il filo dei ricordi-racconti

domenica 20 ottobre 2019

Rosalba Carriera

                                                                          Rosalba Carriera


Una signora che ho avuto il piacere di conoscere mi ha parlato di questa pittrice di cui  io, non avevo mai sentito parlare

Una delle donne che ha avuto un ruolo importante, nella storia dell'arte  nell' Europa del 1700, è stata Rosalba Carriera.


Nata a Venezia nel 1645, da genitori benestanti, il padre era un impiegato presso il podestà della Repubblica di Venezia,  la madre era una merlettaia.
 Rosalba  iniziò il suo cammino artistico realizzando modelli di pizzo per la madre, che lavorava in questo mercato.
Educata in famiglia a coltivare le arti, Rosalba e le due sorelle studiarono musica, letteratura, pittura, ricamo e lingue straniere.
I genitori, e in particolar modo la madre, si erano accorti della sensibilità artistica delle figlie, tutte tre erano pittrici, le incoraggiarono e  permisero loro di studiare con  i più bravi maestri dell’epoca.
I primi studi nella pittura, Rosalba li fece sotto l'insegnamento di Giannantonio Vucovichio Lazzari, maestro in pittura sacra, e in ritratti pastellati, purtroppo, per il lavoro  del padre, molto spesso la famiglia, era costretta a cambiare residenza, presso le cancellerie sulla  terraferma. 
Malgrado l'assenza del maestro, Rosalba approfondì gli studi ottenendo rapidi progressi, progredendo  nell’arte del dipingere, ma non trascurò lo studio sulle lingue, lettere e  la musica. Ritornata con il padre a Venezia in modo stabile, potè perfezionarsi nei suoi studi prediletti, specialmente nella miniatura, nella quale riuscì in modo eccelso. 


Lo studio delle miniature, era una tecnica difficile e abbandonata, la perfezionò, fu la prima pittrice a portare nelle miniature il tratto veloce della pittura veneziana, scegliendo volutamente  di non seguire  le regole accademiche, che volevano tratti e puntini brevi.
Con la diffusione del tabacco da fiuto, un'usanza molto in voga anche fra le signore, iniziò a dipingere miniature per i coperchi delle scatole da tabacco, figure di damine graziose che  divennero la sua fortuna, fu la prima  artista  a dipingere sull'avorio e sull'osso, da alcune annotazioni trovate nella corripondenza che riceveva e inviava, di cui ne faceva sempre una copia, si hanno notizie certe che nel 1700,  Rosalba Carriera dipingeva su scatoline da tabacco da fiuto che rivendeva ai turisti.


Sfruttando l'amicizia del suo amico inglese Christian Cole, venne ammessa alla Accademia nazionale di San Luca a Roma, con l'opera  "Fanciulla con colomba".


Rosalba oltre alle miniature, si  perfezionò nei ritratti a pastello, i suoi primi lavori con la tecnica a pastello, si collocano nel periodo in cui frequentò la bottega del uno dei suoi  maestri, Giuseppe Diamantini e quella di Antonio Balestra. La scelta di far rinascere la  pittura a pastello, ormai decaduta da molto tempo e  quasi  dimenticata, fu supportata dall'amicizia  con Anton Maia Zanetti detto il vecchio,

Anton Maria Zanetti 




 conosciuto dai collezionisti  a livello internazionale. 

ragazza con la maschera 

Proprio in questi anni nasce un nuovo stile, il rococò, il quale predilige la rappresentazione di scene spensierate, in cui delicatezza, eleganza e gioiosità la fanno da padrona.
Rosalba va affermando sempre di più la sua arte e non ha nulla in comune con l'immagine della donna frivola  che hanno le sue coetanee.
Con la sorella  ha  creato una sorta di circolo letterario-culturale a cui appartengono  personaggi di spicco nell'ambiente artistico letterario veneziano, tra cui altre due pittrici, Felicita Sartori

Felicita Sartori


 e Marianna Carlevarijs,



 la contralto Faustina Bordoni Hasse, 


la poeta Luisa Bergalli, la ballerina Barbara Campanini, la contessa Caterina Sagredo Barbarigo,

caterina sagredo Barbarigo


donne emancipate e progressiste si sono conquistate le libertà negate alle donne di quei tempi.
Rosalba e sua sorella, decisero di dedicarsi totalmente all'arte, non si sposarono e rimasero sempre insieme.
In breve tempo, riuscì a farsi conoscere dapprima a Venezia e poi  in tutta Europa per i raffinati ritratti, trattati con un tocco leggero e con tonalità delicate, che conferivano  ai modelli grazia ed eleganza. 
Viaggiatori stranieri in visita a Venezia, figli di nobili e diplomatici, principi e principesse, le commissionavano ritratti e si recavano presso il suo modesto studio per ammirarne i suoi capolavori.
A Venezia fece il ritratto di Federico III di Danimarca, di Federico Augusto III,

augusto III

 del duca Carlo di Baviera, del principe di Mecklemburgo.
Un anno dopo la morte del padre,  nel 1720, fu invitata  come  ospite dal mecenate Pierre Croizat a Parigi, rimase  per un anno con tutta la sua famiglia, la mamma, le sorelle e il cognato  Antonio Pellegrini, conobbe così Antoine Watteau,

