il filo dei ricordi-racconti

domenica 9 febbraio 2014

IL SANTUARIO DI LANCIANO




IL SANTUARIO DI LANCIANO

Qualche mia amica quando leggerà questo mio scritto, si chiederà se mi sto convertendo alla religione.
In realtà, ho solamente fatto una ricerca per un'amica, che ha poca dimestichezza con questa macchina infernale chiamata personal computer.



In Abruzzo, nella fascia collinare che dalle pendici della Majella digrada verso il mare c'è il paese di Lanciano famoso per il suo Santuario.



Nel Santuario di Lanciano è successo un fatto davvero inspiegabile, per i credenti è un miracolo per le persone come me è approfondire una conoscenza.



Con la sua facciata in stile Francescano, si denota dalla costruzione in pietra, la chiesa di S. Francesco rappresenta la culla attuale del più famoso dei miracoli, quello Eucaristico.
Da decenni visitato da migliaia di fedeli che da ogni parte del mondo, si dirigono verso Lanciano per poter onorare in prima persona l'evento mistico e affascinante del Miracolo Eucaristico.
 L' interno della chiesa ha subito dei notevoli cambiamenti proprio nel periodo in cui il "gotico" veniva considerato arte barbara.
Si nota però negli altari laterali una ricchezza di linee barocche abbastanza gradevole, nelle curve eleganti di gusto borrominiano. Con la tipica decorazione ad arcatelle, e le finestre a bifora, risplende dalla sua altezza il Campanile che, con la sua cupola su base ottagonale e le piastrelle di maiolica, si propone con i suoi tanti colori all' interesse degli sguardi dei turisti.




Molto importante è la scoperta di preziosi affreschi di S. Legonziano rinvenuti nel complesso monumentale di S. Francesco che giacevano fino a pochi anni fa in un negozio di ferramenta dapprima appartenente alla confraternita S. Maria dei Raccomandati e poi, con le riforme ottocentesche, divenuto di proprietà di privati.



Non c'è una data certa ma per diverse circostanze, il periodo in cui questo evento è avvenuto è tra il 725 e il 730, quando diversi religiosi perseguitati da un imperatore bizantino, trovarono rifugio in Italia.



Dal web:
Un giorno, mentre un monaco stava celebrando la messa nella chiesa dei santi Legonziano e Domiziano a Lanciano, venne colto dal dubbio circa la reale presenza o meno di Gesù nell'ostia e nel vino.
Le fonti dell'epoca non hanno tramandato l'identità del sacerdote, specificando solo che si trattava di un religioso di diritto bizantino appartenente all'ordine dei basiliani.


Un documento del 1631 descrive il sacerdote in questione come «non ben fermo nella fede, letterato nelle scienze del mondo, ma ignorante in quelle di Dio; andava di giorno in giorno dubitando se nell'ostia consacrata vi fosse il vero Corpo di Cristo e così nel vino vi fosse il vero Sangue».
Pronunciate le parole della consacrazione,
improvvisamente, sotto gli occhi dell’attonito frate e dell’intera assemblea dei fedeli, l’Ostia Magna ed il vino si mutarono, rispettivamente, in un pezzo di carne ed in sangue; quest’ultimo, in breve tempo, andò incontro ad un processo di coagulazione da cui risultarono cinque sassolini di forma e dimensioni differenti, caratterizzati da una colorazione giallo-marrone interrotta solo da qualche punteggiatura biancastra.


I monaci basiliani, che fino a quel momento avevano celebrato le funzioni religiose nella Chiesa di San Legonziano, lasciarono Lanciano e la chiesa venne affidata, prima, alla gestione dei frati benedettini e successivamente, nel 1253, a quella dei francescani conventuali, i quali, nel 1258, ricostruirono la chiesa e la dedicarono a San Francesco d’Assisi


Di questo straordinario evento venne fatto un accurato resoconto in una pergamena che, nella prima metà del XV secolo, venne sottratta ai francescani da due monaci basiliani; ai giorni nostri sono arrivati dei documenti del XVI e del XVII secolo che riportano questo accadimento miracoloso.



