il filo dei ricordi-racconti

mercoledì 7 luglio 2021

La Cattedrale di San Giusto a Trieste

    La Cattedrale di San Giusto a Trieste 


Sabato 12 giugno 2021, la cattedrale di San Giusto è qui davanti ai miei occhi ne ho sentito palare tanto, e devo dire che tutto quello che mi hanno raccontato merita di essere visto.

E' posta sul colle di San Giusto e domina tutta la città....

E' la sede del vescovo, è la chiesa del patrono della città, in pratica è il simbolo religioso di Trieste.


E' dedicata a San Giusto, un soldato romano che  non voleva usare violenza e men che meno voleva uccidere i cristiani, in seguito divenne  anche  uno dei più fedeli credenti, si rifiutò di inchinarsi davanti agli dei pagani, non rinnegò mai  la propria fede cristiana. 

Il governatore di Trieste, Mannacio, era un fedele sostenitore dell'imperatore Diocleziano, il quale perseguitava tutti coloro che abbracciavano la fede religiosa cristiana.

 San Giusto, venne legato  portato in mezzo al mare e annegato, malgrado i pesi di piombo con cui lo avevano appesantito, la corrente lo riportò a riva e la notte successiva apparve in sogno ad uno dei cristiani, che il giorno successivo trovando il corpo lo imbalsamò e gli diede  sepoltura in un cimitero vicino alla spiaggia.

In seguito il corpo venne traslato in un Saccello dove i credenti potessero pregarlo. 


Questa cattedrale nasce dall'unione di due chiese parallele, il Saccello di San Giusto, dove erano state traslati i suoi resti  e la chiesa di Santa Maria Assunta.

 Fu il vescovo Pedrazzani da Robecco che dal 1302 al 1320, volle realizzare questo importante intervento donando così alla città una Cattedrale maestosa. 

La facciata è in pietra, abbellita da un' ampio rosone a doppia ruota di finissima fattura, una statua di San Giusto e un portale che è derivato dal taglio di una stele funeraria romana.

Il Campanile a forma quadrata, era di una notevole altezza,  ma in seguito ad un fulmine che  lo danneggiò nel 1422, le dimensioni vennero ridotte a quelle attuali.

L'interno della basilica, è molto suggestivo, la navata centrale unisce le due parti con un soffitto ligneo dipinto, a carena di nave tribola, che è stato rifatto nel 1905, la navata centrale termina con un'abside semicircolare, è la più grande.


L’interno è caratterizzato da magnifici mosaici del XII° secolo che raffigurano Maria Vergine in trono tra San Michele, San Gabriele e i dodici apostoli.




Davanti al presbiterio nella parte sinistra della navata si trova, e ci si cammina sopra, ad una parte  dei resti del pavimento in mosaico del V secolo.

Nel presbiterio nella parte destra, di fronte al trono vescovile, invece troviamo, l'opera di Benedetto Carpaccio in cui si rappresenta la Madonna con i S.s Giusto e Sergio risalente al 1540.

Le navate di destra appartenevano al Saccello di San Giusto, si nota subito la fonte battesimale poggiata sopra una base esagonale che risale al 300, addossata alla parete di destra la statua di marmo di San giusto, nelle cappelle successive si trovano la Cappella di San Servolo dove sono conservate le sue reliquie, e poi le tombe dei reali Carlisti di Spagna nella Cappella dedicata a San Carlo Borromeo.

Le navate di sinistra appartenevano alla chiesa di S.Maria Assunta come ho già detto, si giunge alla cappella di San Lazzaro chiusa da una cancellata del 1659 eseguita a Lubiana, un' inferriata di bellissima fattura, che contiene il tesoro  


protegge un'armadio barocco che a sua volta, conserva e protegge  reliquie e pezzi rari, un dipinto in seta con l'effigie di San Giusto del terzo secolo,  trovato all'interno della cassetta d'argento con le reliquie del Santo, un crocefisso della confraternita dei Battuti, rivestito nella parte inferiore da lamine di argento balzato e dorato nella parte centrale della figura opera di un orafo  probabilmente veneto, e l'alabarda di san Sergio.


