il filo dei ricordi-racconti

lunedì 10 febbraio 2014

ROSA E LA SUA MILANO

Rosa e la sua Milano
Erano gli anni quaranta a Milano, una mamma, un papà e cinque figli, quattro femmine ed un maschio, Rosa era la più piccola.
Aveva cinque anni quando il padre, senza una valida motivazione abbandonava la famiglia per un'altra donna, lasciando moglie e figli in condizioni di indigenza..
La piccola Rosa, si era aggrappata alle gambe del padre, quando aveva capito che se ne sarebbe andato definitivamente.
L'uomo, con un calcio, l'aveva allontanata da se.




Vivevano in Piazzale Nizza, pur lavorando giorno e notte come sarta, le entrate della mamma, non erano sufficienti per mantenere cinque figli, ognuno contribuiva con lavoretti, ma non bastavano.



                                                                                                                                                                                                                                           

Rosa mi racconta, che la maestra di scuola, quando chiamava i ragazzi che si fermavano a pranzo alla mensa scolastica diceva:
" i bambini poveri, che non devono fermarsi alla mensa si mettano da parte, chi viene in mensa vada a lavarsi le mani".



Con l'avvento della II guerra mondiale, sono dovuti sfollare nelle zone rurali della provincia di Milano, i ricordi più presenti sono i bombardamenti e i morsi per la fame.



Nel dopo guerra, con mille difficoltà il fratello e le sorelle riuscirono a conseguire il diploma magistrale, una sorella divenne impiegata in uno studio legale, l'altra accudiva tre bambini in casa, mentre la mamma continua a cucire, spesso veniva chiamata nella sartoria della Scala, purtroppo solamente, per delle sostituzioni, quando la titolare del posto si dava malata.



L'unico maschio della famiglia, faceva il garzone in un officina meccanica, per poter continuare gli studi.
Rosa era l'ultima, non poteva pretendere ancora sacrifici dalla mamma, e così all'età di otto anni, lavava i piatti in una trattoria di una zia, nelle scarpe metteva i sottopiedi di cartone perchè le suole erano buche, ma non aveva le possibilità per farle risuolare, e men che meno per poterne acquistare un paio nuovo.



Raccoglieva il carbone che i carretti perdevano nella strada, mentre lo portavano nelle caldaie dei condomini, evitando le scopate dei portinai, riusciva a portare a casa anche qualche bel secchiello di carbone per la stufa.



Ha anche bei ricordi sorride, quando ripensa alle scorribande con le sue sorelle e suo fratello.
Gli anni passavano, mentre le sorelle diventate ormai donne, si sposavano, Rosa rifiutava ogni tipo di approccio non voleva sentir parlare di uomini, ne di matrimonio.
Profondamente religiosa, viveva di lavoro, fede e con la mamma. Ma il destino aveva in serbo per lei un'altra vita.



Milano dicono i milanesi, l'è un gran Milan, un'altra persona in questa grande città era sola, era stato abbandonato dal padre, peggio ancora era stato rinnegato come figlio.
Giovanni, con un fratello e una sorella, erano i figli di un signore benestante, che aveva già una moglie e altri figli.



Quando la mamma dei ragazzi, venne a mancare, li portò in istituto, la femminuccia in un collegio femminile, i maschi in un istituto maschile, rinnegando di essere il loro padre.
Durante la guerra, non avevano una famiglia da cui tornare, e sono stati allevati da dei sacerdoti che si sono presi cura di loro.



Hanno girato altri istituti, ogni tanto venivano spostati, raggiunta la maggiore età, uscivano dall'istituto ed entravano nel mondo reale, con una preparazione al lavoro, ma impreparati ad affrontare, la vita di tutti i giorni.
Giovanni, contabile in una ditta, si trasferisce a Milano e in una sera di nebbia, soccorre Rosa che, correndo non aveva visto il marciapiede, ed era caduta.




La reazione della ragazza, è stata inizialmente fredda, quasi sgarbata, anche se aveva ringraziato per l'aiuto, il giovanotto non sapeva capacitarsi di un tale comportamento.
Ma il destino ci aveva messo davvero lo zampino, Giovanni è stato il primo e l'unico uomo di Rosa, si sono amati e seppur nelle difficoltà hanno avuto cinque figli.



