Galleria
Vittorio Emanuele di Milano
Sto
passeggiando nel salotto di Milano, sono ferma all'ottagono della
Galleria Vittorio Emanuele II di Milano, sotto la grande cupola di
ferro e vetri, al centro, dove si incrociano le braccia che diramano
la galleria.
Qui
si vedono sfrecciare in " giacca e cravatta" (uomini e
donne) che freneticamente si recano ai propri uffici di lavoro,
turisti carichi di borse che entrano ed escono dai bei negozi.
Dobbiamo
dire grazie all'Expo se Milano, dopo un periodo abbastanza lungo di
abbandono e di incuria, (si parla di decenni), ha dato il via a tanti
lavori di recupero della città, in questo caso il restauro della
galleria.
Vale
davvero la pena, alzare lo sguardo e rivedere i colori dell'epoca,
i
bianchi, i giallini, e le tonalità originarie dei marmi e dei
graniti, ora con uno sguardo attento, si notano persino le
sfumature.
I
finestroni ripuliti dall'inquinamento consentono alla luce di
filtrare,
sembra di essere tornati indietro ai giorni del 1867 in cui
veniva inaugurata
Nell'aria
si sentivano i cambiamenti, che giungevano dalle altre capitali
europee, Londra e Parigi. Si cominciavano a sentire le prime
indiscrezioni su una futura Unità d' Italia, Milano, che da sempre
era la capitale economica d'Italia, non poteva essere da meno a
nessuno....
La
Galleria è stata progettata subito dopo l’annessione della
Lombardia al Regno Sabaudo,
Nel
1859 venne indetto un primo concorso internazionale per il progetto
di sistemazione della Piazza Duomo che collegasse il Duomo con la
Scala, ma per mutamenti politici, non vennero presi in
considerazione, la proclamazione dell'Unità d'Italia era nell'aria
ed è avvenuta nel marzo 1861.
Un
secondo concorso, venne indetto nel 1863, furono 176 i partecipanti,
vinse il premio Giuseppe Mengoni, architetto e ingeniere emiliano,
con grandi idee di innovazione, che aveva acquisito girando in
lungo e in largo per l'Europa.
sotto la cupola mosaico che rappresenta l'Asia
sotto la cupola mosaico che rappresenta l'america
Mengoni,
col suo progetto, colpì l'attenzione della commissione esaminatrice, creando un rettilineo che mettesse in comunicazione due piazze,
quelle della Scala e quella del Duomo, attraverso un passaggio
coperto.
mosaico sotto la cupola che rappresenta uno dei quattro continenti
Nacque così l'idea della galleria, costruita in ferro e
vetro, era l'innovazione del secolo, che diede spunto anche alla
torre Eiffel, e al palazzo di Cristallo a Londra.
Non
esiste un' altro paese al mondo, che ne possieda una simile, alcune
riproduzioni le troviamo solo in Italia , una delle maggiori è
quella di Napoli.
I
lavori vennero affidati ad una compagnia Inglese, e iniziati nel
1865,
La
prima pietra venne posata alla presenza del Re d'Italia,
dove
ora c'è l'ottagono
della galleria, l'evento
fu ricordato da un grande quadro di Domenico Induno,
in soli tre anni fu
aperta al pubblico anche se ancora non era stata completata, i
lavori si protrarranno
per circa dodici anni, nel frattempo la società inglese fallì,
il Mengoni si accollò
personalmente le spese per terminare i lavori poi
fu acquistata dal comune.
il cantiere delle gallerie Vittorio Emanuele II
Pochi
mesi prima dell'inaugurazione il Mengoni cade da una impalcatura del
cantiere, non è mai stato chiarito se si fosse buttato o e fosse
caduto accidentalmente.
Per
sistemare la piazza del Duomo e la Galleria furono abbattuti, diversi
quartieri popolari, le critiche della popolazione,
il fallimento
della società londinese, avevano comunque lasciato un segno
nell'animo del Mengoni.