Antoine Watteau

noto conoscitore di quadri, che divenne suo amico.
La pittura di  Rosalba, seppur lontana dalle regole accademiche, riuscirà ad influenzare profondamente il modo di ritrarre nella Francia  nel 1700.
A Parigi fece ritratti  a tutta la famiglia reale,  giungendo a ritrarre perfino il re di Francia Luigi XV, 

 nel suo diario, in data 1 agosto 1720 si legge: “Ebbi ordine da parte del Re di fare in piccolo il ritratto della Duchessa Vantadour: ed in questo giorno ne cominciai uno piccolo dello stesso Re”.
A Parigi, venne ammessa con  una votazione  all’ unanimità all’ Académie royale de peinture et de sculpture.... entro'  così  a far parte dell'accademia reale.

Melchior de Polignac 

Scriveva nel diario il 26 ottobre  - Mi fu data la lettera dell’Accademia, e la nuova di essere stata ricevuta a piene voci senza essere stata ballottata”.Ed ancora “9 novembre - Andata la prima volta all’Accademia dove M.r Coypel ( primo pittore del Re) fece un breve ringraziamento agli Accademici, li quali mi accolsero colla maggior cortesia”.

horace Walpole 

A Parigi tiene un Diario dove annota con grande precisione tutti i fatti avvenuti durante il suo soggiorno.
Riconosciuta e stimata da  grandi mecenati che apprezzavano la sue  opere:  Federico IV, re di Norvegia e Danimarca, Massimiliano II di Baviera, Augusto III, re di Polonia... viaggiò molto fu accolta dalle corti di tutta Europa, riscosse meriti e riconoscimenti
Ritornata in Italia per 4 mesi soggiornò presso la corte del ducato di Modena,  ritraendo a pastello tutta la famiglia.

ragazza col pappagallo


Nel 1735, si trasferì a Vienna alla corte degli Asburgo, dove lavorò alacremente.
Rientrata in Italia, continuò con la pittura.

primavera 

estate
flora 

autunno

Della sua pittura colpiva, il modo unico di rappresentare, la cura attenta, quasi eccessiva,  che riusciva  a trasmettere sulla tela,  gli aspetti profondamente  reali  dei   volti , le espressioni,  delle persone che ritraeva,  una pittura reale  senza ipocrisia come nel  "Ritratto di signora anziana" in cui dipinge in modo evidente il porro della signora, ritratta in modo  dolce. 



Nei suoi ritratti femminili le pose sono delicate, era molto sensibile nel riprodurre le pieghe degli abiti, la morbidezza dei tessuti, le perle,  le trine e i merletti.
Le opere di Rosalba che suscitarono più curiosità furono i suoi autoritratti perché sono un racconto interiore, personale psicologico, si è ritratta dalla giovinezza spensierata, nel quadro del 1709, che è conservato agli Uffizi, dove rappresenta se stessa mentre dipinge la sorella,

 

  fino a quello del 1746 dove traspare  il proprio malessere, fisico e interiore, il volto invecchiato e rigido, duro e gli occhi tristi, indossa una corona di alloro, in quest'opera ci racconta il suo dolore e la delusione, dopo un intervento alle cornee non riuscito in cui le complicazioni aggravarono la sua cecità... 


 

 Alcuni di questi autoritratti sono conservati a Venezia al museo del settecento a Ca' Rezzonico, mentre altri fanno parte di collezioni sparse nei musei d'Europa.
la collezione reale di Windsor;

lady with-a -Parrot

Rosalba iniziò a fare la doppia riproduzione dei suoi quadri: il Re di Francia Luigi XV fu il primo, poi seguirono il figlio di Law  e Filippo II d’ Orleans.

