il filo dei ricordi-racconti

mercoledì 28 ottobre 2015

L'ORTO BOTANICO DI PADOVA

L'orto botanico di Padova

Padova città d'arte, Giotto e la Cappella degli Scrovegni, il Duomo, il Battistero, storia e cultura non solo nelle arti figurative, e religiose, ma anche cultura attraverso la natura.
Nel cuore della città, non lontano dalla Basilica del Santo c'è l'Orto Botanico, fondato nel 1545, dall'Università della facoltà medica di Padova, per contribuire la coltivazione e sviluppare lo studio di piante medicinali.


Veniva definito come "Orto dei Semplici", (piante medicinali), a quel tempo la maggioranza dei medicamenti proveniva direttamente dalla natura, proprio per questo venivano definiti
" semplici".

L 'università Padovana, aveva fama, stima e riconoscimenti, già a quei tempi, per come avesse consolidato gli studi sulle piante e sopratutto per come venivano applicati, contribuendo ad arricchire la scienza medica e farmacologica.


L'Orto botanico di Padova, ha dato origine alla creazione di tutti gli orti botanici del mondo, divenne, e lo è tutt'ora, la culla della scienza, che attraverso gli scambi scientifici, lo studio delle relazioni tra la natura e la cultura, hanno fatto si che molte discipline oggi definite moderne, fondano le loro radici proprio qui... 

Non ha mai cambiato sede, ne è stato  mai modificato l'impianto originario, come dire,  pur avendo 470 anni,  li  porta proprio bene e non li dimostra.


La Botanica, la Medicina, la Chimica, e l'Ecologia, la Farmacia, sembrano fini a se stesse, in realtà che hanno come origini e come filo conduttore la natura e lo studio su di essa.
Per questo motivo è stato inserito nel Patrimonio Mondiale dell'Umanità, ha largamente contribuito al progresso di numerose discipline, oltre ad ospitare una importante raccolta di piante rare, l'antica biblioteca, e le collezioni di botanica dell'Università.
Nel 2014 sono state inaugurate le serre del Giardino della Biodiversità, una vetrina dove vivono 1300 specie di piante,






 il percorso spinge il visitatore a visitare ambienti che dall'equatore digradano verso i poli, consentendo di vedere la crescita dalle condizioni più favorevoli per la vita, dove l'abbondante umidità e le temperature elevate permettono alla foresta pluviale di essere così rigogliosa, fino alle condizioni più estreme, dove la mancanza di umidità, rende la vita difficile quasi impossibile.








Gli ambienti simulano le condizioni climatiche, delle varie zone del nostro pianeta, aree tropicali e zone sub umide, zone temperate a zone aride. E' un viaggio attraverso la vegetazione della terra, in America, in Africa e Madagascar, Asia, in Oceania, e parte dell'Europa temperata.



E' come se le piante ci raccontassero da dove vengono, come e dove vivono. Il percorso è molto ben spiegato, filmati, pannelli esplicativi , reperti, video interattivi, spiegano e avvicinano il visitatore ad un mondo fatto di piante vegetali, illustrando anche un percorso fatto insieme alla popolazione umana, una evoluzione che continua da Neandertal fino ai nostri giorni.


La palma di Goethe, ua Palma di San Pietro, così chiamata perchè riuscì a stupire il poeta ben 415 anni fa, tanto che la nominò in un saggio, "la metamorfosi delle piante", è la pianta più antica del giardino, 



 sono molte le piante ultracentenarie che vengono custodite ancora intatte.
Un platano orientale dal tronco cavo,

 un Ginkgo Bilowa, e una imponente magnolia. Tutti impiantati nel 1700, senza contare le tante qualità di piante che l'orto botanico ha introdotto in Europa: l'acacia, la patata, il girasole, e il gelsomino, lillà, rabarbaro, sono solo pochi esempi sulle 70 specie.





martedì 6 ottobre 2015

Galleria Vittorio Emanuele di Milano

Galleria Vittorio Emanuele di Milano

Sto passeggiando nel salotto di Milano, sono ferma all'ottagono della Galleria Vittorio Emanuele II di Milano, sotto la grande cupola di ferro e vetri, al centro, dove si incrociano le braccia che diramano la galleria.
Qui si vedono sfrecciare in " giacca e cravatta" (uomini e donne) che freneticamente si recano ai propri uffici di lavoro, turisti carichi di borse che entrano ed escono dai bei negozi.



