I PREPARATIVI
AL SANTO NATALE
E' martedì,
sono dalla signora Licia, la mia nonnina, dopo i soliti saluti, mi
dice: " fa freddo oggi," le rispondo che ieri sul tunnel del Gottardo
nevicava..
Vorrebbe la
neve per Natale, perchè altrimenti le festività natalizie non si
sentono...
e come sempre
inizia a raccontare...
Era bello il
Natale, ora Voi giovani, correte fuori e dentro dai negozi, poi vi
lamentate che avete speso soldi, e siete stressati, noi invece
preparavamo tutto in casa.
Mia mamma e la
mia zia Romilda, pulivano tutta la casa, pavimenti lavati a lisciva,
e lucidati con la paraffina, lucidavano tutti i paioli di rame,
le
tende venivano inamidate, e la sera intrecciavano i rami dei salici,facevano le corone,
che poi le rivestivano con i rami dell'abete. Ci mettevano noci,
nocciole e mele, oppure pigne, e non mancavano mai le quattro candele, decoravano con qualche passamaneria a quadretti,
erano belle e profumate.
Con quelle
meline, che al Signor Conte non si potevano dare,(erano troppo
piccole), facevano di tutto, noi le mangiavamo,.... eccome se le
mangiavamo.
Il giorno della
vigilia, la zia Romilda con lo zio, preparavano la trippa, il profumo
della pietanza, si sprigionava per la casa, mentre la mamma finiva gli
ultimi preparativi.
La tovaglia
ricamata, era nel baule nella camera dei miei gentori, la tenevo stretta a
me, mentre scendevo le scale, era considerata un tesoro, bisognava
tenerla con cura,
sulla parete un ramo d'albero, addobbato con la
carta delle caramelle, o con fiocchetti di carta crespa riciclata, non avevamo l'abete in casa
ma facevamo il presepe, con le statuine intagliate nel legno, dal mio
papà, e il muschio fresco, che mio cugino aveva raccolto nel bosco.
Prima di sera,
con mio cugino Felice, con il nostro gerletto in spalla, ci recavano nel paese
vicino, a prendere il pane per tutti, anche per le famiglie degli zii, che abitavano in un'altra corte.
La zia Armida, da Como, mandava per ogni fratello, una bottiglia di vermouth, per i
bambini caramelle. Un anno in particolare ha mandato per me, un bel velo bianco
di pizzo, da usare in chiesa durante le funzioni, il bigliettino diceva
così:
" voglio bene a tutte e tre, ma a te di più, ma non si deve dire..." mentre me lo racconta, mette il dito sulle labbra e dice in dialetto: " Sa tas", ..... si sta zitti.
" voglio bene a tutte e tre, ma a te di più, ma non si deve dire..." mentre me lo racconta, mette il dito sulle labbra e dice in dialetto: " Sa tas", ..... si sta zitti.
Il giorno di
Natale, si mangiava nella ca' bella, in pratica in sala da pranzo,
l'unico problema era che, il camino non aveva un buon tiraggio,
faceva fumo, per cui venivano messi dei bracieri sotto il tavolo e
negli angoli per riscaldare la stanza.
Si mangiava
pane bianco e " il pan de mej", era festa.
Quello dolce?
chiedo io.
No!! era pane
di miglio, quello dolce, si mangia per San Giorgio, il mese di
aprile...
E'
un'enciclopedia umana,... penso io... mentre continua a raccontare.
Felice era
furbo, spiava la sua mamma e la mia, scopriva dove nascondevano i
pochi regali, che ci facevano trovare la mattina di Natale sotto
l'albero, qualche biglia per i maschietti, le bambole di pezza per
noi bambine, qualche mandarino e spagnoletta (arachidi).
Non era Gesù
Bambino, ma " ul bambin dal Gesù" , (il bambino che aiutava Gesù), che
consegnava i doni, era il suo aiutante, come faceva se era appena
nato a far tutto quel lavoro?
E così, ogni casa, narra la sua leggenda.
Il giorno di
Natale, in cucina oltre alla trippa, con le zampe delle galline ed
il collo, si faceva il brodo. Il resto del pollo, si faceva arrosto,
le patate nel forno della stufa economica, mentre la nonna che affettava il
lardo, la pancetta, e il salame.
Che profumi, se riuscivamo.... rubavamo qualche fettina.....
Non mangiavamo
il patè, non sapevamo che ci fosse, ma facevano una crema coi
fegatini, che messa sul pane, era proprio buona, e poi come dolce
mangiavamo la miascia. Quando papà riusciva a lavorare in
Svizzera, anche per poco tempo, mangiavamo il panettone, non ci
mancava niente, ("serum paesan"), eravamo contadini.
Altro che
supermercato, Ipermercato....era tutta roba di casa, tanta fatica....
ma cumè l'era bel........Come era
bello......
Ho riletto con tanta gioia,questo racconto del S.Natale,cosi' bello ,semplice,povero,ma molto vero.ho sentito tutto l'entusiasmo e la gioia dei bambini e degli adulti x questa festa cosi' importante.oggi nn è piu' cosi',si corre da un centro commerciale ad un lussuoso negozio x acquisti frettolosi,forse neanche necessari,senza entusiasmo,solo xk si deve. per Natale,grandi e piccini ,si faceva il presepe(il vero smbolo della famiglia)si era felice ,di poter donare quel poco che si poteva,la famiglia si riuniva attorno ad una tavola,povera ma ricca di calore umano,Chi lo desiderava andava anche alla s, messa.Tutto questo ,sei riuscita a trasmettermi Enrica con il racconto,devo dire che forse ,si stava meglio quando si stava peggio,nn lo so'forse si .Grazie mia piccola grande monella,mi hai fatto un bellissimo regalo.B.Natale a te,,,elisabetta,,,,,,,,,,,,,
RispondiEliminaLa tua nonnina è inesauribile, Enrica, ed ha anche una buona memoria a ricordare le cose di quando era bambina. Un racconto molto realistico che ci riporta indietro nel tempo e al confronto con la vita di oggi, quasi ci fa rimpiangere il passato per l'armonia che esisteva tra le famiglie, per la semplicità e per l'amore genuino e fraterno nei rapporti tra gli esseri umani. Grazie Enrica per questo bel racconto, scritto come una piacevole novella di Natale. Auguri sinceri da estendere anche alla cara Nonna Licia. Grazie!
RispondiEliminaChe bel racconto del Natale, Enrica. Ne sono rimasto conquistato. Non è facile ritrovare quelle atmosfere oggi, ma sono fondamentali per chi assapora il Natale e ne sente il fascino inesauribile. Ne approfitto, Enrica, per farti tanti auguri, assieme aii tuoi cari.
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