il filo dei ricordi-racconti

giovedì 6 marzo 2014

gli occhi di nonna Licia



Nonna Licia, la mia nonnina, mi racconta tanti aneddoti della sua gioventù, e ogni tanto ci scappa una risata.
In una bella giornata d’estate, Licia con il suo fidanzato, Luigi,  decidono di scendere a Como per vedere il lago e fare una passeggiata prima nel tratto che porta a Villa Geno,



per poi fare i Giardini di Villa Olmo e costeggiare il lago, dice che a quei tempi si faceva la traversata a nuoto del lago tra le due Ville che, infatti stanno quasi di fronte l’una all’altra.



 La bicicletta, una Bianchi di colore nero da uomo,era il loro mezzo di trasporto,




 lei si sedeva sulla canna e lui pedalava portandola a spasso, da Montano Lucino attraverso i paesi sono giunti a Como e proprio sotto l’ombra della seconda torre, (due torri che ancora oggi esistono), un vigile si era appostato.



Mentre si stavano avvicinando al passaggio a livello, hanno sentito le campanelle che avvisavano che sarebbe passato il treno, e le sbarre di sicurezza si sono abbassate, erano perciò fermi in attesa che il treno passasse e le sbarre si alzassero, ma un “Ghisa” così lo chiama la nonnina, vestito di bianco li ha fermati e ha fatto loro una multa di 150 lire…. Non si poteva andare in due su di una bicicletta….



Centocinquanta lire, erano davvero tante, così  desolati, sono scesi fino al lago a piedi, Luigi spingeva la bicicletta, Licia a piedi, addio gelato, per fortuna Luigi aveva sempre qualche soldo più di lei, altrimenti come avrebbero potuto pagare il “Ghisa.Tornando a casa, sempre spingendo la bici, Luigi ha messo male il piede  e si è  slogato  una caviglia, in pochissimo tempo si gonfia tutto il piede, tanto che deve slacciare la scarpa e usarla a mo di ciabatta schiacciando la parte dietro sotto il tallone.
Ma quando finisce male….
Peggio continua, una acquazzone estivo, si è abbattuto su di loro, che sono riusciti a trovare rifugio sotto il ponte di Santa Teresa, arrivata in ritardo a casa, bagnata con Luigi zoppo, con il piede gonfio, si è presa anche una ramanzina dalla madre dal padre e dagli zii, visto che abitavano tutti insieme.




Mi dice sempre:
-"Quando ci siamo sposati ho voluto, e dovuto,  fare tanti sacrifici, per comperare questo appartamento,  ma mi sono sentita libera, perché anche se ero giovane, avevo già vissuto in famiglia, come se fossi stata con 10 suocere, questo era il mio nido, e lo è ancora, sono stata felice e fortunata."  
Suonano alla porta sono due dei suoi nipoti, figli dei suoi figli:
Come sei bella nonna oggi, vero Monica?  dice il giovanotto,
La nonna, sveglia, dice: -“ di cosa avete bisogno?”
-“Di nulla nonna … oggi pranziamo con te, ci offri la pizza noi la ordiniamo e la andiamo a prendere….”
-“Lo sapevo che c’era l’inganno, altro che sei bella nonna!!! “  Mi fa l’occhiolino…
-“Nonna sei bella davvero, quanti anni hai? Non hai rughe, gli occhi sono azzurri e poi guarda che bei capelli”



La ragazzina dice: -“ i tuoi occhi sono come i miei….”
 Risponde: -“ non hai vergogna a chiedermi quanti anni ho?”, poi con un sorriso dice: - non prendetemi  in giro”.
-“Facciamo così,  Andrea a te, do  i miei capelli, e tu mi dai i tuoi,  per  te Monica, lo scambio dovrebbe essere equo, visto che sono uguali, Io ti do i miei occhi e tu prendi i miei, siete d’accordo”?
Ma nonna!!! dicono i ragazzi

-“Imbroglioni, andate ordinate la pizza che intanto io preparo la tavola”
Rideva la mia nonnina, felice di tanta attenzione, anche se lei dice che volevano scroccare solo una pizza.




lunedì 3 marzo 2014

  Il castello di Fenis 

Ogni volta che ho la possibilità di fare una gita, torno a casa con la voglia di raccontare, quello che ho visto, quello che mi ha colpito, c’è qualcuno a cui piace leggere il resoconto (se così si può chiamare) delle mie girate in compagnia, ma c’è sempre qualcuno che deve trovare qualcosa, per rendere difficile ogni mia iniziativa, facendomi qualche conto in tasca.
Questo è un periodo difficile per tutti, tanto,  anche per me, il lavoro è poco, e non si può fare quel che si vorrebbe, ma voler pensare, di fare letteralmente i conti in tasca al proprio prossimo, mi sembra un tantino troppo.


