il filo dei ricordi-racconti

domenica 3 gennaio 2021

SIR WINSTON CHURCHILL .


 Sir Winston Churchill(1874-1965) è stato uno statista e uno stratega di grandi capacità. Ideatore della spedizione di Anversa e dei Dardanelli e simbolo della resistenza contro la minaccia nazista,  fu due volte Primo Ministro della Gran Bretagna, dal 1940 al 1945 e dal 1951 al 1955. Di lui ci viene presentata l'immagine di uomo politico, ma aveva anche altre caratteristiche che lo hanno distinto fuori dall'ambito della politica. Infatti fu un uomo fuori dagli schemi, originale, quasi stravagante ma di grande tenacia, grande oratore e stimato pittore.



 Si ricordano i molti discorsi fatti alla popolazione inglese,  incitava la popolazione a non mollare contro l’invasione tedesca e nazista in tutta Europa. Fu un giornalista di molti articoli e reportage, uno scrittore di libri storici “La seconda Guerra Mondiale” pubblicata in 6 volumi dal 1948 al 1951, questo suo impegno nel 1953 gli valse il premio Nobel per la letteratura,  per padronanza nella descrizione storica e biografica. 



Difese con diversi interventi oratori i diritti umani, un  uomo imperscrutabile, e non sapevo che fosse stato un pittore. 
Si potrebbe pensare che avendo speso tanto tempo ed energie fisiche e mentali, data la grande responsabilità tra una guerra e l’altra, gli impegni tra un governo e un reportage giornalistico, avesse piacere di dare pace e ristoro alla propria mente, e al proprio fisico con la pittura.
 Invece che ha dipinto circa 500 opere certe, in quarantotto anni, quindi l’arte è stata per molto tempo colei che lo ha accompagnato fino alla morte.


Iniziò a dipingere a quarant’anni, nel 1914 viveva nel Surrey una contea nelle vicinanze di Londra. Durante un fine settimana ospitava nella propria casa la cognata e i nipoti, osservando la cognata che 
disegnava, prese i colori dei nipoti ed un pennello ed iniziò a dipingere, nei giorni successivi si procurò tutto il materiale occorrente e seguendo gli insegnamenti del pittore Jonn Lavery e di sua moglie iniziò da autodidatta.  Definiva la pittura come un campo di battaglia, la tela era il campo, e la pittura una battaglia da consumare.
Aveva l’impazienza dei principianti, non accettava l’idea di  non poter completare l’opera in una sola seduta, non sapeva attendere che i colori sulla tela si asciugassero, quindi tendeva a mettere materia su materia. Era la moglie  che si rendendosi conto dei suoi continui interventi,  decideva  di togliere la tela e a conservarla per qualche giorno oppure  interrompeva il lavoro del marito.


Nel 1915 pur essendo impegnato nel consiglio di guerra riuscì a trascorrere diverso tempo nello studio dell’amico Lavery,  studiando le opere di Jonn Singer Sargent, perfezionò i giochi d’acqua e acquisì una tecnica semplice e lineare.
 Iniziò quindi a spostarsi per motivi politici, o di lavoro come corrispondente di alcuni giornali, partiva munito di tele colori e cavalletti. Attraverso le  sue opere viene creato un vero e proprio diario di viaggio, i quadri della Costa Azzurra, il lago di Garda, il Mar Mediterraneo, i laghi alpini e i giochi di acqua di diversi parchi. Grazie ad uno pseudonimo, ”Charles Monrin”, espose le prime opere alla galleria Druet di Parigi,  il gennaio del 1921,  ne vendette 6. 
Con un ‘altro pseudonimo Charles Winter, sempre nel 1921, inviò diverse  tele alla Reale Accademia di Arte di Londra, che vennero accettate.
 Partecipò a dei concorsi per pittori dilettanti, in un’occasione un giurato non credeva che la sua opera “Luce del sole invernale”, fosse stata eseguita da un principiante.
 Si è sempre sentito insicuro perché non era mai stato un alunno modello, grazie alle conoscenze della moglie incontra il pittore Walter Richard Sickert, (oggi considerato come il possibile Jack lo squartatore) apprende nuove tecniche, negli anni che seguirono fino al 1935,viaggiò in Francia, in Italia, in Canada a San Francisco e a New York. Nel 1935 si reca per motivi politici in Marocco, ne rimane affascinato, in questa terra tornerà molte volte. 
 Winston Churchill ha lasciato 500 tele che si sono imposte sul mercato con ottimi profitti, sono state ricercate in Inghilterra, anche se non sono dei Monet o dei Van Gogh, sono state ben quotate e servite agli eredi di Winston per pagare le tasse di successione.
 Ha realizzato diverse vedute del zona di Bath nel Somerset, in Inghilterra. Prior Park è un’elegante casa, un edificio di stile neoclassico, perfettamente integrato con la natura e in particolare ha realizzato diversi quadri sulle acque acque limpide del fiume,  viene spesso ricordato il "The Palladian Bridge”.