Le reliquie vennero chiuse in una teca di argento e avorio posta in un tabernacolo alla destra dell'altar maggiore.
Il 1 Agosto 1566 un frate minore, di nome Giovanni Antonio di Mastro Renzo, temendo che i turchi potessero rubare o peggio ancora, distruggere, durante una delle loro incursioni in Abruzzo, le preziose reliquie, decise di trasferirle in un luogo più sicuro, tuttavia, dopo aver camminato tutta la notte, si ritrovò, la mattina dopo, ancora di fronte alle porte di Lanciano, quasi come se una potente forza invisibile avesse voluto impedire al frate di portare via le reliquie dalla cittadina.
Dal 1636, poi, le reliquie furono custodite all'interno di una grata in ferro battuto chiusa a chiave.
Nel 1713 vennero realizzati l'ostensorio e il calice in cristallo, all'interno dei quali l'ostia e il sangue sono tuttora conservati..
Domenico Coli da Norcia, volendo fare esporre le sante reliquie per la venerazione del popolo, sovvenzionò alcuni orafi napoletani per far cesellare un artistico ostensorio in argento con due angeli in ginocchio sul basamento dell'ostensorio rivolti verso il visitatore ma con gli occhi in alto, sostengono con le braccia alzate la raggera e tutta la persona sta con l'atteggiamento devoto di chi invita a venerare le reliquie. 


Nel 1809, quando l’imperatore Napoleone Bonaparte (Aiaccio 1769 - Sant’Elena 1821) soppresse tutti gli ordini religiosi.
L'ostensorio venne posto, nel 1902, all'interno di una struttura in marmo costruita sopra l'altar maggiore.




Solo nel 1953 i Frati Francescani Convettuali ritornarono a Lanciano.
Nel novembre del 1970, dietro richiesta dell'arcivescovo di Lanciano Pacifico Maria Luigi Perantoni e del
superiore provinciale dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali della regione Abruzzo, padre Bruno Luciani, i frati francescani di Lanciano, possessori delle reliquie, decisero, con l'autorizzazione del Vaticano, di farle sottoporre ad analisi medico-scientifiche. Il compito venne affidato al dottor Odoardo Linoli, primario del laboratorio di analisi cliniche e di anatomia patologica dell'ospedale di Arezzo,  e al dottor Ruggero Bertelli, ordinario di anatomia all'Università degli Studi di Siena.




Al termine delle analisi di laboratorio, il Prof. Linoli escluse la possibilità che le reliquie di Lanciano fossero un falso medievale in quanto ciò avrebbe presupposto che qualcuno fosse in possesso di nozioni di anatomia umana molto più avanzate di quelle diffuse tra i medici del tempo.
Nel 1981 i francescani di Lanciano fecero eseguire una nuova analisi sulla carne



 La relazione stilata al termine degli esami, pubblicata nel 1982 con il titolo Studio anatomo-istologico sul "cuore" del Miracolo Eucaristico di Lanciano (VIII sec.), ribadì i risultati del 1971
In nessuna sede sono state ritrovate tracce di sostanze conservanti.
Anche l'Organizzazione Mondiale della Sanità istituì una commissione scientifica con il compito di convalidare i risultati delle analisi eseguite dai ricercatori italiani e di confermare
Dopo 15 mesi e qualcosa come 500 esami, tra cui gli stessi eseguiti dai ricercatori italiani, la commissione dell’O.M.S. confermò, senza riserve, quanto era stato dichiarato e pubblicato.



I membri della commissione scientifica istituita dall’O.M.S. esclusero con fermezza la possibilità che il tessuto miocardico fosse mummificato e fecero presente che la perfetta conservazione di reperti organici, conservati per dodici secoli all’interno di reliquiari di vetro, in totale assenza di sostanze conservanti, antisettiche, antifermentative e mummificanti, contravviene a tutte le leggi conosciute della biologia. La commissione, inoltre, pose l’accento sul fatto che gli elementi cellulari costituenti il frammento di tessuto miocardico avevano mantenuto inalterata la propria integrità strutturale e funzionale.



Questi sono i dati degli studiosi, ci sono fatti inspiegabili, nemmeno la scienza li sa spiegare, può solo dimostrare che non c'è stato imbroglio, e in questo caso sembra ampiamente comprovato. 
Credere ai miracoli, alle apparizioni o ricorrere alle devozioni dei santi, non è assolutamente indispensabile. 
C'è qualcosa  che resiste a tutte le prove: quelle scientifiche e quelle della ragione, se pur inspiegabile. 
Per molti di noi, si chiama Credo, religione e fede, per altri non può essere altro che un dato di fatto, inspiegabile, ma accaduto e come tale deve essere accettato. 
Le informazioni, sono tutte prese dal web, non sapevo dell'esistenza di questo Santuario, della sua storia e del suo miracolo grazie a chi mi ha chiesto di informarmi, spero di aver assolto il mio compito




   

sabato 8 febbraio 2014

il carnevale di Venezia

IL CARNEVALE
E' già passato un anno, sembra ieri, eppure io l'anno scorso il mese di febbraio ho assisitito al carnevale di Venezia.





