il filo dei ricordi-racconti

sabato 20 luglio 2019

L'appartamento di Madame de Floriane

          L'appartamento di Madame de Floriane 


Il periodo della "Belle Epoche",  è il periodo che va dagli ultimi 20 anni dell'ottocento (1880), fino alla prima guerra mondiale (1915). E'  il periodo  della rinascita in Europa, la guerra tra Francia e Prussia era finita,  l'Unità d'Italia era stata attuata, erano anni di pace, l'industria si espandeva, idee audaci prendevano forma, in tutti i settori. Le ferrovie, i transatlantici,



i palloni aereostatici riducevano le distanze, 


Nadar in areostato


con l'elettricità le città si illuminavano, diventano moderne capitali, con stazioni, teatri, biblioteche, saloni di esposizione,  gli studi sulla chimica, e sulla medicina, creando lavoro, migliorando le condizioni di vita anche per i ceti più umili....
E ' a Parigi dove  batte il cuore della Belle Epoche,




 l'ottimismo verso il futuro, la fiducia nel nuovo secolo, le invenzioni non lasciano più spazio alla povertà, alla guerra e alle malattie. 
Nel 1895 i fratelli Lumière presentano la loro invenzione.... il cinematografo,  un inizio della nuova tecnologia.



Le competizioni tra i paesi europei, però non si ferma, è solo cambiato il modo di rappresentare le capacità e le tecniche, i livelli raggiunti per dimostrare  la potenza di ogni stato, si allestiscono così le esposizioni universali, la prima nazione fu l'Inghilterra nel 1851, in seguito Parigi, New York, Philadelfia, Amsterdam, Copenaghen..... 




In queste grandi  manifestazioni vengono esposte merci di ogni genere, prodotti agricoli, pezzi di fabbrica, dell'artigianato, progetti architettonici, quasi delle sfide, l'architettura degli ingenieri, fatta di ferro e vetro,  un esempio ne  è la Torre Eiffel (1887-1889),





 ma in queste esposizioni si trova arte, tantissima arte. Uno stile nuovo,l 'arte che si evolve,  non è più  solamente classica e  aristocratica, ma un'arte più viva, che unisce la bellezza, la leggerezza e il piacere, l'arte è viva, non statica, un' altro modo, diverso, per descrivere con il pennello, attraverso i quadri degli impressionisti, le fotografie di Nadar, 



e gli abiti di Charles Worth,  il bello, lo svago, 






il divertimento.


 



Nel 1867, durante una visita a Parigi per l’Esposizione Universale, Giovanni  Boldini, giovane pittore ferrarese, non potè che apprezzare  lo stile pittorico di Courbet, Manet e Degas, pittori con i quali instaurerà un rapporto di reciproca di amicizia.
Nel 1872, Giovanni Boldini, si trasferì a Parigi, dove aprì un suo studio a Montmartre, e  grazie al mercante d'arte Goupil, che ne  promosse le qualità, divenne uno dei ritrattisti più importanti e ricercati del momento nell'alta società. Le signore aristocratiche, e dell'alta borghesia, facevano a gara per essere ritratte  dall'artista, negli ambienti famigliari, con abiti eleganti, il suo modo vivo ed estroso,  sapeva far trasparire dalle tele una sensualità raffinata. 
L’artista, ormai famoso, era considerato come uno dei ritrattisti più importanti della Belle Époque a Parigi grazie al suo stile unico che lo distingueva.
Giovanni Boldini, era  anche un frequentatore di locali, sensibile al fascino femminile, ritrasse anche le donne più famose della vita parigina notturna.


Moulin Rouge 1898

In un appartamento a Parigi, a Square la Bruyère 2, nel quartiere di Montmartre,  è stata fatta una scoperta che può sembrare, e forse lo è,  incredibile.
Nel 2010 muore  Solange Beaugiron,  mamma e nonna  di una famiglia francese.  I figli e i nipoti sistemando  le sue cose, si accorgono che la donna pagava da anni l’affitto di un appartamento a Parigi a Square La Bruyère.
Nessuno di loro  era mai stato a conoscenza di questo luogo, ne ci era mai stato.
L’appartamento era appartenuto alla nonna di Solange, Marthe de Florian, il vero nome della donna era Mathilde Héloïse Beaugiron, la donna più corteggiata di Parigi nella fine del 1800.



Madame de Florian era un attrice e soubrette a le Folie Berger, una cortigiana  con  un grande numero di amanti, tutti ricchi e famosi. 
Marthe amava collezionare opere d’arte e gioielli, che spesso i suoi amanti le regalavano. 
Visse nell’appartamento di Parigi insieme al figlio Henri e  alla nipote Solange, fino al giorno della sua scomparsa, nel 1939. 
Nell’appartamento rimasero il  figlio e la nipote,  per qualche anno fino a quando, nel 1941, Parigi venne occupata dall'esercito nazista. Henri e Solange chiusero a chiave il loro appartamento e scapparono.
Nonostante Solange abbia vissuto  la sua vita altrove, continuò a pagare l'affitto dell’appartamento della nonna fino al giorno della sua morte all'età di 91 anni.
Quando i famigliari si recarono all’ appartamento, insieme ad un ufficiale giudiziario e aprirono la porta, rimasero strabiliati.  Tutto era rimasto  come il giorno in cui  quella casa venne chiusa via,  in terra alcuni vecchi pupazzi,




 un comò con spazzole e trucchi.



 Nell’ ingresso  alcuni quadri  erano lasciati a terra, come se qualcuno avesse in seguito  voluto portarli via. 
 Un meraviglioso quadro di grande pregio, raffigura una donna bellissima in abito da sera.
Pochissimi erano a conoscenza dell’identità della donna dipinta, fin quando non è stata fatta un’altra scoperta.
 Diverse lettere d’amore scritte a mano da Boldini ed indirizzate a Madame de Florian confermano che si trattava della proprietaria, colei che ispirava l’artista.
Dalle ricerche che sono poi susseguite, si è saputo che il quadro fu’ dipinto del 1898, quando la signorina de Florian aveva 24 anni, era un’attrice famosa e molto corteggiata nella Parigi di quel periodo, con una vita turbolenta e alcuni figli illegittimi.
Nessuno era a conoscenza dell’esistenza di questa opera, si trattava di un dono dell’artista alla sua amante. Boldini la rappresentò nel pieno della sua bellezza,a ventiquattro anni,fasciata da un abito di seta rosa molto scollato,seduta sul divano in una posa sensualissima, il capo rivolto verso destra, il décolleté bianchissimo.



 Pronta per essere ammirata e corteggiata. 
Si scoprì che Giovanni Boldini era uno dei tanti amanti di Madame Florian.



