il filo dei ricordi-racconti

lunedì 6 ottobre 2014

IL Castel di Vezio

IL CASTELLO DI VEZIO


Siam partiti di buon'ora, perchè sapevamo che per queste strade sarebbe passato il Giro di Lombardia, infatti durante il percorso, gli addetti del giro iniziavano a mettere i cartelli indicativi dei km.
Vediamo il lago di Pusiano, alla nostra destra, con tanti sportivi che fanno jogging, sulla pista ciclo pedonale a bordo lago, percorriamo la strada e troviamo il lago di Oggiono, ma il nostro percorso continua, iniziamo a salire, facciamo una piccola deviazione ad Abbadia Lariana, una chiesa imponente ci da il benvenuto. 



Ci fermiamo a fare colazione, poi riprendiamo la strada, chiediamo indicazioni ad un signore, che ci invita a continuare ancora un po' con l'auto, dice che troveremo un'altro posteggio, ora i turisti sono diminuiti. Così facciamo, continuiamo ancora un po' dopo aver posteggiato l'auto, troviamo il paese di Vezio, abbarbicato sul colle, i vicoli in pietra stretti,


 le balconate decorate, chiuse dai vetri per sfruttare il più possibile il tepore e lo spazio, 

una signora che dalla sua finestra, senza parlare, ma solo con i cenni, ci indica nuovamente la strada, si lascia fotografare, sorride, proprio dietro ad un angolo troviamo le indicazioni, ci portano senza alcuna fatica alla nostra meta.

La chiesa dedicata S: Antonio, non è visitabile, ci sono in atto lavori di restauro, ma proprio di fronte c'è il cimitero, uno dei più piccoli d'italia, scampato all'obbligo napoleonico, di allontanare i cimiteri dal nucleo abitato, poche le tombe come pochi sono gli abitanti di questo paesino, che durante la stagione invernale, non supera la cifra di cinquanta persone.



Acquistiamo il biglietto, per poter visitare il castello di Vezio, subito alla nostra destra, troviamo una gabbia, all'interno uno degli animali presenti, nel centro di cura e addestramento dei rapaci, un fantastico gufo reale di nome Artù.


Il viale in ghiaia, che costeggia il lato nord del castello, con statue in legno di un artista locale, ci invita al percorso, superiamo un cancello, e davanti ai nostri occhi, si apre un panorama che ci lascia veramente senza parole, il nostro lago si apre in uno scenario che poche altre volte ho visto.


La giornata non è delle migliori, ma è comunque uno spettacolo bellissimo e inaspettato, siamo a strapiombo su Varenna, lo sguardo si alza sul lago di Como, tagliato dalla penisola di Bellagio in due rami.


Alla nostra sinistra troviamo il ramo del lago di Lecco e proprio diritto davanti ai nostri occhi il ramo del lago di Como. In lontananza si vede un'isola che sembrerebbe l'Isola Comacina, discutiamo un po' e poi attraverso le indicazioni che abbiamo sul foglio d'ingresso, scopriamo che è la penisola di Ossuccio.


Ancora una scalinata fiancheggiata da aiuole di erbe aromatiche e qui nel giardino degli ulivi, per la gioia di Riccardo, i rapaci stanno ancora dormendo sopra i loro trespoli, solo un barbagianni, appena ci ha notati, è sceso nascondendosi dietro al tronco dell' albero, siamo riusciti a fotografarli da lontano per non infastidirli. Sono due poiane di Harris, una pojana ferruginosa, e un falco lanario.







Un corridoio in ghiaia delimitato dal parapetto consente di girare intorno al giardino e di osservare ancora il panorama.




Nelle giornate calde il falconiere, in abiti medioevali, consente ai visitatori di assistere alle fasi di addestramento e alle esibizioni in volo, e permette così di poter fare foto particolari a tutti i visitatori.
E' presto, per il momento c'è pochissima gente ....Attraverso un portone entriamo nell'antica fortezza medioevale, davanti a noi una torretta mette in bella mostra parti di armature e di armi.



