il filo dei ricordi-racconti

giovedì 7 maggio 2015

IL RASOIO

Il Rasoio

Dalla nascita del mondo, l'uomo, inteso di sesso maschile, ha utilizzato l'ingegno per trovare l'utensile adatto, per radersi la barba.
La storia ci insegna che, sono stati ritrovati rasoi rudimentali costruiti con selce, così come nell'epoca del bronzo,




sono state rinvenute e catalogate come rasoi, delle lame sottili con dei tagli alle estremità, ritrovate nelle palafitte, della zona subalpina Veneta e nelle terremare della bassa Lombardia e per buona parte Dell'Emilia.
Anche in terra Sarda, sin dai tempi più antichi, nelle rappresentazioni artistiche nuragiche, i personaggi maschili appaiono con il viso rasato.
In Egitto, dove il culto della pulizia personale e della cura del corpo, era molto sviluppato, i Faraoni, portavano la barba, a punta, oppure ondulata, a volte lunga ma molto curata, che veniva sostenuta da una cordicella legata dietro le orecchie.


Non a caso, in diverse tombe ritrovate insieme ad altri oggetti di culto personali sono state recuperati dei rasoi.
In Egitto c'erano molti barbieri, che esercitavano la professione di casa in casa, all'aperto. Portavano la barba lunga e non curata, solo gli stranieri e chi non aveva la minima possibilità economica per rivolgersi al barbiere.
I greci si radevano, anche i romani, tanto che sono stati ritrovati, sei rasoi proprio a Pompei, nel 1919.e in altre zone d'Italia, spesso i personaggi importanti avevano rasoi in oro.
Con l'avvento dell'età del ferro, il rasoio, si spostò in tutta Italia e anche Oltr' Alpe.

In Inghilterra, a Sheffield, nella prima metà dell'ottocento, iniziano timidamente i primi accenni ad una nuova era, la prima variante, di rasoio di sicurezza, a doppio filo, ha tanta storia dietro, fatta di iniziativa e impegno.

dal web:
Nei primi anni dell'ottocento, George e il fratello James Butler dirigevano un'azienda, ed erano tra il 1810 e il 1824, i principali datori di lavoro nel settore Il loro business si ampliò progressivamente e, nel 1864, caratterizzato dalla produzione di posate, coltelli tascabili, forbici e rasoi. Nel 1890 acquisirono un ufficio a Londra in Holborn Viaduct, proprio accanto a quello di Rodgers.
Butler, raggiunse un'ottima reputazione nella stampa Vittoriana per i prodotti forgiati e molati a mano, ed in modo particolare per i rasoi che ebbero un ottimo riscontro commerciale ed un buon seguito. Il modello 'Keen' era particolarmente richiesto in quanto fatto a mano direttamente dai loro operai.


Vinsero diverse medaglie per i loro prodotti e fornirono alcuni campioni di prova alla famiglia reale. La fodera di seta stampata all'interno del coperchio delle scatole contenenti più d'un rasoio celebra le medaglie vinte alla Great Exhibition del 1851, 

all'esposizione mondiale tenutasi a Kensington nel 1862 ed alla Mostra Internazionale di Calcutta del 1863-64.


Qualche anno dopo il genio umano, cambia radicalmente il prodotto, non più una lama in linea con il manico, ma un rasoio a forma di T che giocando con lame perpendicolari, taglia il pelo.


Progettato da due fratelli nell'anno 1880,Richard e Otto Kampfe,vengono però surclassati un commesso viaggiatore, che in collaborazione con un'amico meccanico, dopo molte difficoltà tecniche ed economiche, produce rasoi di sicurezza con lamette dal doppio filo usa e getta.







 L'idea di King Camp Gillette


 è geniale e riscuote da subito successo, ma la prima guerra mondiale si affaccia sulla strada di molti militari. I quali per non rendere inefficace l'uso delle maschere antigas, devono essere ben rasati. 



