Autoritratti e firma
Ai giorni nostri, tutto è firmato…. Gli abiti fanno parte
di collezioni di stilisti vari, quasi tutti gli oggetti, dall’argento alla
ceramica oggi hanno la firma di disegnatori importanti, anche nei “regali”, si
fa per dire, che molti supermercati ci propinano con le tessere punti, ciotole,
piatti, suppellettili vari, biancheria, appartengono a dei Brand firmati. La
firma, che noi tutti sottoscriviamo con il nostro nome cognome, quando
sottoscriviamo un mutuo, un prestito, un documento, oggi abbiamo la firma
digitale, presso le banche, presso alcuni sportelli pubblici, la firma è il
nostro modo per identificarci. E’ l’ autoattestazione della nostra presenza, con
la firma noi attestiamo la volontà di accettare o di rinunciare.
La Firma
nell’arte: Nella pittura medievale, i pittori, erano considerati degli esecutori
delle arti manuali, degli artigiani che dovevano servire Dio. L'opera d'arte,
non era il risultato del genio della bravura del pittore, era vista solo un
mezzo per aumentare la devozione a Dio. I pittori, non essendo considerati come
creatori dell'opera non la firmavano, lavoravano su commissione,e solo grazie a
diversi documenti storici, alle molteplici ricerche, gli studiosi sono riusciti
a risalire alle committenze e agli esecutori, nel caso in cui non si riescano a
trovare documenti l’artista rimane ancora oggi anonimo. La parola artista, nel
Medioevo non comprendeva i pittori, gli scultori o gli architetti, ma solo i
dotti e gli intellettuali e i poeti solo queste erano considerate arti liberali
e nobili. Sono esistenti però, un buon numero di opere pittoriche dove nella
scene rappresentate, a seconda del genere, sacro, storico o mitologico il
pittore inseriva il proprio autoritratto. Vengono definiti autoritratti
“ambientali o situati”, altri studiosi moderni l’hanno definita una
“autoproiezione contestuale”, un modo minore per dichiarare di essere l’artefice
dell’opera. Questa pratica risale all’antichità, dove però, era considerato un
gesto di arroganza e presunzione, che non poteva essere giustificato, tanto che
chi osava veniva destinato all’esilio.
In alcuni edifici sacri è possibile
trovare dei bassorilievi e dei busti, che non raffigurano totalmente il viso,
però ricordano certamente le fattezze fisionomiche dell’artista. Ci sono poi le
miniature, dove molto spesso venivano rappresentate le funzioni che svolgevano,
uno tra i più conosciuti autoritratti è quello del monaco Rufillus di Weissenau,
miniatore del 1200 che ha rappresentato se stesso mentre ultimava un
capolettera.
Questi meccanismi hanno la funzione di firma, certificano velatamente di chi sia la paternità dell’opera, oltre a
lasciare ai posteri la testimonianza di se. E’ una legittimità velata poco
visibile, a volte solo citata con un “me fecit” (fatto da me). E’ possibile
suddividere in gruppi queste rappresentazioni L’autore mascherato: è il pittore
che recita un ruolo presente nella storia che sta raffigurando, compare molto
spesso in posizioni a margini o laterali dell’opera, è riconoscibile per alcuni
indizi, volge lo sguardo verso lo spettatore, ha caratteri che si riconoscono
alla propria fisionomia. Si rappresentano spesso come spettatori o testimoni di
un evento al quale non avrebbero potuto prendere parte, perché sono
rappresentazioni o narrazioni di eventi biblici, sacri o mitologici,
appartenenti ad epoche storiche antecedenti alla nascita dell’artista, quindi
diventano spettatori di ciò che stanno narrando in un epoca in cui non erano
ancora nati. Un esempio su tutti è Giotto, nato nel 1267 e morto nel 1337,
secondo il Vasari ha riprodotto il proprio autoritratto, più volte all’interno
di narrazioni corali: al Castello Nuovo di Napoli, a Gaeta in alcune scene del
Nuovo Testamento, mentre a Firenze nella Cappella del palazzo del Podestà,
Giotto si sarebbe ritratto accanto a Dante Alighieri. Nel 1306, Giotto lavora
alla decorazione del Giudizio Universale della Cappella degli Scrovegni egli
rappresenta Enrico Scrovegni che dona la cappella al Signore in segno di perdono
dei peccati e tra la folla di profilo appare un autoritratto di Giotto, nella
schiera dei beati.
