il filo dei ricordi-racconti

domenica 13 gennaio 2019

VINCENZO VELA E LA SUA GIPSOTECA


                                                                                                            VINCENZO VELA E LA SUA GIPSOTECA 

A pochi chilometri da casa mia,  presso Ligornetto, un paese nella vicina Svizzera,  in un splendore bianco di gessi e marmi, le opere di Vincenzo Vela e degli altri esponenti della famigli sono esposte, l'audio guida mi informa,  le schede illustrative presenti in ogni sala completano le informazioni. 
 Appena entrati, rimango stupita e con me,  chi mi accompagna, lo stupore che ci accomuna  in alcune sale è grande.
Questa è la casa di Vincenzo Vela, che quando era in vita, lo scultore stesso, ha deciso di convertire la sua casa,  in museo e lo ha donato alla sua  cittadina.





Le sue stupende statue, sono elevate  su essenziali piedistalli bianchi, le pareti, le volte, tutto è candido. 
Nella sala prima sala al centro ci accoglie  Spartaco, che digrigna i denti per la libertà, 




 alla nostra destra un'opera struggente e veritiera, sembra sia stata concepita di recente tanto è attuale, 
Le vittime del lavoro....







Dal WEB:
Il 23 maggio del 1882 veniva ufficialmente inaugurata la Galleria ferroviaria del San Gottardo. Era una delle più importanti conquiste tecnologiche del tempo: si trattava del traforo ferroviario più lungo del mondo, un tunnel di quindici chilometri e tre metri che scorreva tra le viscere delle montagne svizzere, sotto al passo del San Gottardo, per unire i due borghi di Airolo e Göschenen, il primo nel canton Ticino e il secondo nel canton Uri, consentendo alla Svizzera di collegarsi al resto d’Europa.
Per il completamento dei lavori ci vollero 10 anni, anni difficili per le diverse difficoltà tecniche, che provocarono parecchi ritardi, le condizioni dei lavoratori erano molto dure senza alcuna sicurezza. Si trattava di operai quasi esclusivamente italiani, all’incirca il novantacinque per cento della forza lavoro impiegata al Gottardo, per lo più provenienti dalle aree rurali povere del Piemonte e della Lombardia. Nella Galleria del Gottardo si lavorava ventiquattr’ore su ventiquattro su tre turni, ma in condizioni estreme e molto difficili. Ogni giorno, circa ottocento operai per ogni turno trascorrevano otto ore al buio e al chiuso, senza poter vedere la luce naturale neanche per un minuto, tra la polvere e le esalazioni causate dalle macchine adoperate nei lavori di scavo. La temperatura all’interno del tunnel oltrepassava spesso i trenta gradi, e talvolta sfiorava i quaranta, la scarsità dei servizi igienici provocò il diffondersi di malattie, molti operai, a causa della proliferazione di parassiti, si ammalarono di anchilostomiasi, una patologia da allora nota anche come “anemia del Gottardo”, e gli alloggi erano scarsi e fatiscenti.
Vincenzo Vela ha ben rappresentato in quest'opera lo sfruttamento e la morte dei lavoratori....




La  sala centrale ottagonale è altissima, il  monumento equestre del conte di Brunswich, ci colpisce,  poi tutto intorno si  raccolgono i busti degli esponeneti del risorgimento italiano: 


  



Uno stupendo Conte di Cavour  rilassato sulla poltrona, ha però un  piede in parte sollevato.



 Statue  femminili, allegoriche come Italia e Francia,


Italia riconoscente alla Francia 

 Vittorio Emanuele II, 



Garibaldi. 




Le sale si snodano, uno dei  pezzi che veramente colpisce è Napoleone morente, o meglio il gesso degli ultimi momenti di Napoleone I, l'opera trasmette la mancanza di energia, l'abbandono umano, il corpo sfinito di un uomo che ha perso tutto, un  uomo stanco e malato, assorto nei pensieri. 
Sul volto i pochi capelli umidi di sudore, scendono  sulla fronte ampia, le guance scavate lo sguardo perso. 




Alcune stampe legate al mito Napoleonico sono appese alle pareti.
 In questa sala non poteva mancare il busto di Dante Alighieri, 
 di Torquato Tasso....ma non solo, qui troviamo anche un'intellettuale politico liberale ticinese, che ha promosso l'istruzione pubblica laica nel cantone, Stefano Franscini presentato frontalmente, avvolto in un mantello, con i libri e gli incartamenti  hanno rappresentato la missione in cui credeva. 