Le leggenda racconta che Sergio da Roma, fu un tribune militare, che giunse per un periodo a Trieste, dove conobbe il cristianesimo, grazie alle molte amicizie che fece in città. Richiamato a Roma, era consapevole che sarebbe stato condannato a morte,  pronto ad affrontare il destino e convinto che Dio avrebbe fatto accadere un miracolo. Venne processato da  Antioco,  che lo obbligò a correre a lungo, dopo aver indossato  dei pantaloni con dei chiodi rivolti verso l'interno. Dopo tal sofferenza, nella notte un folto gruppo di angeli lo risanò completamente, suscitando nei giorni successivi  le ire del suo carnefice, il quale dispose  di condannarlo a morte. 


Ma il  7 ottobre del 303, nella piazza cadde dal cielo un'alabarda, che è  tutt'ora conservata in cattedrale, l' alabarda ha una peculiarità..... non viene intaccata dalla ruggine. Quattro  busti  d'argento su piedistalli contengono le reliquie degli apostoli Pietro, Paolo, Filippo e Andrea, sono un gioiello di alta maestria orafa gotica, posti  sul reliquiario di San Giusto.

Infine un ricco ostensorio in argento dorato disegnato da M. Lafitte ed eseguito da Charl Cahier nel 1818. Dietro l'armadio del tesoro sulla parete un affresco risalente al 1400, sulla parete una tela del 1600 che raffigura diversi santi fra i quali San Sebastiano.

 Nella Cappella dedicata a San Giuseppe  diversi gli affreschi che parlano della sua vita,  nelle pareti laterali  disegnati da Giulio Quaglio nel 1706, 


 al centro una tela dello sposalizio della Vergine di Sante Peranda, pittore a me, completamente sconosciuto. 

Il Saccello di San Giovanni era chiuso, quindi tornerò sicuramente per visitarlo.


mercoledì 2 giugno 2021


Gaudenzio Ferrari
Nato in provincia di Vercelli, a Valduggia, la data di nascita non è certa, fra 1475 e il 1480.
Le  notizie su Gaudenzio Ferrari sono molto poche , non si sa  dove, e in quale bottega, abbia fatto l’apprendistato.
 Gaudenzio Ferrari, pittore e scultore, destinato a diventare uno degli esponenti che hanno reso importante la storia dell’arte il sedicesimo secolo. 
Intorno alla fine del 1400, gli studiosi lo collocano a Milano, dove lavora per come allievo presso la Fabbrica del Duomo. Nelle sue opere si trovano influenze leonardesche, che più si notano, ma non è certamente indifferente alle influenze del Perugino o di Raffaello, e non solo, grazie agli studi sulle incisioni si avvicina anche alla scuola danubiana, uno dei fondatori di tale movimento fu Albrecht Durer. 
Era dunque un giovane artista che dimostrava di assimilare e integrare diverse discipline. 
Tra la fine del 1400 e gli inizi del 1500 Gaudenzio Ferrari, ottiene il titolo di Magister, “Maestro delle arti”, intorno al 1507 realizza gli affreschi della chiesa di Santa Maria delle Grazie a Varallo, sono considerati a tutt’oggi dei capolavori della pittura rinascimentale tra Piemonte e Lombardia, raccontano la Vita e la Passione di Cristo,


venti riquadri,  che hanno la funzione di Bibbia dei poveri, dall’Annunciazione alla Resurrezione di Cristo, 
un racconto pieno di umanità che sarà proprio il metodo con il quale si distinguerà Gaudenzio Ferrari, nella rappresentazione sacra.
Un altro progetto di quel periodo, con cui sarà legato indissolubilmente è il Sacro Monte, a Varallo, sono sue le statue lignee nella Cappella dell’annunciazione,


e nella Cappella di Gesù che sale la scala del Pretorio, in particolare le figure di Cristo e del Manigoldo.



 E’ importante però sapere che prima di effettuare tali opere, Gaudenzio Ferrari, insieme ad Eusebio Ferrari, e forse anche al Bramantino, intraprese un viaggio, nell’Italia centrale, per ammirare le opere del rinascimento, dove rimase affascinato dalla poetica nelle opere del Perugino.
 Gaudenzio Ferrari ha la capacità di far incontrare la pittura con la scultura.
L’opera del Sacro Mote di Varallo è considerata Patrimonio mondiale dell’umanità. Ha realizzato statue dipinte a grandezza naturale riproducendo “il pellegrinaggio in Palestina, o nuova Gerusalemme",


 
La pittura e  le statue nelle sue opere sono un'unione che vive, nei  volti, viene rappresentata l’umanità e il riconoscimento dei personaggi, Gaudenzio Ferrari in questo, ha subito l’influenza di Leonardo.
A Novara ha lavorato ad un polittico nella  Cappella della Natività nella chiesa di San Gaudenzio



 Anche nella chiesa di San Cristoforo a Vercelli, possiamo trovare molte sue opere:
 La Madonna degli aranci.


