il filo dei ricordi-racconti

sabato 21 aprile 2018

Monza... la croce e la crocefissione

                             La croce e la crocefissione 



Monza, marzo 2018,  nella cappella della Reggia, vi è esposta la crocefissione di Van Dick, un bellissimo quadro....




 Mi spinge a pensare  al  credo religioso e a qualche  leggenda degli uomini....

C'è un  simbolo che ha origini antichissime, riconosciuto in tutto il mondo....LA CROCE....
Inizialmente non veniva rappresentata la croce, ma il segno della croce...
Con il dito pollice , o l'indice della mano destra, vi era l'uso di tracciare un piccolo segno di croce, il profeta Ezechiele ne parla in un passo del suo libro,  venne successivamente collegato alla croce di Cristo.
Secondo Ezechiele : Il signore gli disse
 "Passa in mezzo alla città,in mezzo a Gerusalemme, e segna un tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono per tutti gli abomini che vi si compiono"..

Il "Tau" è l'ultima lettera dell'alfabeto ebraico, corrisponde alla nostra T, e rappresenta Dio nella sua perfezione, questa lettera era tracciata proprio come una croce fino a all'epoca di Cristo, coloro che non si arrendevano al peccato venivano segnati con questo segno per renderli riconoscibili a Dio.


Per i cristiani, fare il segno della croce sulla fronte, era un deterrente contro le tentazioni del demonio, ma anche al di fuori della vita liturgica, segnarsi la croce sulla fronte ,era un gesto molto utilizzato, nelle normali azioni quotidiane.
l'uso del segno della croce è documentato anche da San Giovanni, San Tommaso, e San Pietro.
Col passare del tempo, nel IV-V secolo  divenne anche il simbolo della benedizione, venivano segnate le parti dolenti o gli oggetti distanti dalla persona, ai giorni nostri, nel rito romano e ambrosiano, viene  utilizzato il segno delle tre croci, sul cuore,  sulla fronte e sulle labbra, prima della lettura del Vangelo...
Dal X secolo, fu introdotto e vale ancora oggi il segno di croce grande, fatto da due movimenti 
uno verticale dalla fronte allo stomaco, e uno orizzontale, per i cattolici la mano destra tocca la spalla sinistra e va alla spalla destra 


per gli ortodossi il contrario prima toccanola spalla destra e poi la sinistra ..
Il segno della croce, non è solo il nostro modo di rivolgerci a Dio, ma è anche la forma con cui venivano costruite le case del Padre....
Le basiliche romaniche avevano pianta a croce latina.





La croce era dunque alla base dell’architettura: 
è possibile ritrovare la forma di un uomo con le braccia aperte, la cui forma più si avvicina a quella del Cristo crocifisso.



Fu  Sant’Ambrogio, l'ideatore di tale progetto,  realizzò San Nazario, un edificio  dedicato in origine agli  Apostoli, a Milano, nella seconda metà del IV° secolo, che fu probabilmente la prima chiesa a croce latina della Cristianità.
Il tempio ha la forma della croce, il tempio rappresenta la vittoria di Cristo
queste basiliche nel corso dei secoli vennero decorate, la gente comune non sapeva leggere ma attraverso le opere decorative acquisiva la storia della vita di Cristo...

la Passione di Cristo,  il momento che precede la Crocefissione, la Crocefissione, sono dei temi molto importanti nella storia dell'arte, le motivazioni che hanno spinto diversi artisti,  pittori, scultori, musicisti, furono molto spesse dovute ai condizionamenti di natura politico-diplomatica.
Per mantenere buoni rapporti e validi scambi economici, con gli stati della chiesa, moltissimi signori,  la cui ricchezza permetteva loro,  di diventare  raffinati committenti di moltissimi soggetti religiosi, che oggi ci rimangono come capolavori di bellezza e capacità inimmaginabili e irrepetibili....
Oltre al valore artistico, queste opere oggi,  consentono agli studiosi di poter analizzare, studiare, tra le varie epoche  le differenze e le concezioni culturali e sociali.
La croce, e le crocefissioni  dal 1200,  fino ai giorni nostri, ci raccontano  le molteplici sfaccettature, le più svaiate  interpretazioni religiose e non solo attraverso attraverso i secoli..


Dal Web :

La Croce di Mastro Guglielmo o Croce di Sarzana – È una croce dipinta, datata epigraficamente al 1138 e conservato nella concattedrale di Santa Maria Assunta di Sarzana in provincia della Spezia. Si tratta del più antico esempio di croce dipinta su tavola.