 Nelle calli strette e piene di turisti, passavano queste dame e gentiluomini vestiti con abiti bellissimi.
Alcune dame addirittura, camminavano lateralmente perchè la circonferenza dell'abito, era talmente ampia che avrebbe fatto strisciare pizzi e merletti contro i muri.


Ero già stata in questa città, sono tornata a casa con un velo di malinconia, mi aveva intristito. Vedere Venezia, oggi, piena di colori, ricca di abiti meravigliosi, maschere di ogni tipo, da alla città una carica di vitalità che non avevo notato nelle mie altre visite. 



Tantissimi i turisti, piazza San Marco era super affollata, anche le calle intorno al centro, ma appena un poco fuori si sentiva la musica suonata nelle piccole piazze tra un ponticello e l'altro suonatori in abiti d'epoca, che suonavano viole, violoncelli e violini, ed era meraviglioso passeggiare tra le calli. Il carnevale ha origini antiche, concedeva la possibilità alla popolazione, sopratutto ai ceti più poveri, un periodo dedicato ai divertimenti, i festeggiamenti comprendevano musiche e balli sfrenati.



 Le maschere, e gli abiti, consentivano di non essere riconosciuti, ognuno poteva comportarsi spensieratamente, liberandosi dal ceto di appartenenza, uno stato di libertà da tutti i pregiudizi che il ceto sociale e la religione imponevano 
Tutti facevano parte del palcoscenico mascherato, in cui attori e spettatori si confondevano. Diventò nel tempo anche un commercio, sviluppando la produzioni di maschere, di argilla, cartapesta, gesso e carta. Nacquero scuole tecniche, per la realizzazione di modelli per i costumi, che si arricchivano sempre più di perline, piumaggi, disegni, ricami, tanto da essere riconosciuti come mestieri con uno statuto conservato nell'archivio di Stato di venezia.



C'erano travestimenti che venivano usati sia dal popolo femminile che maschile: (DAL WEB) “Uno dei travestimenti più comuni nel Carnevale antico, soprattutto a partire dal XVIII secolo, rimasto in voga ed indossato anche nel Carnevale moderno, è sicuramente la Bauta (da pronunciarsi con l'accento sulla u). Questa figura, prettamente veneziana ed indossata sia dagli uomini che dalle donne, è costituita da una particolare maschera bianca denominata larva sotto un tricorno nero e completata da un avvolgente mantello scuro chiamato tabarro.


 La bauta era utilizzata diffusamente durante il periodo del Carnevale, ma anche a teatro, in altre feste, negli incontri galanti ed ogni qualvolta si desiderasse la libertà di corteggiare od essere corteggiati, garantendosi reciprocamente il totale anonimato. A questo scopo la particolare forma della maschera sul volto assicurava la possibilità di bere e mangiare senza doverla togliere.



Un altro costume tipico di quei tempi era la Gnaga, semplice travestimento da donna per gli uomini, facile da realizzare e d'uso piuttosto comune. Era costituito da indumenti femminili di uso comune e da una maschera con le sembianze da gatta, accompagnati da una cesta al braccio che solitamente conteneva un gattino. Il personaggio si atteggiava da donnina popolana, emettendo suoni striduli e miagolii beffardi. Interpretava talvolta le vesti di balia, accompagnata da altri uomini a loro volta vestiti da bambini.



Molte donne invece, indossavano un travestimento chiamato Moretta, costituito da una piccola maschera di velluto scuro, indossata con un delicato cappellino e con degli indumenti e delle velature raffinate. La Moretta era un travestimento muto, poiché la maschera doveva reggersi sul volto tenendo in bocca un bottone interno (e per questo motivo chiamata anche servetta muta).



Durante il Carnevale le attività e gli affari dei veneziani passavano in secondo piano, ed essi concedevano molto del loro tempo a festeggiamenti, burle, divertimenti e spettacoli che venivano allestiti in tutta la città, soprattutto in Piazza San Marco, lungo laRiva degli Schiavoni e in tutti i maggiori campi di Venezia.