 Allora preciso che le gite alle quali partecipo con  le mie  amicizie sono veramente contenute al limite delle spese. Spesso molto spesso veniamo ospitati da amici, con i quali ricambiamo l’ospitalità, dividiamo le spese di viaggio e di altro genere. Per quanto riguarda le gite di un giorno, molto spesso, sono organizzate da amici ai quali ci aggreghiamo pagando cifre veramente modiche. Sono altresì convinta che chi vuol malignare lo farà comunque , per non pensare a tutto questo, vi racconto dove sono stata ieri, grazie ad una gita organizzata dalla mia amica Marisa.



Come sempre alle 6,30 del mattino con mia sorella e Luisa sono al punto di ritrovo, insieme a tante altre persone, saliti sul pullman, la nostra destinazione è la Valle d’Aosta. Dopo una settimana di pioggia, il tempo sembra volgersi al bello, infatti si vede il sole, spuntare dietro le nuvole, le montagne ci accompagnano durante il viaggio, come sentinelle che controllano il nostro passaggio, alcune sono solo spruzzate di neve,  mentre il viaggio continua, alla mia destra si apre una catena di montagne innevate,


 onestamente ne io ne la mia compagna di viaggio seduta al mio fianco, siamo così brave da capire se è  il Monte Rosa o se è già il Monte Bianco, non  so se non ho il senso dell’orientamento o una bassa preparazione in geografia, ma so che sono bellissime, e se proprio devo dirla tutta  in quel momento mi basta, è proprio una barriera che circonda, insomma è la catena delle Alpi, quella che ci separa dai venti freddi, quella che ha fermato nei secoli le invasioni barbariche.


Arrivati a destinazione ci rechiamo al castello di Fenis, che è situato su di un lieve poggio, privo di ogni protezione.
Il castello che inizialmente aveva solamente una sola serie di mura di protezione venne poi dotato di una seconda recinzione di mura merlate e di diverse torri, da cui le guardie potevano vedere attraverso feritoie, che sono delle aperture verticali strette all’esterno ma molto più larghe all’interno per permettere di poter colpire il nemico rimanendo protetti, non versavano olio caldo come di potrebbe pensare, ma sassi, e frecce,  perché in valle d’Aosta, l’olio era poco e aveva altri scopi di uso.



E’ conosciuto per la grande architettura, che è il frutto di diversi rifacimenti e ricostruzioni nel corso dei secoli dalla famiglia Challant, che ne ha mantenuto il controllo e il prestigio per circa 5oo anni, per poi succedere nel 1716 al Conte Baldassarre Castellar di Saluzzo Paesana. Purtroppo le vicende delle nobili famiglie condussero il castello prima all’abbandono, poi al degrado, tanto che venne addirittura usato come casale rurale, con stalle e fienili, solo nel 1895 un architetto, archeologo e pittore portoghese lo acquistò dallo stato Italiano, restaurò le parti decadenti, ma purtroppo degli arredi che facevano l’importanza di questo luogo non fu più trovato nulla.


 Va precisato che malgrado l’apparenza,  questo castello serviva come residenza signorile, come sede di rappresentanza della prestigiosa famiglia, unita per interessi economici, ma anche matrimoniali alla famiglia Savoia, per cui molto spesso, queste residenze  servivano a dimostrare le caratteristiche di potenza e ricchezza dei proprietari, e ad incutere timore e obbedienza dai propri sudditi. Il castello raggiunse il suo massimo splendore sotto il controllo di Bonifacio I di Challant, che apportò diversi lavori di costruzione e fece  affrescare diverse pareti, comprese quelle del cortile interno e della cappella,



 ora diversi affreschi risultano sbiaditi, nel cortile interno dove termina la visita guidata, le pareti erano interamente decorate in stile gotico, circondato su tre lati da una balconata su cui si snodavano affreschi di saggi, uno diverso dall’alto, con didascalie scritte in francese antico, e il pregevole affresco di San Giorgio che uccide il drago che sovrasta tutta la scalinata.




Ho visitato inoltre una distilleria e anche il castello di Issogne ma ne parlerò in un altro
 racconto.

martedì 18 febbraio 2014


Il FRIULI, IL TAGLIAMENTO E SPILIMBERGO

L'Italia e le sue regioni, così diverse, ma così simili nello sfruttare tutto quello che la natura metteva e mette loro a disposizione,  il sapere antico che con arte e maestria, ci fa diversificare agli occhi del mondo.