Crocifissione di Cimabue, Assisi – La Crocifissione del transetto sinistro è un affresco realizzato da Cimabue e aiuti, databile attorno al 1277-1283 circa e conservato nella basilica superiore di San Francesco di Assisi..

Crocifissione di Giotto, Santa Maria Novella – Il “Crocifisso di Santa Maria Novella” è una delle croci sagomate di grandi dimensioni (578×406 cm) di Giotto, databile al 1290-1295 circa e conservato nella navata centrale della basilica di Santa Maria Novella a Firenze. Si tratta di una delle prime opere note nel catalogo dell’artista, allora circa ventenne. Questa splendida opera è considerata fondamentale per la storia dell’arte italiana, in quanto l’artista approfondisce e rinnova l’iconografia del “Christus patiens” (già introdotta nell’arte italiana nella seconda metà del Duecento da Giunta Pisano e da Cimabue). Giotto infatti abbandonò l’iconografia del Cristo inarcato, per dipingerlo in una posa più naturalistica, un doloroso abbandono con le gambe 





 Crocifissione di Vincenzo Foppa – Datata 1456 e conservata all’Accademia Carrara di Bergamo, questa Crocifissione è considerata la più antica manifestazione di un gusto di tipo rinascimentale in un autore lombardo. La scena sacra della Crocifissione, ambientata in un cupo paesaggio, è incorniciata da un arco classicheggiante con colonne, capitelli e medaglioni ‘all’antica’, che rimandano a un gusto di tipo padovano e mantegnesco. Lo sfondo, con il sentiero serpeggiante, la città e il castello, rimandano invece a un gusto di matrice tardogotica: ciò è evidente, ad esempio, nel fiabesco disporsi degli alberelli sul sentiero di campagna o nel capriccioso assemblaggio delle torri.

 

 Crocifissione di Andrea Mantegna – Questa splendida tavola è stata realizzata da Andrea Mantegna tra 1457-1459, conservato oggi nel Musée du Louvre di Parigi. Il pannello faceva originariamente parte della predella della Pala di San Zeno, con la Resurrezione e l’Orazione nell’orto nel Musée des Beaux-Arts di Tours. Numerosi sono i dettagli di grande valore, dalla città sullo sfondo, rappresentazione ideale di Gerusalemme, alle guardie che si giocano a dadi la veste di Cristo, su un tabellone colorato di forma circolare. I teschi, che si vedono di lato e sotto la croce di Cristo, ricordano l’inevitabilità della morte.




 Crocifissione di Antonello da Messina – L’opera, firmata e datata 1475 sul cartiglio, è un capolavoro di Antonello da Messina. La pacata composizione è costruita in sezione aurea e mostra la croce di Cristo sullo sfondo di un lontano paesaggio costruito con punto di fuga ribassato, mentre in basso si trovano i due dolenti, Maria e Giovanni, che contemplano la scena silenziosamente. Più lontano si vedono le tre Marie. La tipologia iconografica rimanda a esempi fiamminghi, anche nel trattamento del paesaggio, che sfuma dolcemente in lontananza nei colori azzurrini delle colline avvolte dalla foschia. La linea marcatrice delle acque del lago isola maggiormente la figura del Cristo, con un cerchio formato dalla Vergine e da san Giovanni.






Crocifissione Mond o Gavari di Raffaello – Capolavoro del Sanzio, quest’opera fu realizzata tra il 1502 e il 1502, per la chiesa di San Domenico a Città di Castello. Cristo è sulla croce, tra le rappresentazioni del sole e della luna, tra due angeli in volo che, con vasi, ne raccolgono il sangue che cola dalle ferite nelle mani e nel costato. Ai piedi della scena si vedono quattro santi, da sinistra Maria, san Girolamo, la Maddalena e Giovanni apostolo. Particolare rilievo ha Girolamo, a cui sono anche dedicate le storie della predella, poiché era il santo a cui era dedicato l’altare di destinazione dell’opera. Sullo sfondo si intravede una città, forse Firenze.



Pieter Paul Rubens, Cristo crocefisso




 e  Innalzamento della Croce, 1610 – 1611
Nel dipinto intitolato Innalzamento della croce sono evidenti le influenze di Michelangelo nell’opera di Rubens. I corpi sono illuminati da una luce scultorea che crea un intenso chiaroscuro sui potenti corpi in movimento.