Gillette vince l'appalto, e piazza qualcosa come 3,5 milioni di apparecchi e 32 milioni di lamette, 


che hanno accompagnato milioni di volti sbarbati, magari in trincea tra il fango, con la sensazione della paura, un rito quotidiano, che ha fatto sentire la normalità a volte, l'ultimo giorno di vita....
Un oggetto di metallo, semplice, funzionale, nato dalla genialità dell'uomo, che ha accompagnato un pezzo di storia, dove altri oggetti prodotti dalla stessa genialità, producevano morte.
La storia è continuata, con la competizione, e la produzione di un mercato, che con l'avvento dell'acciaio inossidabile, cancellò in pochissimo tempo la ruggine, nemica storica del fil di lama, e anche delle ferite aperte che infettava. Oggi, nuovi produttori con nuove tecnologie il rasoio corre dolce e sicuro lungo le linee del viso in un gioco morbido e tagliente






martedì 5 maggio 2015

CHIASSO E GLI ASILANTI

E' una giornata uggiosa, triste e quasi fredda, da questa mattina sto facendo il giro delle agenzie interinali cercando lavoro.
Ho girato Como città, provincia di Como, ora sono nella vicina, ordinata e precisa Svizzera. Percorro una via deserta, e silenziosa, non so bene in che zona sono, sto seguendo le indicazioni per raggiungere un'agenzia, dove presentare il mio curriculum, quando sento urlare......


In lontananza, vedo un gruppo di uomini, con la testa coperta dal cappuccio delle felpe che indossano, mentre molestano una signora, la strattonano, la spintonano, la fanno cadere.



Si stanno già allontanando, la Signora è a terra, mentre mi avvicino, uno degli uomini, anche se distante mi mostra un coltello.
Sento già una sirena, spero che giunga proprio qui, la signora ha delle escoriazioni, è molto spaventata ma cosciente, non ha più la borsa, vorrebbe alzarsi, le chiedo di non farlo, di mettersi in posizione laterale, mentre cerco il cellulare per chiamare la polizia.
Un signore in ciabatte ci raggiunge, dice di aver già avvisato i gendarmi e la croce verde.




Abita in un palazzo della zona, ha visto lo svolgersi della situazione ed ha allertato chi di dovere...
Gli agenti, seguendo le indicazioni del Signore, tornano poco dopo con la borsa , che era stata gettata in un'aiuola, mancano solamente i soldi, il portafogli è stato anch'esso ritrovato.



Sono "asilanti " dicono,il signore e la signora aggredita, mantenuti dalla Confederazione, che rubano per bere, e si professano di religione musulmana, a terra infatti ci sono vetri rotti, bottiglie e lattine vuote.


Mentre una donna indifesa, che si recava in chiesa, saliva sull'ambulanza, per recarsi in ospedale per accertamenti...rimaneva la rabbia e l'impotenza, e le tante domande senza risposte.
Degrado e violenza ecco a  cosa porta l'alcol







domenica 26 aprile 2015

La Reggia di Venaria reale


La storia del Piemonte è legata alla storia dei Savoia, che dopo aver trasferito la capitale da Chambéry a Torino, oltre a dare un'impronta barocca, regale, culturale alla città, nei secoli spostano i i loro interessi su un territorio più vasto.
Costruendo un insieme di Residenze Sabaude, una ricchezza architettonica e monumentale che ci illustra in modo eccezionale e tangibile il potere dominante della monarchia, un patrimonio che un dinastia durata 1000 anni, ci ha lasciato, pianificando lo spazio urbano, mantenendo la cultura e il rispetto per la natura.
La Corona di Delizie, definisce le residenze esterne alla città, 


disposte a raggiera, che cingono la città da tutti i lati, ogni residenza si collegava alla capitale, tramite un complesso sistema viario, per mantenere un sistema organizzativo, urbanistico, ed economico del territorio.
A formare la corona sono:
Il Castello del Valentino, è una villa sul fiume Po,
Villa alla Regina
Castello di Moncalieri
Castello di Rivoli,
La Reggia di Venaria,
Nel 1700 con la costruzione della palazzina di Stupinigi si chiude la Corona delle Delizie .
La Reggia di Venaria è la più grandiosa delle residenze,


 Carlo Emanuele II, voleva donare alla moglie, una residenza dedicata al tempo libero, dove svolgere attività di piacere, la scelta cadde su due borghi che acquistò dalla famiglia Birago, Altessano Superiore e inferiore, la zona circostante ricca di acque, di boschi, e di selvaggina era il luogo adatto per edificare una residenza adibita a svago e sopratutto alla caccia, ecco perché venne chiamata Venaria Reale, e se gli impegni di corte avessero preteso un rientro al centro del potere ,la distanza da Torino era relativamente breve.
Ispirandosi al castello di Mirafiori, incaricò della realizzazione dei lavori, Amedeo di Castellamonte, il progetto rappresentava il Collare dell'Annunziata, la massima onoreficenza di casa Savoia, venne realizzato quasi completamente tra il 1658 e il 1680, Carlo Emanuele II, non fece erigere solo la Reggia, e i giardini, riprogettò anche il borgo, un insieme di edifici che si sviluppava su un asse lungo due km.