La Cappella della Maddalena



La Crocefissione



La Cappella della Beata Vergine con
L’Assunzione della Vergine


 e la volta a Grottesche.


 
A Saronno firma il contratto per svolgere  dei lavori nella cupola di Santa Maria dei miracoli, inizia i lavori nel 1535 3  che terminò l'anno successivo, continuò la sua collaborazione, anche negli anni successivi, lavorò principalmente sulle sculture lignee di Dio Padre, della Vergine Assunta, dei profeti e delle sibille. Iniziò anche i tondi sotto la cupola ma non riuscì a terminarli, lavori che  terminò il suo allievo Bernardino Ladino.
Come nel Sacro Monte di Varallo, a Saronno Gaudenzio  Ferrari opera sia come pittore che come scultore;
Se al Sacro Monte di Varallo ha operato più come scultore, a Saronno ha prevalso come pittore, la tecnica dell'affresco gli era assolutamente congeniale, e nel restauro più recente sono state scoperte nei panni degli angeli delle finiture in stucco rivestite di oro zecchino.

Il grande coro angelico che c'è all'interno della cupola è il concerto di angeli più affollato di cui si abbia conoscenza,


 sono presenti strumenti musicali provenienti dal nuovo mondo (America e isole , ma anche strumenti inventati che secondo qualche esperto potrebbero anche suonare, era infatti diffusa tra le arti quella di saper suonare uno strumento.







Quello che distingue Gaudenzio Ferrari è la chiarezza con cui narra la vita di Cristo e tutte  le storie sacre, che sapeva raccontare ai pellegrini con semplicità. 

Anna e Gioacchino conservato a            Brera 
Il suo non è solo un modo di dipingere, è un modo di raccontare sensibile, ha quindi la particolarità di saper accostare tanti tipi di insegnamenti  studiati dai grandi maestri, Leonardo, Raffaello Durer, Perugino e Lorenzo Lotto, senza mettere mai in dubbio la propria indole pittorica. 
Nella chiesa di Santa Maria della passione ha eseguito l'Ultima Cena 
Il genio artistico di Gaudenzio Ferrari si allontana dal modello di rappresentazione classica. E' diversa dall'Ultima Cena di  Leonardo,  un modo inedito, quasi  un gioco, sfruttando uno scorcio prospettico, nel quale lo spettatore si immerge direttamente in  un insieme dinamico ed elegante ,verso il centro dell’opera,
 

dove  è posto Gesù, che ha vicino Giovanni evangelista addormentato sulla sua spalla.
 Attorno a queste due figure, gli altri apostoli si accalcano, con agitazione, Gesù ha appena annunciato che uno di loro lo tradirà, sulla tavola imbandita è posto il pane che verrà benedetto, spezzato, e distribuito agli apostoli, la forma è del pane tipico milanese, "la michetta".

Il vino è bianco e versato in calici, nel 1478 un viticultore di Saluzzo riuscì a vinificare l'uva rossa in vino bianco, da allora Papa Sisto IV, iniziò a  diffondere l'uso del vino bianco nella liturgia, anche per evitare sgradevoli macchie sui paramenti sacri. 
La finestra posta dietro le spalle di Gesù offre una veduta architettonica dando ancor più senso alla prospettiva, e non solo, l'edificio che è dipinto proprio sopra la testa di Gesù  manda un messaggio  religioso, rappresenta la chiesa, inteso  come simbolo di comunità e continuità nel nome di Dio, per i fedeli.  L'inquietudine degli apostoli, è palpabile  mentre i servitori, sono affaccendati nel servire le pietanze. 
I colori smaglianti delle vesti rendono viva l'opera.



domenica 24 gennaio 2021

Charlotte Salomon


                         Charlotte Salomon



L’arte e la vita di alcuni personaggi sono un intreccio di eventi.

Charlotte Salomon, era nata in una famiglia borghese, il 16 aprile 1917, da genitori entrambi ebrei, il padre è uno stimato chirurgo, Albert Salomon

conosciuto per i suoi studi sulle mastectomie precoci che furono considerate come l'inizio della mammografia, la madre Franziska Grunwald un’infermiera.