Il Cristo in Croce di Anton Van Dyck, si staglia nel momento culminante dell’agonia, contro un cielo scuro e turbolento, acceso da riflessi dorati, dal tipico pittoricismo fiammingo ( 1621circa) 




 Cristo crocefisso di Diego Velázquez – Quest’opera realizzata nel 1631 e conservata al Museo del Prado di Madrid, è carica di valore emotivo, spirituale e simbolico tipico dell’epoca, e fa parte di un gruppo di opere a tema religioso che il pittore dipinse dopo essere tornato dal soggiorno romano del 1629 per il convento delle Benedettine di San Placido a Madrid (periodo madrileno ma tema sivigliano). Una diceria popolare vuole che questo quadro fosse stato commissionato da Filippo IV come ex voto di penitenza per il suo amore sacrilego verso una giovane religiosa. Nonostante il soggetto drammatico, il dipinto nella sua totalità infonde quasi un senso di serenità: a ciò contribuiscono le scarse gocce di sangue e i piedi appoggiati su una mensola; il corpo crocifisso rispetta i canoni classici. Una ciocca di capelli scende dalla corona di spine; si dice che il pittore, irritato, abbia realizzato velocemente questo ciuffo per coprire una parte del viso mal venuta. Alcuni studiosi credono che il volto sia in realtà quello dello zio di Velázquez.




Cristo Giallo di Paul Gauguin – Nell’estate del 1886, Paul Gauguin visitò il piccolo borgo di Pont-Aven, in Bretagna, dove rimase affascinato delle usanze e dai rituali locali. Dipinse numerose scene di vita contadina e della campagna, tra cui Il Cristo giallo. La figura di Cristo è posta su un crocifisso in una cappella vicino a Pont-Aven, mentre la scelta del colore giallo vuole trasmettere le emozioni dell’artista in quell’isolata comunità di contadini della Bretagna. Il giallo collega anche Cristo al paesaggio, che si riferisce alla tradizione e alla spiritualità della vita bretone attraverso i secoli. Gauguin crea un parallelismo tra il ciclo agricolo e il ciclo religioso della vita cristiana: nascita, vita, morte e rinascita in Cielo. L’artista ha rotto le tradizionali vedute storiche della crocifissione di Cristo, per creare questa simbolica opera d’arte



 La Crocifissione Bianca di Marc Chagall – Nella Crocifissione Bianca, il primo e più grande lavoro di Marc Chagall sul tema, viene sottolineata l’identità ebraica di Gesù in vari modi: ha sostitu-ito il perizoma tradizionale con uno scialle da preghiera, la sua corona di spine con un fazzoletto, e gli angeli del lutto che abitualmente lo circondano con tre patriarchi biblici e una matriarca, vestita in abiti tradizionali ebraici. Chagall stesso ha sostenuto che non si tratta affatto di un quadro cristiano. Le scene che circondano la Croce, un villaggio in frantumi, una sinagoga saccheggiata che brucia, raccontano il suo vero significato. Collegando il Gesù martirizzato con eventi contemporanei, Chagall identifica i nazisti con i carnefici di Cristo e mette in guardia dalle implicazioni morali delle loro azioni. Chagall infatti dipinse la Crocifissione Bianca dopo la persecuzione degli ebrei nell’Europa centrale e orientale. Perciò l’intento dell’artista non era quello di raffigurare una scena reale, bensì un’evocazione della sofferenza attraverso l’uso di simboli ed immagini. Affascinante è la rappresentazione in alto di personaggi veterotestamentari che, vedendo cosa sta succedendo, piangono.









domenica 18 marzo 2018

Frida Kahlo



                                                             Frida Kahlo


                                                           
                                                             

..... Piove oggi, nella mia bella Milano, piove e non posso assaporare, come vorrei il piacere, che  spesso provo, so molto bene che può sembrare ridicolo, ma scendere dal treno, avviarmi a piedi fino a raggiungere Piazza Duomo, per me è diventata quasi un'esigenza, come un'iniezione ricostituente, e se la giornata è limpida, se qualche raggio di sole passa tra le guglie, lo spettacolo è davvero speciale... 
Oggi piove,  Milano offre sempre molto, io e la mia amica ci rechiamo a San Maurizio al Monastero Maggiore, ci riempiamo gli occhi di tanta bellezza, ci perdiamo, tanto che per raggiungere il luogo dove dobbiamo recarci ci dobbiamo dare una mossa...
La metropolitana ci aiuta, in poco tempo raggiungiamo porta Genova, qui un'altra amica ci raggiunge,  e tutte tre insieme sotto una pioggia battente raggiungiamo il Mudec....
Frida Kahlo ci attende: 