L'inaugurazione
avvenne nel 1867, una rivista femminile, il corriere delle dame la
descriveva così: (fonte web)
“Il
pavimento è condotto a terrazzo con smalti, ed è opera
elegantissima di artisti veneziani. Nel mezzo dell’ottagono quattro
grandiosi mosaici del Salviati rappresentano gli stemmi d’Italia e
d’Inghilterra avvicendati. Le botteghe, che in numero di 96
occupano tutto il piano terreno dei due lati del fabbricato, sono
vaste, eleganti e chiuse da ampie portiere di vetro: tra l’uno e
l’altro ingresso e sopra basamenti di marmo si alzano delle svelte
lesène ornate di stucchi a disegni svariatissimi, e che salgono fin
sopra il primo piano, ove una loggia corre, circondata da una bella
balaustra, su cui sono allogati gli stemmi delle cento città
d’Italia, attorno a tutto l’edificio. Il primo piano ha finestre
ampie e maestose, e al disopra s’alza un secondo piano assai basso
e quasi completamente mascherato dalla balaustra della loggia, che,
secondo noi, costituisce un vero difetto, perchè evidentemente non
risponde all’insieme del disegno. Il terzo piano, che meglio
sarebbe stato il secondo, sorge in belle proporzioni, e le finestre
di esso elegantemente architettate sono intercalate da grandiose
cariatidi, le quali sopportano un ricchissimo cornicione, da cui poi
si spiccano gli archi di ferro della invetriata.
Diveniva così
il salotto buono di Milano, con i suoi ristoranti ,i suoi caffè con
i tavoli all'aperto dove Toscanini, apportava modifiche ai suoi
spartiti, mentre Puccini prendeva spunto e scriveva le sue note. In
questa galleria facevano tardi Giovanni Verga e Thomas Hardy, mentre
un giovane Hemingway, un secolo fa la descriveva così:
" Ci
piaceva stare fuori in Galleria, i camerieri andavano e venivano
intorno a noi, una fiumana di gente ci scorreva davanti,su ogni
tavolo c'era la sua lampada col piccolo paralume".
Ma la galleria
era anche il cuore delle passioni che si accendevano, traboccavano,
volavano le parole e si arrivava anche alle mani.
Umberto Boccioni
ne ha rappresentato la focosa vitalità con il quadro "Rissa
in Galleria", che si trova alla Pinacoteca di Brera.
Immaginiamo una
Milano, dove gli strilloni urlavano le ultime notizie dei giornali,
dove tanti milanesi privilegiati, si incontravano al bar Campari,
acquistavano abiti di classe, e cappelli Borsalino, mentre gli
intellettuali frequentavano la bellissima libreria Bocca.
La galleria è
così,..... democratica se ci si limita al passaggio, decisamente
snob se si vuol sostare...una tradizione , forse l'unica rimasta e
dura a m
Sono
rappresentate diverse città italiane nei pavimenti di marmo della
galleria,
lo Stemma di
Firenze,
lo Stemma di
Roma
lo Stemma
Sabaudo,
il toro che
rappresenta la Città di Torino,
la tradizione,
ci racconta di una rivalità tra Torino, a quei tempi capitale
d'Italia, e Milano , ricca, industriale ed economica, tanto che i
milanesi, come scherno e affronto alla capitale, passeggiando in
galleria, ponevano il piede per schiacciare gli attributi del povero
toro,
compiendo una rotazione completa ad occhi chiusi, usanza che è
attiva ancora oggi, tanto che nella zona si è venuto a formare un buco.
Nella notte
tra il 12 e il 13 agosto 1943, i bombardamenti hanno colpito Milano
duramente, più di 1200 bombe, molte incendiarie sganciate in sei
ondate successive hanno sbriciolato il centro della città, un'ala
del Palazzo Reale in fiamme, il Duomo, Palazzo Marino, la
Rinascente,brucia l'arcivescovado, viene colpita Santa Maria delle
Grazie, il Cenacolo Vinciano si salva grazie a dei sacchi di sabbia,
la struttura della galleria completamente divelta, il cielo di vetro
completamente infranto, i bei pavimenti di marmo distrutti,
squarciati.
Con la
liberazione il 26 aprile 1945, la priorità assoluta è ricostruire.
Dieci anni dopo il 7 dicembre 1955, in occasione della festa di
Sant'Ambrogio, si inaugura la nuova galleria.
La galleria è
così,..... democratica se ci si limita al passaggio, decisamente
snob se si vuol sostare...una tradizione, forse l'unica rimasta e
dura a morire.