Col passare del  tempo coi suoi duplicati,  aveva formato una piccola galleria, oltre alle copie, c'erano parecchi medaglioni  di figure storiche che il re di Polonia Augusto III,  volle acquistare,  che sono custoditi ancora oggi  alla Pinacoteca di Dresda 'Alte Meister'..che non ha eguali in tutto  il mondo: Qui si trova  il bellissimo ritratto di Barbara Campanini, 


  la giovane donna appare, in tutto il suo splendore: leggermente posta di tre quarti, con grazia sorregge un lembo dell ' abito, quasi per far intuire l 'accenno a un primo passo di danza. 
Intorno al   1746 iniziò  manifestarsi  una malattia agli occhi, Rosalba  si sottopose ad un intervento alle cornee che  ebbe un esito negativo, tanto da aumentarne le complicazioni, fino a portarla alla totale cecità , da tale momento dovette rinunciare alla sua arte, subentrarono disturbi emotivi importanti tanto da  raggiungere uno squilibrio mentale.
I suoi ultimi anni furono molto tristi,  morì nella parrocchia di San Vio, il 15 aprile 1757  (Santi Vito e Modesto) a Venezia.
Presso L’accademia delle belle arti di Venezia ci sono due dei suoi dipinti per dono generoso di Girolamo Ascanio Molin 
Nel 1838, il critico d’arte, Tommaso Locatelli, lesse un “Elogio” nei riguardi di Rosalba, all’ Accademia delle Belle Arti di Venezia: “Questa maniera di dipingere, fra gli altri suoi pregi, ha singolarmente quella della morbidezza nella carnagione in modo che i nudi così dipinti riescono appunto a chi li vede come se fossero  carne vera, e vive forme impastate dalla mano stessa della natura. Lavoro in vero difficilissimo, ma condotto dalle maestre dita della valente Rosalba al sommo grado di perfezione.



Un recente studio su questa donna eccezionale, ha prodotto un interessante romanzo storico della scrittrice Valentina Casarotto dal titolo
 Il segreto nello sguardo







domenica 29 settembre 2019

Le parrucche degli uomini



                            Le parrucche degli uomini


 Questo scritto è iniziato da una curiosità,  molte personalità importanti  della società, come principi, prelati, letterati, condottieri, venivano ritratte con la parrucca, mi sono chiesta perchè...
La storia della  parrucca per il sesso maschile, è strettamente legata ad una malattia devastante che dopo la peste, divenne una delle più grandi epidemie che attraversava tutta Europa, la sifilide.....
Le prime notizie che riguarda questa devastante malattia risalgono al XV secolo. Il morbo della sifilide si è diffuso  in Europa, e in particolare in Italia, intorno al  1494, quando  il sovrano francese, Carlo VIII  rivendicando   i propri diritti sul regno di Napoli, scese  in Italia accompagnato da un  grande esercito formato da soldati e i mercenari francesi, spagnoli, svizzeri e tedeschi e da un gran numero di donne, la maggior parte delle quali erano prostitute. Secondo le cronache dell’epoca,  gli Stati Italiani, si allearono  con Massimiliano d'Asburgo, il Papa,  e il Re di Spagna, per contrastare l'avanzata del reale francese. Sul nostro territorio giunsero  vari eserciti, in particolare soldati di origine spagnola, che  tornati dall'  america con Cristoforo Colombo avevano contratto il morbo.
La malattia si diffuse  con molta velocità attraverso i rapporti sessuali promiscui, la prostituzione, la scarsa igiene personale, delle case e collettiva, ovunque giungevano le truppe di Carlo VIII, con i loro comportamenti disinibiti, lasciavano nelle popolazioni, un male che era completamente sconosciuto.  A Firenze, Bologna, Pisa, Ferrara  e Napoli, il morbo  mieteva un gran numero di vittime.
Nel corso dei secoli, la sifilide non e stata mai debellata. William Clowes, medico, nel XVII secolo scriveva di una “moltitudine infinita” di pazienti con la sifilide, tanto da riempire gli ospedali di Londra, senza gli antibiotici,  i malati avevano  ferite aperte, eruzioni cutanee, cecità, demenza, e la perdita di capelli a chiazze”.
In quell'epoca i capelli lunghi,  determinavano lo stato sociale,  il livello di ricchezza personale o di potere.
La perdita dei capelli poteva danneggiare  la reputazione di una persona,  per gli ammalati di sifilide era diventata una necessità nascondere la calvizie con le parrucche,  molto spesso nascondevano anche le piaghe che si manifestavano sulla cute del viso, del collo. Le parrucche ricoperte di cipria profumata alla lavanda o all'arancio,  servivano a coprire i cattivi odori della putrefazione.



Luigi XIV, re di Francia, iniziò da giovanissimo a perdere i capelli, aveva solamente 17 anni,  nel 1655 la preoccupazione per la sua reputazione lo spinse ad assumere ben 48 fabbricanti di parrucche, anche suo cugino Carlo II d'Inghilterra, iniziò ad usare le parrucche perchè i suoi capelli diventavano grigi.