Magdalena Carmen Frida Kahlo y Calderón nasce il 6 luglio 1907 a Coyoacán (Messico) ed è la figlia di Wilhelm Kahlo, uomo semplice e simpatico,  amante della letteratura e della musica e della pittura, emigrato in Messico dall'Ungheria, dopo un periodo di lavori precari diventa un fotografo di talento, dei suoi quattro figli Frieda è la più ribelle, il nome Frieda, in tedesco  significa pace, non appena raggiunge l'età adulta, Frieda per contestare, la politica della Germania, cambia il proprio nome in Frida.
La sua attività artistica, verrà  rivalutata  dopo la sua morte,  è la pittrice messicana più famosa, ed acclamata di tutti i tempi, diventata famosa anche per la sua vita tanto sfortunata quanto travagliata.
Quella di Frida è stata una vita breve, ma ricca di emozioni, non  ha aspettato che passassero i giorni, i mesi o gli anni, ha vissuto col cuore, amando, sbagliando, sognando e soffrendo, la sua non era  sopravvivenza.



Fin dalla nascita Frida, ha problemi di salute, le viene diagnosticata una poliomelite, la realtà è ben più dura,  Frida e sua sorella minore sono affette da spina bifida;
Il suo spirito indipendente e passionale fin dall'adolescenza, la voglia di ribellarsi a qualunque convenzione sociale, la spingono a manifestare il suo talento artistico, attraverso gli autoritratti.



Nei suoi ritratti, raffigura molto spesso gli episodi di sofferenza della sua vita,  il grave incidente di cui rimane vittima nel 1925,  mentre viaggia su un autobus, che gli causa causa la frattura multipla della spina dorsale, di parecchie vertebre e del bacino. 
Nei mesi a seguire,  dopo il grave incidente,  costretta dentro ad un busto di gesso, Frida legge moltissimo, si avvicina al movimento comunista,  e  si dedica alla pittura, i suoi genitori sostengono la sua passione, regalandole un letto a baldacchino, dei colori, uno specchio sul soffitto, in modo che potesse vedersi, il suo primo soggetto è il suo piede, che riesce ad intravedere tra le lenzuola, tanti sono gli autoritratti che  Frida  eseguirà in questo  lungo periodo  che vennero donati ad un ragazzo di cui era innamorata.



Lei stessa difinirà i suoi lavori così: "Dipingo autoritratti perchè sono spesso sola, perchè sono la persona che conosco meglio".





Malgrado i forti dolori che l'accompagneranno tutta la vita, Frida riprende a camminare e diventa un'attivista del partito comunista messicano, nel 1928, conosce Diego Rivera, il pittore più famoso del Messico rivoluzionario, nel 1929 lo sposa, la differenza di età è notevole, Diego ha 21 anni più di lei, è al terzo matrimonio, ed è conosciuto per la sua infedeltà...




 Un matrimonio,  nel 1939 un divorzio, una anno dopo si risposano, si intrecciano tradimenti, passione per l'arte, politica e armi....
Lei stessa dirà:" Ho subito due gravi incidenti nella mia vita... il primo è stato un tram che mi ha travolto, il secondo Diego Rivera"...




Negli anni a seguire, Frida subisce 32 interventi chirurgici, che minano in modo pesante la sua salute fisica ma non la sua forza morale.
Le infedeltà di Diego, tra cui anche  la sorella minore di Frida, Cristina, fecero soffrire molto Frida,  malgrado lei stessa abbia avuto molti amanti,(uomini e donne), il dolore più grosso, fu quello di non riuscire a portare avanti le gravidanze, voleva un figlio, (Dieghito, così lo chiamava lei).



Non ha mai accettato che le sue opere fossero accostate ad un movimento surrealista, nelle sue opere dipingeva la sua realtà, non i suoi sogni. 
Il suo corpo era fragile,  ma il suo spirito non si è mai lasciato dominare negli ideali, solo l'amore ha lasciato lunghe cicatrici dentro il suo essere interno.





Frida ci manda una lezione attraverso la sua arte, che era il suo rifugio, la sua libertà, ci dice che  non è la malattia che ci può fermare, non sono le avversità che ci annientano, è l'amore che spesso ci devasta dentro, l'illusione che possiamo essere una sola cosa che ci dilania,
la sofferenza che non ci abbandona.... sofferenza fisica e dell'anima..ma la vita è amore  ..... senza amore non avremmo vita.



lunedì 22 gennaio 2018

Pietro Pajetta

                                            PIETRO PAJETTA


Ho visto un' autoritratto presso la mostra del Signor Ingegnoli a Milano, una mostra gratuita, frutto dell'impegno di un imprenditore italiano amante dell'arte.
E' un' opera  che ha colpito me, ma anche chi mi accompagnava, un pittore a me sconosciuto, ma penso anche a molte altre persone. Un autoritratto vivo, presente e particolare, l'autoritratto del pittore Pietro Pajetta,  che sembra ti osservi, mentre tu passi lentamente in questo percorso espositivo.