Come ogni castello, che si rispetti, ha i suoi fantasmi, delicate sculture bianche, fatte di garza e gesso, che vengono realizzate con l'aiuto dei turisti, i quali volontariamente, si mettono in posa stando immobili, per circa 20 minuti, le sculture poi vengono sfilate e lasciate sul luogo finche le nevicate invernali non le distruggeranno.





Nel cortile troviamo totem di legno e ceramica,




 giriamo intorno e proprio alla nostra destra una scala in sasso ci conduce sul ponte levatoio,



 lo attraversiamo, entriamo nella torre difensiva, dove è stata allestita la mostra permanente sul Lariosauro,



 calchi dei vari esemplari trovati nella zona di Perledo e del monte San giorgio in Svizzera, ci raccontano la storia di questo rettile acquatico, ormai estinto, che viveva in queste zone milioni di anni fa.
Attraverso diversi scalini siamo giunti in cima, se da sotto il panorama ci è sembrato molto bello, da quassù, in una giornata più limpida, deve essere ineguagliabile, si può spaziare con lo sguardo a 360°.



La montagna che si alza, dietro il lato nord del castello, ha una vegetazione pressoche alpina, pini, larici,castagni, noccioli, pungitopo, agrifogli.




Mentre il lato che dal lago, sale verso il castello, e il paese, è circondato da una vegetazione mediterranea, tipica dei luoghi dove la temperatura è mite: olivi, agavi, rosmarini, palme e piante grasse.




Il lago influisce sul clima lariano, e consente la crescita di specie vegetali che solitamente si trovano nelle zone del sud, siamo infatti in mezzo ad un uliveto, forse il più a nord del mondo, che produce un olio extravergine di qualità superiore, caratterizzato da una bassissima acidità, raccolto e spremuto, in modo tradizionale dai due unici frantoi che ci sono sul lago, gli è stata riconosciuta la denominazione d'origine protetta d.o.p "Laghi Lombardi Lario", ed ha vinto numerosi concorsi.


Ritornati nel giardino degli ulivi, un sentiero che porta alla parte sud del castello, conduce ai sotterranei di un avamposto, della linea difensiva Cadorna. Costruito durante la prima guerra mondiale, per contrastare una possibile invasione tedesca, era un osservatorio scavato nella roccia, situato in posizione strategica, con moltissime feritoie che consentivano un'ottima visibilità sulle zone sottostanti.


Il nostro percorso di visita è terminato, la sosta alla biglietteria/bar per un caffè, delle cartoline, e non poteva certo mancare una bottiglia di buon olio.
Sapevo che era bello, non mi aspettavo un panorama così superbo, è stata davvero una sorpresa stupenda.