 Madame aveva come amanti  anche:

 Paul Deschanel, 11esimo presidente di Francia, 




Gaston Doumergue, 13esimo presidente di Francia,


Pierre Waldeck-Rosseau, Primo ministro francese,



 Georges Clemenceau Primo ministro francese.



 E ' stato ritrovato un vero tesoro nascosto, forse volutamente, per ben 70 anni: alti soffitti in legno, arazzi, dipinti, mobili antichi, una stufa a legna caratteristica e animali imbalsamati.





Arredamento e opere d’arte straordinarie erano coperte solo dalla polvere, perfettamente conservate.
Come in un museo è possibile leggere la storia di quel tempo.
Dopo molti anni le  porte si sono aperte e quello che si è trovato è rimasto immutato, raccontandoci una verità senza  manipolazioni , si è  entrati in un luogo incantato,  che  è stato addormentato per 72 anni.
La famiglia decise di vendere il quadro mettendolo all’asta per 300.000 euro ma arrivarono a venderlo a 2.100.000 euro.




Nessuno può spiegare come mai Solange Beaugiron non sia mai tornata all’ appartamento a recuperare tutte quelle opere d’arte o non ne abbia mai parlato con i propri familiari.  L’appartamento oggi è stato lasciato com'era un tempo ed è diventato un museo accessibile al pubblico

mercoledì 3 luglio 2019

Elena Lucrezia Cornaro Psicopia

  Elena  Lucrezia Cornaro Psicopia 


Elena Lucrezia Cornaro Psicopia, è stata la prima donna laureata al mondo, figlia  di un nobile, Giovanni Battista Cornaro, procuratore di San Marco.
La madre di Elena, Zanetta Boni, non essendo nobile, conduceva una relazione irregolare  e gli diede alla luce  i primi cinque figli (Elena compresa), prima che si sposassero, vivendo con  una  libertà insolita al di fuori  delle convenzioni. 
Venne riconosciuta pubblicamente e  in seguito, dal marito come (uxor optima), la migliore moglie,  intelligente, fiera e capace di educare figlie virtuose e stimate.
Il casato dei Cornaro, era un’antica e nobile casata, da cui uscirono quattro dogi e nove cardinali, tra i parenti anche  Caterina Cornaro (1434-1510), regina di Cipro e poi signora di Asolo.
Elena Lucrezia nacque a Venezia, il 5 giugno 1646, venne iscritta all'albo d'oro dei nobili a 18 anni, lei e i suoi fratelli,  pur essendo figli legittimi erano  esclusi dall'elenco  del patriziato, a causa della condizione sociale della madre. Giovanni Battita Cornaro, dopo  aver subito l'umiliazione di ben quattro rifiuti, pagando 105.000 ducati,riuscì ad aumentare al  rango di  patrizi i propri figli, soffriva molto  per il declino in cui versava la sua famiglia, dopo il grandissimo prestigio goduto nei secoli passati, cercando in molti modi di  far rivivere gli onori del passato , facendone raccogliere le memorie e riacquistando l'intera proprietà del palazzo dei propri avi. 




Fin dalla più giovane età, manifestò molto interesse per gli studi, venne seguita dal padre, il quale  riconobbe il suo acume  e la  sostenne, era anch'esso uomo di buoni studi, noto come protettore di artisti e di persone studiose,  era in contatto con molte persone colte in più discipline, possedeva una biblioteca tra le meglio fornite, che  veniva visitata da molti studiosi per le loro ricerche (tra i quali il celebre benedettino Giovanni Mabillon).
Elena all'età di sette anni, iniziò gli studi classici,  il primo insegnante di greco fu  Don Giovanni Fabris,
  nel corso degli anni,  fu sempre seguita  da maestri con una preparazione  molto elevata in ogni materia.
Elena Lucrezia studiò matematica, astronomia, geografia; coltivò con passione la musica,  ebbe come maestra l’organista Maddalena Cappelli, che fu  anche una fidata amica e compagna. La conoscenza  delle lingue, dal latino al greco antico e moderno, dallo spagnolo al francese, ebbe come insegnante il celebre dotto e santo rabbi Shemuel Aboaf, rabbino della comunità veneziana per studiare l'ebraico.
Studiò anche l'arabo, l'aramaico. Approfondì inoltre gli studi di eloquenza, l'arte di adattare la parola all'argomento che si vuol trattare,  dialettica e filosofia, prendendo per quest'ultima lezioni da Carlo Rinaldini, professore all'università di Padova e amico del padre.
Per la sua padronanza nelle lingue straniere le venne riconosciuto il titolo Oraculum Septilingue. Seppe anche dimostrare una grandissima capacità di ragionamento, negli studi di scienze, matematica, astronomia e filosofia e teologia  le ultime due furono da lei molto amate.
I genitori erano erano intenzionati a farla sposare, era stata chiesta  in moglie da un principe tedesco,  ma Elena Lucrezia rifiutò il matrimonio, una scelta, non facile, sofferta che aveva scontentato i suoi genitori, ma coltivava una  autentica vocazione religiosa e divenne oblata benedettina all'età di 19 anni, Elena Lucrezia risparmiò ai genitori   la delusione di  rinchiudersi in un convento seguendo  di vivere secondo la regola benedettina.Gli oblati sono persone, non coniugate o vedove, che, pur restando nel mondo, sentono la chiamata a una vita di  consacrazione; emettono il voto privato di castità e le promesse di povertà, di obbedienza e di cambiamento  dei costumi, seguendo lo spirito della Regola di san Benedetto.
Ancor prima della laurea, la fama di Elena Lucrezia  per la cultura scientifica, la conoscenza di numerose lingue straniere, si era diffusa anche in europa   Fin dal 1669, veniva accolta all'Accademia dei Ricoverati di Padova, di cui già facevano parte A. Gradenigo e C. Rinaldini e dove entrerà in seguito anche F. Rotondi; accettò poi l'aggregazione a quelle degli Infecondi di Roma, degli Intronati di Siena, degli Erranti di Brescia, dei Dodonei e dei Pacifici di Venezia.
Nel 1672 inizio i suoi studi presso l'università di Padova.
Nel 1675 la sua assenza dalla rassegna di personaggi celebri, fatta da G. Leti nei primi tre volumi dell'Italia regnante,suscitò la reazione di un'altra letterata, la ginevrina Louise de Frotté de Windsor, che inviò all'autore un rimprovero con risentimento  per l'esclusione.
Esortata dal padre e dai suoi maestri, chiese al Collegio dell’università di Padova di essere ammessa all’esame per il dottorato di teologia.  Il Collegio si era orientato in senso favorevole, già predisponendo i necessari adattamenti al cerimoniale, tra i quali la consegna del libro chiuso, invece che aperto, stava ad  indicare che l’insegnamento della teologia era permesso solo agli uomini e non  alle donne. La condizione di donna fu però un ostacolo insormontabile. Il vescovo di Padova, cardinale Gregorio Barbarigo, che,  era anche Cancelliere dell’università, si oppose alla richiesta nella maniera più netta con espressioni ironiche. Dopo molte insistenze, alla fine venne adottata la soluzione di un Dottorato non in teologia, ma in filosofia, con tutte le restrizioni possibili .
Si presentò il sabato mattina alle ore 9 del 25 giugno 1678, e discusse davanti al collegio dei filosofi e medici due tesi di Aristotele che le erano stati comunicati solo il giorno prima,  per potersi preparare Superò la prova in modo esemplare tanto che i membri del collegio tralasciarono la votazione segreta, venne acclamata all'umanimità magistra et doctoris in philosophia tantum, aveva da poco compiuto 32 anni, e diventò la prima donna al mondo al mondo a ricevere una laurea.