Nato il 22 marzo 1845 a Serravalle di Vittorio Veneto, Pajetta,  figlio di Paolo Pajetta, anch'esso pittore, aveva un fratello minore Mariano anch'esso pittore. 
Progettava di entrare in un ordine religioso, per poter accedere agli studi di pittura. 
Nel 1860, all'età di 15 anni, si arruolò nell'esercito, per combattere nella seconda guerra di indipendenza italiana, contro l'Austria, nel periodo militare, espose  ad Alessandria, l'opera,  Genio e povertà, che fu premiata con medaglia d’oro. 
Aiutato dal suo comandante,  il general Cialdini, in seguito riuscì ad entrare all'accademia di Bologna.
Dopo il congedo si sposò, il suo stato economico, era sempre molto precario, solo nel 1872 riuscì a partecipare all’Esposizione di Treviso, con Bolla di sapone; Visita in città, La mattina. 
Nel 1874, Pietro dipingeva i Giochi nella stalla (1874), dove due bambini,si improvvisano condottieri di  un esercito


la taverna


Con l'avvento della fotografia, le pitture di Pietro entrarono in competizione con la nuova forma d'arte.
Nel suo primo periodo realizzò parecchie opere religiose. 
dal web:
Nel 1881 inviò a Milano Requies e I vagabondi; nel 1883, a Roma, La preghiera e Nono no xè sì bon, e a Venezia, Unico patrimonio; al Palazzo di Cristallo di Londra, nel 1884, varie opere che gli fruttarono una medaglia d’argento; nel 1893, a Milano, Ammalato, premiato con medaglia d’oro; nel 1895, a Venezia, Interno di stalla; nel 1898, a Torino, Paesaggio e Le gioie di famiglia,


la famiglia del contadino

 quest’ultimo premiato con l’assegno Levi ed acquistato dal Ministero dell’Istruzione Pubblica per la Galleria d’Arte Moderna di Roma; nel 1900, a Verona, Stalla di buoi; nel 1902, alla Quadriennale di Torino,Stalla;
Preghiera e Angelo custode; nel 1904, a Padova, il bozzetto del quadro Follie e Testa di donna;


Visioni nitide come istantanee, scene di cantastorie e contadini al mercato, sorpresi mentre raccontano, vendono e comprano le loro storie e la loro mercanzia. 



Dipinse quadri di soggetto rustico,che per sentimento, colore e maestria di composizione sono veramente pregevoli. 
Gli occhi umidi del cane, che annusa la mano del padrone, la gioia del chierichetto che in un angolo della chiesa legge il Vangelo, fiero dei suoi progressi nella lettura che compie di nascosto, ...una gioia simile a quella della robusta perpetua, mentre legge il breviario rubato per un attimo, seduta sulla scrivania del prete che sonnecchia, fu uno dei migliori animalisti del suo tempo.



Nel 1906, all’Esposizione per l’inaugurazione del nuovo Valico del Sempione, espose a Milano, La preghiera e il Ritratto del musicista Cesare Pollini di Padova;
Sempre a Padova nel 1908, espose San Sebastiano e Al pascolo; 
Nel 1909, a Monaco, Fiori selvatici, e nello stesso anno fu invitato ad esporre al Salone di Parigi.
Anche in altri soggetti, si rivelò profondo ricercatore del vero, seppe esprimere con efficacia il dolore umano,



andando al mercato

Altre opere notevoli:
Il nuovo nato,




Sosta; Raggio di sole; Autoritratto; Follie; Spirito e cose; I vinti; Cantando la ninna nanna; L’odio;




 Madonna addolorata;Santa Barbara; Testa di Cristo; Ecce Ancilla Domini; Arrivo di Sant’Antonio morente all’Arcella; Estasi dei Francescani; Morte di Sant’Antonio; Apparizione alla Beata Margherita Alacoque;Adorazione del Ss. Sacramento; Madonna con Sant’Antonio e San Francesco d’Assisi.
tanti ritratti di notevole pregio:


la donna e il ventaglio bianco 

Caterina Boccaloni nobile Malaspina; Il vescovo Callegari; Il monsignor Pietro Balan e L’astronomo Sacchi.
Ma il talento pittorico del Pajetta si rivelò anche nella decorazione simbolica, e lo dimostrano il soffitto del palazzo Camerini in Piazzola e il soffitto della chiesa di San Giovanni Ilarione sopra Vicenza; le decorazioni della villa Valduga a Feltre; gli affreschi nel Duomo di Padova e in una villa di Vittorio Veneto. molte delle sue opere sono emigrate in America.