martedì 30 settembre 2014

Como e la mostra

COMO E LA MOSTRA

Ho iniziato ad andar per mostre proprio nella mia città, nella cornice di Villa Olmo, villa neoclassica dove durante la storia sono stati ospiti personaggi importanti: Napoleone Bonaparte, gli imperatori d'Austria Francesco Ferdinando I e Maria Carolina, il generale Radesky e Giuseppe Garibaldi. Ora è un centro espositivo, rassegne d'arte importanti, ogni anno un pittore, da Mirò, Picasso, Magritte, Rubens, Le icone russe, la dinastia dei Bruegel,ora con il cambio di amministrazione comunale, la scelta, già dall'anno scorso, è di proporre un percorso dove l'architettura di una città diventa soggetto e progetto.
Con la mostra "città nuova oltre Sant'Elia", del 2013, sono state esposte più di 100 opere, alcune delle quali inedite, tra dipinti, disegni, modelli, filmati, installazioni di artisti, architetti, registi, quali Antonio Sant’Elia, Umberto Boccioni, Fernand Léger, Mario Sironi, Le Corbusier, Frank Lloyd Wright, e altri. .....Fonte web
Devo dire che le ho considerate esposizioni di nicchia, spiegate molto bene, ma adatta ad un pubblico preparato, o amante del futurismo, sono uscita dalle mostre con la sensazione di un vuoto.
Le opere di Sant' Elia rappresentano grattacieli monolitici ed enormi con terrazzi, ponti e passerelle aeree. Da un suo disegno è nato a Como il Sacrario, monumento ai caduti, la maggior parte dei suoi progetti non è stata realizzata ma il suo modo di vedere una città ha influenzato molti architetti e disegnatori, sua è stata l'idea di esporre gli ascensori sulle facciate degli edifici e i suoi disegni sulla città nuova hanno ispirato il regista Fritz Lang, che ha inserito le sue architetture nel film Metropolis
Quest'anno il progetto continua e propone 60 opere, che percorrono 100 anni della nostra storia artistica, sociale e culturale, fino alla fine dell'800, i soggetti dei nostri quadri rappresentavano visioni panoramiche naturali, poi con avvento del futurismo la città, più che rappresentata viene inventata.
Dal manifesro dei futuristi del 1909,
" La città sarà un concentrato dinamico di forze vitali,che aggrediscono il paesaggio. Questi sono pensieri di quello che dovrà essere una realtà che ancora non esiste e che non ha ancora avuto modo di essere rappresentata".
Così dal 1900 fino ai giorni nostri i pittori futuristi rappresentano una città con un ventaglio di stili, tra ragionamenti analitici, e sogni visionari, e disagi esistenziali rappresentati in modo vario.
Boccioni,


 nel primo settore, rappresenta la città, con le ciminiere in lontananza, mantenendo ancora le radici alla terra, nel quadro non vengono rappresentati i monumenti, evidente segno che la città del futuro si sviluppa al di fuori dei centri storici, espandendosi nelle periferie, il segno della moderna industria che avvolge sia il territorio, che l'energia di una vita semplice e rurale, per questo sono opere che rendono viva una città, sembra di sentire il rumore, di percepire il movimento.

Con l'espressione futurismo metafisico, De Chirico, ne è il maggior rappresentante, sembra che voglia esaltare la classicità della pittura esasperando  il ruolo del tempo attraverso il futuro fino a che diventi quasi irreale, come se l'uomo non vedesse più solo con lo sguardo ma anche con la mente, come se vivesse al di fuori della realtà.


Balla,




 Depero, 



folla ai treni sotterranei



e Boccioni, 

la strada entra in casa 

città che sale 


Sironi 




continuano a rappresentare la città in modo meccanico, sembra che il tema della città inghiotta a seconda della veduta dei diversi artisti tutto e il contrario di tutto, la tradizione architettonica lascia spazio a figure geometriche rappresentate e unite con meccanismi fino a creare opere d'arte totali, capace di riunire i diversi elementi di una ricerca artistica, partendo dalla pittura fino a realizzare sculture attraverso l'uso di materiali poveri, cartoni, vetri, fili scartati da impianti elettrici o idraulici.

Poi si passa alla aereopittura,


per rappresentare una visione diversa della città, la sensazione che ne ho avuto e che qualcosa o qualcuno stesse per precipitare.

Chiude il percorso del novecento la visione futuristica ma romantica e nostalgica, ma anche critica di Guttuso








e Salvatore Fiume 


città di statue



fino ai giorni nostri dove la città viene rappresentata attraverso fotografie che non sono solo il testimone,ma l'interpretazione personale di un luogo attraverso il futuro e la realtà.
Il futuro si contrappone alla realtà, la fantasia ai confini stabiliti, alle rotture brusche di una città diversa, dove la periferia delle varie città viene rappresentata come luoghi di solitudine e grigiume, per giungere all'immagine di crisi della città attuale.
Davanti ad un percorso di opere di notevole importanza, alcune venivano presentate per la prima volta, come "la città che avanza" di Giacomo Balla,


o la scultura fatta da Pomodoro espressamente per questo evento.