La forza di una popolazione, che dai sassi, ha trovato una forma di lavoro, da certosini, tanto da diventare una scuola che è, nel suo genere, punto di riferimento e sperimentazione unico al mondo.



Il Tagliamento,  il fiume che attraversa la regione Friuli Venezia Giulia, è il più  importante di questa regione, ha una lunghezza di 170 km e un bacino di circa 3.000 km.
Viene definito il Re dei fiumi Alpini, è l'unico in tutto l'arco Alpino e in Europa ad aver mantenuto, e preservato la caratteristica di fiume a canali intrecciati, un fiume che ha un alveo molto profondo e ampio, ricco di ghiaia, che attraverso una serie di canali  i quali intrecciandosi  tra loro, trasportano verso valle parecchi sedimenti.




Purtroppo al cambio di pendenza, dopo un tratto montano, trovando la pianura, l' acqua non ha più la forza, per trasportare il carico di materiale convogliato, in questi tratti il sedimento si ferma formando isole ghiaiose, e ciottolose che ostacolano lo scorrimento del fiume, e lo costringono a dividersi in numerosi canali secondari.


Il più delle volte la natura fa il suo corso, segue una causa naturale, per esempio, eventi di piena eccezionali, oppure proprio per l'intervento dell'uomo, che estraendo inerti dai letti del fiume, ne restringe l'argine 

DAL WEB:

Il fiume Tagliamento viene ritenuto un ecosistema estremamente prezioso ed interessante, essendo considerato l'ultimo corridoio fluviale morfologicamente intatto delle Alpi.  Infatti per buona parte del corso, ed in particolare nel medio tratto fino a Pinzano, l'intervento invasivo dell'uomo è stato pressoché nullo e le dinamiche fluviali presentano un grado di naturalità unico inEuropa. Grazie a questa sua caratteristica, il Tagliamento viene studiato da università ed istituti di ricerca di tutto il mondo, ed è stato preso a modello per interventi di ri-naturalizzazione fluviale

Ed è proprio sul greto del Tagliamento che, agli inizi dell’anno scolastico …. si recano gli allievi della Scuola di Mosaico, guidati dagli insegnanti, per farne una scelta ed un necessario rifornimento, i sassi vengono aperti con un colpo secco di martello per scoprire l’intima fibra e la recondita vena cromatica, in pratica, il colore, che hanno all'interno, per aver la possibilità di impiegare, tale colore, per realizzare questa o quella figura o qualche particolare di quell'opera .







Nel 1922, nasce la Scuola Mosaicisti del Friuli, che assegna a Spilimbergo il nome di città del mosaico, sotto la guida di insegnanti esperti e qualificatissimi, vengono eseguiti, sulle tracce dell’invenzione del mosaico a rovescio vengono eseguiti lavori di ogni tipo, su bozzetti di alcuni tra i più illustri artisti contemporanei.



La fama della Scuola è ben meritata e, ben oltre il comune apprezzamento, lo sta a dimostrare il credito ed il prestigio che essa gode in tutto il mondo, là dove, da Detroit a Los Angeles, da Parigi a Tokio, da Buenos Aires a Canberra.

Spilimbergo, oltre alla scuola, offre ai suoi visitatori, il Castello,



 il Duomo è uno dei più importanti edifici gotici del Friuli, con all'interno affreschi risalenti al 300, e un organo del 500 di grande valore.







lunedì 17 febbraio 2014

SESTOLA, LO SCI SULL'APPENNINO MODENESE

SESTOLA, LO SCI SULL 'APPENNINO MODENESE

E domenica piove e c'è tantissima nebbia, non si può uscire, per cui mi metto al lavoro. Alla televisione parlano dell'Appennino Modenese del Monte Cimone e di Sestola.
La signora per cui lavoro mi parla sempre di Sestola delle passeggiate nei boschi d'estate, delle sciate dei suoi figli d'inverno, mi parla del castello e del lago della Ninfa e del passo del Lupo, i Giardini Hesperia  e di Barigazzo con le terme.
Sestola è un paese sull'Appennino modenese, conosciuta per la Fortezza, che venne edificata nell' VIII secolo, un complesso monumentale di grande rilievo, diversi sono gli edifici che la compongono, suddivisi tra il "Borgo", la "Zona militare e di servizio" e la Rocca sede amministrativa e di governo , interessanti sono L'oratorio di san Nicola e la palazzina del comandante, la torre dell'orologio.