Le informazioni che ho acquisito mi hanno piacevolmente stupito tanto che ai giorni nostri la dinastia dei pittori Pajetta si distingue, ed  è continuata fino ai giorni nostri, in un intervista Giorgio  Pajetta descrive così:
"«Questa famiglia - spiega Giorgio Pajetta, figlio di Guido - è un'eccezione. Tutto è iniziato con il mio bisnonno Paolo, per proseguire con i figli Pietro e Mariano, e continuare con Mario Paolo e mio padre, arrivando quasi alla fine del Novecento, mentre le altre dinastie di pittori, si pensi ai Tiepolo, ai Ciardi, ai Carracci, si sono fermate tutte molto prima, e comunque non hanno superato l' Ottocento».
Quasi centottanta anni di mestiere tramandato e interpretato, vissuto da «una famiglia che - aggiunge Giorgio - spesso ha fuso arte, politica, impegno sociale sentendo tutta l'inquietudine della modernità. La loro forza e il loro limite è nella modestia, nell'incapacità di vendersi, caratteristica comune a tutti i membri della famiglia."







domenica 14 gennaio 2018

Tiziano a Milano e la Sacra Conversazione


                  TIZIANO E LA SACRA CONVERSAZIONE 

Sin dai tempi più antichi,  il miglior ambasciatore al mondo, è l'arte.....
Rappresentava il ministro degli esteri, di ogni stato, il ministro della  cultura, perchè attraverso l'arte, le potenze economiche commissionavano le opere, per manifestare agli amici e ai nemici, la loro capacità imprenditoriale, economica e strategica, e la loro forza.
Ai nostri giorni, grazie a degli scambi culturali, anche noi possiamo ammirare, senza girare tutti i musei del mondo,  delle bellissime opere.
Ci sono anche dei comuni importanti, in regioni diverse della nostra lunga, bella, ma anche dilaniata Italia, che collaborando e sostenendosi,  ci consentono di poter ammirare delle opere particolari. 
Il comune di Milano,  per il decimo anno, ci regala  sotto le feste natalizie la possibilità di ammirare gratuitamente delle opere importanti. Quest'anno, testimonia la propria vicinanza, alla regione Marche, che è stata  dilaniata, e sta subendo ancora, gli effetti del terremoto, svolgendo un ruolo importante, sia  come centro di raccolta, ma anche  di riparo per moltissimi capolavori. 
Grazie al  comune di Milano, Intesa San Paolo, la Rinascente, e la coordinazione di Palazzo Reale, con  alla collaborazione, della città di Ancona, e  precisamente con la "Pinacoteca Civica Francesco Podesti", noi, cittadini lombardi, e non solo,  abbiamo potuto ammirare, presso la sala Alessi di Palazzo Marino, un 'opera di importanza storico-artistica, culturale. 



 La " Sacra Conversazione" del 1520, detta anche (Pala Gozzi)...
Luigi Gozzi, di Ragusa in Croazia (ora Dubrovnik), un influente mercante, che aveva scambi commerciali in tutto l'Adriatico, ebbe modo di incaricare al  giovane Tiziano, una pala, destinata all'altare della famiglia,  precisamente nella chiesa di San Francesco ad Alto...... La  maestosa opera, che  è stata prodotta su  delle alte  tavole di legno, 


 grazie ad un allestimento particolare,  si può ammirare sia sul lato dipinto che sul  retro, dove sono presenti schizzi a matita, fatti probabilmente da Tiziano o dai suoi allievi... 




Sono  raffigurate  diverse teste,  una delle quali potrebbe essere il bozzetto per il viso del bambino ..


La tavola è una  rivoluzione pittorica, una nuova forma di pala d’altare, che si allontana dagli stili della prospettiva usata nel 1400.
Tiziano continua,  l'intuizione avuta da Leonardo con la Vergine delle Rocce, e con un tocco  personale  amplia l'opera dando un'apertura verso la natura.
La parte alta del dipinto, dedicata all’apparizione della Vergine con il Bambino, con angeli e putti e corone di fiori,  ha il cielo con nuvole in movimento, che  appare infuocato dalla luce del tramonto.