 Il Ponte Palladiano è un’altra elegante architettura che sorge sulla collina che domina Prior Park, nota ed apprezzata dagli inglesi. Una delle queste versioni fu donata nel 1960 alla regina Elisabetta, che risiede ancora oggi nel Castello di Windsor. I suoi dipinti grazie ai colori vivaci, dando più intensità ai blu, ai verdi, ai gialli, riempiendo di luce e ombre le ambientazioni,  seguono lo stile impressionista. 
Fu un grande ammiratore di Manet, Monet, Cézanne, lavorava preferibilmente en-plein-air e i suoi quadri hanno dato un senso, e fermato nella storia il tempo libero del grande politico del secolo passato.


 Dipingere lo sollevava, almeno per un breve tempo, dalle incombenze e preoccupazioni della politica, ma non si può considerare una semplice distrazione,  ne l’ha usata per raggiungere obbiettivi economici o di prestigio. Dipingere per lui era il modo per migliorare la memoria e la concentrazione, tenere sotto controllo la depressione cronica che lo affliggeva da anni, il "cane nero” come la chiamava nei momenti più bui.
 Non affrontava temi duri, avrebbe potuto farlo con la distruzione che aveva lasciato la Guerra Mondiale.



Nei suoi quadri si poteva trovar la bellezza,  i particolari che trovava nei luoghi che sceglieva di rappresentare, un solo dipinto esce da questa routine, mette sulla tela una spiaggia di Dover, in una normalissima giornata di mare, dove tutti gli elementi naturali, si scambiano abitualmente ai ruoli che la natura impone.
La battigia gialla, in lontananza si percepisce l’allegria dei bagnanti, il cielo si riflette dentro l’acqua del mare, ma l’elemento che colpisce chiunque di noi lo osservi è un cannone di epoca napoleonica, uno dei tanti cannoni, che ancora oggi possiamo trovare  su quella spiaggia, che sono le sentinelle del vicino castello, questa è la spiaggia che venne attraversata da Giulio Cesare quando invase la Gran Bretagna.

Beach a Walmer

 Nel 1938 ebbe divergenze con il primo ministro inglese Chamberlain, che voleva una pacificazione con Hitler.
 Churchill riteneva il cancelliere tedesco inaffidabile, e chiedeva di fermare Hitler dopo l’annessione con l’Austria. Nemmeno un anno era passato, e i timori espressi da Winston Churchill divennero realtà. In questa tela viene dimostrata la tensione emotiva e personale dell’uomo politico, "Beach at Walmer" è il suo titolo, quadro che venne donato al principale consigliere di Churchill, durante la Seconda Guerra Mondiale.
 Nel 1943, mentre si svolgeva la Conferenza di Casablanca, dove erano presenti tutte le più importanti cariche alleate, venne pianificata la strategia per mettere fine alla guerra e alla resa senza condizioni della Germania. In questo periodo dipinse e terminò l’unico quadro che fece durante la guerra, "Tower of Koutoubia Mosque”, vi è raffigurata la più grande moschea di Marrakech, Koutoubia con il suo minareto, uno dei più belli e più antichi del mondo islamico. 
 Churchill in seguito lo donò al suo amico Franklin Delano Rooevelt, niente di meno che il Presidente degli Stati Uniti d’America, oggi da indiscrezioni sembra che l’opera sia stata acquistata da Brad Pitt.