Aggregata al Collegio dei filosofi e dei medici dell’università di Padova, l’anno stesso Elena fu esaminatrice per una laurea in filosofia. 
Non insegnò mai essendo membro di diverse accademie mantenne rapporti e si confrontò con diversi studiosi. Dopo un breve rientro a Venezia, Elena Lucrezia si trasferì a  Padova,  di salute sempre cagionevole si ammalò di tubercolosi e  il 26 luglio 1684, morì (in concetto di santità), a soli 38 anni,  venne  tumulata nella locale abbazia benedettina di Santa Giustina.
Era considerata anche un'esperta musicista sin dall 'eta di 17 anni suonava lo scibilis del suo tempo, il violino, il clavicembalo


 e clavicordo 



e l'arpa. 

La sua fama in vita così acclamata,dopo la morte  venne presto dimenticata, in Italia poche cose la ricordano.  Una statua – voluta da Caterina Dolfin,  al Bo, il  palazzo principale dell’università, a Padova;




 un suo ritratto si trova alla Pinacoteca Ambrosiana a Milano; una vetrata policroma la ritrae al Vasser College, la prima università femminile negli Stati Uniti,



 un affresco a lei dedicato all’università di Pittsburg, una lapide nel suo palazzo a Venezia,



 il nome della biblioteca comunale di Episkopi, ed un cratere di 26 km di diametro su Venere.
 Un  grazie  va alla signora Ruth Crawford Mitchell  di Pittsburg che ha pianificato  la Celebrazione del terzo centenario per onorare la prima donna nella storia a ricevere una laurea.
Elena Lucrezia resta il simbolo e un  esempio di libertà femminile,  pur non potendo cambiare  le regole sociali allora esistenti, aprì un varco per il riconoscimento  della capacità della donne di pensare e di sapere, di insegnare ad altri, uomini o donne che siano, non solo in singole discipline, ma affrontando con la forza dell’intelligenza la questione filosofica della scienza e della capacità, la libertà della cultura .....

venerdì 14 giugno 2019

Giulia Beccaria

       GIULIA BECCARIA

Ho letto più di un libro che parla di Giulia Beccaria, ricordata solamente perché era la figlia di Cesare Beccaria e la madre di Alessandro Manzoni.
Nelle biografie di qualche tempo fa, veniva descritta come una donna arida e avida di potere, le nuove ricerche da parte degli storici ci raccontano invece un'altra storia, di un'altra donna, di un'altra umanità, di un'altro modo per raccontare la vita di una persona.
Il padre Cesare Beccaria, di anni 22, aveva sposato contro la volontà dei suoi famigliari, sfidando le regole, e l'autorità del padre, Teresa de Blasco,una  nobildonna di origini siciliane e spagnole, di 17 anni la cui dote e  condizione sociale era per la famiglia  Beccaria inadeguata. 
Dopo diversi periodi, di difficoltà economiche, Cesare viene riaccolto e perdonato dal  padre, il marchese Giovanni Saverio, Giulia viene alla luce a Milano, il 21 luglio 1762, nella casa del nonno.
La bambina viene chiamata Giulia, in onore dell’eroina di Rousseau di cui il padre e  l'amico Pietro Verri,  sono entusiasti lettori. 
Cesare Beccaria di idee liberali, condivideva passioni e ideali con l'amico Pietro Verri  fondatori insieme ad altri esponenti dell'"Accademia dei pugni". 
Due anni dopo la nascita di Giulia, Cesare Beccaria, raggiunge il successo pubblicando il saggio "Dei delitti e delle pene" , che tradotto in francese lo renderà  tra gli illuministi  più famosi d'Europa. 



La madre di Giulia, giovane, bella e frivola, si occupava  pochissimo delle figlie,  preferiva la vita mondana e aveva, come era d'uso in quei tempi, un amante con il consenso del marito, aveva avuto molti corteggiatori, che aveva ricambiato, ma il vero amante era il marchese Bartolomeo Calderara. 
I Beccaria e il Calderara avevano instaurato una specie di ménage à trois.  La madre, giovanissima, morì di sifilide il 14 marzo 1774.
Cesare Beccaria,  nel  suo saggio esprimeva  idee liberali,  ma nei comportamenti  personali non era così illuminato, dopo la morte della moglie, rinchiuse Giulia nel collegio annesso al Convento di S. Paolo, pur conoscendo  la sofferenza della ragazza, che aveva un carattere impetuoso, sensibile, e amava la vita. Da quella prigione,  Giulia ne uscirà solo a diciotto anni,  bella, capelli rossi, occhi verdi, intelligente, appassionata,




 ma per il padre, che nel frattempo si era  risposato e aveva avuto un figlio maschio, era solo un problema, nel  caso in cui  un pretendente avesse voluto sposarla, avrebbe dovuto spendere del denaro per darle una dote...
Quando non si voleva sborsare denaro, per la dote di una ragazza, si cercava di farle prendere i voti, ma Giulia   non era proprio adatta, attraverso le amicizie del padre, iniziò a frequentare i fratelli Verri, in particolare il fratello minore di Pietro, Giovanni Verri aveva  un suo salotto, dove vi erano frequentatori, di varia estrazione, dagli aristocratici, ai poeti, i  politici e  ballerine che suonavano e ballavano, allietando gli avventori,  mentre si discuteva di filosofia e di politica. 

Giovanni Verri aveva 36 anni, era stato un Cavaliere di Malta, nel Mediterraneo combatteva  i pirati, solo la mancanza di denaro e l'avarizia della sua famiglia, gli aveva impedito di avere una propria nave e di dedicarsi alla navigazione.