 Diventò una moda: reali,  aristocratici, uomini di corte, iniziarono a copiare i due Re. Nelle  prime parrucche  le ciocche di riccioli  cadevano naturalmente sulle palle e sul dorso, 



ma come  sempre accade il costo delle parrucche aumentò, la parrucca  era il mezzo per manifestare la propria ricchezza e il proprio potere, c'erano parrucche per tutti i giorni, il cui costo si aggirava intorno ai 25 scellini, la paga settimana di un comune londinese, intorno al 1860  le parrucche erano sempre più grandi, più elaborate e lunghe fino a coprire il busto, vere e proprie impalcature  adatte  a serate importanti a corte.che arrivavano fino a 800 scellini, ma servivano anche per riconoscere personaggi snob o con inclinazioni sessuali diverse,  erano estremamente pesanti e spesso scomode. Così le parrucche diventavano  molto costose da produrre specialmente se create con capelli umani, ma l'uso del crine di cavallo e di capra ma soprattutto di yak, era diffuso perché molto più economico.






Anche dopo Luigi XIV e Carlo II le parrucche hanno continuato ad essere usate. 
Nel 700, iniziò un periodo di cambiamento per i soldati era molto scomoda la moda delle parrucche con i lunghi riccioli sciolti , li raccolsero così in una piccola bora di seta dietro la testa,  lasciando solo qualche ricciolo ai lati della testa, anche Luigi XV  Re di Francia,decise di seguirla e di imporla ai suoi cortigiani, 





l'igiene personale a quei tempi era scarsa e paradossalmente, le parrucche  risultavano molto più pratiche  quando  i pidocchi  affliggevano  l'uomo, la persona  poteva  radersi i capelli,  e ricoprirsi con la parrucca,  ed era molto più semplice disinfestare una parrucca infestata  dai pidocchi  che una testa piena di capelli, bastava semplicemente  mandare la parrucca dal proprio fabbricante per far rimuovere le uova dei pidocchi con un lavaggio nell'acqua bollente. 
Verso la fine del  millesettecentocinquantacinque, i riccioli laterali divennero più piccoli si potevano intravedere le orecchie e dietro la testa erano raccolti con un nastro..  




 Ci fu un'altro cambiamento, con Luigi XVI i riccioli divennero due boccoli messi in modo orizzontale sui lati della testa mentre i capelli sulla nuca venivano pettinati all'indietro rendendo molto più sobria ed elegante la figura.






 La parrucca cadde in disuso, la rivoluzione francese tagliò le teste e anche le parrucche  e la moda adottò i capelli corti naturali.  A Londra nei tribunali,  giudici e gli avvocati della sede penale   utilizzarono la parrucca  come segno di uniformità, fino al 2008

mercoledì 7 agosto 2019

Artemisia Gentileschi


                                                         ARTEMISIA  GENTILESCHI

Nel 2020, alla National Gallery di Londra sarà dedicata una mostra ad Artemisia Gentileschi, nel 2017, il museo di Trafalgar Suqare ha acquistato l' "Autoritratto come Santa Caterina d'Alessandria", erano anni che la pinacoteca di Trafalgar  Square, voleva possedere un'opera antica di questa pittrice, nonchè  donna , una figura fuori dal comune. 


autoritratto come  Santa Caterina d'Alessandria 


Artemisia Gentileschi, Roma 1593 - Napoli 1653, è stata  una  pittrice del 600, divenuta nel tempo una delle più importanti e apprezzate firme nel panorama europeo.
Primogenita del pittore Orazio Gentileschi e di Prudenzia Montone, morta di parto quando Artemisia aveva solo dodici anni. Cresciuta nell'ambiente artistico romano, pur essendo molto giovane, pur dovendo accudire alla casa e ai suoi fratelli, possedeva  un  naturale  e spiccato talento pittorico, artistico.
Il padre, un autorevole artista autonomo, attento alle vicende artistiche dei suoi tempi, dopo  compreso il classicismo naturalistico dei Carracci, la pittura di Orazio assimila gradualmente l'insegnamento di Caravaggio e si impadronisce della tecnica di osservazione dal modello, ma in modo del  tutto personale. 
Giuditta e la sua ancella 

Artemisia, aveva una grande ammirazione per il padre, venne formata  proprio sotto la sua guida, innanzitutto insegnandole come preparare i materiali utilizzati per la realizzazione dei dipinti,: la macinazione dei colori, l'estrazione e la purificazione degli oli, il confezionamento dei pennelli con setole e pelo animale, come approntare le tele, come ridurre  in polvere dei pigmenti. Imparò la pittura dentro le mura di casa, non potendo seguire alcun corso, che erano consentiti  solamente ai pittori di sesso maschile. Perfezionò il suo talento e la sua tecnica, copiando xilografie di Albrech Durer o i dipinti che il padre aveva in bottega.