Quando ha nove anni, la madre muore, buttandosi dalla finestra, alla ragazzina viene raccontato che aveva una grave malattia, in realtà nella famiglia è un evento che si ripete.

Per un po’ di anni venne seguita da un’istitutrice, fino a quando il padre decise di risposarsi con una cantante lirica di fama, Paula Linberg.

I sentimenti della ragazzina, nei confronti della matrigna, si alternavano dalla gelosia alla dipendenza, Paula diventa comunque una figura importante per l’adolescente.

Attraverso la rete di conoscenze artistiche della matrigna, la giovane si avvicina alla musica e all’arte, proprio mentre si diffondono le idee e il consenso al Nazionalsocialismo.

Con l’avvento di Hitler al potere, con le leggi razziali, i nonni materni emigrano in Italia, poi in Francia. Nel 1935, Charlotte viene accolta come unica giudea al 100%, all’Accademia di belle Arti di Berlino, qui apprende le tecniche tradizionali, ma i suoi lavori sono indirizzati ad uno stile moderno, avendo potuto studiare dei testi presenti nella biblioteca dell’Accademia, nascosti alle razzie naziste, che consideravano queste arti degenerate.



In Accademia Charlotte, riesce ad instaurare rapporti di affetto, stima e amicizia, ma prova anche la discriminazione, e  perché ebrea, l’esclusione da un concorso in cui era considerata una delle favorite.



Il signor Albert, cerca di continuare a fare il chirurgo, anche se era stato dimesso dall’Università fin dal 1933, proprio in virtù delle leggi razziali.

Albert Salomon, viene fatto prigioniero nel 1936,


 Charlotte decise di raggiungere i nonni in Francia, 



il padre venne deportato nel campo di concentramento di Sachsenhausen fino al 1939, quando riuscì ad evadere e a raggiungere i Paesi Bassi.
Nel 1938, la politica contro gli ebrei degenera, la notte dei cristalli è il culmine della follia nazista, il 9 novembre 1938, tutte le sinagoghe vennero distrutte, 30 mila ebrei avviati nei lager, i loro negozi distrutti.





Le aggressioni Italo tedesche, iniziano intorno al 1939, anno in cui Charlotte riesce a sventare il suicidio della nonna materna, caduta in depressione.



In quell’occasione, viene informata dal nonno che nella famiglia il suicidio è un evento che spesso si è ripetuto, la nonna nel 1940 riesce nel suo intento



Il nazismo, le fughe, i suicidi, hanno avuto su Charlotte una reazione tragica, alternava ansia e depressione, tanto da aver paura di diventare pazza.



Charlotte inizia a dipingere con molta energia, intenzionata a creare qualcosa che racconti la follia e la vita singolare di quel periodo.



Dalla fine del 1939 al 1942 riesce a completare un’opera dove raccoglie pittura, teatro, e musica e la intitolerà “ Vita? O Teatro”.

Sono 800 tavole rilegate di stesura finale, ma con disegni i preparatori, le prove e la produzioni di contorno, si arriva alla notevole cifra di 1325 tavole. Attraverso le scene, rappresenta le campagne di odio nei confronti degli ebrei, l’arroganza delle parate naziste, la confusione, la paura, la violenza delle aggressioni sulle popolazioni inermi, e impreparate.

In queste tavole rielabora i torti subiti in quanto ebrea, i lutti della sua famiglia,



 il rapporto con la seconda moglie di suo padre, e l’esilio in Francia, e ancora una volta la brutalità del nazismo.

E’ la regista di una produzione fatta di pittura, di grafica, un opera completa di testi e musiche, strutturata come un vero e proprio copione teatrale.



Nel racconto Charlotte riscatta la sua personalità di donna, una donna che per mezzo della propria arte,



 nella tragedia, allontana gli orrori che la circondano. Ripercorre la propria storia dal 1913, anno in cui una zia diciottenne si suicida, zia di cui lei porta il nome.
Racconta con una precisa descrizione i cambiamenti sociali a cui porta il nazismo, l’esilio,




 



i luoghi, le città, i paesi a cui poteva fare riferimento, le amicizie e gli amori che nella sua breve vita ha incontrato. Fino al matrimonio con Alexander Nagler, 
che le restituisce la serenità, vivono insieme, la coppia viene presa nel corso di una retata, Charlotte è incinta di pochi mesi, finisce nella camera a gas il giorno stesso in cui raggiunge Auschwitz.