Vi erano attrazioni di ogni genere: giocolieri, acrobati, musicisti, danzatori, spettacoli con animali e varie altre esibizioni, che intrattenevano un variopinto pubblico di ogni età e classe sociale, con i costumi più fantasiosi e disparati. I venditori ambulanti vendevano ogni genere di mercanzia, dalla frutta di stagione ai ricchi tessuti, dalle spezie ai cibi provenienti da paesi lontani, specialmente dall'oriente, con il quale Venezia aveva già intessuto stretti e preziosi legami commerciali sin dai tempi del famoso viaggio di Marco Polo lungo la via della seta.


Oltre alle grandi manifestazioni nei luoghi aperti, si diffusero ben presto piccole rappresentazioni e spettacoli di ogni genere (anche molto trasgressivi) presso le case private, nei teatri e nei caffè della città. Nelle dimore dei sontuosi palazzi veneziani si iniziarono ad ospitare grandiose e lunghissime feste con sfarzosi balli in maschera.
È comunque nel XVIII secolo che il Carnevale di Venezia raggiunge il suo massimo splendore e riconoscimento internazionale, diventando celeberrimo e prestigioso in tutta l'Europa del tempo, costituendo un'attrazione turistica ed una mèta ambita da migliaia di visitatori festanti.



Il Carnevale diede la possibilità, a tutti, di celare completamente la propria identità sotto un costume e ciò portò inevitabilmente a qualche eccesso. Sfruttando i travestimenti, qualche malintenzionato ne approfittò per escogitare e compiere una serie di malefatte, più o meno gravi.


Alcune maschere venivano usate anche da medici che entravano nei lebbrosari per curare anche questi malati, per non perdere la clientela facoltosa si coprivano il viso, con maschere che avevano un grandissimo naso aquilino, nella cavità del naso venivano inseriti odori, erbe officinali aromatiche, affinchè non giungesse al medico l'odore di putrefazione della cancrena.



Per questo motivo le autorità dovettero introdurre a più riprese e per decreto delle limitazioni, dei divieti e delle pesantissime sanzioni contro l'abuso e l'utilizzo fraudolento o non ortodosso dei travestimenti.
Con il Carnevale , le famiglie facoltose, diedero inizio a delle vere e proprie rappresentazioni, inizialmente private , ma che nel tempo diventarono sempre più elaborate tanto che nella città si insediarono tantissimi teatri e iniziarono a formarsi compagnie teatrali. 




Con la caduta della Serenissima, l'avvento di Bonaparte e del dominio austriaco poi, il carnevale uscì di scena, solo nel 1979 in seguito anche ad una pubblicità studiata attraverso i media, è diventato un vero e proprio evento turistico. La piazza San Marco era gremita per poter vedere la manifestazione sono salita sul loggiato della basilica, dalla loggia dei cavalli ho visto la manifestazione dall'alto, sembravano tutte formichine, le tantissime persone presenti. Ho acquistato anche io una maschera, malgrado fosse particolarmente freddo la giornata era limpida. Stanca della confusione, sono uscita da PIAZZA San Marco, la Riva degli schiavoni è super gremita. Il ponte dei Sospiri, il ponte di Rialto, tutti i monumenti sono stati presi d'assalto le file sono lunghissime. Troviamo il teatro “la Fenice” completamente ristrutturato dopo un incendio, e camminando camminando, ci troviamo in una piazzetta, la chiesa di San Maurizio, ora è museo della musica, dedicato ad Antonio Vivaldi, e ai tanti gli strumenti a corda, qui dopo tanta confusione, si sente il silenzio, la tranquillità.



 E' arrivata l'ora di avviarci all'autobus che mi riporterà a Como,oggi Venezia mi è molto piaciuta, oltre ad essere molto bella è anche alquanto scomoda, su è giù per ponti e ponticelli,senza rendermene conto oggi ho fatto tantissima strada, ora sono  veramente stanca




giovedì 6 febbraio 2014

L'INFIBULAZIONE

Oggi, 6 febbraio,
ricorre la giornata contro le mutilazioni genitali femminili,istituita nel 2003 dall’ONU, per contrastare un fenomeno purtroppo ancora molto diffuso in Africa e in diversi paesi europei.
Molte di noi, donne cresciute in una dimensione ed educazione europea, non erano informate di tale pratica, tanto assurda da sembrare, quasi impossibile.
Le mutilazioni genitali femminili (Mgf) costituiscono una grave violazione del diritto fondamentale alla salute e all’integrità fisica delle donne, e delle bambine.



