il filo dei ricordi-racconti

sabato 8 dicembre 2018

Italico Brass

                                           Italico Brass




Quante cose non si conoscono, e quanto  ancora di bello c'è da scoprire, da  vedere....
 A Milano, in una piccola galleria d'arte  vengono messe in mostra opere di pittori , molto spesso, quasi dimenticati, eppure questi artisti erano conosciuti e pluripremiati.





 In queste opere colpisce la luce, sembra di poter sentire l'aria, il colore si è fuso e diffuso sula tela con efficacia eppure ci raccontano episodi di guerra. Non è una guerra cruda , o tragica, in queste opere c'è ben visibile il sole , l'aurora, coi suoi colori, il vento che sventola la bandiera, come segno di speranza, perchè domani, malgrado la distruzione della guerra, il sole sorge ancora.
Sono le opere di Italico Brass, il suo è un linguaggio artistico in cui prevale  la dolcezza, la grazia e l'armonia.




dal web:
"Le trincee di Brass sono tranquille, non si sente l’odore della morte", ebbe modo di ricordare Mario Rigoni Stern commentando le immagini, le scene e i soggetti dei "racconti pittorici" di Brass.



IL tema della mostra è  LA GRANDE GUERRA  una trentina di dipinti di ITALICO BRASS che, allo scoppio della Grande Guerra ottenne dal Comando Supremo e dalla Regia Marina il permesso di seguire i soldati lungo la linea del fronte, per eseguire schizzi e studi, soprattutto nella zona compresa tra Sdraussina, il monte San Michele e San Martino del Carso, negli anni 1915-1916.
Le opere provengono dalla collezione degli eredi Brass, che insieme ad una serie di fotografie ci raccontano episodi del nostro passato.



Italico  Brass nacque a Gorizia, nacque il 14 dicembre 1870 da Michele Brass e Maria Happacher, secondo di sei figli. 
In quel periodo la cittadina era sotto il dominio austriaco, una terra non ancora liberata, le aspirazioni della famiglia erano di poter far parte dell'Unità Territoriale  italiana, per completare  l' identità politica e storica e culturale, questo spiega il suo nome.." Italico".
Il Padre commerciava in vini, e avrebbe voluto che Italico continuasse le sorti dell'azienda famigliare, ma si arrese davanti alla passione per la pittura che il figlio aveva.



Gli permise quindi, di studiare  a Monaco per tre anni, sotto la guida del pittore paesista Karl Raupp.  successivamente grazie agli aiuti economici di suo fratello Riccardo si trasferì a Parigi, studiò alla scuola di A. W. Bouguerau e J. P. Laurens per quattro anni, accanto agli Impressionisti, e in quel periodo conobbe la propria moglie, Lina Rebecca, che sposò nel 1895.
Nel 1893 debuttava al Salon di Parigi con l'opera Chioggiotti alla briscola, partecipò anche alle mostre della Societè des artistes français nel 1894, guadagnando una medaglia di bronzo, nel 1895 e 1896.



La stessa opera, esposta nel 1895 alla prima Mostra internazionale di Venezia, fu acquistata dal Museo di Udine. 
Di ritorno dalla Francia, si trasferì a Venezia, nel 1985,  si dedicò allo studio del paesaggio, lo perfezionò, sviluppò a Venezia la propria attività, si spostava spesso, a volte con  lunghe permanenze, nel Bellunese e nel Friuli Venezia Giulia.



Nel corso di questi anni, a Venezia, all'interno della  Scuola vecchia di Santa Maria della Misericordia, allestì una delle più importanti collezioni d'arte del tempo, tra i quadri più illustri figuravano opere del Tintoretto, di Tiziano e Veronese, ma la seconda guerra mondiale era  in corso,  per evitare che  le opere cadessero in mano ai tedeschi,  le aveva  portate da persone fidatissime al fine di salvarle. Le sue migliori opere,  riconosciute dai critici  sono il Ritratto della moglie,



Sulle orme di S. Marco, Il racconto del missionario, Il ponte del Redentor, 




Il ponte sulla laguna, Vele e numerosi paesaggi di Venezia dal vero. 


Ogni aspetto di Venezia è stato catturato e impresso nelle tele, dove si ravvede ancor oggi il grande amore per questa città...






Nel 1942 collabora alla realizzazione delle scene per il film Canal Grande.