Era anche un gran donnaiolo, ma di Giulia si innamora, viene ricambiato, nasce una vera relazione, ancora una volta le regole famigliari non si possono infrangere, ed essendo l'ultimogenito della famiglia non si può sposare.
In quegli anni, le donne sposate avevano molta libertà sessuali, ma alle ragazze nubili, non  ve ne era concessa alcuna. 
Il padre per mettere fine alla relazione, e le combina un matrimonio con il conte Pietro Manzoni, mercanteggiando per ridurre al minimo la dote, il 20 ottobre 1782, vengono uniti in matrimonio religioso, Pietro Manzoni  di  46 anni, mentre Giulia che  ne ha solamente 20,  si dice che l'uomo fosse impotente. Nessun familiare partecipa al matrimonio.



Giulia viene costretta a rinunciare all'eredità, viene quindi lasciata completamente nelle mani del marito, gli sposi, andarono ad abitare con i fratelli dello sposo, Paolo e la sorella Maria Teresa ex monaca, a Milano, in una modesta casa d'affitto nel quartiere di San Damiano, edificio tuttora esistente in via Visconti di Modrone 16, dove nascerà Alessandro Manzoni, la casa è triste, lo stesso conte è grigio spento e bigotto, senza alcuna passione per la cultura.
Seguendo l'esempio della zia paterna, che pur essendo sposata con il conte Isimbardi,  ha come cicisbeo Pietro Verri, il matrimonio  le da la possibilità di frequentare Giovanni Verri, che diverrà il suo amante. Nasce Alessandro Manzoni il 7 marzo 1785, il conte Manzoni lo riconosce, anche se tra  le amicizie più intime si sa che è il figlio di Giovanni Verri. Del resto i critici, per più di un secolo non avrebbero potuto ammettere che il più grande scrittore cattolico fosse un figlio illegittimo, mentre oggi la paternità del Verri è una certezza.
Il bambino viene  mandato da una balia in campagna.  presso la Cascina Costa di Galbiate, nei pressi di Lecco fino ai due anni, poi lo accudirà la zia  smonacata,  all'età di 6 anni il bambino verrà messo in collegio dai padri Somaschi di Merate in provincia di  Lecco, poi a  Lugano.
Prima della partenza per il collegio Giulia accompagnerà il figlio dal nonno Cesare Beccaria, l'unico incontro tra due menti, nonno e nipote  che hanno lasciato  il segno nella cultura italiana.



I rapporti tra Giulia e Giovanni Verri, col tempo si sono esauriti, lui ha un'altra donna, Giulia sola e senza denaro accusa il padre, e i rapporti tra i due sono molto tesi.
La giovane Giulia stanca della situazione famigliare, rifiutando l'abitudine  di vivere da sposata, ma di avere amanti, e relazioni varie con cavalier serventi, chiede la separazione dal Conte Manzoni.
Nella Milano di quel tempo è un grosso scandalo, non pochi furono gli ostacoli che dovette superare, sull'altro fronte combatteva per avere l'eredità che il padre, le ha sempre negato, nel 1794 il padre muore, la lotta continua col fratello fino al 1795, dove raggiungono un'accordo che le garantisce una piccola rendita. Nel frattempo aveva conosciuto un uomo di undici anni più grande, scapolo, bello, ricco e colto, ma più di tutto buono, molto buono, il suo nome è  Conte Carlo Imbonati.



Nel 1796 Giulia e Carlo partono per Parigi, trascorreranno nove anni felici, frequentando amici intellettuali, sfruttando le tante affinità che avevano in comune, ospitando amici italiani , compiendo viaggi in Svizzera e in Inghilterra. 
Alessandro Manzoni, esce dal collegio e sembra condurre una vita sregolata, preoccupato, Carlo Imbonati  lo invita a Parigi, ma il 15 marzo 1805 la morte lo colpisce, lasciando Giulia disperata, e sebbene il conte le avesse lasciato tutto il suo patrimonio, solo l'arrivo del figlio le da un po' di conforto, insieme scoprono interessi  e affetto reciproco, dedica così  tutta la sua vita e la sua ricchezza per le aspirazioni artistiche del figlio,  Alessandro diventa per lei il centro di ogni interesse. 




Era una donna di intelligenza acuta, di  cultura, possedeva una  sensibilità che aveva acquisito, vivendo con un uomo di grande spessore  come Imbonati, comprende che suo figlio ha qualcosa di assai importante da dire e da dare al mondo; si adopera, allora, con tutta se stessa per creargli intorno un modo ovattato e protetto che gli consenta di dedicarsi totalmente alla sua arte; diverrà l’amministratrice e la colonna della casa del figlio.
Vive gli ultimi 36 anni della sua vita con il figlio Alessandro, la nuora Enrichetta Blondel, nuora dolce e gentile, che ama come una figlia,  e i loro otto figli,  tenuta insieme dagli affetti ma anche  dalla convenienza.. Alessandro Manzoni  non era un buon  marito, astratto, perso nella sua arte, egoista come tutti i geni, non si preoccupa delle necessità pratiche di una vita che, invece, ne aveva molte, soprattutto con una famiglia di ben otto figli, non si accorgeva  mai delle debolezze, delle fragilità, della stanchezza  anche fisica, di chi gli stava  intorno, sulle spalle della madre tutto l’andamento dei complicatissimi affari di famiglia e su quelle, debolissime, della moglie, stanca, sfinita dopo  dodici gravidanze.
Gli anni della vita di Giulia durante  matrimonio fra Enrichetta e Alessandro furono relativamente tranquilli,  alcuni  incontri  intellettuali interessanti,  spese e malanni erano completamente a carico di Giulia.
E' grazie a Giulia Beccaria se  noi possiamo leggere  "I Promessi Sposi"  .
Così facendo,  ha però impedito al figlio di imparare a crescere umanamente attraverso le difficoltà,  Manzoni rimase per tutta la vita un fanciullo nevrotico, incapace di vincere le sue paure, egoista e miope nei confronti di chi gli stava accanto. 
Il figlio Alessandro, era ipocondriaco, balbuziente, soffriva di agorafobia, la aveva paura di sentirsi male per strada senza che nessuno lo potesse soccorrere.
Alessandro che da giovane era inquieto, irrequieto e rancoroso fino almeno all’ incontro, a vent'anni, con sua madre Giulia, con il passare degli anni  manifesta  tutte le caratteristiche del nevrotico.  
Lo studioso Pietro Citati elenca in dettaglio tutte le sue fobie: a tavola viene preso dalle vertigini, a passeggio teme che le case gli crollino addosso o che una voragine lo inghiottisca. Non sopporta la folla, la terra bagnata, e il cinguettio dei passeri. Se si avvicina un temporale si sente venir meno le forze: vittima di questi traumi, trascorreva giorni e settimane senza far nulla..
Con la mente spenta  e vuota e lo sguardo perduto, la paura costante di cadere nella dissociazione nervosa, all'estraneità di ciò che gli accadeva intorno.
Pochi anni dopo la conclusione dei Promessi Sposi, la linea della sua vita cominciò a discendere: il breve fervore creativo si spense, e a meno di quarantacinque anni Manzoni diventò il puntiglioso revisore,  editore di sé stesso». 
Con il passare degli anni Alessandro Manzoni mette in atto una complicata strategia che gli consente di convivere con la sua nevrosi: conduce una vita meticolosa, cammina venticinque minuti prima del pranzo, pesa i suoi vestiti secondo la temperatura, va a letto sempre alla medesima ora e mangia sempre gli stessi cibi, prende a colazione il cioccolatte macinato in casa... Se l'angoscia lo assale, esce di casa e cammina per ore e ore lungo le strade o per la campagna: percorre anche trenta o quaranta chilometri al giorno, come se fosse inseguito, fino a tornare a casa spossato, ma calmo.
In ventidue anni di matrimonio Enrichetta, 