 Assiste alla visione  San Francesco, isolato sul lato sinistro dell'opera, vestito del tradizionale saio con il cordone a tre nodi, simbolo dei voti di povertà, castità e obbedienza, con lo sguardo rivolto al cielo, è  immerso in una luce calda,  come se fosse estasiato, mentre San Biagio, protettore della città, indica al committente inginocchiato, sulla destra dell'opera, l’apparizione celeste. 


Il paesaggio è immerso in una luce calda,  gli sguardi tra i personaggi, dove  ognuno guarda qualcuno, rendono possibile una reazione visiva,  tanto che il Bambino Gesù, rivolge il suo sguardo verso lo spettatore, che senza rendersene conto diventa parte dell'opera, mentre in lontananza è  ben visibile, il bacino di San Marco con il Palazzo Ducale e il suo campanile.


Un dipinto che unisce Venezia, Ancona e Dubrovnik, un invito  a raggiungere  un’alleanza tra i tre più importanti porti dell’Adriatico, che invece di scatenare lotte interne,  avrebbero dovuto  contrastare l'invasione e l'espansione dell'impero ottomano .




Quando l'arte non è solo tecnica,  passione, intuito e bravura pittorica,  ma anche un invito ad una politica responsabile, fin dai tempi più antichi.

sabato 6 gennaio 2018

HERMANN HESSE





                                               HERMANN HESSE

Fa parte del distretto di Lugano, è il comune della Collina d'Oro, e si trova proprio sopra Lugano, formato da tre frazioni Agra, Gentilino e Montagnola, e Proprio Montagnola è la mia meta.
Raggiungere Montagnola, è semplice, e se pur sembra paradossale, ci si trova in un angolo di serenità, percorrere questi viottoli, 



dove la tradizione  convive con la modernità, e,  in una domenica qualunque da una finestra aperta,  ci raggiunge  della musica classica, un tocco di qualità in una bella domenica pomeriggio...
Ci raggiunge, perchè molto spesso, porto qualche mio amico a visitare questo piccolo, ma così grazioso luogo.
Il paesaggio della Colllina d'oro, circondato dalle alte vette, ha un tepore quasi mediterraneo, qualità che riuscirono a sedurre lo scrittore, poeta, e pittore ,anche se non tutti ne sono a conoscenza, Hermann Hesse,  che si stabilì in questo lembo  di terra, dal 1919 fino alla sua morte, avvenuta nel 1962.
Parecchi personaggi importanti, furono attratti da questa zona, VictorHugo
Peter Weiss,
 Karl Hofer, Max Frisch...





Hermann Hesse, non trascorreva, solo brevi  dei periodi di vacanza, alla Collina d'Oro,  si trasferì e visse per ben 43 anni, considerando così Montagnola e il Ticino, la propria  patria adottiva, infatti dal 1936, non ritornò mai più in Germania.
La relazione con Montagnola e il Ticino,  era talmente stretta tanto da dichiarare nel 1930:
"Infatti  amo anche i ticinesi, e non solo il loro paesaggio e il clima".
Hermann Hesse, è l'autore di lingua tedesca più letto del novecento, a livello mondiale.



Ha trasmesso dei messaggi, con convinzione e tenacia, nei suoi scritti:
Siddharta, Lupo della steppa, e in altri racconti, il messaggio principale era di non aver paura, di essere se stesso, e da uomo, ognuno deve cercare  di assumersi  le responsabilità di essere umano.








Non sono noti,  il suo impegno per la pace, e per la tolleranza  ed è stupefacente quanto siano attuali nei giorni nostri.
Ognuno di noi può leggere, anche nei suoi aforismi, quanto la vita valga la pena di essere vissuta, ...perchè il corso della vita, ha una fine,...  e tocca a chiunque di dover morire... come dire... prima o poi ce ne andiamo tutti,  rimangono però le nostre arti a dar consolazione.



Già le arti, Hermann Hesse, ne è un degno rappresentante.
Da uomo curioso, ha esplorato molto il Ticino, ammirava il paesaggio, la luce limpida, la cultura, la gente e le chiese, per 20 anni ha girato a piedi,  camminando tanto, successivamente,  si faceva accompagnare dalla moglie o da uno dei figli che guidavano l'auto.