Il racconto è stato tratto in salvo da una sua amica americana, Ottilie Moore, che lo ha consegnato ai famigliari dopo la guerra. Attualmente è custodito presso il Joods Historisch Museum di Amsterdam, città dove il padre nel dopo guerra insegnava come professore.




martedì 12 gennaio 2021


LA SIGNORA DELL’INFERNO
Margit Thyssen

La dinastia dei Thyssen,in Germania è ben radicata, una famiglia importante ricca e inserita nell’aristocrazia.
Il capostipite di questa famiglia è stato August Thissen che è considerato il fondatore della grande famiglia industriale.
Le convinzioni politiche di August, furono conservatrici e nazionaliste, fu tra i primi sostenitori del partito Nazionalsocialista.
Si opponeva strenuamente contro i sindacati in materia economica, non li respingeva quando potevano essere utili al suo tornaconto.



IL figlio maggiore Fritz e il terzogenito Heinrich, furono coloro che mandarono avanti l’impero della Thyssen, mentre il secondogenito e l’ultimogenita Hedwing, dovettero accettare una liquidazione in cambio di rinunciare alle quote societarie. Nel 2007 un incidente ad un impianto della Thyssen Krupp, è balzato sulle cronache Italiane, ha ricordato un’ altro spiacevole evento che riguarda la famiglia Thissen Bornemisza.

Heinrich Thissen, dopo aver sposato la Baronessa Margareta Bornemisza, venne adottato dal suocero, che non aveva eredi maschi. Nel 1907 l’Imperatore Francesco Giuseppe, concesse a Heinrich Thyssen l’appartenenza alla sua discendenza, lo nominò barone e gli diede la cittadinanza austriaca.



Heinrich divenne barone Thyssen-Bornemisza, mantenne la cittadinanza ungherese fino alla morte, anche se negli anni venti e trenta del 1900, si comportò molto spesso da tedesco, continuò a finanziare il partito Nazionalsocialista tedesco.
Il ruolo che aveva acquisito e le sostanze economiche gli permisero di acquistare un castello in Austria, al confine con l’Ungheria, il Castello di Rohonc, dal 1910 divenne il castello di Reinchnitz.
Dal matrimonio ebbe quattro figli. La coppia ha vissuto nel castello fino al 1919, dopo la prima guerra mondiale e la rivolta del popolo ungherese, fuggirono a L’Aia nei paesi bassi, dove Heinrich divenne il responsabile di tutte le attività estere del gruppo che comprendeva anche la Bank voor Handele Scheepvaart.
Alla morte del padre, conservò la ricchezza che aveva ereditato,  e che si rifiutò di confluire nella società fondata dal fratello, pur essendo un membro del consiglio di tale attività. Mantenne inoltre la gestione di diversi investimenti esteri del padre, e alcune società tedesche, oltre alle acciaierie Thissen in una gestione separata. In seguito tutte queste attività vennero raggruppate in un gruppo di successo: la Thyssen-Borgnemisza.
Ha sostenuto sempre il nazionalsocialismo, ha consentito l’ascesa al potere di Hitler, e anche durate la guerra ha costantemente fornito acciaio, carbone e finanziamenti tramite la August Thyssen Bank di Berlino, (fondata dal padre),in cambio ottenne protezione politica e sociale per se stesso e per i suoi famigliari. Nel 1932 si trasferì in Svizzera acquistò villa “ La Favorita”. Nel 1938 il castello e la tenuta di Reichnitz, vennero donati alla sua primogenita Margit, in occasione del suo matrimonio con il conte ungherese Ivan Batthyany. Il castello divenne la residenza della baronessa Margit Thyssen-Bornemisza Batthyany, divenne il luogo dove si riuniva tutta la società economica, politica e militare del distretto.
Era la perfetta dama del Terzo Reich, nei circoli dell’ Obertwart si era guadagnata l’appellativo di “Signora dell’inferno”. Era una donna superba e solo grazie alla ricchezza della sua famiglia, occupava il tempo in inviti, ricevimenti, pranzi, balli, giochi e partite di caccia, si dice che fosse felice solo quando riusciva ad uccidere. Completava le attrazioni per i suoi ospiti con uso di stupefacenti, di orgie, questo era il suo modus vivendi.