Partecipò a quasi tutte le Biennali, dove allestì anche due personali una 1910 l'altra nel  1935. Fu presente  a mostre in Italia Torino, Milano, Roma, Trieste… e all’estero Parigi, Vienna, Budapest, Varsavia, Hensilki, Riga…, in cui fu ripetutamente premiato. 
Inoltre per  la sua buona conoscenza di arte antica,venne selezionato a partecipare alle commissioni tecniche per le grandi mostre di Tiziano nel 1935, Tintoretto nel 1937 e del  Veronese 1939.
Morì improvvisamente a Venezia nel 1943.
Nel 1948 venne allestita una sua personale postuma 
Il regista Tinto Brass è suo nipote








mercoledì 17 ottobre 2018

Carlo Pasta e la ferrovia del Generoso


                        Carlo Pasta e la Ferrovia del Generoso


Carlo Pasta, era un medico chirurgo nato a Mendrisio, 5 novembre 1822, è stato un medico e politico svizzero-italiano.
È stato deputato per due legislature, per il partito conservatore, al Consiglio nazionale dal 1875 al 1878.
Fu l' artefice del turismo sul monte Generoso, colui che ha voluto la costruzione del primo albergo montano (Bellavista), e successivamente della ferrovia a scartamento ridotto che collega la vetta  con Capolago, inaugurata nel 1890. Il 5 novembre 1893, dopo aver riscattato la ferrovia, mentre stava recandosi in treno dal Bellavista alla vetta, fu colpito da un improvviso e fatale attacco cardiaco. Nel 1895 in sua memoria venne collocato nel cimitero comunale il monumento che lo ritrae con lo sguardo rivolto al Generoso.



Il Generoso è montagna che può essere gustata in diversi modi.
 La si apprezza per il suo paesaggio variato; dolce verso la valle di Muggio, aspro dove strapiomba sul Ceresio, stupendo il panorama .



 C'è chi lo frequenta per la ricchezza della sua flora e della sua fauna, per le curiosità della sua geologia.
 Sulle vie che hanno fatto la storia della montagna, seguendo gli itinerari e possibile immergersi in due epoche 
diverse .




Il Generoso si raggiunge  prendendo il trenino a cremagliera alla stazione di Capolago, si percorono 9 km,  e si raggiunge  un'altezza di 1704 metri, la velocità consente di poter ammirare il panorama.
In alcuni punti guardar fuori dal finestrino, nel vuoto, fa girare la testa.






Sono solo due  le stazioni intermedie, una per dare il cambio al trenino che scende, e una in un punto panoramico: Il Bellavista, le carrozze sono semplici, con sedili di legno.




  
Lunga è la storia di questo trenino, e curiosa.
Realizzata nel 1890, voluta dal dott. Pasta, la ferrovia serviva gli alberghi Vetta e Kulm  in posizione panoramica, sotto la vetta del Generoso. Il biglietto costava 14.- fr (enorme per l'epoca), ma già nel primo anno furono trasportate 20.000 persone. Comunque nella sua centenaria esistenza, la ferrovia è quasi sempre stata in passivo e la proprietà passò più volte di mano.
Sotto la copertura di un consorzio di banche e per fini strategici, dal 1914 fu tenuta artificialmente in vita dall'esercito italiano.
Poi, nel 1940, Mussolini disse "non ci interessa più" e fu ceduta a nuovi proprietari che si accinsero a smantellarla, furono fermati da un indignato Gottlieb Duttweiler, che nel 1941, compra la ferrovia, il 27 marzo1947, il trenino riprese a salire verso il Generoso, dove vent'anni fa la Migros ha costruito il nuovo albergo. 




La tratta arrivava  fino alla vetta già da 125 anni, mentre la nuova costruzione di Mario Botta, Il fiore di pietra è stato costruito da poco. Ai tempi l’Hotel Kulm e la chiesetta 



 a fianco troneggiavano dalla vetta, ora l’hotel è sparito ed è stato costruito il Fiore.




 Il Fiore è una costruzione molto bella, dall’altra dispiace che la vecchia sia stata demolita. 
Ancora oggi la Migros, contribuisce a sostenere la ferrovia, in cima alla vetta, il panorama che si offre è grandioso, nelle giornate limpide si ammira la Regione dei Laghi, di fronte la Pianura lombarda sino agli Appennini e sulla catena alpina dal Gran Paradiso al Cervino, dal Monviso al Monte Rosa.
Ad ammirare, questo bellissimo panorama, si sono susseguiti illustri personaggi, dalla regina Margherita di Savoia, il principe di Napoli futuro re d'ltalia, Enrichetta di Sassonia, re Boris di Bulgaria con la regina Giovanna di Savoia, il romanziere Hector Malot, la poetessa Ada Negri e tanti altri richiamati dal fascino di questa montagna.

domenica 7 ottobre 2018

ARTE E DILETTO

                                   ARTE E DILETTO
la Pinacoteca Zust si è arricchita di un'importante collezione, 34 dipinti, anfore,album di studi, medaglie e diplomi...Grazie ad un lascito della signora Valeria Morelli Razzini, deceduta nel 2014, nipote della pittrice Valeria Pasta Morelli.
Un lascito in onore della nonna, Valeria Pasta Morelli, per onorare e far conoscere un'artista sconosciuta, volendo che i lavori della nonna rimanessero nella sua terra.