Era il progetto di una residenza che potesse ospitare la corte, durante le battute reali di caccia, ma che doveva essere grandiosa, doveva avere un primato in ampiezza e stile che conferisse prestigio politico a se e alla propria consorte.


Apportò cambiamenti anche nell'aspetto sociale e lavorativo, dando avvio alla lavorazione della seta, e sviluppando diverse fabbriche adibite a tale lavorazione.
Nel cuore di Venaria si trova piazza dell'Annunziata una piazza creata apposta per consentire alla popolazione di interagire consentendo l'apertura di parecchie botteghe artigiane sotto i portici.

Gli abitanti del borgo erano sudditi del re, dovevano supportare le battute di caccia Reali o gli svaghi che si svolgevano nei giardini Reali. Mentre le giornate venivano allietate da spettacoli teatrali, banchetti sontuosi che concludevano le attività, tutta la popolazione del borgo doveva attivarsi per rendere la vita a Venaria un continuo e costante piacere.



Il progetto di Castellamonte comprendeva due corti e aveva nel nucleo centrale la sala di Diana,





a sud c'erano le scuderie e i canili,
ad ovest il parco alto dei cervi, 
di fronte al borgo la cappella di San Rocco.
In seguito alla distruzione di alcune parti dell'edificio, operata dalle truppe francesi, intervenne Michelangelo Garove che apportò altre modifiche.
Nel 1716 i lavori vennero affidati a Filippo Juvarra, che fece diventare Venaria una vera e propria Reggia,





 con la Galleria Grande,la Cappella di Sant'Uberto, la Citroneria,


e la Scuderia. Alla Morte di Juvarra, subentrò Bendetto Alfieri che prosegui e continuò con nuovi ampliamenti.
L'avvento napoleonico, non fu certamente tenero la Reggia di Venaria, distruggendo gli splendidi giardini, per farne una piazza d'armi, il declino ebbe inizio, divenne poi la sede della Cavalleria Sabauda, dove si distinse una scuola di equitazione militare di prestigio europeo, che non riuscì a fermare il degrado.

Oggi la Reggia di Venaria fa parte del Patrimonio dell'Umanità dell' 'Unesco, spoglia di arredi, che furono in parte trafugati da Napoleone,in parte abbandonati all'incuria, e al degrado.
Dopo uno dei restauri più grandi d'Europa possiamo ammirare la Sala di Diana , che si affaccia sulla Corte d'onore, 


 i giardini e verso gli appartamenti Reali, Le Sala di Parata del Palazzo del Re, dove i giochi di prospettiva mi fanno rimanere a bocca aperta,
 non avrei mai voluto uscire dalla Galleria Grande, non ho visto Versailles ma dicono che la ricordi molto, vorrei fotografare con gli occhi, per non perdere la luce che gioca sugli  stucchi e gli affreschi.




La Cappella di Sant' Uberto, è il capolavoro di Juvarra, il pavimento della cappella è spettacolare mentre anche in questo caso la luce gioca su pitture e sculture, un gioco voluto da chi l'ha progettata. 


I giardini sono stati restaurati, ma un po deludenti le aiuole  non avevano  fiori, dando un senso di tristezza, il roseto non è ancora fiorito. 





sabato 25 aprile 2015

IL XXV APRILE

IL 25 APRILE






Domani è il 25 aprile, in Italia è la Festa della liberazione. Compie settanta anni la festa Nazionale, che rappresenta la fine di momenti  di durezza e violenza, fisica e mentale, dalla privazione della libertà, dall'umiliazione di esser considerati numeri e non esseri umani, fino a togliere il nutrimento, le forze fisiche, l'ultimo momento di dignità, una condizione che era la distruzione di tutto, di vite,  speranze, sogni e ricordi.
Eppure per chi ha vissuto, ed è sopravvissuto, a questo brutto periodo, il XXV Aprile rappresentava l'inizio di un nuovo tutto....
Da questa giornata sono ripartite le speranze, e con la speranza le idee, i sogni e i progetti, senza mai dimenticare quel che si era subito.