deve affrontare 15 gravidanze e dodici parti, con sette figli sopravvissuti  che ne minano gravemente la salute. Giulia si fa carico di tutte le spese e di tutte le incombenze materiali e organizzative della piccola tribù e fa vita ritirata, frequentando solo i pochi amici rimasti affezionati a lei e al figlio. Giulia adora i nipoti e si occupa della loro educazione con tenerezza. Quando nel 1833 Enrichetta muore, è la nonna a farsi carico di tutti quei bambini e adolescenti. 
Dopo la morte di Enrichetta vengono a mancare anche due figlie di Alessandro, Giulia e Cristina.
Dopo le perdite affettive, Giulia spinge il figlio ad un'altro matrimonio, con Teresa Borri,  ma la seconda nuora non sopporta la suocera, ne sfrutta tutti gli agi che Giulia concede,  da sempre, attraverso il suo patrimonio,  al figlio e alla sua famiglia.
Teresa Borri, era innamorata del ruolo di moglie del genio nazionale, sapeva mettere in luce il talento del marito, ma riteneva  la suocera  un intralcio.



Gli ultimi cinque  anni di Giulia, furono difficili, morì all'età di settanove anni, 8 luglio 1841, le amicizie che le rimanevano, come Cristina di Belgioioso,  da sempre amica affezionata,  avrebbero voluto starle vicino, ma il figlio Alessandro,  aveva dato istruzioni di non farla entrare in casa .
Giulia, nella vita è stata messa di fronte a scelte difficili, dapprima in anni giovanili, poi separandosi dal marito, scegliendo anni di felicità con Carlo Imbonati, la perdita dell'unico amore della sua vita  la spinse a fare la scelta più difficile, scegliere di dedicare tempo e denaro al figlio come unico e solo scopo,  nella morte  avrebbe voluto essere sepolta vicino al Conte Imbonati ma nemmeno questo fu possibile,  riposa ora nella villa di  Brusuglio accanto alla amata nuora Enrichetta Biondel.
Per almeno cent' anni dopo la sua morte gli studiosi l' hanno considerata donna "di facili costumi" e "madre snaturata". La verità è che era una donna del ' 900 nata nel ' 700



domenica 12 maggio 2019

La moglie segreta del Re Sole

  La moglie segreta del Re Sole

Anche questa volta, una mostra ci permette di conoscere una donna che ha fatto parte della storia di Francia, ci racconta di una delle relazioni più intime e segrete del Re Sole.
Sono passati 300 anni dalla morte della Marchesa di Maintenon, la moglie segreta  del re Luigi XIV, il Re Sole.
Il suo nome per intero era  Françoise d'Aubigné, nata da Constant d'Aubigné, figlio del poeta Théodore Agrippa d'Aubigné e Jeanne de Cardilhac.
Nata nella prigione di Niort il 27 novembre 1635, dove era rinchiusa tutta la sua famiglia a causa dei debiti e delle accuse di spionaggio di cui era accusato il padre.
Viene affidata ad una zia, Madame de Villette, sua zia paterna, al castello di Mursay, a nord di Niort, dove passò i primi anni della sua vita. La famiglia uscì di prigione nel 1642,  tentò di rifarsi una vita e una nuova reputazione all’estero. Salparono quindi per la Martinica, nelle Antille, il padre avrebbe dovuto essere il governatore dell’isola di Marie Galante. La piccola Françoise,  era affascinata da quelle isole, rivestite di fiori e foreste e popolate da indiani e bucanieri, la bambina era  felice, ma ancora una volta durò poco. Il titolo di governatore non fu ufficializzato e la famiglia si trovò in gravi ristrettezze economiche; così, nel 1645, il padre ritornò in Francia, cercando di farsi riconoscere il titolo di governatore dell'isola di Marie-Galante, titolo che non gli fu mai riconosciuto.
Questo soggiorno  le darà il soprannome di « bella indiana ».
Nel 1647, Françoise, ritornò in Francia con la madre e i fratelli,  appresero  la notizia della morte del  padre, che aveva lasciato solo debiti, la madre decise di abbandonare Françoise, e di tenere solo i figli maschi, venne così affidata di nuovo a Madame de Villette, che l'accolse amorevolmente, come una vera figlia, in seguito ci fu il problema della  religione, la zia era protestante, ma alla sua nascita Françoise, era stata battezzata nella religione cattolica. La Francia, in quel periodo, subiva ancora le conseguenze delle guerre di religione, quindi la sua madrina, Madame de Neuillant, fervente cattolica, ottenne dalla regina madre Anna d'Austria, una lettera per recuperare Françoise e permetterle di praticare il cattolicesimo.
Madame de Neuillant, che voleva salvare le apparenze davanti ai regnanti, e apparire come una  buona cattolica,  era una donna ricca ma molto  avida e poco amorevole di sentimenti, non voleva spendere nessuna cifra, per la ragazzina.
La povera Françoise doveva pulire, spazzare, lucidare ogni angolo della residenza, Françoise non si ribellava , ubbidiva ad ogni pretesa, anche alle richieste più strane, mai una lamentela o un segno di sofferenza.
Nel frattempo, la bambina cresceva e si trasformava in una graziosa adolescente. Aveva un viso dolce e regolare, animato da vivaci occhi neri, e lunghi capelli di un bel castano dorato. Stando ai suoi contemporanei, era alta e flessuosa e aveva una splendida carnagione.