I nomi importanti dell'arte che in questo percorso si sono susseguiti, malgrado tutto questo, sono uscita con la testa piena di parole, futurismo, astrattismo, visioni superiori, entusiasmo, resistenze culturali, energia ottimistica.
Ho visto officine appese alle nuvole, e ponti simili a degli enormi giganti, chiavi inglesi e catene.
Mi è mancato lo sguardo di un bambino, l'immagine  di una madre che allatta, di una donna che balla con il proprio compagno, del mare in tempesta, o di un prato pieno di papaveri....
Mi  è mancato il calore che di solito mi da un quadro....



giovedì 18 settembre 2014

Mary Cassat

Mary Cassatt:
Quando vado ad una mostra, oppure ho la possibilità di visitare un museo, c'è sempre un quadro che mi colpisce più di altri, spiegarne il perchè è difficile , torno a casa, nella mente ho quell'immagine, e mi informo, ancora una volta sulla storia del personaggio. Questa artista tanto mi ha affascinata, da immaginarla così:

Scese dal treno, minuta, ma austera, fiera nel portamento,con il suo intercedere deciso, la si distingueva fra tante....
Era finalmente giunta a Parigi.
Donna di classe, cresciuta in una famiglia della borghesia americana, i modi educati, la cultura acquisita durante l'infanzia, i viaggi per le città europee, le lingue straniere scritte e parlate, un bagaglio di cultura non indifferente per una donna. Era nata nel 1844, secolo in cui esser donna non era facile, per Mary è stato molto più difficile.



Era pur sempre la figlia femmina, in una famiglia borghese, con l'ardire di voler apprendere le tecniche artistiche e di farne la propria professione.
Il padre avrebbe preferito una signorina aggraziata, con meno idee liberali, mentre la madre l'ha sempre appoggiata.
A quindici anni si è iscritta ad un corso alla Pennsylvania Accademy of the fine Art, che frequenta per tutta la durata della guerra di secessione, insofferente ai ritmi e alla supponenza degli artisti di sesso maschile, per l'atteggiamento nei suoi confronti, abbandona il corso e decise di studiare da sola.
Ulteriormente decisa ad ampliare i suoi studi si trasferisce con la madre e alcune amiche a Parigi, non può iscriversi alla Scuola delle belle arti, era proibito alle donne esserne ammesse, prende lezioni private, ed essendo riuscita ad ottenere il permesso, si esercita copiando le tele esposte al Museo del Louvre, dove riesce a intrecciare amicizie, visto che alle donne era proibito frequentare i caffè, dove solitamente gli artisti maschi si riunivano.
Continua a studiare sotto la guida di diversi maestri, Thomas Couture e Charles Chaplin, influenzata dallo stile di Corot e Couture, disegna il "suonatore di mandolino"



che viene accettato dalla giuria del Salon de Paris.
Mentre il movimento artista è in fermento, lei continua il proprio lavoro, a produrre opere che vengono esposte al Salon, ma subisce il morso dell'insoddisfazione personale.
Purtroppo con la guerra Franco-prussiana, Mary ritorna negli Stati Uniti, malgrado la protezione benevola della madre, che aveva sempre riconosciuto e sostenuto la vena artistica della figlia, ricominciano gli screzi con il padre, che non approva le sue scelte, fornendole solo un sostegno per le necessità primarie, rifiutando in modo categorico di sostenerle gli studi o di rifornirle i materiali.per dipingere. Riesce ad esporre due tele in una galleria di New York, molti furono i consensi alle sue opere, ma nessuno le acquistò.
il fratello Alexander


Rimasta senza colori si trasferisce, in cerca di fortuna, a Chicago, ma in seguito ad un incendio, perde tutte le sue opere, lo sconforto la spinge ad allontanarsi per poco tempo dall'arte.
L’Arcivescovo di Pittsburgh, è il mentore del suo ritorno, le commissionò due copie di due opere del Correggio.
Ripartiva di nuovo per giungere a Parma, dove erano le opere da copiare, terminato il lavoro, visitò Madrid e Siviglia e decise di ritornare nuovamente a Parigi.