Per questo motivo dobbiamo mantenere viva l’attenzione nei confronti di questa usanza, di cui si parla poco, che viene troppo spesso considerata geograficamente lontana dalle nostre tradizioni occidentali.
Le Mgf sono pratiche culturali tradizionali dette “escissorie”, che consistono cioè nell’asportazione o nell’alterazione di una parte dell’apparato genitale esterno delle donne. Vengono di solito eseguite sulle bambine o ragazze al di sotto dei 15 anni. Solitamente, il padre decide, quando la bambina deve subire quest'infamità e la madre delle stesse ragazze, organizza, consentendo ad una "mammana" di effettuare la pratica, comportando gravi conseguenze per la salute fisica e psichica di chi le subisce.


Sono rituali diffusi presso numerosi gruppi ed etnie dei paesi dell’Africa Subsahariana e in alcuni Paesi arabi, ma sono presenti anche in Italia per effetto dell’immigrazione.
Il primo libro che ho letto che parlava di questa pratica si intitolava " Fiore del deserto ".


Waris Dirie , questo è il nome della ragazza, poi diventata una famosa fotomodella, racconta la sua storia di dolore e di riscatto,
aveva cinque anni quando il padre decise che era ora di infibularla, prima di lei, le sue sorelle.
Le motivazioni della pratica mutilatoria, non hanno un fondamento religioso, ma ha origini che si perdono nei secoli.
Per esempio in Somalia la tradizione dice che tra le gambe delle donne, si annida uno spirito, anche se è naturale,e fa parte del corpo, e considerato maligno, e come tale, va asportato, per cui vengono rimossi : Clitoride, Piccole Labbra e Grandi Labbra, la ferita viene rozzolanamente ricucita lasciando una cicatrice, praticata con attrezzi non sterilizzati e in luoghi a caso, un prato in un bosco o addirittura in mezzo al, deserto, spesso, molto spesso oltre alla mutilazione, al dolore, la ferita si infetta.


Viene lasciata una minuscola apertura, per la fuoriuscita di un sottilissimo flusso di orina, si capisce quando una donna ha subito l'infibulazione, sentendola orinare, la non infibulata orina con getto forte, come un uomo. Solo attraverso interventi chirurgici e sofferenze si potrà allaragare in seguito l'apertura lacerando il tessuto della cicatrice permettendo alla donna di avere rapporti sessuali, senza però alcun appagamento fisico.
Un'altro libro che parla dell'argomento si intitola "I'infedele".
Malgrado l'Islam pubblicamente si professi contro,e, condanni l'infibulazione, alcuni Imam ne consigliano la pratica.
Gli uomini dell’Assalaam Foundation Organis, sauditi e ricchissimi, stanno finanziando la campagna di capillare diffusione della circoncisione shariatica, cioè islamica. Con queste parole: …"questa pratica fa delle donne delle migliori musulmane, le rende più belle agli occhi dei loro mariti, le rende più equilibrate psicologicamente e soprattutto al riparo della libido…”
. Una donna infibulata è marchiata per sempre: per tutta la vita non saprà mai cos’è un orgasmo. Non proverà eccitazione e nemmeno piacere. È il dogma senza tempo dei codici patriarcali: reprimere la sessualità femminile e la forza che essa può dare alle donne.
La tradizione culturale porta le donne stesse a non considerare questa pratica un’orrenda mutilazione, ma un rito di iniziazione, il passaggio che le fa diventare donne.


 Le donne che appartengono a queste culture di solito non rifiutano l’infibulazione: anzi, sono complici nel trasmetterla alle figlie. La mutilazione genitale non viene infatti praticata dagli uomini alle donne. Sono le donne stesse a praticarla ad altre donne. Madri che sacrificano ad una tradizione imposta dai padri la salute, il benessere e la serenità delle loro bambine.




lunedì 3 febbraio 2014

CONTINUAZIONE DI INSTAMBUL

IL TERZO E QUARTO CORTILE CORTILE NEL PALAZZO DEL TOPKAPI

Ai tempi del Sultano un esercito di eunuchi bianchi sorvegliava la porta della Felicità, che introduce al terzo cortile, le rappresentazioni sulla porta sono miniature ottomane,
infatti in questo nuovo cortile, ogni nuovo sovrano, sedeva sul trono d'oro, e sempre in questo cortile, assisteva alle grandi cerimonie pubbliche e religiose, per esempio, la fine del Ramadam, mese del digiuno islamico.