Dopo tanti sacrifici e lavoro, dove tutta la famiglia contribuiva e ognuno faceva la propria parte, per Rosa e Giovanni, era giunto il tempo di progetti, per godere della pensione e del tempo insieme. Come sempre accade, le malattie colpiscono proprio quando si crede di aver raggiunto un equilibrio, dapprima un tumore colpisce Rosa, che è già cardiopatica e con problemi alle gambe, poi anche Giovanni viene colpito dal male del secolo.




Spesso molto spesso, Rosa mi parla dell'amore suo, per il marito e ricambiato da un uomo che a volte non sapeva come reagire davanti alla festa che i suoi figli gli facevano per il compleanno o per la festa del papà, non era stato educato ai festeggiamenti, pur amando la propria famiglia per qualche strano meccanismo alcune feste in lui ricordavano il vuoto subito, si sono educati a vicenda nei tanti anni insieme, insieme hanno superato le proprie debolezze.




Mi parla delle difficoltà, delle ore di lavoro, come cuoca nei ristoranti, mentre lasciava tutto pronto per i figli, di quando con il freddo tornava a casa, verso la mezzanotte con il motorino.
Questa donna l'ho sentita triste solo in un'occasione, quando si avvicinava l'anniversario della dipartita del suo caro marito, ma mai e poi mai l'ho sentita lamentarsi, preoccupazioni ne ha sempre, malgrado i suoi figli siano adulti e sistemati, ha sempre qualche motivo che le da da pensare, forse la fede la sostiene e le da la forza, forse lei è come dicono i giovani " una roccia".




Con tanti figli, non uscivano quasi mai, in occasione di una visita della mamma di Rosa, il marito decise di portarla fuori a cena,
ma non è facile convincere Rosa, ad ogni ristorante che Giovanni indicava, trova qualcosa da ridire, il cinema non aveva nulla che le piacesse, quando mi racconta questi particolari ride di gusto, la loro uscita è finita su di una panchina della stazione Nord di Cadorna, con un panino in mano, al loro fianco c'era seduta una clochard, alla quale Rosa ha donato il proprio panino.
Giovanni per l'ennesima volta ha diviso il proprio panino con la moglie, un amore iniziato per caso che ancora continua, lo definirei un amore infinito




7 commenti:

  1. Enrica, la storia che hai scritto, per tanti versi, sembra la mia, forse in questo racconto c'è anche qualcosa che assomiglia molto, anche a quello che io ti ho accennato, purtroppo sono storie di vita vissuta che per certi aspetti si assomigliano sempre un po', tu sai chi è questa persona, e sai comunque che noi di quest'età ci immedesimiamo, come vedi la disonestà non ha un periodo il disonesto c'è sempre stato .... in questo caso due uomini che non hanno saputo fare il padre. ma il lato positivo lo trovi nelle due persone che da sole hanno creato una bella famiglia. Non trovo le parole per dirti come sai arrivare al mio cuore così profondamente, ti dico grazie Enrica

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  2. Tutta la mia stima a Rosa, un racconto bellissimo, Enrica.

    Un racconto che dimostra, ancora una volta, che dalla sofferenza e dall'ingiustizia può nascere, preponderante, ancora più forte, la Verità e l'Amore.

    Un racconto che parla di Vita vera, di dignità profonda.

    Un abbraccio a Rosa, non posso aggiungere che un grazie infinito a Voi.

    Con questo racconto di vita mi avete fatto un regalo indimenticabile.

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  3. Sai che mi ha toccato il tuo racconto Enrica ,forse perchè con mio marito c'è dialogo ,ci si confida tutto e si cammina insieme nel lungo cammino della vita .Non siam la Famiglia del Mulino Bianco ma l'Amore supera tante barriere .grazie Enrica non sai com'è piacevole leggerti e in questo post ancor di più .

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  4. Molto bello complimenti come sempre ♥

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  5. Grazie a Voi, il mio unico pregio, se ne ho uno e di aver ascoltato Rosa per poi raccontare la sua storia e la " loro storia"

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  6. Una storia che sa di buono, di valori intatti. Brava.
    anna b.

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