                                                       

Siamo a cavallo tra il 1850 e il 1900, in un periodo storico, non facile per le donne, molto spesso, nei ceti più bassi, non ricevevano nemmeno un'istruzione, ed avevano ruoli spesso confinati all'ambito familiare.



Valeria Pasta nata a Mendrisio nel 1858,  è stata una delle poche ragazze a frequentare l'Accademia di Brera, a Milano, dove raggiunse ottimi livelli, tanto da raccogliere premi e riconoscimenti, anche la Gazzetta Ticinese, le riconosceva il ruolo di "esimia giovane  artista", elogiando un suo dipinto realizzato per il Carnevale di Mendrisio.
Valeria Pasta, era un ragazza della borghesia ticinese, sino a ieri, sconosciuta ai più, legata proprio a Mendrisio, ai suoi monti e ai molti palazzi storici. 



 Il matrimonio di Valeria Pasta con un alto un alto funzionario dell’Esercito Italiano, Morelli appunto, metterà fine le sue ambizioni, il ruolo di una signora benestante era dentro l'ambito familiare, l’unico ritenuto adatto a una donna della sua posizione: si dedicherà così principalmente alla ritrattistica e alla pittura di vasi in ceramica.


ritratto di famiglia Valeria Pasta Morelli

In molti dei suoi quadri presenti alla mostra  viene ritratto il figlio..


Valeria Pasta il filglio Valerio

Era un mondo diverso, le signore con una posizione sociale, gestivano la casa e le pubbliche relazioni,  non importava  che avessero raggiunto un buonissimo livello, non valorizzavano i riconoscimenti, la  loro formazione accademica, non fecero mai della loro passione un'attività, una professione, una fonte di reddito, mettevano le proprie creazioni al servizio delle varie raccolte fondi.
Come Valeria Pasta Morelli, altre donne artiste, attive nel Canton Ticino negli stessi anni, come Marie-Louise Audemars Manzoni, 



 Marie Luoise  Manzoni
Giovanna Béha-Castagnola, Adele Andreazzi, 


Adele Andreazzi

Olga Clericetti, Elisa Rusca, Antonietta Solari e Regina Conti anch'esse apparteneti a famiglie della borghesia locale, che coltivavano privatamente la loro passione per l'arte, e si esercitavano per lo più negli studi di pittori affermati,  Bartolomeo Giuliano, Sebastiano De Albertis, ma sopratutto uno dei maestri più apprezzati Gioachino Galbusera, che nel suo atelier teneva molti corsi.



 Gioachino Galbusera


La mostra Arte e Diletto, ci ha regalato una serie di quadri inediti, ci ha riportato indietro nel tempo, siamo entrati nelle case di queste signore, ammirando le scene domestiche che loro stesse imprimevano nelle tele, abbiamo respirato l'aria di tempi antichi
Sono entrata  nella vita di Valeria Morelli,


Valeria Pasta la lettera

 ho scoperto delle opere di una dolcezza infinita, ma sopratutto usi e costumi di quel tempo.




Valeria Pasta 


Era la figlia del noto dottor Carlo Pasta, un medico chirurgo, le cui origini  italiane, divenne consigliere nazionale, a lui si deve la ferrovia che conduce in cima al Monte Generoso, come il primo albergo sulla stessa montagna, voluto con testarda decisione. Carlo Pasta, 
ritratto di Carlo Pasta 


divenne noto  per il suo spiccato spirito imprenditoriale. E' innegabile che su Valeria, sulla sua crescita artistica, abbia influito molto l'influenza dello zio, Bernardino Pasta, anch'esso pittore, abile ritrattista molto apprezzato tra la cerchia degli Induno. 





Grazie  a questa mostra ho potuto ammirare opere ed artiste che sarebbero rimaste dimenticate, forse non conosciute ma di ottima fattura 


domenica 9 settembre 2018

Val di Cembra e le piramidi di terra

                         Val di Cembra e le piramidi di terra 

In Val di Cembra, sulle montagne del Trentino, troviamo un gioiello della natura unico nel suo genere. 