Il fatto che fosse una bella ragazza, la paura che qualche pretendente la chiedesse in sposa e pretendesse una dote era diventato una fonte di preoccupazione per la zia, che non intendeva spendere denaro per l'orfanella, decise quindi di rinchiuderla in un convento delle orsoline di Parigi.
Anche nell'ambiente del convento,  Françoise dovette pagare con mortificazioni e digiuni il fatto che, per una parte della sua infanzia, fosse stata accudita da una zia protestante, e con la quale professava la stessa religione.
Un periodo veramente buio, che riuscì a superare grazie all'aiuto di suor Celeste, che la aiutò a trovare una profonda fede in Dio, cosa che l'avrebbe sostenuta nei momenti difficili, era però evidente che, malgrado fosse molto credente, non era adatta a fare la suora e venne rimandata dalla zia, la quale trovò un modo per liberarsi definitivamente e senza spese della nipote, la diede in moglie  al poeta burlesco Paul Scarron, più vecchio di 25 anni, con un aspetto orribile, grande fumatore di oppio, aveva denti color del legno, occhi grandi sporgenti, un corpo deforme e paralizzato in seguito ad un tuffo nelle acque gelide di un fiume alcuni anni prima, disposto a sposare Françoise senza alcuna dote.



La scelta era o il matrimonio o il convento, lamentarsi non sarebbe servito, accettò di sposarsi e accudì il marito, mentre lui le insegnava la poesia, l'arte della conversazione.
Nel salotto lettterario gestito dal marito giungevano nomi che godevano di una grossa fama, Françoise partecipava con entusiasmo agli incontri, sapeva intrecciare buone relazioni con tutti.
Nel 1660 il marito muore, e si ritrova ancora una volta povera ma con una acuta e brillante cultura, e molte conoscenze, queste utime le permisero di ottenere una piccola pensione per mantenersi, scongiurando ancora una volta l'entrata in convento. 
Per tre anni, ebbe una relazione con il marchese Louis di Mornay, ma essendo contro ai suoi principi religiosi lei stessa mise fine alla storia.



 Consapevole di essere povera, capì che nella corrotta Versailles c’era una sola merce rara: la virtù. Non avendo altro divenne una donna pia e devota, la fama di donna seria e religiosa la precedeva nei salotti mondani di Parigi dove conobbe la favorita del re Luigi XIV,  la marchesa di Montespan, era  la donna più bella del tempo, bionda alta con due grandi occhi azzurri, che  avevano  ammaliato il re Luigi XIV, tanto da offrirle poteri al pari di quelli della regina.


marchesa di Montespan

La  marchesa di Montespan, cercava una bambinaia per i figli che aveva avuto con il re, era più interessata a se stessa, che ai suoi figli.

Quando conobbe Françoise, ne  apprezzò le doti : modesta, discreta, perennemente vestita di nero, priva di gioielli e molto religiosa, sarebbe stata la bambinaia perfetta per i figli del re, e sopratutto non avrebbe attirato l' attenzione del re.


Françoise 

Era il 1669, Françoise, adorava i bambini, voleva migliorare il suo stato sociale, accettò il lavoro, si installò in un grande alloggio nelle vicinanze della capitale, mantenendo il riserbo, vedendo  il re in occasione delle visite in incognito ai propri figli. IL lavoro con la marchesa di Montespan, si rivelò difficile,  le rinfacciava spesso di essere di umilissime origini, di aver sposato un invalido, e la considerava una bigotta perchè era molto religiosa, ma era abituata alle cattiverie della zia, sopportò anche le umiliazioni della nuova padrona.
Malgrado fosse sposata, la marchesa di Montespan, nel corso della relazione con il re, che durò dieci  anni, diede otto figli al sovrano.
Françoise, si affezionò ai figli illegittimi del re, trattandoli come figli suoi,  quando morì la prima figlia, il re, si rese conto della sofferenza  della governante, che sembrava più profonda di quella della madre.  Il secondo figlio Luigi Augusto le fu affidato subito dopo la nascita, soffriva di rachitismo e tra di loro si instaurò un rapporto particolare, con cadenza annuale nasceva un nuovo figlio del re si trovò così ad allevare  anche il terzo e il quarto,  fino all'ottavo figlio.




Nel 1674 i figli del re vennero legittimati.la situazione con la sua padrona divenne sempre più complicata e chiese rinunciare all'incarico, il re per convincerla a restare,  le diede una gratifica sostanziosa.
Nel 1675, Françoise insistette col re, sfidando i capricci della marchesa de Montespan, che era assolutamente contraria,  per poter portare il suo secondogenito a fare delle cure termali a Bagéres, una località sui  Pirenei.

Bagéres

Il piccolo Duca del Maine, che soffriva di rachitismo, era impossibilitato a stare in piedi, dopo diversi mesi di cure rientrarono a corte, si presentarono al re,  tenendo per mano il piccolo, che era in grado di camminare. 
Il re rimase molto colpito dall'interesse che  aveva verso i bambini e le fu molto grato per i progressi del figlio.
Da quel momento divenne  per Luigi XIV la donna con cui allevare i suoi bastardi. 
Luigi XIV era sposato con Maria Teresa D'Asburgo  da quel matrimonio erano nati 6 figli, ma nessun sentimento d'amore, pare che la regina mangiasse aglio proprio per non essere avvicinata dal re che non sopportava il suo odore.


Maria Teresa D'Asburgo

Fin dai primi anni, il re aveva cercato compagnia di altre donne,  passando da un'amante all'altra, che lo seguivano anche nelle campagne militari, la marchesa di Montespan era riuscita ad avere un posto privilegiato nel cuore del re, ma i suoi continui capricci lo stavano stancando, ingelosita rese ancor più pesante  il suo atteggiamento verso Françoise,  minacciò di licenziarla, non ebbe il tempo di allontanarla dalla corte perchè  nel 1680,  si scoprì che la Montespan,  si era rivolta a streghe e fattucchiere, che somministrava al re filtri d'amore a base di urina e escrementi di capra per tenerlo legato a se, celebrando regolarmente anche messe nere, subì  una serie di processi che le rovinò la reputazione e destò scandalo in tutta la Francia.
La favorita del re cadde in disgrazia e il re la abbandonò.