 Intorno al 1916, in preda ad un periodo di crisi emotiva e psicologica, incoraggiato dal proprio psicologo, inizia a rappresentare in disegno i propri sogni, i primi quadri, li dipinse a Berna e poi nei pressi di Locarno, nel 1917 dipinse solo ritratti, nel 1918 ancora pittura in Ticino e dai quali nascono i primi testi e le prime illustrazioni del libro "Camminata", pubblicato nel 1920. Dal 1920 fino al giorno della sua morte, molte illustrazioni dei libri che scriveva, gli appartenevano, così come ha presentato in diverse mostre, nel corso degli anni, tanti acquerelli, ha creato un'importante opera pittorica,  che consiste in circa 3000 acquerelli,  con i colori limpidi del Ticino.







 Dopo la sua morte, molte mostre sono state allestite in tutto il mondo.
Hermann Hesse, fin dalla più piccola infanzia aveva dimostrato un'intelligenza ed una caparbietà esagerata, tanto che la madre, intuendo le attitudini del figlio, invitava il marito missionario e direttore editoriale, a pregare. 
Pur riconoscendo le buone azioni, e i buoni intenti dei genitori rifiutava le imposizioni di un'educazione rigida, diventando nella crescita un ribelle di fondo, che ha dato non poco filo da torcere ad educatori ed ai genitori stessi...
Per la sua educazione culturale, fu importante la figura del nonno materno, anch'esso missionario, ma anche un uomo di cultura, e proprio tramite la biblioteca del nonno Hermann,  riuscì ad ampliare la propria cultura extrascolastica, documentando insieme ai suoi studi anche  le sue crisi in età giovanile ed adolescenziale.
Malgrado tutti gli sforzi dei genitori, nessuno riuscì a plasmare il carattere deciso e ostinato del ragazzo, 



 dovendo comunque rispettare l'autorità del padre, viene educato fuori dalla famiglia frequenta malvolentieri il ginnasio di Calw, ma ne risulta comunque uno dei primi studenti, il padre gli impartisce lezioni di greco e latino, studia privatamente il suono del violino e si prepara con il rettore Bauer, (uno dei pochi insegnanti che Hermann stimava) all'esame per poter essere ammesso al seminario...supera l'esame e viene ammesso a Maulbronn.
Il destino di Hermann, era stato tracciato ma il ragazzo, ribelle oltre a fuggire dal seminario inizia ad avere grosse crisi depressive, viene inviato  da un altro pastore, ma le crisi si aggravano, cerca il  suicidio, evitato solo perchè il revolver si è inceppato.




Viene ricoverato in una clinica, che non è altro che un manicomio.
Altre scelte fatte dalla famiglia,  influenzeranno la sua vita,  che si è poi riflessa nei suoi scritti, nonostante i ripetuti conflitti interiori e in contrasto con le decisioni familiari, le  difficoltà degli altri ad accettare la sua diversità intellettuale, le imposizioni fatte, non hanno scalfito la forte consapevolezza,  di quel che egli avrebbe voluto diventare,  grazie ad una dose elevata di testardaggine.  
Nel corso della sua intensa vita, le crisi esitenziali interiori, 




 si presenteranno sempre, e sempre saranno, forti stimoli a cercare di raggiungere un equilibrio,  pur sforzandosi di adeguarsi ad un'esistenza borghese e formale i risultati erano fallimentari.
I viaggi in India, la cultura approfondita di questi luoghi, lo rendono sempre più irrequieto solo la scrittura lo appaga.





Nel 1924 dopo il ritorno da un viaggio in India ottiene di nuovo la cittadinanza Svizzera e si trasferisce nel Ticino...
La sua vita famigliare è abbastanza travagliata, ha avuto 3 figli dalla prima moglie, poi divorzia,  si risposa ma anche il secondo matrimonio non ha fortuna, soltanto  la terza moglie, rimase vicino ad Hermann fino alla morte.



I successi letterali di Hermann Hesse,  sempre più crescenti, inizialmente nei paesi di lingua tedesca, poi prima della Grande guerra, negli altri paesi europei e in giappone.
Le sue opere sono un insieme di sensualità, spiritualità, sentimento ragione e irragionevole  irrazionalità, tanto da essere ancora attuali nelle generazioni successive fino ad oggi....



Nel 1946 gli venne assegnato il Nobel per la letteratura.
A Montagnola si trova il Museo di Hermann Hesse, una fondazione attiva, a ricordare le sue opere, è possibile anche seguire i sentieri in cui egli passava e i posti nei quali si fermava a dipingere,



 mettendo sulla tela la luce, che tanto amava e  che ha riportato sui tanti acquerelli da lui dipinti.  




Era un un uomo, un poeta, un pittore e un giardiniere, un personaggio dalle mille sfaccettature.