Sto parlando delle piramidi di terra di Segonzano, formazioni che arrivano ad un'altezza di venti metri,  e che spesso presentano una pietra che funge da cappello, generalmente , raggruppate a “canne d'organo”.
Sono i cosiddetti "omeni di Segonzano", piramidi e colonne di terra formate dall'erosione delle acque.
Troviamo il parcheggio e il centro visitatori, con la biglietteria. 
Da qui parte il sentiero segnalato che permette di visitare i vari gruppi delle piramidi di terra situati sul versante della montagna. 




Il primo gruppo è abbastanza vicino, circa 20 minuti, poi ci si immerge nel bosco,  bisogna armarsi di pazienza  ci aspetta una scarpinata  in salita.

Numerosi sono i cartelli descrittivi lungo il sentiero.  



Nel corso dei millenni, i movimenti del ghiaccio, hanno causato il decadimento delle creste e la decadenza sui fianchi della montagna, mentre a valle  l’azione erosiva dell’acqua ha poi dato origine alla formazione di incisioni profonde e vallette parallele.
Le gocce di pioggia, cadendo sul terreno,  smuovono le diverse  particelle, che esercitano l'erosione  che aumenta con la pendenza.
Ma la natura, ha mille risorse, e grazie alla copertura vegetale, il terreno non viene asportato, modera l'erosione dell'acqua, con  le radici, il muschio, le foglie, che riescono a trattenere la terra in modo efficace.
La forma classica è quella di un tronco a cono sormontato da un masso, definito Cappello..



Ha una grande importanza sulle piramidi, la presenza del "Cappello", perchè protegge la  piramide, la  forma più adeguata del "Cappello" è quella di un lastrone squadrato inclinato verso la valle, come un tetto che le preserva.
La perdita del masso, lascia la piramide con una forma appuntita, queste, sono in genere, di minore altezza,  senza alcuna protezione dagli agenti atmosferici, che nel corso del tempo ne determinano, il disfacimento.
Nel 1976 con il violento terremoto del Friuli,  che è stato avvertito anche a Segonzano, molte piramidi persero il loro cappello, mentre altre, più alte e più snelle resistettero, vacillando, ma non accusarono danni...
Anche l'uomo ha contribuito a danneggiare, quello che la natura ha creato,  si narra che durante la Grande Guerra, una batteria di cannoni si esercitasse ai tiri, sparando a molti blocchi di copertura,  causandone così nel tempo l'estinzione.



Una piramide, situata nel II gruppo ha un cappello veramente notevole del peso valutato in circa 100 quintali.
E' possibile fermarsi per un po' e godere del paesaggio, sulle panchine che si trovano durante il percorso.
Nel 1959  si fotografò la zona,  che vennero confrontti con documenti  fotografici risalenti probabilmente alla fin del 1900, in poco più di 60 anni molte piramidi sono scomparse  la più  antica documentazione è quella del pittore  Albrecht Durer.
Il pittore, forse a causa di una piena del fiume Adige, dovette deviare il suo percorso per raggiungere Venezia,  e raggiunse così Faver, il Castello di Segonzano e le piramidi. 
Dedica così alla Valle di Cembra tre opere:



Paesaggio alpino con al centro il Dosso di Segonzano: in alto a destra le  piramidi, a sinistra le pendici dei Monti  di Sover,e sullo sfondo le montagne di Fiemme 
"Castello alpino " ...un'immagine del Castello di Segonzano a fine 400



ma paradossalmete il più conosciuto acquarello rimane :
 " Castello in rovina sulla rupe"




Non si conosce  un' altro luogo in Europa,  che possa vantare ben sette acquerelli così antichi e sicuramente ambientati sul posto come quelli dipinti da Dürer in Trentino, e tre di questi sono dedicati alla valle di Cembra. 




 


domenica 3 giugno 2018

Segantini Giovanni


                                                     Segantini Giovanni

Il pittore Giovanni Segantini, nasce ad Arco, non molto lontano da Trento, il 15 gennaio 1858, nato in una famiglia povera, la sua infanzia fu molto triste, in seguito alla morte della madre, episodio che lo ha segnato profondamente, viene spedito dal padre a Milano, presso la sorellastra... Cresce in una Milano,  malevole e sporca, città difficile oggi, come allora in alcuni quartieri. A causa della mancanza di un vero e proprio contesto familiare, la sua crescita  è contrassegnata da momenti di svogliatezza, alla più totale mancanza di impegno, tanto  che viene  arrestato per ozio e vagabondaggio. 
Così, a dodici anni, viene rinchiuso nel riformatorio Marchiondi, vi rimane fino al 1873 per un anno si trasferisce da un fratellastro in Valsugana. 