Françoise, nel corso degli anni, migliorò la sua condizione sociale, si interessò al commercio di tabacco, acquistò una compagnia mercantile, una sorta di riscatto dalla povertà che fin dalla nascita era stata una compagnia sgradevole, con i guadagni ottenuti comprò un delizioso castello nella tenuta di Maintenon  e il titolo di Marchesa, divenne così Madame de Maintenon, nel castello si trasferirono anche i figli del re.
Il re cominciava a gradire la compagnia di Françoise, sebbene modesta era ancora attraente curava molto il suo aspetto, si massaggiava le mani con creme alle mandorle e usava impacchi per rendere morbidi i capelli  e si lavava il viso con acqua di rose, 
Si racconta, inoltre, che cucisse sacchetti di lavanda all’ interno delle sue gonne, camminando  lasciava una scia profumata che incantava il re, molto diversa dall’aroma di aglio della regina.
Pur gradendo le attenzioni di Luigi, Françoise voleva restare una donna rispettabile.
 Dopo la morte della regina Maria Teresa nel 1683 il re decise  di unirsi in matrimonio e la notte fra il 9 e il 10 ottobre, con una cerimonia segreta Françoise divenne  la  moglie morganatica del re, che vuol solamente dire  che non avrebbe avuto diritto a nulla, a nessun diritto di successione, alla morte del re.
IL matrimonio rimase segreto, non era ne sposa ne amante dichiarata, era trattata da regina nel privato,  ma esclusa nella vita pubblica, aveva la stima del re e la confidenza,  ma non poteva avere un influenza incondizionata sulle decisioni politiche.
E' stata accusata di essere stata la causa di ogni male.
 Gli storici oggi, non sono certi che il suo ruolo sia stato la causa del declino della Francia che in quel periodo era in guerra con quasi tutta l'Europa.
Nel 1686 fonda il collegio di Sain-Cyr, e la Maison Royale de Saint-Louis, dove verrà sepolta,  riesce a realizzare  le opere  in tempi rapidissimi e con un ampie possibilità economiche, sembra sia   l' unico omaggio ufficiale avuto da  Luigi XIV,
  "il solo segno visibile di quel reciproco impegno contratto nel segreto".
 L' idea di provvedere all' educazione e alla dote di 250 fanciulle provenienti da famiglie della nobiltà povera , era dovuto proprio  alla sua stessa esperienza.  
Tre giorni prima della morte del re,  avvenuta nel 1715 si ritirò a Saint-Cyr dove morì nel 1719.
 Lei stessa dettò un epitaffio della propria vita:

" Nella lunga esperienza che ho accumulato - giacché ho superato le 80 primavere - 
ho potuto constatare che la Verità esiste solo in Dio, e il resto non è che questione di punti di vista."

domenica 5 maggio 2019

Il coraggio di Cristina di Belgioioso eroina dimenticata

Il coraggio di Cristina di Belgiojoso eroina dimenticata

Il 28 giugno 1808, a Milano, nacque Maria Cristina Beatrice Teresa Barbara Leopolda Melchiora Camilla Giulia Margherita Laura Trivulzio, in una delle famiglie più illustri dell' alta aristocrazia lombarda, figlia di Gerolamo Trivulzio 





e Vittoria Gherardini,





da tutti chiamata (per fortuna) solamente  Cristina. 
Rimasta orfana di padre all' età di quattro anni, sua madre sposò dopo un anno di vedovanza Alessandro Visconti D' Aragona, 





da cui ebbe un figlio e tre figlie, fratelli a cui Cristina  era molto affezionata, 


Cristina e le sorelle 

si conosce poco della sua infanzia, le uniche notizie che sono giunte fino a noi sono di  una lettera che lei stessa aveva spedito all'amica Ernesta Bisi, dove si descriveva così:
" ero una bambina melanconica, seria, introversa, tranquilla, talmente timida che mi accadeva spesso di scoppiare in singhiozzi nel salotto di mia madre perché credevo di accorgermi che mi stavano guardando o che volevano farmi parlare.Mi credevo decisamente brutta… Dopo la nascita di mio fratello fui data a lui: dovevo farlo giocare  e senza lamentarmi passavo le mie ore di svago a spingere la sua carrozzina… Non ho mai avuto la compagnia di altre bambine”."



Cristina da giovane 

Per volonà maschile, a quei tempi,  il ruolo femminile  veniva confinato  tra le mura delle case, allontanando le donne da ogni studio, che potesse dare autonomia e capacità nel mondo degli affari, nelle famiglie nobili di quel tempo, era normale  insegnare in forma privata canto, musica e disegno.
Ernesta Bisi, pittrice e patriota, era l'insegnante di disegno di Cristina, e nonostante la differenza di età, tra le due si instaurò un rapporto di amicizia che durò tutta la vita, Ernesta Bisi fu colei che custodì tutte le confidenze private della principessa Cristina Trivulzio.


Ernesta Bisi 

Verso la fine del 1820,  sotto la dominazione austriaca, le frequentazioni del patrigno, che venne arrestato e imprigionato nel 1821 con l'accusa di partecipare ai moti di risorgimento, facilitarono l' avvicinarsi di Cristina alle persone più coinvolte nei movimenti di liberazione, che la misero a conoscenza delle tensioni politiche.
All'età di 16 anni, Cristina rifiutò il matrimonio con un cugino, anche questa una prassi normale, sposarsi tra parenti e in giovanissima età,  scelse invece di sposare il principe Emilio di Belgiojoso, nonostante la famiglia si fosse opposta. Era un giovane molto bello, ma proprio per la  sua passione per le donne,  portò nel matrimonio solo la sifilide e un mucchio di debiti.



Il matrimonio con la giovane Cristina, fu per lui una manna dal cielo, visto la  dote cospiqua di Cristina  la somma di 400.000 lire austriache, che oggi corrisponderebbero a 4 milioni di euro.
La mattina delle nozze, il 24 settembre 1824, la giovane ricevette in dono dal conte Ferdinando Crivelli un componimento dal contenuto bizzarro, in pratica si svelava quello che sarebbe stato il futuro che avrebbe avuto con questo matrimonio:  

"Che poi che teco alquanto avrà goduto,
lussureggiando andrà con Questa e Quella,
e invano ti udirem gridare aiuto:
ma come indietro più non si ritorna,
render solo potrai corna per corna".
Dopo pochi anni il matrimonio naufragò, il marito lasciò Cristina per una contessa, e si trasferì a Villa Pliniana a Como, 



ma non divorziarono mai, e se pur con distanza rimasero amici fino alla morte. Cristina respirava aria patriottica all'interno della propria casa, l'amica fidata era una patriota, le sue frequentazioni attirarono l'attenzione della polizia milanese, che fu costretta a fuggire dapprima a Lugano,  dove inoltrò la richiesta di diventare cittadina svizzera. Il governo austriaco, non poteva accettare che un personaggio di spicco chiedesse ad un altro stato la cittadinanza,  intimò alla principessa di rientrare a Milano, rifiutando ogni intimazione del governo austriaco, vivendo all'estero senza autorizzazione, fu considerata pericolosa per l’impero, e  le vennero sequestrati tutti i  beni.


Si rifugiò a Parigi, le sue condizioni economiche erano molto ridotte tanto che inizialmente confezionò pizzi e coccarde per poter vivere,  non frequentava quasi mai i teatri, ma si recava regolarmente alle sessioni della camera e alle prediche sansimoniane.