L' incontro con Degas, le aprì le porte dell'impressionismo, intraprese l'uso dei pastelli e della tecnica delle acqueforti, migliorò la tecnica di base e il disegno, c'è un filo di malizia che ancora oggi, si insinua tra questi due personaggi, alcuni critici sostenevano che fossero amanti, anche se non è mai stato dimostrato.

I genitori con la sorella Lidia la raggiunsero a Parigi, la sorella divenne molto spesso la modella dei suoi quadri, anche nel periodo in cui era ammalata posava da seduta (la donna che lavora  l'uncinetto)



Lidia all'Operà

Lidia che fa l'uncinetto



la sua produzione era di opere di qualità, Ritratto dell'artista (autoritratto),



Bimba su una poltrona blu,




 leggendo le Figaro ( ritratto della madre)


Dal 1879 al 1886, lavorò a stretto contatto con Degas, ebbero un discreto successo di pubblico, se pur ostacolati dalla critica che li aveva definiti:

i soli artisti che si distinguono... e che offrono qualche motivo di richiamo e giustificazione in una pretenziosa esposizione di allestimenti per vetrine e scarabocchi infantili”. Fonte web

Pur rimanendo amica e in continuo contatto con Renoir, Monet, Pissarro, si stacca dal gruppo degli impressionisti, acquista uno stile personale, sensibile ma non esagerato, dove immagini di madri e figli, nonne e nipoti, diventano il soggetto principale dei suoi lavori.


lavorò molto sulla differenza femminile, iniziava a farsi strada l'emancipazione e l'uguaglianza, rappresentò l'immagine della donna, nella realtà, le sue donne sono protagoniste reali che leggono, osservano,  che meditano, e riflettono sulla vita uscendo dallo schema della bellezza e della passività



Nonostante non si sia sposata  e non abbia avuto figli, i suoi soggetti preferiti sono i bambini che ritrae con particolare delicatezza, altro soggetto ricorrente è la maternità.




Donna decisa, e combattiva, da un lato, ma, molto sensibile negli affetti, ha molto sofferto per la morte di sua sorella avvenuta nel 1882,  tanto da rimanere senza forze.


Avendo sperimentato una notevole varietà di tecniche, ottiene riconoscimenti in quanto è l'artista più versatile del periodo, cosa che mancava a molti suoi contemporanei, lo dimostrano le stampe colorate e originali, dove si era ispirata ai grandi maestri giapponesi, che aveva studiato a Parigi l'anno precedente. una su tutte è la Donna che si lava


Promuove da sola, le sue mostre personali in America, negli ultimi dieci anni del diciannovesimo secolo aveva raggiunto la notorietà di pubblico e di critica, fino al 1910 continua a produrre opere, diventando anche consigliera di parecchi mercanti del settore. 



Nel 1911 si ammala, il diabete avanza nella sua vita,  nel 1914 rallenta la sua produzione , sta  diventando cieca, ha ancora la forza per combattere e abbracciare la causa del voto alle donne, esponendo una personale con 18 opere per sostenere il movimento.


Una donna che ha vissuto, a cavallo tra due secoli, e due continenti, attraverso cambiamenti storici, artistici e di pensiero, mantenendo alta la voglia di dimostrare che le donne, sono donne con la forza, la determinazione, i mutamenti e tanta tenerezza.




Muore il 14 giugno 1926, malgrado le resistenze famigliari sociali e culturali, il governo francese le assegnò la " Legion d'Onore" come riconoscimento per il suo contributo all'arte e per aver contribuito a diffondere il gusto impressionista tra gli artisti e i collezionisti nord-americani



Mary Cassat ha lasciato in eredità a tutti noi, il talento,e il coraggio dell'indipendenza, rappresentando l'universo femminile nella sua più grande dote, consapevole che malgrado tutti i suoi sforzi, il cammino delle donne verso la libertà era ancora lungo, disse: 
"Non ho fatto quello che ho desiderato, ma almeno ho provato a combattere"







martedì 16 settembre 2014

Zia Armida e il pane e Taleggio

LA ZIA ARMIDA E PANE E TALEGGIO

Armida, era una signorina molto carina con due occhi azzurri, un nasino delicato e i capelli castano chiaro, era una bella donna, dai modi delicati, pur avendo già più di trent'anni, non aveva mai avuto un fidanzato.
Viveva con i genitori, e i fratelli le loro rispettive famiglie, che davano per scontato che sarebbe rimasta "zitella".