Artemisia Gentileschi


Nella importante bottega di Orazio lavoravano, con Artemisia e altri pittori, anche i suoi sei fratelli. Il  suo insegnante di prospettiva, Agostino Tassi, che  collaborava con  Orazio, alla decorazione di Palazzo Pallavicini Rospigliosi a Roma, la violentò. 
All’ epoca era possibile estinguere il reato di violenza carnale , qualora vi fosse il matrimonio riparatore. Per questo, Artemisia continuò a intrattenere una relazione con Tassi, nella speranza che le nozze salvassero la sua reputazione.Quando la ragazza scoprì che Tassi era già sposato.
Decise dunque di intentare un processo nei confronti del suo stupratore.(1612)
 La sua deposizione fu fatta sotto tortura, mentre le venivano schiacciate le dita.
Il Tassi, uscì dal processo indenne mentre per Artemisia e la sua famiglia fu molto difficile.


conversione di Maddalena 

Artemisia dovette combattere a lungo contro i pregiudizi, e le voci sgradevoli messe in giro sul suo conto, venne accusata di rapporti incestuosi con il padre Orazio, di avere numerosi amanti ed una condotta disdicevole. Lasciò Roma  per mettere a tacere le maldicenze, il giorno dopo la fine del processo sposò un artista fiorentino, Pierantonio Stiassesi. 
È a questo periodo che risale una delle sue opere più note: Giuditta che decapita Oloferne (1612 – 1613). 


Giuditta decapita Oloferne 

Salta all’occhio il diverso ruolo della donna. Se in "Susanna e i vecchioni" era una vittima, qui agisce e si vendica.


Susanna e i vecchioni

Dopo il matrimonio  viene accolta, contrariamente al marito, presso l’Accademia delle arti del disegno di Firenze,  è la prima donna a ottenere  un tale  riconoscimento. 
Dalle famiglie fiorentine benestanti, dai nobili, famiglia Medici compresa, ottiene importanti commissioni instaura un' amicizia ricca di stima reciproca con Galileo Galilei, e con Michelangelo Buonarroti il giovane,che le aveva commissionato un tela per onorare un suo illustre antenato, intrattiene una corrispondenza, Artemisia aveva da poco imparato a leggere e scrivere.



Nel 1621 per un breve periodo, si trasferisce a Genova, torna a Roma come donna indipendente, allontanandosi definitivamente dal marito, e portando con sé la figlia Palmira.
Si  trasferisce a Venezia,  tra il 1627 e il 1630, alla ricerca di nuove commissioni. Ritorna Napoli,  nel 1636, parte per Londra, raggiunge il padre alla corte del re Carlo I e della regina Henrietta Maria, in quell’occasione collabora artisticamente con lui, dipingere il soffitto della Queen's House a Greenwich (ora a Marlborough House, London) che ha come tema l'Allegoria della Pace e delle Arti sotto la Corona Inglese.
Orazio Gentileschi morirà il 7 febbraio del 1639.
Una delle sue opere più conosciute e raffinate fu realizzata in questi anni è: l'Autoritratto come allegoria della pittura,  Collection of Her Majesty the Queen, Kensington Palace, London, 1630, nel quale dimostrò una grande  capacità  con la tempera ad olio, disegnando lei stessa mentre stava dipingendo, circondata dagli strumenti della pittura,  un autoritratto abbastanza insolito per i suoi tempi.Un'altra cosa insolita sono le cifre del proprio nome, proprio per evitare che qualcun'altro ne assumesse la paternità, il volto e la sigla indicavano che l'opera era sua. Infatti in quell'epoca i quadri raramente venivano siglati o firmati. L'opera fu acquistata da Re Carlo I d'Inghilterra tra il 1639 e il 1649.



Nel 1642, con lo scoppiare della guerra civile, Artemisia lascia l’Inghilterra e, dopo altri spostamenti di cui si ha scarsa conoscenza, torna a Napoli dove muore nel 1653.
Da sicura professionista dell’arte  aveva emozioni forti, principi di dolcezza e di aggressione, affrontava  le  atmosfere più intime, per questo è considerata la pittrice del " barocco".
Affrontava  soggetti sacri e storici, impianti monumentali, con padronanza della pittura, abbracciando la lezione di Caravaggio,  nell'impostazione del quadro, impostando un taglio diretto e drammatico col visitatore, con contrasti tra luce, forme e colori.

il lago d'Orta

Una domenica sul lago d'Orta, ...avevo sentito parlare di questo lago, ma non c'era mai stata l'occasione giusta  per andarlo a visitare, questa volta  ho potuto andarci, mi è molto piaciuto tutto quello che ho visto e che mi è stato spiegato.
Siamo in Piemonte, il lago D'Orta si trova tra la Valsesia, e non è distante dal la Val D'Ossola, il suo antico nome è Cusio, accarezza le campagne di Novara, fino ai piedi del Mottarone, che lo separa dal lago Maggiore.
Anche se confina con un lago importante, il Lago Maggiore o Verbano, il lago D'Orta si difende benissimo, le ridotte dimensioni, il panorama naturale, i borghi e i balconi panoramici lo rendono uno dei luoghi più apprezzati della regione...



