medievali che attraversano la città in ogni direzione e più lontano il panorama dei pittoreschi colli Bolognesi, fino a offrire una vista che, in giornate particolarmente limpide, può arrivare fino al mare e alle Prealpi del Veneto. Una leggenda dice che visitare queste torri prima di aver concluso gli studi all'università, porterebbe grosse difficoltà accademiche, ma è solo supestizione.
La discesa non è stata semplice, i gradini stretti non permettevano di mettere il piede diritto, per cui si doveva fare attenzione,


 una volta usciti però eravamo soddisfatte, mentre camminavamo ho mangiato il mio panino e poi un bel gelato, La torre Garisenda, in seguito ad un terremoto subì un cedimento del terreno, per evitare un crollo venne abbassata a 48 mt di altezza. La camera di commercio di Bologna, detta anche Loggia dei mercanti era la sede degna dell'importanza delle varie Società d'Arte, e conserva le misure a cui devono corrispondere le tagliatelle emiliane.


Siamo così arrivate al complesso di Santo Stefano che affacciato su una delle piazze più belle della città, chiude due file di portici divergenti da via Santo Stefano, la Basilica è formata da sette chiese, qui si sono susseguiti nel corso dei secoli, la prima chiesa venne costruita da Ambrogio, vescovo di Milano, mezzo secolo dopo Il vescovo di Bologna vi fece costruire una riproduzione del Santo Sepolcro di Gerusalemme.


 I longobardi poi, ne fecero il loro principale centro religioso, verso la fine del X secolo dopo un periodo di abbandono, dei frati benedettini iniziarono a ricostruire, creando una basilica simile alle scatole cinesi, fatta di chiese e cortili, chiostri e passaggi,


 un complesso insieme che ha mantenuto il suo fascino anche dopo i restauri che si sono succeduti nel tempo.


Dobbiamo tornare in Piazza di Nettuno, qui ci ritroviamo per andare alla mostra...
Palazzo Fava, 

contiene affreschi bellissimi, con soffitti a cassettone che lasciano a bocca aperta, non è possibile fotografare, ma sono meravigliosi.

 palazzo fava piano nobile
                                                                                                                         
 La mostra ospita alcuni tra i dipinti più famosi di Rembrandt, ma non solo troviamo artisti come Gherardo delle notti, che venne a Roma per perfezionare i suoi studi e divenne un estimatore di Caravaggio.
I pittori olandesi seguirono le tendenze naturalistiche , specializzandosi in nature morte, paesaggistiche e di pittura in genere, anche il ritratto era popolare, non si differenziava tra classi sociali, non avendo la religione come tema, che dominava come nelle corti europee cattoliche, i pittori olandesi si specializzarono su scene di vita quotidiana, o su ritratti che venivano richiesti dai ricchi olandesi, tanto da diventare soggetti pittorici, paesaggi, marine, c'era chi si specializzava dipingendo solo animali, oppure rappresentavano il potere commerciale e navale che aveva caratterizzato il Secolo d'oro della Repubblica.
Molti grandi ritratti di gruppo venivano richiesti dalle compagnie di milizie come "La ronda di notte"di Rembrandt.



Mi è piaciuto molto il passaggio dove si rappresentava la paesaggistica, la guida parla di completezza di particolari tanto che si potrebbero contare, i sassi che ci sono, o addirittura sembra di poter toccare i fili di erba,queste opere venivano accuratamente composte usando la lente di ingrandimento.
In alcuni paesaggi il cielo diventa il protagonista e sembra di poterlo toccare., occupando quasi tutto lo spazio della tela



Molti artisti autorevoli si sono dedicati anche al ritratto, benchè venisse considerato un stile meno importante, diversi furono i pittori che si dedicarono a questo tipo di pittura.
Erano esponenti della Golden Age dell'arteolandese, in mostra abbiamo visto 36 tele tra cui quattro Rembrandt, un altro Vermeer (Diana e le sue ninfe)


 Jan Steel con la sua “ragazza che mangia ostriche”,


 Ter Borch con la sua “donna che scrive una lettera”,


 Van Honthorst con la sua “suonatrice di violino”


 e Carel Fabritius con il suo “cardellino”


Chiude il percorso la ragazza con l'orecchino di perla,

Vermeer


il ritratto rientra nella categoria dei tronie, una forma artistica in voga nell'Olanda del 600, Vermeer dipinse il quadro nel 1665, alla morte si trovava ancora nel suo studio, da quel momento se ne perdono le tracce, ricompare ad un'asta nel 1881, viene acquistato per due fiorini e 30 centesimi, nel 1902 l'ultimo proprietario lasciò al museo "Mauritshuis " dell'Aia una collezione di dodici dipinti tra cui anche la ragazza con l'orecchino di perla. Della vita di Vermeer non si sa molto tranne che aveva ereditato dal padre una locanda e  come il padre, oltre a dipingere svolgeva il ruolo di piccolo mercante d'arte, era di religione protestante, ma si convertì al cattolicesimo per sposare Catherina Bolnes di ceto superiore al suo, con la quale ebbe 14 figli, per poter sopravvivere si trasferì presso la casa natale della moglie, alla sua morte lasciò pochissimi averi e molti debiti.

Anche Rembrandt che pur era molto più stimato come artista, rispetto a Vermeer, morì in povertà, perchè viveva al di sopra delle proprie possibilità.
Erano esponenti della Golden Age dell'arteolandese 

rembrandt autoritratto














rembrandt ritratto di un uomo col cappello piumato

Uscendo con gli occhi pieni di immagini e colori, andiamo a vistare la Basilica di San Petronio ma la lunga fila ci ha spinto a desistere, e siamo saliti nella mostra del palazzo comunale, e poi siamo entrati nella Cattedrale di San Pietro che dall'esterno è quasi anonima, mentre l'interno mi è piaciuto molto, per la seconda volta oggi, ho visto il presbiterio posto più in alto, per salire si devono fare dei gradini, rispetto al piano dove i fedeli pregano ci avviamo al ritrovo per il ritorno a casa
Bologna, con i suoi portici, i più lunghi al mondo,


 cattura il visitatore abbracciandolo, Piazza Maggiore è il cuore della città, il centro storico è fra i più estesi d'Italia, ben conservato e vivo, l'università, la più antica d'europa, la cucina tradizionale. Mi mancano tante cose da visitare, chissà se tornerò ancora ...per il momento mi accontento......