 Nel 1946 durante un soggiorno in Svizzera, nel Canton Vaud sul lago di Lemanno, sperimenta una nuova tecnica, che gli permette di poter sovrapporre vari strati di colore senza le attese piuttosto lunghe della tecnica ad olio. Dipinge con le tempere così riesce a trovare il giusto equilibrio, con l’irruenza che lo contraddistingue. Nel 1949 ridipinge il lago di Garda, e rimase affascinato dal lago di Carezza: In realtà era tornato in Italia, per recuperare il carteggio che aveva intrapreso con Mussolini… 
Ha dedicato anche delle opere al Lago di Como nella raccolta "Italian Lake Scene".


Nel 1951 ha regalato all ’attrice americana Vivian Leigh il quadro “Rose in un vaso di vetro”,


 Winston Churchill è sempre stato innamorato dell’attrice, nonostante la donna fosse sposata con il collega Sir Laurence Olivier. Il prezzo del quadro è oggi stimato fra 70.000 e 100000 sterline per acquistarlo in euro si partirebbe da 78.800 euro a 112.674 euro. 
 Il soggetto del quadro sono le rose del giardino di Chartwell,
la residenza di campagna in cui per più di 40 anni ha vissuto Churchill, questa villa ha riunito nei suoi saloni pezzi di storia della vita politica inglese, nei periodi  precedenti la seconda Guerra Mondiale. Nel suo ufficio Winston Churchill ha tenuto discorsi e scritto libri,



ha dipinto, ed essendo riuscito ad instaurare molte relazioni sociali,  di amicizia con molti dei più importanti personaggi della politica, della cultura e dello spettacolo del suo tempo.



 Churchill e Coco Chanel

 La residenza venne acquistata nel 1922,  vennero fatti diversi interventi di ristrutturazione, terminati nel 1924. Durante il periodo bellico la casa non venne utilizzata,  in seguito nel 1946, proprio per i molti costi di manutenzione,  venne messa in vendita.
 Grazie ad una raccolta fondi istituita da un vero e proprio consorzio di amici, venne acquistata dalla National Trust, con la condizione che Winston Churchill e la moglie continuassero a vivere in quella casa finché avessero avuto vita.  Lasciò la casa  solo nel 1965, pochi giorni prima di morire, venne portato a Londra nella casa di città. Dopo la morte di Churchill, la moglie  presentò  il contratto al National Trust,  che nel 1966 aprì la casa al pubblico, i visitatori, possono visitare la casa, il suo studio, che sono rimasti come lui li ha lasciati. Oppure godersi il giardino con i muri, i laghetti che lui stesso aveva creato. Ci si può domandare, se i quadri di Winston Churchill fossero dei capolavori, ma essendo proprio l’autore ad essere modesto nei confronti di ciò che creava, non dobbiamo per forza dare un giudizio tecnico, questo lo fanno i critici, a me basta ammirare


mercoledì 18 novembre 2020

Fede Galizia

  FEDE GALIZIA




Fede Galizia, è stata una pittrice, un artista poco conosciuta, eppure una delle poche artiste donne, che nel periodo barocco si è distinta. Come tutte le pittrici dell’epoca, si è formata nella bottega paterna, erano donne e non potevano accedere a nessuna Accademia o scuola d’arte.

Il padre Nunzio Galizia, giunto a Milano da Trento, pittore, incisore, miniaturista, era noto anche in molti altri rami delle arti, era un’abile costumista, e un commerciante di ventagli e di cartografia, fece una delle vedute più precise e dettagliate della città di Milano dell’anno 1578, anno in cui nacque Fede, anche se la data non è certa.

Intorno ai 12 anni, Fede già lavorava nella bottega del padre ed era considerata un’artista formata, aveva acquisito abilità e precisione nelle incisioni e nelle miniature. Le donne pittrici, non hanno mai avuto vita facile, avevano pochissima possibilità di movimento, la loro reputazione era più importante rispetto alle loro capacità, sottostavano al controllo del padre e dei fratelli, e nel caso di committenze murali, ossia in cantiere, ad esse era vietato partecipare.