La sala dei giochi è situata in quello che era il salotto di casa Vela, ad adornare il camino, Vincenzo Vela esegue una scultura tra le più seducenti del suo repertorio, il nudo femminile diventa protagonista....la testimonianza di affrontare il nudo femminile con risultati  di grande effetto.



In questa sala troviamo una  scultura di genere che rappresenta una bimba che gioca col cane, si tratta di Leopoldina d'Adda.




Ma  ci ha veramente stupiti:
La preghiera del mattino, un'opera commissionata a Vincenzo Vela dal grande collezionista d’arte, Giulio Litta,  che  in quell’occasione lasciò la libertà  al giovane  di sceglierne il soggetto,  sicuramente la fiducia è stata l'elemento che ha reso il  risultato finale un successo, una scultura  stupenda, un capolavoro giovanile dello scultore, dove l'intimo e la naturalità, si scambiano.
La scultura rappresenta una bellissima ragazza, tutto è dettagliato con cura particolare: dalla posa morbida, inginocchiata su un cuscino, che si accinge a recitare la prima preghiera della giornata, dalle guance lisce del viso, il tessuto morbido della veste, la copertina del libro di preghiere, le  ciocche di capelli  ancora spettinati che ricadono sulla spalla, tutto trasmette una sensualità involontaria.







Verso la metà del XIX secolo, prendeva piede la  “scuola di Milano”, sostenuta da collezionisti d’arte contemporanea come  Giulio Litta e CarloTenca, che  apprezzarono da subito le qualità della nuova generazione di scultori, i quali che volevano uscire dalle gerarchie delle accademie, che volevano rappresentare la quotidianità. 



Importanti  i monumenti funebri, 


monumento di Gaetano Doninzetti

Maria Isimbardi D'Adda ad Arcore 

ma in  questa sala, la fa da padrone la scultura di un bellissimo Ecce homo,  dove traspare la sofferenza di Cristo, un uomo sofferente, molto distante dalla rappresentazione divina, l'ecce Homo è il monumento della tomba della famiglia Vela nel cimitero di Ligornetto.




Vincenzo Vela nasce in un villaggio ticinese nel 1820,  si trasferisce presto a Milano, come apprendista scalpellino, frequenta l’Accademia di Belle Arti di Brera a partire dal 1835, seguendo corsi sia di scultura, sia di pittura. 
Inizia  il suo percorso artistico, subisce  l'influenza dalla pittura romantica di Hayez e inizia la sua carriera come scultore. Sebbene abbia  una produzione  consistente, gestiva ben tre botteghe a Milano per far fronte alle richieste, la critica però non apprezzava  per il suo spirito ribelle, combattente nel risorgimento, scultore accademico ed eversivo.




Vincenzo Vela, è stato un uomo che ha vissuto il suo tempo, si è impegnato sia come artista che come patriota. 
Oggi è considerato uno dei più celebri scultori del secondo Ottocento,  nella sua gipsoteca, che ci ha sorpresi  per la  monumentalità,  raccoglie i modelli originali in gesso di quasi tutte le sue sculture. 
Si possono ammirare i bozzetti in terracotta e gesso, anche delle opere che  non sono state accettate, notevole anche la biblioteca di famiglia, che avvalora più di 1000 volumi tutti sistemati in mobili d'epoca. Il museo conserva i lasciti dello scultore Lorenzo Vela, e del pittore Spartaco Vela



figlio di Vincenzo, una  serie di quadri ottocenteschi  di pittura Lombarda, alcuni di Gerolamo Induno,






e di pittura  Piemontese , oltre ad   una sorprendente raccolta di fotografie d'epoca che viene considerata tra le più antiche collezioni svizzere di fotografia. 

4 commenti:

  1. Da come scrivi il racconto sul museo di Vincenzo Vela mi sembra di essere la ......scrivi in un modo piacevole brava Enrica......Maurizi M G.

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  2. La tua descrizione è Arte nell'Arte Enrica. Ancora una volta sei stata capace di accompagnare il lettore come fosse al tuo fianco durante la visita. Complimenti e grazie, ciao.
    Pino Pau

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  3. Grazie per questa notevole galleria di opere d'arte che non conoscevo. Un vero artista che rispecchia la sua epoca

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