Sono nata nel 1961 , qualche anno dopo il 25 aprile 1945, per mia fortuna, non ho mai provato queste privazioni, ma nella casa dove sono cresciuta, il XXV aprile era una festa sacra.


Il mio papà lavorava nella vicina Svizzera, dove questo giorno non veniva e non viene riconosciuto come una festa, chiedeva un giorno di ferie, se la giornata cadeva durante un giorno lavorativo.  Non è mai andato al mare, ne in montagna, non poteva permetterselo, ma questa giornata... era sacra..
Per lui, che era stato rinchiuso in un campo di concentramento, che   grazie ad una buona costituzione fisica, è riuscito a sopravvivere, quando è tornato a casa, ha trovato il vuoto lasciato da molti dei suoi amici, che da partigiani, hanno perso la vita, ognuno di loro,  ha subito e combattuto una lotta diversa nelle azioni, ma per un unico risultato ... la libertà..
IL giorno della commemorazione, si preparava alla sfilata.
Sbarbato e in ordine, con l'abito della festa e le scarpe lucidissime, usciva di casa, al collo aveva il simbolo più importante ....il fazzoletto tricolore 




Sfilavano distinti, e fieri, tutti uniti per un fine comune, che tanto è costato in termini di vite e distruzione,
Vedo col pensiero il mio papà sfilare, credeva fermamente, alla libertà e alla uguaglianza nell'istruzione, nelle cure, e al miglioramento costruttivo verso una vita dignitosa, attraverso il dovere, l'onestà, per un il diritto alla dignità.




La musica straniera che mio fratello ascoltava, era anch'essa un frutto della liberazione, c'era un mondo da scoprire.
Oggi il detto "Povero ma onesto" non rappresenta il costume nazionale..
Per la libertà hanno combattuto, tante persone, anche di credo politico diverso, ma uniti per un ideale comune ...la libertà e l'uguaglianza. 




La bandiera tricolore aveva un significato ricco di impegno e di propositi, condito da tanti sacrifici, rappresentava la nostra nuova nazione, oggi è una bandiera divenuta sbiadita che non sventola più con l'orgoglio di un tempo.Per molti di noi il 25 aprile è solo, un giorno non lavorativo, mentre per chi tanto ha dato, in termini personali, era un simbolo, oggi è forse sfuocato, e deriso nei modi, da quelle istituzioni che in realtà devono tutto o quasi alla giornata della liberazione, il XXV aprile.










lunedì 20 aprile 2015

LA SACRA SINDONE

Il termine credente, suscita molto spesso parecchie domande, non solo di tipo religioso, ma anche di tipo etico, di comportamento.
Chi dichiara di esser credente, deve credere, in una fede che è insegnamento al perdono, adottando un modo di vivere amorevole e caritatevole, le azioni devono avere ed essere compiute con amore, amore per il prossimo, credendo nel perdono e confidando in Dio..., senza amore qualunque azione non ha senso religioso, ma è studiata per un fine apparente.
Questo è quel che credo di aver capito in linea di massima.


A Torino, in questi giorni viene presentata l'Ostensione della Sacra Sindone, per i credenti è il telo lungo 442 cm e largo 113 che ha avvolto il corpo di Cristo, deposto dalla croce, per le persone, curiose, ma un tantino diffidenti, è il telo di Torino.
Le ostensioni vengono proposte, insieme ad un grande evento ecclesiale, un anniversario, una ricorrenza, ed è il vescovo di Torino, il custode della Sindone che propone l'Ostensione al Santo Padre che deciderà se dare l'approvazione.


Dal 19 aprile al 24 giugno, verrà mostrata al pubblico, ed è l'estensione più lunga della storia, ben 67 giorni, in abbinamento con il bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco, il patrono di Torino, il santo sociale per antonomasia, l'ideale accompagnatore del credente, che vuole riscoprire un percorso di fede.