Ai tempi nostri la porta della felicità è usata come sfondo per la rappresentazione de “Il Ratto nel Serraglio, un'opera che viene allestita tra la fine di giugno e gli inizi di luglio.
Oltre la porta si trova la Sala delle Udienze, qui i Sultani, ricevevano gli ambasciatori stranieri in visita, ai tempi nostri vengono chiamati ministri degli esteri.


La nostra guida ci fa partecipi di un aneddoto, facendoci una domanda: “sapete chi portò i primi bulbi di tulipano in Olanda?
Nessuno di noi era informato. Ed ecco la spiegazione:
Un'ambasciatore del popolo Olandese, Ghiselin Ogier de Busbecq, veniva molto spesso ad udienza dal Sultano, non c'erano solo scambi internazionali, ma era diventato un rapporto di stima reciproca, tanto che, il diplomatico Olandese, ricevette in dono dei bulbi di tulipano, la sua passione per la fitoterapia, lo ha portato ad inviare i bulbi al suo amico botanico Charles de l'Écluse, che li ha acclimatati alla vita nei Paesi Bassi.
Busbecq è stato anche accreditato con l'introduzione dei fiori di Lillà in Europa.


In questa sala è visibile un trono sormontato da un baldacchino, mentre le maioliche che rivestono le pareti e parti della cupola risalgono all'epoca del sultano Solimano il magnifico,
 la fontana, vicino alla porta è decorata con maioliche che ricordano i disegni dell'anatolia, veniva messa in funzione solo nelle udienze importanti, con lo scorrere dell'acqua, nessuna conversazione poteva essere ascoltata dall'esterno.

La pianta del topkapi

Uscendo incontriamo la biblioteca che conserva mappe e stampe manoscritti e documenti, più importanti del mondo, troviamo le maioliche Iznik e intarsi di maestri ebanisti con madreperla e avorio, abiti uniformi e caftani, dei sultani e dei gran visir.
Le quattro sale del tesoro, contengono valori che lasciano senza fiato, non solo per il valore economico, ma per la maestria orafa che testimoniano.
Come la culla d'oro, tempestata di gemme e destinata a cullare i figli del sultano, o la borraccia in foglia d'oro, oppure una canna in ebano incastonata di diamanti, il trono in ebano rivestito di pietre preziose, il diamante Kasikçi Elmasi, diamante a cucchiaio, il 5° diamante per grandezza al mondo.
Ma per il popolo musulmano la ricchezza più grande è conservata nelle Sale del Sacro Mantello, che custodiscono alcune reliquie del profeta , la prima stesura del Corano, oggetto di venerazione per i credenti.
Sempre nel terzo cortile si apre una sala con testi miniati e ritratti dei sultani, e la moschea degli eunuchi dove sono raccolte miniature ottomane, calligrafie e carte geografiche.
L'ultimo edificio è la scuola del Palazzo dove sono stati educati, geografi, calligrafi, strateghi militari, ebanisti, musici, filosofi miniaturisti.
Il quarto cortile era il giardino privato del Sultano, tra fontane e meravigliosi chioschi per la meditazione.

le colonne di marmo con le fughe di archi le maioliche azzurre, ospitano ora il ristorante del topkapi, mentre da un balconcino panoramico rivestito di rame, il sultano rompeva il digiuno quotidiano del Ramadan . 
La mia amica  Luciana 
il panorama dal palazzo 



                                                                                                                                                                                                                                                                       un edificio del palazzo e noi ascoltavamo una spiegazione 














































ISTAMBUL NEI MIEI RICORDI


Ore 21.42, ho bisogno di qualcosa di caldo, la tosse mi disturba. Mi torna alla mente una miscela che avevo portato dalla Turchia alle mele.
Una tisana alle mele mi riporta indietro, era la primavera del 2012, Istambul mi aspettava. Dopo essere sbarcati dall'aereo, espletato le pratiche, la nostra guida locale ci attendeva con un autobus , fatte le presentazioni di rito, mentre il pullman si muoveva in un traffico, molto sostenuto ma educato, nessuno suonava clacson, o urlava, si apriva la città davanti ai nostri occhi, anche se iniziava scendere la sera, cominciavamo già a comprendere che bella città fosse.