IL movimento sansimoniano, invitava  a credere  nel progresso, nella scienza e in una visione moderna dei popoli verso l'unità  cosmopolita, l'emancipazione femminile uno degli obiettivi più importanti.
Grazie alla  sua cultura riuscì ad ottenere un lavoro presso un giornale parigino, il “Constitutionel”, risolse i suoi problemi economici e le permise di trovare le sue vocazioni: il giornalismo e in particolare le attività poliche.
L' intervento della madre, gli permise di  tornare in possesso dei suoi beni, acquistò un appartamento nel centro della Ville Lumiére, riacquistò il ruolo che spettava, divenne una donna della scena mondana e intellettuale parigina, 



la sua casa fu il luogo in cui gli immigrati italiani, che combattevano il dominio austriaco, come Vincenzo Gioberti, Filippo buonarroti, incontravano gli intellettuali francesi,  Geroge Sand,  sua carissima amica, Thierry,





 amico per tutta la vita, Alfred de Musset che le fu innanorato e che Cristina ha sempre respinto,



 ospitò anche  Liszt,




 Chopin,



 Heine.



Non abbandnò mai la causa italiana, scrivendo articoli e aiutando i giornali patriottici, e anche molti esponenti.
Cristina Belgiojoso a causa della sua condizione di donna sola,  e del suo comportamento anticonformista, di donna che si dava arie di superiorità e non sottostava alle regole convenzionali. ricette tante accuse, e molte furono le  insinuazioni sul suo modo di essere.
 Persino Balzac, che pure l’ammirava, avendo notato che Liszt si tratteneva in casa sua sino alle undici e mezza di sera, concluse sdegnato: “Cristina non merita più riguardi: è una cortigiana”.

Le  testimonianze della sua bellezza inquietante, superano i documenti del suo percorso intellettuale, che pure era molto 
De Musset esalta l’ enigmatica bellezza della Belgioioso con queste parole: “Aveva gli occhi terrificanti di una sfinge, così grandi, così grandi che dentro di essi mi sono perso e non riesco a trovare la via d’uscita.”
Il poeta “Henry” invece, annota: “Quel volto mi ossessiona giorno e notte, come un enigma, che mi piacerebbe risolvere.”


francesco Hayez ritratto di Critina Belgioioso


La maternità, i mutamenti di scelte interiori, spinsero la principessa a chiudere il suo salotto di Parigi, mantendo  vivi i contatti solo con gli amici più stretti.
Andò  in Inghilterra per parecchi anni  e poi tornò nel suo paese natale, Locate,  dopo un periodo iniziale di sconforto, inizia  a ricevere  nella propria casa persone umili, così come riceveva uomini politici e letterati, ben presto esce dal suo torpore,  il 14 dicembre 1840  Cristina Trivulzio inizia la sua opera di riforma senza farsi intimorire dalle critiche fondate sul pregiudizio. Grazie a Cristina, e ai suoi interventi  dal 1840 al 1847, trasformeranno  il paese  di Locate Trivulzio, nel comune più progredito d’Italia. 

Quando scoppiarono le Cinque Giornate di Milano, nel 1848, Cristina da Roma, riuscì comunque a organizzare un piccolo esercito di 200 volontari da inviare nel capoluogo milanese, si unì ai patrioti della Repubblica Romana, con cui trascorreva ogni sua giornata.
Per incarico di Mazzini dirige e organizza, il servizio delle ambulanze e degli ospedali, diede vita al primo corpo di infermiere laiche, lei si distingue, ancora prima della famosa Florence Nightingale, se pur in sordina. Purtroppo, anche a Roma la rivolta viene  sedata con  l’aiuto dei francesi tanto amati da Cristina.  Anche questa speranza di libertà è tradita dal suo stesso amico Napoleone III,  i contrasti con Papa  IX che l'aveva accusata di principi irreligiosi, in quanto aveva accettato, l'aiuto di alcune donne romane dai costumi facili ma molto molto  utili,  per le cure dei soldati feriti  che giungevano agli ospedali.
Molto delusa salpa su una nave diretta a Malta ed inizia un viaggio che la porterà in Grecia per finire in Asia Minore, giunta nella valle di Ciaq Maq Oglù, oggi si direbbe Ankara in Turchia . Sola  con la figlia Maria e pochi altri esuli italiani, senza soldi, facendosi fare credito  riesce ad impiantare una azienda agricola. 
Da questo luogo partono lettere all’amica Caroline Jaubert, che diventano articoli e racconti delle sue vicissitudini.  Subi anche un' attentato che ridusse in fin di vita. Riesce così a tirar su un po’ di soldi e continuare a vivere per quasi cinque anni.
Porta la figlia Maria


 Maria Barbiano di Belgioioso


 a Gerusalemme, dove prenderà  la prima comunione. Siamo ormai nel 1855, con l'aiuto  della sorella Teresa,  ritorna a  Parigi.  Ritrova gli amici francesi, che  dopo il tradimento di Napoleone III e di  Roma  aveva perso. Stanca, grazie ad una amnistia, ottiene  i permessi dalla burocrazia austriaca, torna finalmente a Locate.
Nel  suo viaggio in Oriente, venne contattata per dare pareri di carattere medico, all'interno dell'harem, riuscì ad avere un contatto diretto, e degli scambi con queste donne,  scoprì le regole e i meccanismi  che vi vigevano, definendo  la condizione femminile, le donne dell’harem erano  vittime sia delle leggi della società, sia delle leggi  dettate all’interno dello stesso harem.
 Attraverso  tre racconti contenuti in “Scènes de la vie turque”,



 la principessa  fece conoscere  le grandi disuguaglianze tra uomo e donna,  la differenza anche in un legame affettivo,  il destino che veniva comunque determinato dalla condizione sociale. 
In uno dei suoi ultimi saggi, Cristina scrisse,  le sofferenze e le umiliazioni subite dalle donne nel corso della storia, le limitazioni che hanno dovuto superare poter contribuire anche con tante  difficoltà, per raggiungere la via della felicità. In seguito all'Unità d' Italia del 1861  lasciò l'attività politica. 
Garibaldi e Cattaneo l'avevano definita la "prima donna d'Italia" era bella colta intelligente, che lottava per affermare i sui ideali, rischiando personalmente la sua posizione, il suo patrimonio, la sua stessa libertà per paradosso voler liberare i dirittti di tutte le donne 
Da questo momento viene dimenticata da tutti, quasi non servisse più. e si ritirò sul Lago di Como  a Blevio 



dove passò gran parte dei suoi ultimi anni; non aveva più legami  a Parigi e la sua vita era dedicata alla figlia e alle nipotine. 
Scriveva di se: “Vedo le rughe solcarsi a forza sulle mie guance ed imprimere al mio volto un’espressione di severità, o di noia, o di indifferenza, che non ebbero mai il loro corrispettivo né nel mio cuore, né nella mia testa”.
Continuò a studiare, a interessarsi di cose politiche e a scrivere.


nel 1870

Nel 1871. muore di pomonite ancora giovane,  a soli 63 anni. Aveva avuto una vita con molte peripezie e aveva sempre sofferto di varie malattie. Venne seppellita a Locate, dove si trova ancora oggi.