Ma alla televisione, oltre a farci vedere le bellezze della zona, durante la bella stagione, e le montagne innevate, ci parlano di una gara sugli sci.
In questo periodo si stanno svolgendo le Olimpiadi Invernali a Sochi, in Russia, ma non stanno parlando di atleti che praticano lo sport per agonismo, inteso come scopo di vita, è una gara diversa.
Infatti si sfidano sulle nevi, dei sarcedoti, nel Campionato Italiano Sacerdoti e Religiosi sciatori organizzato dal CSI di Modena, reggio Emilia, e Carpi in collaborazione con la Scuola Sci di Sestola e del Monte Cimone.


Si sono sfidati, in una gara di slalom gigante, 39 atleti, fra sacerdoti, frati, e collaboratori Religiosi.
Sulla pista del Beccadella di Passo del Lupo, il vento a creato qualche problema agli organizzatori, ma in realtà la simpatica kermes è stata portata a termine con successo. 


Vedere parroci super attrezzati e frati sciare con il saio, è stata per me una cosa anomala, nelle interviste fatte, di sentiva comunque lo spirito di partecipare per vincere, rispondendo alle domande degli intervistatori anche con battute spiritose.


Sono sicura che ricorderete tutti Papa Giovanni Paolo II, che forse, fu il primo Papa che si dedicò pubblicamente allo sci,
Bello, vedere, che sono come tutti noi, che amano sfidarsi, ridere. scherzare, e che vogliono arrivare primi in una normalissima competizione...


Non sapevo di questi campionati, ora sul web ho letto che, anche a Limone Piemonte, si svolge un'altro campionato per religiosi, dove si sfidano, non solo i parroci ma anche le suore, che lo scorso 7 febbraio si sono contesi la quattordicesima edizione del "Sursum corda" ora ribattezzata "descensio fluctuosa", la competizione frequentata inizialmente da sacerdoti del cuneese, si è estesa ad altre regioni italiane, non c'è limite di età nel campionato, per i più anziani c'è un abbuono, più si anziani più si è in vantaggio qualche secondo.


La fama della manifestazione è arrivata anche in Francia dove esiste una edizione del " Corda Sursum", che come in una sorta di gemellaggio vengono unite, proprio per questo, sono arrivati circa sessanta preti sciatori francesi, a sfidare i nostri preti sciatori nazionali, e ha partecipato al campionato anche un monsignore, Il vescovo della diocesi di Saluzzo, Giuseppe Guerrini.





lunedì 10 febbraio 2014

ROSA E LA SUA MILANO

Rosa e la sua Milano
Erano gli anni quaranta a Milano, una mamma, un papà e cinque figli, quattro femmine ed un maschio, Rosa era la più piccola.
Aveva cinque anni quando il padre, senza una valida motivazione abbandonava la famiglia per un'altra donna, lasciando moglie e figli in condizioni di indigenza..
La piccola Rosa, si era aggrappata alle gambe del padre, quando aveva capito che se ne sarebbe andato definitivamente.
L'uomo, con un calcio, l'aveva allontanata da se.




Vivevano in Piazzale Nizza, pur lavorando giorno e notte come sarta, le entrate della mamma, non erano sufficienti per mantenere cinque figli, ognuno contribuiva con lavoretti, ma non bastavano.



                                                                                                                                                                                                                                           

Rosa mi racconta, che la maestra di scuola, quando chiamava i ragazzi che si fermavano a pranzo alla mensa scolastica diceva:
" i bambini poveri, che non devono fermarsi alla mensa si mettano da parte, chi viene in mensa vada a lavarsi le mani".



Con l'avvento della II guerra mondiale, sono dovuti sfollare nelle zone rurali della provincia di Milano, i ricordi più presenti sono i bombardamenti e i morsi per la fame.



Nel dopo guerra, con mille difficoltà il fratello e le sorelle riuscirono a conseguire il diploma magistrale, una sorella divenne impiegata in uno studio legale, l'altra accudiva tre bambini in casa, mentre la mamma continua a cucire, spesso veniva chiamata nella sartoria della Scala, purtroppo solamente, per delle sostituzioni, quando la titolare del posto si dava malata.



L'unico maschio della famiglia, faceva il garzone in un officina meccanica, per poter continuare gli studi.
Rosa era l'ultima, non poteva pretendere ancora sacrifici dalla mamma, e così all'età di otto anni, lavava i piatti in una trattoria di una zia, nelle scarpe metteva i sottopiedi di cartone perchè le suole erano buche, ma non aveva le possibilità per farle risuolare, e men che meno per poterne acquistare un paio nuovo.