La città si estende sulle due sponde del Bosforo, il canale che unisce il Mar NERO al Mar di Marmara, la città vecchia si era sviluppata sulle alture intorno ad un'insenatura naturale, detta anche mare interno, chiamato in turco Haliç, mentre per gli europei era il Corno d'Oro.
 Ai tempi dei sultani, era la meta preferita per fare passeggiate a filo d'acqua o piccole crociere, oggi, non è più così, la città moderna a "rubato" lo spazio a vigne e campi, non rispettando i grandi tesori custoditi su queste colline come in tutta la città.
Dopo esserci ristorate, una visita alla città notturna, ci riempiva gli occhi di luci, ma onestamente mi aveva anche confuso le idee.
Non è una città qualunque , è un continente dove convivono da sempre, cristiani, musulmani, ebrei, e armeni.
La città della storia, anzi le storie delle culture, delle invasioni asiatiche e balcaniche, la storia dei popoli mediterranei, hanno reso Instambul una città colta, e caotica, con moschee grandiose, e chiese che risalgono alle prime origini del Cristianesimo, con case di legno della Belle Epoche, ora trasformate in alberghi e caffè, le strade degli artigiani, due corsi di acqua il Bosforo e il Corno d'Oro, e tanti giardini meravigliosi.

 Instambul vista dal Corno d'Oro








Per fare un riassunto spicciolo, in questa città dalle mille sfaccettature, possiamo dire che tutte le culture che si sono susseguite:
dagli Ittiti, nel secondo millennio avanti cristo, ai Persiani, fino al dominio dell' Impero Romano, durato più di un secolo, che ha reso ricco, questo territorio di ponti, strade, acquedotti,città, terme e teatri, per finire con gli Ottomani, che lo hanno completato e impreziosito con monumenti e arti islamiche, hanno reso Istambul un insieme di cose belle.


L'Unesco, ha dichiarato le mura della città, (mura di Teodosio) patrimonio mondiale dell'umanità, mentre le percorriamo,  ci rendiamo conto dell'imponenza, alcune sono i buono stato, altre sono proprio distrutte, mentre si alternano le torri, alcune erette dai romani, altre dagli ottomani. 
 Il nostro giro, continua nel cuore della città vecchia, vediamo l'Ippodromo, usato per le corse dei carri in epoca bizantina.


Ci dirigiamo al Palazzo del TopKapi, un labirinto di costruzioni e centro del potere dell'Impero Ottomano, diviso in 4 cortili, con mura di cinta, 28 torri di guardia.


Prima di arrivare, al Palazzo dobbiamo varcare la Porta Imperiale, la fontana che si trova all'ingresso dicono sia la più bella della città, quattro vasche con una nicchia in ogni angolo, attraverso le grate veniva offerta l'acqua fresca ai passanti.


La porta imperiale è monumentale in marmo bianco e nero con torri possenti che terminano con guglie appuntite, dove venivano esposte le teste dei notabili uccisi, per ordine del sultano o per i capricci dei giannizzeri, il corpo di guardia militare con immenso potere non solo militare, erano ragazzi cristiani, portati da bambini a corte e convertiti all'islam, e addestrati ad essere soldati a tempo pieno.


Continuando si entra nel primo cortile, la posizione strategica controlla tutta la città, il corso del Corno d'Oro e l'ingresso delle acque nel Bosforo.
 Il Topkapi è aperto dalle 9,30 alle 17 ma per vedere l'Harem si deve pagare un supplememto alla biglietteria
Proprio vicino alla biglietteria si può visitare la chiesa di 
Sant' Irene, una delle più antiche chiese di Bisanzio, costruita dall'imperatore romano Giustiniano, passata poi di mano al Patriarca di Costantinopoli, e infine divenne l'arsenale dei Giannizzeri, ora viene utilizzata come sala concerti.


Nel secondo cortile, detta porta centrale o del saluto, nessuna persona poteva oltrepassarla a cavallo, solo il Sultano...gli altri tutti a piedi, in questa corte si trovava la sala del Consiglio Imperiale, qui si riuniva il Gran visir, con altri Visir di rango inferiore, i Giudici dell'Alta corte, il capo dei giannizzeri, degli eunuchi, l'Ammiraglio della marina e altri dignitari.