Dobbiamo dire grazie all'Expo se Milano, dopo un periodo abbastanza lungo di abbandono e di incuria, (si parla di decenni), ha dato il via a tanti lavori di recupero della città, in questo caso il restauro della galleria.
Vale davvero la pena, alzare lo sguardo e rivedere i colori dell'epoca,



i bianchi, i giallini, e le tonalità originarie dei marmi e dei graniti, ora con uno sguardo attento, si notano persino le sfumature.


I finestroni ripuliti dall'inquinamento consentono alla luce di filtrare,


sembra di essere tornati indietro ai giorni del 1867 in cui veniva inaugurata
Nell'aria si sentivano i cambiamenti, che giungevano dalle altre capitali europee, Londra e Parigi. Si cominciavano a sentire le prime indiscrezioni su una futura Unità d' Italia, Milano, che da sempre era la capitale economica d'Italia, non poteva essere da meno a nessuno....
La Galleria è stata progettata subito dopo l’annessione della Lombardia al Regno Sabaudo,
Nel 1859 venne indetto un primo concorso internazionale per il progetto di sistemazione della Piazza Duomo che collegasse il Duomo con la Scala, ma per mutamenti politici, non vennero presi in considerazione, la proclamazione dell'Unità d'Italia era nell'aria ed è avvenuta nel marzo 1861.
Un secondo concorso, venne indetto nel 1863, furono 176 i partecipanti, vinse il premio Giuseppe Mengoni, architetto e ingeniere emiliano, con grandi idee di innovazione, che aveva acquisito girando in lungo e in largo per l'Europa.

                                         sotto la cupola mosaico che rappresenta l'Asia 



sotto la cupola mosaico che rappresenta l'america 



Mengoni, col suo progetto, colpì l'attenzione della commissione esaminatrice, creando un rettilineo che mettesse in comunicazione due piazze, quelle della Scala e quella del Duomo, attraverso un passaggio coperto.
mosaico sotto la cupola che rappresenta uno dei quattro continenti



Nacque così l'idea della galleria, costruita in ferro e vetro, era l'innovazione del secolo, che diede spunto anche alla torre Eiffel, e al palazzo di Cristallo a Londra.
Non esiste un' altro paese al mondo, che ne possieda una simile, alcune riproduzioni le troviamo solo in Italia , una delle maggiori è quella di Napoli.
I lavori vennero affidati ad una compagnia Inglese, e iniziati nel 1865,
La prima pietra venne posata alla presenza del Re d'Italia,

dove ora c'è l'ottagono della galleria, l'evento fu ricordato da un grande quadro di Domenico Induno,


in soli tre anni fu aperta al pubblico anche se ancora non era stata completata, i lavori si protrarranno per circa dodici anni, nel frattempo la società inglese fallì, il Mengoni si accollò personalmente le spese per terminare i lavori poi fu acquistata dal comune.


il cantiere delle gallerie Vittorio Emanuele II

Pochi mesi prima dell'inaugurazione il Mengoni cade da una impalcatura del cantiere, non è mai stato chiarito se si fosse buttato o e fosse caduto accidentalmente.
Per sistemare la piazza del Duomo e la Galleria furono abbattuti, diversi quartieri popolari, le critiche della popolazione,


 il fallimento della società londinese, avevano comunque lasciato un segno nell'animo del Mengoni.
L'inaugurazione avvenne nel 1867, una rivista femminile, il corriere delle dame la descriveva così: (fonte web)

Il pavimento è condotto a terrazzo con smalti, ed è opera elegantissima di artisti veneziani. Nel mezzo dell’ottagono quattro grandiosi mosaici del Salviati rappresentano gli stemmi d’Italia e d’Inghilterra avvicendati. Le botteghe, che in numero di 96 occupano tutto il piano terreno dei due lati del fabbricato, sono vaste, eleganti e chiuse da ampie portiere di vetro: tra l’uno e l’altro ingresso e sopra basamenti di marmo si alzano delle svelte lesène ornate di stucchi a disegni svariatissimi, e che salgono fin sopra il primo piano, ove una loggia corre, circondata da una bella balaustra, su cui sono allogati gli stemmi delle cento città d’Italia, attorno a tutto l’edificio. Il primo piano ha finestre ampie e maestose, e al disopra s’alza un secondo piano assai basso e quasi completamente mascherato dalla balaustra della loggia, che, secondo noi, costituisce un vero difetto, perchè evidentemente non risponde all’insieme del disegno. Il terzo piano, che meglio sarebbe stato il secondo, sorge in belle proporzioni, e le finestre di esso elegantemente architettate sono intercalate da grandiose cariatidi, le quali sopportano un ricchissimo cornicione, da cui poi si spiccano gli archi di ferro della invetriata.