Anche Angelo Gaddi, si rappresenta di profilo nel suo
affresco “il trionfo della Croce, nella Cappella Maggiore della Basilica di
Santa Croce a Firenze
Ma è nel 1400 che i pittori danno una svolta, le firme
degli artisti attraverso l’autoritratto si diffusero, era il modo per
differenziarsi dalle tante botteghe, per onorare e differenziare il proprio
talento da quello dei colleghi. Gli artisti diventano interpreti, un nuovo
ruolo, anche se non inseriscono una propria firma, qualcosa di molto simile,
potrebbe essere un omaggio, una dedica ad una amata, o il proprio
autoritratto, senza dover pagare lo scotto davanti al committente, diviene
altresì un motivo di vanto sia per l’uno che per l’altro. I committenti erano
solitamente Papi molto ricchi e potenti, famiglie nobili e ricche, era un dato
di fatto che i ricchi andassero a messa, che si scambiassero visite nei palazzi e
nei monasteri, quindi, mettere il proprio autoritratto era come presentare una
sorta di carta di identità, non tanto per presentare se stesso, ma per legare la
bellezza dell’opera alle proprie capacità, una pubblicità velata. Mettere la
propria firma sui dipinti prodotti, accompagnandola spesso col proprio
autoritratto, è un modo di promuoversi attirando in questo modo l’attenzione,
oltre che sull’opera, anche sul suo autore, il quale esibiva e confermava il
proprio status sociale e culturale.
Questo è il periodo in cui il pittore,
diventa consapevole dell’importanza della propria arte e del suo ruolo come
individuo nella società.
Botticelli per esempio, appare in un quadro destinato
alla famiglia Medici,
Botticelli adorazione dei magi
nella Cappella Sistina,
Michelangelo offre il proprio ritratto nella pelle di San Bartolomeo,
un ‘altro
autoritratto di Michelangelo è stato scoperto nel 2009 nell’affresco della
Crocefissione di San Pietro nella Cappella Paolina al Vaticano, mentre nel 2016,
è stato scoperto un autoritratto di Michelangelo, ultimo solo in ordine di
tempo, difficile da vedere, dipinto di profilo nella parte posteriore del velo
delle Vergine Maria, un profilo triste e pensoso un accostamento alla Madonna
come di un uomo, quasi a termine della propria vita
Il Ghirlandaio si è
autoritratto proprio al centro nella “Adorazione dei Magi degli innocenti
“proprio al centro.
Piero della Francesca, che fu anche un
prestigioso matematico,
Leonardo da Vinci fu uno scienziato. Il loro prestigio
si accrebbe notevolmente, permettendo all’artista del Rinascimento, di
conquistare una posizione sociale di tutto rispetto. Andrea Mantegna, fu uno dei
più singolari e sofisticati casi di firma figurativa presente in diverse
occasioni, come ad esempio nel ciclo di affreschi della cappella Ovetari della
chiesa degli Eremitani a Padova del 1450, nella Presentazione al Tempio del 1454
e nella Camera degli sposi o Camera Picta realizzata nel Castello di San Giorgio
di Mantova tra il 1465 e il 1474. Molti studiosi sono concordi nel considerare
la Presentazione al Tempio, conservata a Berlino, un quadro votivo e pertanto
destinato alla sfera privata, dipinto da Mantegna dopo la nascita del suo
primogenito. Nelle due figure poste alle estremità ,si riconoscere
l’autoritratto del pittore e il ritratto della moglie, senza aureole.
Andrea
Mantegna sapeva ben mimetizzare il proprio viso, era molto abile a nascondere
volti nelle nuvole vaporose, per esempio nella” Minerva che scaccia i vizi dal
giardino delle virtù” o nella “Camera degli sposi” nella nuvola vicino al vaso
si trova un profilo umano, forse l’autoritratto dell’artista mascherato, ma non
basta perché proprio in questa stanza, nascosto nel fogliame del finto pilastro
si può vedere il ritratto del pittore monocromo nascosto tra le foglie, è la
testimonianza di un autore di rappresentare la propria opera.