Nel 1592 incide il ritratto di Gherardo Borgogni, mentre nel 1593 incise alcune raccolte di rime.

Ha vissuto gran parte della propria vita a Milano, dove ha lavorato, ha eseguito ritratti per il padre, la madre, e per due nobildonne milanesi, che sono andati tutti perduti.


Alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano, è conservato il ritratto di Paolo Morigia, seduto al suo scrittoio.


Fede Galizia dimostra di avere non solo qualità e abilità pittoriche, ma di essere a conoscenza della storia della ritrattistica lombarda ed emiliana, riesce a sottolineare il ruolo che il soggetto dell’opera svolge nella vita realeun intellettuale colto di sorpresa, interrotto da qualcuno in un momento quotidiano, così come sono veri i lineamenti e le espressioni del viso, e i particolari degli oggetti rappresentati sul tavolo, mentre nelle lenti circolari degli occhiali, che lo storico tiene in una mano si rispecchiano le finestre della stanza.

Nel 1596 dipinse Giuditta con la testa di Oloferneessendo una perfezionista nei particolari, prestò più attenzione ai dettagli delle vesti, che alla forza emotiva e tragica della scena, con quest’ora, firmata e datata, documenta con certezza, di essere stata la prima donna pittrice ad aver dipinto soggetti religiosi, seguita poi da Lavinia Fontana e da Artemisia Gentileschi.



In quest’ora fede presta il proprio volto a Giuditta, l’autoritratto diventava una consuetudine, per auto promuoversi e reclamare la propria autonomia, in un mondo maschile, mise il proprio nome anche sulla spada che Giuditta impugna, un messaggio rivolto anche Fede nel Signore.




Fece tre versioni, con questo soggetto, tutte autografate, conservate che dimostrano quanto fosse affermata, una si trova in Florida al museo delle arti “ Ringling” di Sarasota,
una seconda a Roma, alla Galleria Borghese datata 1601


e una terza a Milano datata 1620.

Le sue Giuditte, negli abiti e capigliature ricche di particolari, ricordano come Fede abbia iniziato da miniaturista e creatrice di gioielli e abiti, nella bottega del padre.

Oltre ai ritratti, e alle scene di soggetto religioso,


 è conosciuta ai più, (pochi per la verità), per le sue Nature morte.



Più giovane di Caravaggio di 5 anni, per alcuni studiosi probabilmente venne influenzata dall’opera di Caravaggio la Canestra “


che il Cardinale Borromeo donò alla Pinacoteca Ambrosiana nel 1607, altri studiosi invece indicano che già nel 1602 Fede  si dedicava a questa rivoluzione artistica e culturale 

Resta comunque il fatto che il Cardinale Borromeo collezionava con passione opere e dipinti fiamminghi e le nature morte.

E' molto probabile che Fede Galizia abbia visitato l’Ambrosiana che sia stata molto colpita dalla Canestra, ma anche da qualche dipinto fiammingo, infatti natura morta con ciliegie, riprende anche le farfalle molto rappresentate dai pittori fiamminghi.


Nel suo catalogo generale su 63 opere 44 sono nature morte. 


In questi ultimi anni le nature morte di Fede Galizia hanno riottenuto il credito internazionale che aveva conquistato quando era in vita recentemente ad un asta  newyorkese la quotazione di una sua opera ha raggiunto quasi i due milioni di euro.

Era una donna schiva e riservata, ottenne commissioni di norma affidate solo agli uomini, ebbe un grande successo, non solo in Italia, molte delle sue opere prima del 1593 raggiunsero la corte imperiale di Rodolfo Id’Asburgo, fu autrice anche di pale d’altare, a Milano “Noli me tangere” presso la chiesa di Santo Stefano oggi conservata alla Pinacoteca di Brera, ma anche a Napoli.

Preferì dedicarsi all’arte, anziché sposarsi, morì nel 1630, in seguito all’epidemia di peste Grande, dichiarò le proprie volontà il 21 giugno 1630 e si ritiene che morì pochi giorni dopo.