Durante gli ultimi giorni della seconda Guerra Mondiale, i capi del nazismo pensarono di mandare migliaia di ebrei ungheresi, in una marcia della morte verso l’Austria, per costruire il vallo orientale e fermare l’avanzata dell’Armata Rossa. Molti ebrei morirono durante il viaggio, alcune centinaia finiscono a Reichnitz dove venivano stipati in condizioni disumane nelle cantine del castello.
Il castello era stato requisito dalle SS, Margit grazie al sostegno economico della sua famiglia, continuava viverci. Era una donna sessualmente molto attiva, aveva una relazione sessuale, con il funzionario della Thyssengas, Jachim Oldernburg , uomo di fiducia di una delle aziende di famiglia. L’uomo era iscritto al partito nazista e oltre al letto condivideva con Margit la passione per la caccia.
Un’ altro personaggio di cui la contessa Margit apprezzava la compagnia, era il capo locale della Gestapo Francz Podezin, anche lui compagno di letto della volubile contessa.
Proprio in quelle ore erano giunti nella stazione della cittadina, diversi ebrei inabili al lavoro, malati di febbre petecchiale, si decisero di potarli nel parco del castello di Reichnitz, il luogo più appartato e sicuro, pensarono di fornire ai propri ospiti un particolare diversivo.


Così dopo il cibo, i vini i balli, una quindicina di ospiti armati, ubriachi e alterati dalle sostanze stupefacenti, dopo la mezzanotte andarono in una stalla vicina, fecero spogliare circa 180 persone, che dovettero prima di tutto scavare delle fosse e poi e iniziarono a sparare su quegli uomini inermi nudi e sfiniti, ridevano mentre sparavano, si complimentavano fra di loro, perché li centravano dietro la nuca e cadevano direttamente dentro le buche scavate, la carneficina continuò fin alle tre di notte, morirono 165 ebrei ungheresi. Tutti i giustizieri tornarono al castello, vantandosi di quanto avevano compiuto, ripresero a ballare, a fare sesso, le donne presenti erano solo quattro, fu una totale orgia di violenza





Una quindicina di ebrei, quella notte vennero risparmiati perché dovevano coprire le fosse, vennero uccisi il giorno successivo e di quella mattanza nessuno parlò.
Il castello prese fuoco, il sospetto è che gli stessi nazisti appiccarono il fuoco, affinché le truppe russe, non potessero trovare prove, ma i soldati russi trovarono 21 fosse comuni, contenenti dagli 8 ai 10 corpi.


La Contessa, i suoi due amanti, riuscirono a fuggire e raggiungere la Svizzera, dove per un anno rimasero protetti nella villa “la Favorita”. Grazie alla protezione della potente famiglia, in seguito Podezin raggiunse il sud Africa e Oldenburg fuggì in l’Argentina.



Dal massacro di Rechnitz, sono passati tanti anni, il castello non esiste più la Svizzera ha accolto senza discutere Margitt e tutti i suoi discendenti. Nessuno è stato condannato per quella strage.

Dopo la guerra la contessa Margit, andava in crociera sulle acque blu dell’Egeo, beveva Kir Royal a Monte Carlo, e cacciava cervi in autunno nelle foreste del Burgenland.
Sebbene sapesse di quel massacro, si godette il resto della sua lunga vita.
“ Era un seme marcio”.
Morì a Lugano nel settembre del 1989, comunque nel 1988 ritornò nella tenuta di Reichnitz per una battuta di caccia. 





A Torino, nel 2007 una linea di produzione della ditta Thyssen Krupp, 


esplode e morirono sette persone, 


le indagini durano più di 10 anni sono state accertate le responsabilità dei dirigenti della grande azienda , ma ancora una volta sono riusciti ad evitare il carcere.
Il barone Heindrich Thyssen- Bornemisza dal 1920, aveva dato vita ad una delle collezioni di quadri più importanti al mondo, aveva i soldi, il potere. Consigliato di migliori critici d’arte del periodo.

Le opere dall’Austria giunsero a Lugano, dopo la morte del barone “la Favorita” divenne un museo, il figlio Hans Heinrich, con il terzo matrimonio trasferì la collezione a Madrid.
Si dice sia una collezione stupenda, tutte le scuole artistiche europee vengono rappresentate, ma si dice anche, che la famiglia Thyssen abbia fatto incamerato miliardi su miliardi, che sono sempre stati sporchi di sangue.