Gli eventi associati consentono, a chi si avvicina alla fede e a chi pratica la fede, un momento di profonda riflessione e penitenza, i sacerdoti avranno possibilità di assolvere peccati molto gravi come l'aborto, secondo le disposizioni avute dall'arcivescovo di Torino
Il 21 giugno Papa Francesco, sarà a Torino, per una intensa visita, dove incontrerà tutte le categorie a cui questa sindone è dedicata, in quest'occasione incontrerà diverse comunità,tra cui alcuni dei suoi famigliari.


I milioni di pellegrini e visitatori che giungeranno a Torino, gestiti da una rete di volontari che lavorano già da parecchi mesi occupandosi dei pellegrini, anche quelli, con esigenze speciali, occupandosi di tutto dalla logistica alle infrastrutture, sono circa 4.500, alcuni sono veterani che operano come volontari dal 1978, altri giovani che hanno seguito una formazione che riguarda il motore organizzativo ma anche la storia e il significato della Sindone. Diverse forze dell'ordine vengono impiegate per tutelare la Sindone, in un periodo difficile come questo.


Le prime notizie sulla Sindone, risalgono al 1353, il cavalier Goffredo fece costruire una chiesa nel paese di Lirey dove risiedeva e alla sua collegiata donò il lenzuolo che aveva avvolto il corpo di Cristo.


Dopo varie vicissitudini venne venduta ai duchi di Savoia.
Viene custodita a Chambery in una cappella costruita per l'occorrenza e ottengono dal papa Giulio II l'autorizzazione al culto pubblico della Sindone, con la Santa Messa.
Un incendio scoppiato nella cappella nel 1532, ha messo a rischio il lenzuolo che se pur danneggiato in parecchi punti venne poi riparato dalle suore di Chambery che rammendarono le bruciature più grandi e la cucirono su una tela di rinforzo, viene di nuovo esposta nel 1534.


Le guerre, che hanno costellato la storia dei Savoia, ha fatto si che la Sindone abbia subito parecchi spostamenti, per tornare poi a Chambery. Per favorire lo spostamento di San Carlo Borromeo, che giungeva a piedi da Milano, la Sindone venne portata a Torino.
Una moltitudine di donne e uomini venerarono pubblicamente la Sindone, venne poi trasferita nella cattedrale dove si tenne la cerimonia delle quarant'ore. Non venne più spostata se non per brevi trasferimenti, nel 1694 venne collocata nella cappella costruita appositamente per lei, tra il Duomo e il Palazzo Reale dall'architetto Guarino Guarini. Venne spostata solo per un breve periodo a Genova nel 1706, poi ritornò a Torino, persino durante il periodo Napoleonico, la Sacra Sindone rimase in città.


Nel 1898 in seguito ad alcune fotografie effettuate, inizia l'interesse degli scienziati sulla Sindone, ma l'imminente arrivo della seconda guerra mondiale spinge ad un nuovo trasferimento, nel 1939 la sindone viene nascosta nell'abbazia di Montevergine dove rimane fino al 1946.


Nel 1973 inizia un primo esame di studi sulla Sindone.
Nel 1983 muore  il Re Umberto II di Savoia, che nel suo testamento lascia al Papa la Sindone che era conservata nella cappella vicino al Duomo di Torino a titolo di Deposito.
Nel 1988 nuovi studi.
Nel 2002 venne fatto un intervento di restauro conservativo.



Per chi non è credente la Sindone rimarrà sempre un oggetto costruito.
Poi c'è la scienza, che studia e mette in dubbio, gli studiosi continueranno a considerarla un oggetto di studi, anche se finora nessuno è stato in grado di riprodurla, la Sindone è ancora un enigma per l'intelligenza umana.


Per il credente che continua a venerarla, è come esser davanti ad un segno, forse unico,che rimanda a chi crede, il messaggio di Cristo.
In fondo in ogni uomo, c'è la coscienza e c'è bontà, con l'Ostensione, la chiesa cerca di portare la bontà in alto, alla luce, la Sindone rappresenta la passione di Cristo, la sofferenza dell'uomo, di ogni uomo... e come se ognuno contemplando la Sindone leggesse il Vangelo. L'ostensione rappresenta la lotta contro ogni sofferenza, con dignità e fiducia.