Raccoglieva il carbone che i carretti perdevano nella strada, mentre lo portavano nelle caldaie dei condomini, evitando le scopate dei portinai, riusciva a portare a casa anche qualche bel secchiello di carbone per la stufa.



Ha anche bei ricordi sorride, quando ripensa alle scorribande con le sue sorelle e suo fratello.
Gli anni passavano, mentre le sorelle diventate ormai donne, si sposavano, Rosa rifiutava ogni tipo di approccio non voleva sentir parlare di uomini, ne di matrimonio.
Profondamente religiosa, viveva di lavoro, fede e con la mamma. Ma il destino aveva in serbo per lei un'altra vita.



Milano dicono i milanesi, l'è un gran Milan, un'altra persona in questa grande città era sola, era stato abbandonato dal padre, peggio ancora era stato rinnegato come figlio.
Giovanni, con un fratello e una sorella, erano i figli di un signore benestante, che aveva già una moglie e altri figli.



Quando la mamma dei ragazzi, venne a mancare, li portò in istituto, la femminuccia in un collegio femminile, i maschi in un istituto maschile, rinnegando di essere il loro padre.
Durante la guerra, non avevano una famiglia da cui tornare, e sono stati allevati da dei sacerdoti che si sono presi cura di loro.



Hanno girato altri istituti, ogni tanto venivano spostati, raggiunta la maggiore età, uscivano dall'istituto ed entravano nel mondo reale, con una preparazione al lavoro, ma impreparati ad affrontare, la vita di tutti i giorni.
Giovanni, contabile in una ditta, si trasferisce a Milano e in una sera di nebbia, soccorre Rosa che, correndo non aveva visto il marciapiede, ed era caduta.




La reazione della ragazza, è stata inizialmente fredda, quasi sgarbata, anche se aveva ringraziato per l'aiuto, il giovanotto non sapeva capacitarsi di un tale comportamento.
Ma il destino ci aveva messo davvero lo zampino, Giovanni è stato il primo e l'unico uomo di Rosa, si sono amati e seppur nelle difficoltà hanno avuto cinque figli.



Dopo tanti sacrifici e lavoro, dove tutta la famiglia contribuiva e ognuno faceva la propria parte, per Rosa e Giovanni, era giunto il tempo di progetti, per godere della pensione e del tempo insieme. Come sempre accade, le malattie colpiscono proprio quando si crede di aver raggiunto un equilibrio, dapprima un tumore colpisce Rosa, che è già cardiopatica e con problemi alle gambe, poi anche Giovanni viene colpito dal male del secolo.




Spesso molto spesso, Rosa mi parla dell'amore suo, per il marito e ricambiato da un uomo che a volte non sapeva come reagire davanti alla festa che i suoi figli gli facevano per il compleanno o per la festa del papà, non era stato educato ai festeggiamenti, pur amando la propria famiglia per qualche strano meccanismo alcune feste in lui ricordavano il vuoto subito, si sono educati a vicenda nei tanti anni insieme, insieme hanno superato le proprie debolezze.




Mi parla delle difficoltà, delle ore di lavoro, come cuoca nei ristoranti, mentre lasciava tutto pronto per i figli, di quando con il freddo tornava a casa, verso la mezzanotte con il motorino.
Questa donna l'ho sentita triste solo in un'occasione, quando si avvicinava l'anniversario della dipartita del suo caro marito, ma mai e poi mai l'ho sentita lamentarsi, preoccupazioni ne ha sempre, malgrado i suoi figli siano adulti e sistemati, ha sempre qualche motivo che le da da pensare, forse la fede la sostiene e le da la forza, forse lei è come dicono i giovani " una roccia".




Con tanti figli, non uscivano quasi mai, in occasione di una visita della mamma di Rosa, il marito decise di portarla fuori a cena,
ma non è facile convincere Rosa, ad ogni ristorante che Giovanni indicava, trova qualcosa da ridire, il cinema non aveva nulla che le piacesse, quando mi racconta questi particolari ride di gusto, la loro uscita è finita su di una panchina della stazione Nord di Cadorna, con un panino in mano, al loro fianco c'era seduta una clochard, alla quale Rosa ha donato il proprio panino.
Giovanni per l'ennesima volta ha diviso il proprio panino con la moglie, un amore iniziato per caso che ancora continua, lo definirei un amore infinito




il filo dei ricordi-racconti: IL SANTUARIO DI LANCIANO

il filo dei ricordi-racconti: IL SANTUARIO DI LANCIANO: IL SANTUARIO DI LANCIANO Qualche mia amica quando leggerà questo mio scritto, si chiederà se mi sto convertendo alla religione....