Antonio Fogazzaro scrisse il romanzo " Piccolo Mondo Antico", ad Oria Valsolda sul lago di Lugano o Ceresio, tra la Valsolda e Lugano, ma  nel 1941, per il film della televisione, le riprese vennero ambientate, proprio sul lago D'Orta rendendolo così conosciuto al pubblico.  
Fin dalla storia più antica, su queste rive, giungono a noi eccellenze importanti, su queste sponde era importante la lavorazione del ferro, basta visitare le cittadine, alzare lo sguardo, e ammirare le inferiate dei portoni o i bellissimi balconcini in ferro battuto. I Ferri Battuti del Lago D' Orta sono registrati fin dal 1937 nel  Bollettino Storico della Provincia di Novara.





La lavorazione del ferro era  dunque una delle primarie fonti di reddito, e grazie alla  laboriosità, e all'ingeniosa volontà personale, sono sorte diverse aziende importanti.
Tutte aziende che hanno fatto la storia dell’Italia del dopoguerra e hanno contribuito a cambiare il costume delle famiglie italiane. Negli Anni Sessanta, quelli del boom economico,  l’85% degli abitanti  della zona risultava occupato, ovvero 7 mila persone.
Molte aziende ormai non esistono più, o sono in  parte capitali minimi di multinazionali, un tempo la zona era la capitale del casalingo, non c'è più la Girmi grande industria che produceva piccoli elettrodomestici,  frullatori, macinacaffè, tostapane, fornetti elettrici,  prodotti per la cucina.
Anche la celebre moka con i “baffi”,  inventata da Alfonso Bialetti nel 1933, l'unica a 8 facce, la Moka dal design Art Decò, 







rivoluzionando il modo di preparare il caffè a casa, e si è  affermata  immediatamente tra i principali produttori italiani di caffettiere, simbolo del Made in Italy in tutto il mondo.
La Lagostina , era una  società leader in Italia e in Europa nella produzione di pentole a pressione e un autentico gioiello del made in Italy, fondata nel 1901 da Carlo Lagostina e il figlio Emilio, che  rilevarono una fabbrica per produrre posate in ferro stagnato; nei periodi in cui l'Italia era in guerra, la fabbrica produceva  materiale bellico per rispondere alle esigenze della Nazione, intorno al 1920, dopo la prima guerra mondiale  l'azienda iniziò a crescere,  nel 1969 divenne ancor più conosciuta grazie alla pubblicità dello storico omino  ideata da Osvaldo Cavandoli, continuando fino al 2005, anno in cui per  difficoltà finanziarie, e non per spietata concorrenza cinese, un'altro pezzo della nostra storia industriale, il successo dell' imprenditoria familiare, è stata assorbita da una multinazionale francese.

Io ricordo la pubblicità che facevano al Carosello in televisione, 
 l'omino coi baffi della moka , 



o la linea che formava un uomo della Lagostina, 


senza contare il cartoni  con i  pronipoti che ricordava la grande industria dei piccoli elettrodomestici.



Resiste la Alessi S.p.A., azienda italiana che  produce oggetti di design, fondata da Giovanni Alessi nel 1921.
Tra le maggiori aziende operanti nel settore del disegno industriale, mantiene la tradizione artigianale della lavorazione del legno e del metallo, attualmente esporta il 65% della propria produzione in 60 paesi diversi.
Grazie alla  "storia famigliare e industriale che ha  guidato il design italiano, legato agli utensili in cucina, non dimenticando la tradizione, Alberto Alessi ha ricevuto  il Premio Artusi, nel  2015 da parte del Comune di Forlimpopoli.
 A Crusinallo ,frazione di Omegna è possibile recarsi all'oulet di Alessi.



Mentre presso la ditta Ruffoni di Omegna,  le pentole in rame sono un'eccellenza del  settore,  sono "gioielli" da cucina,  la pentola Historia, alta con manici corti è il simbolo di questa attività.  Nello showroom sono tutte esposte come in un atelier, dalla più semplice alla  più  elaborata per i più esigenti.