Nel 1874 è di nuovo a Milano, si iscrive all'accademia di Brera,  per tre anni segue i corsi serali, per mantenersi lavora presso una bottega di un artigiano decoratore, Luigi Tettamanzi, poi insegna disegno gratis,  presso il riformatorio in cui aveva vissuto, durante i corsi a Brera incontra Emilio Longoni.



Realizza vedute milanesi di piccolo formato tra cui "il coro della chiesa di sant' Antonio".





Con la Brianza, instaura un rapporto personale, nel 1878 , vi giunse e ne rimase affascinato, incontra l'amata moglie Bice Bugatti, 
sorella dell'ebanista Carlo Bugatti.

petalo di rosa moglie di Segantini ammalata di tubercolosi 

Soggiornò a Pusiano, Carella e Corneno, frazioni dell'attuale Eupilio, la nascita dei primi figli, l'ispirazione a raggiungere alti livelli, ma anche la malinconia.
Pusiano, Caglio, le frazioni di Mariaga o dell’Alpe Carella, sono i luoghi in cui l’artista ha vissuto e ha tratto l'ispirazione per tanti bozzetti delle sue opere, ha raccontato l’umile realtà contadina, da lui sempre apprezzata, senza far trasparire la fatica, la stanchezza o il malcontento.
raccolta dei bozzoli


Ogni giorno, infatti, Segantini cercava soggetti da rappresentare, 





vagando per corti e villaggi, prima di rientrare nella sua casa contadina, dove dipingeva soprattutto sul far della sera, quando i raggi del sole si spegnevano sul Lago di Pusiano, creando un’atmosfera suggestiva. 
Le emozioni intense, provate in quella fase del giorno, sono visibili  ad esempio, nell’Ave Maria a Trasbordo, dipinto che segna una svolta pittorica nella  sua carriera
E' la prima opera divisionista in italia.. 
Il trasbordo è quello di una  famiglia di pastori, padre, madre e figliolo, che con una  piccola imbarcazione trasportano un gregge di pecore da una riva all'altra del lago. Si  riferisce al momento della giornata, quando  alle sei del pomeriggio, risuona l' Ave Maria, dal campanile del paese  che si vede in lontananza.
Come se fosse sospesa tra cielo, e  lago, questa opera  ispira al visitatore,  una pace interiore.



 La  sua vita d’artista proseguiva, con la famiglia in aumento, sempre alle prese con le difficoltà economiche in cui versava,   e che lo costringevano a pagare l’oste della locanda, dove  spesso si fermava, con disegni, raffiguranti le sue modelle. 
 E' documentato che il pittore visse in Brianza tra l'autunno del 1881 e l'estate del 1886, tra i racconti attendibili, documentati, e ascoltando le testimonianze tramandate dai figli ai  nipoti,  si è sempre saputo che la modella del pittore  cittadino..Segantini, era Catterina Frigerio (con due t).
 Nel  quadro le due madri, iniziato nel 1882 e terminato solo nel 18889  dopo che aveva già lasciato la Brianza, la modella è Catterina Frigerio...


le due madri 


Nei suoi quadri noi vediamo un  realismo  sublimato, il sogno,  non la dura realtà, non c'erano ne vittime,  ne eroi,  ma personaggi che erano tutt'uno con l'ambiente che voleva rappresentare.





benedizione delle pecore 

vacca bagnata 

rientro dopo il temporale 


Il pittore, deciderà di salire fino in Vallassina, a Caglio, dove realizzerà il dipinto Alla stanga, che  racconta la pacifica  vita di montagna, acquistato dallo Stato italiano nel 1888. 


Alla Stanga 

Con quest'opera Segantini chiude il suo periodo artistico e di vita in Brianza, asserendo che:"l'aria stessa  si fece troppo opaca per me". 
Segantini si trasferisce,  prima a Milano,


Carlo Rota 

 poi nell’Alta Valtellina e infine in Engadina, nei Grigioni, dove inizierà il secondo periodo della sua produzione artistica, comincerà a dipingere all’aperto, immerso in nuovi colori e sfidando la luce.









Segantini, passava  le estati sul passo del Maloja e gli inverni nel paese di Soglio,   trascorreva la maggior parte delle giornate all'aperto, morì a 41 anni, chiedendo alla moglie di spostare il letto in modo da poter vedere il  Monte Schafberg, fino all'ultimo un autentico rapporto di amore con le sue montagne, la natura, che troviamo nei suoi quadri.