Il Gran Visir riferiva al Sultano, che era già stato informato dalle donne fidatissime del suo harem, le quali ascoltavano attraverso una grata posta sopra la sala delle udienze, in seguito ad un incendio la sala originaria non c'è più è stato ricostruito un edificio a due cupole.
Molti sono gli angoli da vedere, la scuderia imperiale, sul lato destro le immense cucine del palazzo, dove ogni giorno si preparavano pasti per 5000 persone,


le cucine e i giardini esterni


ora le cucine ospitano collezioni di preziosi vasellami cinesi,porcellane e cristalli europei e ottomani e nella pasticceria del palazzo si ammirano pentole e utensili in rame immaginando le prelibatezze preparate da questi cuochi di corte.
Ma proprio a fianco al edificio con la sala delle udienze si trova l'ingresso dell'Harem


Noi entriamo attraverso quello che una volta era l'ingresso per i fornitori degli eunuchi, si passa attraverso un corridoio molto stretto, in prossimità di un camino bellissimo rivestito di maioliche turchesi si aprono le stanze delle guardie del corpo, distribuite su quattro piani a seconda del grado gerarchico degli eunuchi (Corpo di guardia , formato da uomini evirati negli anni delle pubertà, considerati migliori proprio perchè non potevano procreare e non avevano vincoli famigliari, servivano al meglio il sultano e la loro carriera ricoprendo ruoli importanti all'interno dello Stato.



Per il Sultano, erano scelti eunuchi di pelle chiara, per vigilare sull'harem venivano scelti eunuchi di pelle scura .
Dopo il primo cortile, in fondo ad uno stretto atrio una porta conduce agli appartamenti femminili



LA VALIDE era la madre del sultano, la camera da letto, che gli spettava era decorata con soffitti affrescati e pareti ricoperte di piastrelle della fabbrica di Iznik, il letto in legno scolpito e dorato con baldacchino.
Una cupola affrescata con foglie e tralci di vite, domina la sfarzosa sala da pranzo della madre del sultano, le piastrelle vengono interrotte da nicchie di marmo, la parte superiore delle finestre è affrescata con paesaggi, anche le colonne a fianco delle finestre sono di gusto europeo.


Sono le sale da bagno, quelle che davvero colpiscono: le vasche e le fontanelle, sono tutte di marmo, quasi monumentali, sono in realtà una sala doppia,  con l'ala destinata al Sultano e la sala destinata alla valide, solo loro due, e le kadin, concubine che avevano dato un figlio maschio al sultano, diventando favorite, avevano diritto ad ambienti privati, le altre donne,  avevano un bagno comune composto da spogliatoio e bagno turco.



La sala imperiale dell'harem,  è immensa ha seguito tantissimi rimaneggiamenti così convivono sofà ottomani con divani di stile francese le boiserie occidentali insieme ai versetti di corano scritti su fondo blu, proprio dietro a dei balconcini dorati dove gli eunuchi musici allietavano gli incontri del Sultano con la madre e i suoi famigliari
Nel 1700 il sultano Ahmet III si ammalò di anoressia e proprio per stimolare in lui la voglia di mangiare, la camera venne completamente rivestita dal pavimento al soffitto di pannelli di legno dipinto, I vari soggetti oltre a vasie ghirlande di fiori sono cesti di frutta, melegrane, pere grappoli d'uva.
la visita termina nel cortile delle favorite dove si aprivano le stanze dei principi

La valide era la più alta carica dell'harem, la Kadin che aveva partorito l'erede al trono, tutte le donne che vivevano nell'harem, il serraglio dipendevano da lei, la conservazione dei corredi, la preparazione dei bagni,la custodia dei bagni, di magazzini dei gioielli, la lettrice del corano, l'informatrice del Sultano.
Era la Valide che decideva con quale donna avesse dovuto giacere il Sultano, in realtà queste donne erano schiave, noi abbiamo visitato solamente le camere delle preferite, ma nelle altre stanze dove vivevano le servitrici la situazione era molto diversa. La prigionia dorata delle preferite era fatta di sfarzo, potevano uscire, solo per concessione del sultano, nei giardini  4 volte l'anno ma coperte da drappi e veli affinchè nessun'altro le potesse vedere qualche crociera sul Borneo, ma anche in questo caso veniva studiato ogni espediente, pur di nascondere le donne del sultano ad altri occhi virili, in questo carcere dorato nessun uomo poteva entrare, il medico doveva essere un uomo anziano visitare le pazienti senza guardarle, la visita era solamente manuale.
Il Sultano quando entrava nell'harem, indossava scarpe con suole d'argento, questo per far rumore e avvertire della sua presenza.
Si viveva tra lusso, inedia, imbrogli, invidie e cattiverie, venivano uccisi molto spesso i figli maschi delle rivali per permettere al proprio figlio di diventare erede al trono, per fortuna nel 1927 con una legge venne abolita la pratica dell'harem durata quasi 4 secoli