Tutta la storia dei Ruffoni è esposta, ma nel sotterraneo c'è un museo con la storia del rame nel casalingo, dalle miniature ai vecchi pentoloni irregolari e gibollati, gli utensili di un tempo mescolati a vere e proprie chicche.
Sulle sponde del lago d'Orta, si snodano bellissimi paesi, luoghi di villeggiatura ieri come oggi.
Omegna, Orta san Giulio, ma anche le località come Pella, 




Carcegna sono da vedere.
Qui da visitare c'è il Sacro Monte di Orta,  così ci siamo avviati  su una salita corta, ma abbastanza impegnativa, (potevo anche prendere la  navetta), giunti in cima, e detto da me,  può sembrare assurdo, ma l'impressione che ho avuto è stata di tranquillità,  sarà che sto invecchiando.....
Il Sacro Monte Orta, insieme ad altri nove Sacri Monti alpini, si trovano in Lombardia e Piemonte, un'altra eccellenza quasi esclusivamente italiana, fatta eccezione per alcune zone europee.
A differenza degli altri Sacri Monti, quello di Orta è l'unico interamente dedicato ad un Santo, San Francesco, d'Assisi, è stato voluto dalla popolazione,  venne  costruito in 3 fasi, per cui seguendo lo snodarsi delle 20  cappelle ci si può rendere conto, anche dei cambiamenti degli stili architettonici  che si sono susseguiti nel tempo. I lavori della prima parte sono iniziati nel 1590 e terminati nel 1630, lo stile è quello del manierismo, nella seconda parte  che durò fino alla fine del 1700 lo stile che predominava era il barocco,  la terza fase che terminerà intorno al 1800 sarà influenzata da forme meno rigide, più reali, meno ricche.
La tradizione dei Sacri Monti e delle Viae Crucis iniziò con la costruzione del Sacro Monte di Varallo (1491), Crea (1589) e Orta (1590). 
Nel 1459 ( XV secolo), l'invasione turca in Palestina da parte di Maometto II, rendeva molto pericoloso recarsi a Gerusalemme, e se a sud c'era il potere ideologico e religioso dei musulmani, a nord iniziava la rivolta di Martin Lutero nel 1517, e dei Calvinisti in Francia.
Nel Medio Evo il pellegrinaggio era importante per chi aveva fede, era per la vita di ogni credente,  un momento di  grande partecipazione, raggiungere la Terra Santa per espiare i propri peccati e ottenere l' indulgenza divina
Per i cattolici credenti era  molto difficile poter manifestare il proprio credo. 
Tra la fine del 1400 e l’inizio del 1500, alcuni frati dell’Ordine dei Minori di San Francesco, presenti in Terra Santa dovettero  ritornare in Italia, vollero ricostruire  fedelmente  i Luoghi Santi di Palestina. 
Seguendo lo spirito francescano, vennero ricreati i luoghi Sacri di Gerusalemme con cappelle che rappresentavano gli episodi della Passione di Cristo o di San Francesco, (Orta) opere di scultori, pittori architetti, ma anche di manovalanza locale, di offerte elargite dalla popolazione. 
Sentirsi vicino alle comunità francescane, camminare, faticare per raggiungere la cima, era una metafora per arrivare  alla patria celeste.




I Sacri Monti erano vicino al popolo,  il popolo era devoto, sentiva la spiritualità, la devozione, manifestando così la propria fede. 
Lo comprese bene San Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, che dopo il concilio di Trento durato 14 anni, fece il pellegrinaggio a Varallo Sesia,  che questi erano i luoghi ideali per le popolazioni credenti.
Tutti i Sacri Monti, hanno una cosa in comune, offrire una rappresentazione quasi teatrale, 



all'interno delle cappelle, le  statue in terracotta dipinte, sono a misura d'uomo, gli affreschi decorano le volte e le pareti,




 a Orta rappresentano la vita di San Francesco, grate e cancellate in ferro battuto proteggono le opere da noi visitatori.



Nelle costruzioni, si sono susseguiti diversi architetti, scultori e pittori, Nel progetto iniziale dovevano essere  32 cappelle,  ne sono state realizzate 20, le statue che le adornano  sono in totale 376.
 Il complesso consiste in  21 cappelle, l'antico Ospizio di San Francesco, una porta monumentale ed una fontana.
Questo sacro monte è l'unico a non aver subito cambiamenti dopo il XVI secolo. Il giardino, sovrasta il lago di Orta con una magnifica vista.



Nel cantico delle creature, San Francesco, eleva la fratellanza con la natura, la sorella terra, il vento, l'aria, fratello sole  sorella luna e le stelle, fratello fuoco e il pozzo che ci accompagna all'uscita rappresenta la sorella acqua


Sull'arco di ingresso si trova una statua del santo a opera di Dionigi Bussola, l'iscrizione sul fregio dell'arco riporta la scritta "Qui in ordinate cappelle si vede la vita di Francesco, se desideri sapere  l'autore è ....l'amore".