Era stata allestita una mostra a Lei dedicata presso la quadreria del castello del Buon Consiglio di Trento, ma in seguito alla Pandemia da COVID 19 è rimandata al prossimo 2021. 









domenica 15 novembre 2020

firma e autoritratti

Autoritratti e firma 

Ai giorni nostri, tutto è firmato…. Gli abiti fanno parte di collezioni di stilisti vari, quasi tutti gli oggetti, dall’argento alla ceramica oggi hanno la firma di disegnatori importanti, anche nei “regali”, si fa per dire, che molti supermercati ci propinano con le tessere punti, ciotole, piatti, suppellettili vari, biancheria, appartengono a dei Brand firmati. La firma, che noi tutti sottoscriviamo con il nostro nome cognome, quando sottoscriviamo un mutuo, un prestito, un documento, oggi abbiamo la firma digitale, presso le banche, presso alcuni sportelli pubblici, la firma è il nostro modo per identificarci. E’ l’ autoattestazione della nostra presenza, con la firma noi attestiamo la volontà di  accettare o di rinunciare. 

La Firma nell’arte: Nella pittura medievale, i pittori, erano considerati degli esecutori delle arti manuali, degli artigiani che dovevano servire Dio. L'opera d'arte, non era il risultato del genio della bravura del pittore, era vista solo un mezzo per aumentare la devozione a Dio. I pittori, non essendo considerati come creatori dell'opera non la firmavano, lavoravano su commissione,e solo grazie a diversi documenti storici, alle molteplici ricerche, gli studiosi sono riusciti a risalire alle committenze e agli esecutori, nel caso in cui non si riescano a trovare documenti l’artista rimane ancora oggi anonimo. La parola artista, nel Medioevo non comprendeva i pittori, gli scultori o gli architetti, ma solo i dotti e gli intellettuali e i poeti solo queste erano considerate arti liberali e nobili. Sono esistenti però, un buon numero di opere pittoriche dove nella scene rappresentate, a seconda del genere, sacro, storico o mitologico il pittore inseriva il proprio autoritratto. Vengono definiti autoritratti “ambientali o situati”, altri studiosi moderni l’hanno definita una “autoproiezione contestuale”, un modo minore per dichiarare di essere l’artefice dell’opera. Questa pratica risale all’antichità, dove però, era considerato un gesto di arroganza e presunzione, che non poteva essere giustificato, tanto che chi osava veniva destinato all’esilio. 
In alcuni edifici sacri è possibile trovare dei bassorilievi e dei busti, che non raffigurano totalmente il viso, però ricordano certamente le fattezze fisionomiche dell’artista. Ci sono poi le miniature, dove molto spesso venivano rappresentate le funzioni che svolgevano, uno tra i più conosciuti autoritratti è quello del monaco Rufillus di Weissenau, miniatore del 1200 che ha rappresentato se stesso mentre ultimava un capolettera.
 

Questi meccanismi hanno la funzione di firma, certificano velatamente di chi sia la paternità dell’opera, oltre a lasciare ai posteri la testimonianza di se. E’ una legittimità velata poco visibile, a volte solo citata con un “me fecit” (fatto da me). E’ possibile suddividere in gruppi queste rappresentazioni L’autore mascherato: è il pittore che recita un ruolo presente nella storia che sta raffigurando, compare molto spesso in posizioni a margini o laterali dell’opera, è riconoscibile per alcuni indizi, volge lo sguardo verso lo spettatore, ha caratteri che si riconoscono alla propria fisionomia. Si rappresentano spesso come spettatori o testimoni di un evento al quale non avrebbero potuto prendere parte, perché sono rappresentazioni o narrazioni di eventi biblici, sacri o mitologici, appartenenti ad epoche storiche antecedenti alla nascita dell’artista, quindi diventano spettatori di ciò che stanno narrando in un epoca in cui non erano ancora nati. Un esempio su tutti è Giotto, nato nel 1267 e morto nel 1337, secondo il Vasari ha riprodotto il proprio autoritratto, più volte all’interno di narrazioni corali: al Castello Nuovo di Napoli, a Gaeta in alcune scene del Nuovo Testamento, mentre a Firenze nella Cappella del palazzo del Podestà, Giotto si sarebbe ritratto accanto a Dante Alighieri. Nel 1306, Giotto lavora alla decorazione del Giudizio Universale della Cappella degli Scrovegni egli rappresenta Enrico Scrovegni che dona la cappella al Signore in segno di perdono dei peccati e tra la folla di profilo appare un autoritratto di Giotto, nella schiera dei beati.