Diveniva così il salotto buono di Milano, con i suoi ristoranti ,i suoi caffè con i tavoli all'aperto dove Toscanini, apportava modifiche ai suoi spartiti, mentre Puccini prendeva spunto e scriveva le sue note. In questa galleria facevano tardi Giovanni Verga e Thomas Hardy, mentre un giovane Hemingway, un secolo fa la descriveva così:
" Ci piaceva stare fuori in Galleria, i camerieri andavano e venivano intorno a noi, una fiumana di gente ci scorreva davanti,su ogni tavolo c'era la sua lampada col piccolo paralume".
Ma la galleria era anche il cuore delle passioni che si accendevano, traboccavano, volavano le parole e si arrivava anche alle mani.
Umberto Boccioni ne ha rappresentato la focosa vitalità con il quadro "Rissa in Galleria", che si trova alla Pinacoteca di Brera.
Immaginiamo una Milano, dove gli strilloni urlavano le ultime notizie dei giornali, dove tanti milanesi privilegiati, si incontravano al bar Campari,


acquistavano abiti di classe, e cappelli Borsalino, mentre gli intellettuali frequentavano la bellissima libreria Bocca.

La galleria è così,..... democratica se ci si limita al passaggio, decisamente snob se si vuol sostare...una tradizione , forse l'unica rimasta e dura a m








Sono rappresentate diverse città italiane nei pavimenti di marmo della galleria,

lo Stemma di Firenze,


lo Stemma di Roma


lo Stemma Sabaudo,


il toro che rappresenta la Città di Torino,



la tradizione, ci racconta di una rivalità tra Torino, a quei tempi capitale d'Italia, e Milano , ricca, industriale ed economica, tanto che i milanesi, come scherno e affronto alla capitale, passeggiando in galleria, ponevano il piede per schiacciare gli attributi del povero toro, 


compiendo una rotazione completa ad occhi chiusi,  usanza che è attiva ancora oggi, tanto che nella zona si è venuto a formare un buco. 

Nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1943, i bombardamenti hanno colpito Milano duramente, più di 1200 bombe, molte incendiarie sganciate in sei ondate successive hanno sbriciolato il centro della città, un'ala del Palazzo Reale in fiamme, il Duomo, Palazzo Marino, la Rinascente,brucia l'arcivescovado, viene colpita Santa Maria delle Grazie, il Cenacolo Vinciano si salva grazie a dei sacchi di sabbia, la struttura della galleria completamente divelta, il cielo di vetro completamente infranto, i bei pavimenti di marmo distrutti, squarciati.


Con la liberazione il 26 aprile 1945, la priorità assoluta è ricostruire. Dieci anni dopo il 7 dicembre 1955, in occasione della festa di Sant'Ambrogio, si inaugura la nuova galleria.

La galleria è così,..... democratica se ci si limita al passaggio, decisamente snob se si vuol sostare...una tradizione, forse l'unica rimasta e dura a morire.

domenica 20 settembre 2015

il museo Egizio di Torino

Sorge spontanea la domanda... Come mai Torino è la sede del secondo Museo Egizio al mondo?
In che modo abbiamo raggiunto questa eccellenza?
Mi correggo, non è il secondo Museo egizio al mondo, è la seconda collezione più importante del mondo dopo quella del Cairo.


Tutto è cominciato con una tavola d'altare di bronzo in stile egittizzante acquistata da Carlo Emanuele I di Savoia nel 1630.
La tavola venne poi chiamata Mensa Isiaca, ma non si conosceva il significato dei suoi geroglifici. 


Il filo conduttore che dall'Egitto giunge fino ai nostri giorni si è dipanato nel corso dei secoli.

Vittorio Amedeo II di Savoia, nel 1712 ordinò la costruzione della nuova sede del palazzo della Regia università, in contrada di via Po, rinnovò l'ordinamento universitario, avendo come obbiettivo primario, la preparazione ad alto livello, di un futuro corpo di diplomatici, che rappresentassero e consolidassero il potere dello stato e della famiglia Savoia, e sempre per dare lustro allo Stato e alla famiglia venne altresì fondato nel 1724, all'interno dello stesso palazzo, il Museo della Regia Università, Vittorio Amedeo donò una prima collezione di antichità provenienti da tutto il Piemonte.
Un'altro discendente della famiglia Savoia, Carlo Emanuele III, nel 1757, per arricchire il museo, incarica il professore di botanica, Vitaliano Donati, di acquistare in Egitto oggetti antichi, mummie e manoscritti che potessero aiutare a decifrare il significato della Mensa Isiaca che dal 1755 si trovava già al museo.