Scendendo si giunge ad Orta San Giulio, la chiesa parrocchiale dell'Assunta domina dall'alto il borgo, tante scale ci portano giù, (Ora capisco perchè ci hanno chiesto di portare scarpe comode),


  il borgo accarezza veramente il lago,



 con i tetti in ardesia scura, i vicoli, 



 le scalette, le  ville neoclassiche con i giardini curati,


i palazzi signorili con i loggiati che si affacciano sui giardini che scendono fino al lago.



 Piazza Motta, è il salotto del lago d’Orta, sotto i portici i negozi offrono specialità locali, souvenir,  mentre  bar  e caffè offrono ristoro e  una vista piacevole sul lago. 




  Non ci sono auto,si cammina a piedi,  il pensiero  passeggiando per il borgo non può che andare  a chi di Orta e del suo lago ha scritto....
“In mezzo alle montagne c’e’ il lago d’Orta. In mezzo al lago d’Orta, ma non proprio a meta’, c’e’ l’isola di San Giulio”. Così comincia uno dei più bei racconti di Gianni Rodari, “C’era due volte il barone Lamberto”.una     storia  ambientata nei luoghi  della sua infanzia: il lago d’Orta e l’isola di San Giulio.
 Rodari, in questo racconto spiega molto bene la caratteristica che distingue il lago d'Orta dagli altri laghi alpini, così:

 Il lago d’Orta, nel quale sorge l’isola di San Giulio

e del barone Lamberto, è diverso dagli altri laghi

piemontesi e lombardi. E’ un lago che fa di testa sua.

Un originale che, invece di mandare le sue acque a

sud, come fanno disciplinatamente il Lago Maggiore,

il lago di Como e il lago di Garda, le manda a nord,

come se le volesse regalare al Monte Rosa, anziché

al mare Adriatico.

Se vi mettete a Omegna, in piazza del Municipio,

vedrete uscire dal Cusio un fiume che punta dritto

verso le Alpi. Non è un gran fiume, ma nemmeno un

ruscelletto. Si chiama Nigoglia e vuole l’articolo al

femminile: la Nigoglia.

Gli abitanti di Omegna sono molto orgogliosi di

questo fiume ribelle e vi hanno pescato un motto che

dice in dialetto:

La Nigoja la va in su

e la legg la fouma nu.

E in italiano: La Nigoglia va all’insù

e la legge la facciamo noi.

Il nostro gruppo si ritrova, dobbiamo salire sul battello, lasciamo Orta,  sulla sponda opposta c'è Pella e nel mezzo c'è l'isola  di San Giulio, nel medioevo il lago era conosciuto  come “lago di San Giulio”,  solo dal 1600 in poi  si cominciò a chiamarlo  “lago d’Orta”,
La leggenda narra che due fratelli giunti dalla Grecia,  Giulio e Giuliano,  missionari dell'imperatore  Teodosio, avevano l'unico scopo di diffondere il cristianesimo, facendo conoscere il Vangelo, e convertendo i pagani alla religione cristiana. Avevano ricevuto l'ordine  di costruire 100 chiese. Giulio decise di costruire la centesima chiesa sull'isola, chiese aiuto ai barcaioli per traghettare,  ma nessuno accettò, l'isola era infestata da rettili mostruosi.
Si rivolse  a Dio chiese di rendere impermeabile il suo mantello e così traghettò, giunto sull'isola con l'aiuto del suo bastone scacciò tutti i  serpenti.




 I barcaioli, i contadini, avevano visto il mantello trasformarsi in barca e i serpenti fuggire, raggiunsero Giulio sull'isola e iniziarono a costruire la centesima chiesa.
Scesi dal battello, una piccola scalinata 




ci porta alla basilica romana dove sotto una costola di drago riposa San Giulio, la visita prosegue, una stradina percorre tutta l'isola, viene detta la via del silenzio e della meditazione. 
raggiungiamo il Palazzo dei Vescovi, e l'Abbazia Benedettina Mater Ecclesiae,






un convento di clausura femminile, le suore risiedono in modo stabile sull'isola, l'attività primaria che svolgono è il restauro di paramenti sacri e antichi, si dedicano alla  preparazione delle ostie,  preparano il "pane di San Giulio", il dolce tipico della zona 


lo studio e la preghiera.
Molti edifici che un tempo erano le abitazione dei canonici ora sono state acquistate dai privati, Villa Tallone, è una delle più antiche e ogni anno diviene il tempio dei concerti di musica classica