 Anche Angelo Gaddi, si rappresenta di profilo nel suo affresco “il trionfo della Croce, nella Cappella Maggiore della Basilica di Santa Croce a Firenze



Ma è nel 1400 che i pittori danno una svolta, le firme degli artisti attraverso l’autoritratto si diffusero, era il modo per differenziarsi dalle tante botteghe, per onorare e differenziare il proprio talento da quello dei colleghi. Gli artisti diventano interpreti, un nuovo ruolo, anche se non inseriscono una propria firma, qualcosa di molto simile, potrebbe essere un omaggio, una dedica ad una amata, o il proprio autoritratto, senza dover pagare lo scotto davanti al committente, diviene altresì un motivo di vanto sia per l’uno che per l’altro. I committenti erano solitamente Papi molto ricchi e potenti, famiglie nobili e ricche, era un dato di fatto che i ricchi andassero a messa, che si scambiassero visite nei palazzi e nei monasteri, quindi, mettere il proprio autoritratto era come presentare una sorta di carta di identità, non tanto per presentare se stesso, ma per legare la bellezza dell’opera alle proprie capacità, una pubblicità velata. Mettere la propria firma sui dipinti prodotti, accompagnandola spesso col proprio autoritratto, è un modo di promuoversi attirando in questo modo l’attenzione, oltre che sull’opera, anche sul suo autore, il quale esibiva e confermava il proprio status sociale e culturale.
 Questo è il periodo in cui il pittore, diventa consapevole dell’importanza della propria arte e del suo ruolo come individuo nella società.
Botticelli per esempio, appare in un quadro destinato alla famiglia Medici,

                                             Botticelli adorazione dei magi

nella Cappella Sistina, Michelangelo offre il proprio ritratto nella pelle di San Bartolomeo,



 un ‘altro autoritratto di Michelangelo è stato scoperto nel 2009 nell’affresco della Crocefissione di San Pietro nella Cappella Paolina al Vaticano, mentre nel 2016, è stato scoperto un autoritratto di Michelangelo, ultimo solo in ordine di tempo, difficile da vedere, dipinto di profilo nella parte posteriore del velo delle Vergine Maria, un profilo triste e pensoso un accostamento alla Madonna come di un uomo, quasi a termine della propria vita





 Il Ghirlandaio si è autoritratto proprio al centro nella “Adorazione dei Magi degli innocenti “proprio al centro.


 Filippo Lippi,


 Piero della Francesca, che fu anche un prestigioso matematico, 


Leonardo da Vinci fu uno scienziato.
 Il loro prestigio si accrebbe notevolmente, permettendo all’artista del Rinascimento, di conquistare una posizione sociale di tutto rispetto. Andrea Mantegna, fu uno dei più singolari e sofisticati casi di firma figurativa presente in diverse occasioni, come ad esempio nel ciclo di affreschi della cappella Ovetari della chiesa degli Eremitani a Padova del 1450, nella Presentazione al Tempio del 1454 e nella Camera degli sposi o Camera Picta realizzata nel Castello di San Giorgio di Mantova tra il 1465 e il 1474. Molti studiosi sono concordi nel considerare la Presentazione al Tempio, conservata a Berlino, un quadro votivo e pertanto destinato alla sfera privata, dipinto da Mantegna dopo la nascita del suo primogenito. Nelle due figure poste alle estremità ,si riconoscere l’autoritratto del pittore e il ritratto della moglie, senza aureole.


 Andrea Mantegna sapeva ben mimetizzare il proprio viso, era molto abile a nascondere volti nelle nuvole vaporose, per esempio nella” Minerva che scaccia i vizi dal giardino delle virtù” o nella “Camera degli sposi” nella nuvola vicino al vaso si trova un profilo umano, forse l’autoritratto dell’artista mascherato, ma non basta perché proprio in questa stanza, nascosto nel fogliame del finto pilastro si può vedere il ritratto del pittore monocromo nascosto tra le foglie, è la testimonianza di un autore di rappresentare la propria opera. 