Nel 1759 giungono a Torino e vengono esposti i tanti oggetti raccolti tra cui tre grandi statue.


Ma fu Carlo Felice di Savoia che fondò il museo delle antichità
egizie....acquistando una notevole collezione da Bernardino Drovetti.
Bernardino Drovetti piemontese di origine, subì il fascino della politica di Napoleone e ne divenne un uomo di fiducia, tanto che nel 1803 venne mandato ad Alessandria d'Egitto come diplomatico per lo stato francese.
Riuscì a tessere rapporti, politici, diplomatici e personali di vera amicizia con il Vicerè d'Egitto.
La sua posizione privilegiata è anche un punto di riferimento per i viaggiatori che dall'Europa vogliono visitare l'Egitto e l'Oriente.
Esonerato dai suoi impegni diplomatici con la caduta di Napoleone, dedica più di 10 anni alla ricerca e alla raccolta di reperti.
La sua fama lo ha preceduto alla corte dei Savoia, essendo piemontese di origine, al proprio Re non poteva dire di no. Dopo lunghe trattative viene raggiunto un accordo il 23 gennaio 1824, dove Re Carlo Felice firma un contratto e paga la collezione ben 400.000 lire.
La Collezione conteneva 5268 oggetti, statue, papiri, mummie bronzi amuleti, vari capolavori dell'età imperiale statue di RamesseII, ma anche statue reali della XIII dinastia.


Nello stesso periodo, arriva a Torino Jean Francois Champollion, che ha scoperto studiando la Pietra di Rosetta la chiave di lettura dei geroglifici.
Con l'aiuto dell'Accademia di scienze di Torino e la grande collezione di reperti, si iniziò a catalogare, gli oggetti e a decifrarne il significato...
La prima tavoletta, la famosa Mensa Isiaca che ha dato le basi al museo, si era rivelata un falso, Champollion disse che i geroglifici non avevano alcun significato, era probabilmente stata realizzata da artigiani che sapevano utilizzare più metalli, oro,argento, rame,testimoniando un livello alto di preparazione metallurgica, era stata concepita e dedicata al culto di Iside, probabilmente nei dintorni di Roma.
Con la collezione Drovetti, il Museo delle antichità Egizie di Torino  inizialmente comprendeva tre settori: statuari, papiri e oggetti di uso quotidiano.
Ora dopo il recente restauro ci sono cinque piani da visitare. Ho fatto una visita guidata, con me avevo il mio nipotino ed un'altro suo coetaneo, era uno spettacolo vedere l'interesse di questi ragazzini per le mummie, 




 per i sarcofagi.





Sono altresì convinta che, per approfondire al meglio, meriterebbe una visita guidata solamente la sala dei sarcofagi, e dei loro contenuti come corredo funerario....
Sono esposti circa 3300 oggetti ma tanti altri sono nei magazzini sottoposti a restauro o a studi approfonditi,
Molto belli sono gli affreschi della tomba della famiglia Iti e Nefereu, che vollero dipinte nella loro cappella funeraria tutto il bello che i loro occhi avevano visto nella vita quotidiana terrena,


La tomba di Kha , come la tomba di Iti, rinvenuta da Schiapparelli, nel 1917, è stata trovata perfettamente integra, e conteneva 3 sarcofagi, Kha era uno stimato professionista, un architetto, ma non viveva alla corte del faraone, gli abiti di kha, tuniche in lino, ne sono esposte due una pesante per l'inverno e una leggera per l'estate la tomba conteneva una quantità incredibile di oggetti, pettini, rasoi, gli attrezzi da lavoro...


 kha aveva una moglie bellissima, Merit, il beautycase di Merit che conteneva ,oli, e unguenti trucco e profumi, una parrucca di capelli veri, perfettamente conservata che usava nelle occasioni importanti.





La Papiroteca, in questa sede sono esposti i papiri, sembrano talmente fragili, poi i reperti della cappella di Maya, la ballerina dipinta sul coccio "Ostracon della danzatrice"
 sono capolavori che ci raccontano secoli di vita passata.




Il tempio di Ellesjia, per salvare il tempio che minacciava di essere sommerso dalla diga di Assuan il governo italiano e alcuni privati investirono e finanziarono una costosa opera di salvataggio, nel 1970 in grave stato di deterioramento venne donato dalla Repubblica Araba d'Egitto al museo di Torino, che negli anni 90 inizio il restauro, la galleria dei Re ci invita all'uscita, dopo aver ammirato l'imponenza di queste statue. 


Stanchi ma felici usciamo da questo nuovo gioiello che merita di essere visitato