Raffaello in più
occasioni ha ambientato il proprio ritratto all’interno di diverse opere La " Messa di Bolsena",
ma il più famoso è quello che ha collocato dentro l’affresco
nella “Scuola di Atene”, Raffaello ha collocato il proprio viso tra la folla di
filosofi matematici e astronomi, quindi tra “ gli artisti” questo era un modo
con cui gli artigiani diventano parte della cerchia dei dotti e le arti manuali
o meccaniche, se non confermate pubblicamente, in questo modo prendevano parte
al gruppo delle arti liberali. Raffaello era un genio sottile, tanto da lasciare
le proprie iniziali sulla scollatura di Euclide, il personaggio chinato su una
tavoletta intento a tracciare una figura geometrica con il compasso.
Ma è
Caravaggio che da un’ altro senso alla firma che mette nelle sue opere, nei
volti cui il Caravaggio inserisce le proprie fattezze si legge una forza, una
verità di espressione, la disperazione e lo stupore e legati al proprio
drammatico percorso personale.
Alcuni poi mimetizzavano le proprie firme con
scritture o immagini che sembravano dei veri e propri rebus. Il Ritratto dei
coniugi Arnolfini del pittore fiammingo Jan van Eyck, realizzato nel 1434, in
fondo alla camera, è rappresentato uno specchio convesso che riflette lo stesso
artista nell'atto del ritrarre la coppia, sopra, sul muro, è scritto chiaramente
il nome “Jan von Eyck fu qui” con la data.
In altri casi l’Autore -Visitatore: l'autore è esterno alla scena, rivelando però la propria funzione di artefice
dell'opera.
Lo si comprende dallo sguardo, dalla posizione, dall’abbigliamento,
e si rappresenta come un estraneo, che appartiene ad un altro periodo temporale, Durer sfruttò questo stratagemma nascondendo spesso il proprio autoritratto
dentro le proprie opere e intorno a questa presenza, inseriva cartigli o
bandierine con scritto il proprio nome, a volte anche l’anno di realizzazione.
Ne è un esempio “il martirio dei diecimila” in mezzo a crocefissioni,
decapitazioni, morti compare l’autoritratto del pittore con gli abiti del
proprio tempo, l’impressione è che passeggi, con un’amico che regge una
bandierina dove sono inseriti l’anno di produzione e il nome del pittore tutto
questo volgendo lo sguardo verso lo spettatore.
Albrecht Durer, fu un
grandissimo imprenditore di se stesso, chiese e ottenne dal proprio imperatore
la possibilità di avere un suo vero e proprio marchio (AD),
adorazione della S:S Trinità Durer
per proteggere la
paternità di diverse sue opere dalla contraffazione, tanto da giungere in
tribunale a Norimberga e a Venezia e ottenere la sigla sulle opere contraffatte
come “dopo Durer”.
Diversi sono gli autoritratti di Van Gogh che ha eseguito ben
37 autoritratti, raramente volge il suo sguardo verso lo spettatore, egli pone
lo sguardo altrove...
Sono dipinti diversi, a volte con la barba
a volte senza,
alcuni con forti intensità di colori, autoritratti lo rappresentano bendato,
dopo l’episodio in cui si era tagliato l’orecchio, nell’ultimo periodo della sua
vita non dipinse nessun autoritratto, si era di nuovo dedicato alla natura. La
fine di settembre del 1889, dipinse l’ultimo autoritratto della sua vita
“l’autoritratto senza barba”,
era il regalo di compleanno per la madre, è uno
dei dipinti più costosi di tutti i tempi, venduto a New York per 71,5 milioni di
dollari. Per il povero Van Gogh che ha vissuto di stenti, tutta la vita una
magra soddisfazione postuma. Quindi non era certo la vanità, che spingeva questi
artisti nel corso dei secoli, ma la voglia di riconoscimento delle proprie
capacità e del proprio ruolo come artista e come cittadino, niente a che vedere
con l’immagine falsata che in tempi moderni vogliamo inviare.