Raffaello in più occasioni ha ambientato il proprio ritratto all’interno di diverse opere La " Messa di Bolsena",


 ma il più famoso è quello che ha collocato dentro l’affresco nella “Scuola di Atene”, Raffaello ha collocato il proprio viso tra la folla di filosofi matematici e astronomi, quindi tra “ gli artisti” questo era un modo con cui gli artigiani diventano parte della cerchia dei dotti e le arti manuali o meccaniche, se non confermate pubblicamente, in questo modo prendevano parte al gruppo delle arti liberali. Raffaello era un genio sottile, tanto da lasciare le proprie iniziali sulla scollatura di Euclide, il personaggio chinato su una tavoletta intento a tracciare una figura geometrica con il compasso.


 Ma è Caravaggio che da un’ altro senso alla firma che mette nelle sue opere, nei volti cui il Caravaggio inserisce le proprie fattezze si legge una forza, una verità di espressione, la disperazione e lo stupore e legati al proprio drammatico percorso personale.




 Alcuni poi mimetizzavano le proprie firme con scritture o immagini che sembravano dei veri e propri rebus. 
Il Ritratto dei coniugi Arnolfini del pittore fiammingo Jan van Eyck, realizzato nel 1434, in fondo alla camera, è rappresentato uno specchio convesso che riflette lo stesso artista nell'atto del ritrarre la coppia, sopra, sul muro, è scritto chiaramente il nome “Jan von Eyck fu qui” con la data.




 In altri casi l’Autore -Visitatore: 
l'autore è esterno alla scena, rivelando però la propria funzione di artefice dell'opera.
 Lo si comprende dallo sguardo, dalla posizione, dall’abbigliamento, e si rappresenta come un estraneo, che appartiene ad un altro periodo temporale, Durer sfruttò questo stratagemma nascondendo spesso il proprio autoritratto dentro le proprie opere e intorno a questa presenza, inseriva cartigli o bandierine con scritto il proprio nome, a volte anche l’anno di realizzazione.
 Ne è un esempio “il martirio dei diecimila” in mezzo a crocefissioni, decapitazioni, morti compare l’autoritratto del pittore con gli abiti del proprio tempo, l’impressione è che passeggi, con un’amico che regge una bandierina dove sono inseriti l’anno di produzione e il nome del pittore tutto questo volgendo lo sguardo verso lo spettatore.


 Albrecht Durer, fu un grandissimo imprenditore di se stesso, chiese e ottenne dal proprio imperatore la possibilità di avere un suo vero e proprio marchio (AD),

                               adorazione della S:S Trinità Durer

per proteggere la paternità di diverse sue opere dalla contraffazione, tanto da giungere in tribunale a Norimberga e a Venezia e ottenere la sigla sulle opere contraffatte come “dopo Durer”.

Diversi sono gli autoritratti di Van Gogh che ha eseguito ben 37 autoritratti, raramente volge il suo sguardo verso lo spettatore, egli pone lo sguardo altrove...
Sono dipinti diversi, a volte con la barba


 a volte senza, alcuni con forti intensità di colori, autoritratti lo rappresentano bendato,


 dopo l’episodio in cui si era tagliato l’orecchio, nell’ultimo periodo della sua vita non dipinse nessun autoritratto, si era di nuovo dedicato alla natura. La fine di settembre del 1889, dipinse l’ultimo autoritratto della sua vita “l’autoritratto senza barba”,


 era il regalo di compleanno per la madre, è uno dei dipinti più costosi di tutti i tempi, venduto a New York per 71,5 milioni di dollari. Per il povero Van Gogh che ha vissuto di stenti, tutta la vita una magra soddisfazione postuma. Quindi non era certo la vanità, che spingeva questi artisti nel corso dei secoli, ma la voglia di riconoscimento delle proprie capacità e del proprio ruolo come artista e come cittadino, niente a che vedere con l’immagine falsata che in tempi moderni vogliamo inviare.