Ma un fatto anomalo e alquanto strano, ha cambiato la sua vita, proprio la sera del venerdì Santo, mentre era in processione, si è sentito un trambusto nel bosco dietro il casale dove lei abitava.
Le processioni si sa vanno a passo d'uomo, e da una riva che accedeva al bosco è sceso un giovinotto che rivoltando la propria giacca e si affiancava a lei prendendola sotto braccio:
"Non mi tradire, ho la finanza alle calcagna, la mia bricolla ( sacco pieno di sigarette) è nel fienile di casa tua".
Non conosceva personalmente il giovanotto, ma sapeva bene che faceva il muratore di giorno, e come tutti, nella nostra zona a quei tempi, il contrabbandiere di sigarette di notte.
Era alto, molto alto con occhi azzurri e un sorriso da simpatica canaglia.
Non sapendo bene cosa fare, anche perchè avrebbero rischiato anche i suoi famigliari, se la finanza avesse scovato il malfatto nel fienile, fece buon viso a cattivo gioco.



La mattina si recò al lavoro senza dire nulla, ma la suo rientro la sera, trovò in casa il giovane contrabbandiere che si scusava con i suoi famigliari e con lei.....
I soldi del contrabbando gli servivano perchè voleva acquistare due piccoli locali in una corte per la madre, che lo aveva cresciuto da sola.
Raggiunto il suo obbiettivo però, aveva pensato di raggranellare ancora qualche cosa.
Finchè venne preso mentre correva con il sacco in spalla. I cani che supportavano le guardie di confine lo hanno morso ad una gamba venne portato nel carcere di San Donnino a Como, la madre lo andava a trovare, e mentre stava dentro, iniziò a pensare ad Armida a farsi un futuro diverso.




Si fece fare un tatuaggio sull'avambraccio con il nome di Armida, uscito dal carcere promise che non avrebbe mai più toccato un sacco di contrabbando, divenne capomastro, per una grande ditta di Como mentre nei momenti liberi faceva manutenzione in diversi condomini della città.
Tanto che gli proposero di prendere il posto come portiere....
Fu così che si sposarono, con grande stupore di tutti, nessuno aveva capito le intenzioni di queste due anime; Armida faceva portierato e le pulizie dello stabile, Mario continuava a fare il muratore.




Solo Licia piangeva, la sua amata zia, se ne andava a Como, lontano dal paese.

Gli anni passavano e figli non ne arrivavano, e allora la zia ogni tanto, andava a prendere la nipote la portava a Como nella sua casa.
Licia era convinta di andare in vacanza, non doveva uscire in cortile per utilizzare il bagno, bastava uscire sul ballatoio, aveva l'acqua in casa e anche la luce...si era proprio in vacanza....
Aiutava la zia nelle faccende di casa, spesso si rendeva utile con i Signori che abitavano in quel palazzo.



La domestica dell'avvocato le disse: "
se mi aiuti a portare fino al quarto piano le borse della spesa, poi ti do pane e Taleggio".
Non sapeva cosa fosse il Taleggio, non lo aveva mai visto.
Dopo aver portato di sopra parecchie borse, si era trovata in mano mezzo filoncino di pane con delle fettine di formaggio e una banana, scese di corsa le scale, chiedendo alla zia:
Posso mangiarlo?



La zia la guardò le carezzò la testa e le disse:" mangia cara, mangia, lo hai guadagnato.
era il mese di maggio del 1940.........le storie infinite di nonna Licia