LA CASA IN VIA
CA'MATTA ,2
La
casa dove io sono cresciuta , era la prima casa costruita in quella
via, la strada era sterrata e il terreno che papà aveva acquistato
partiva dall'inizio della strada e scendeva fino alla nostra casa,
ma la paura di non poter pagare tutto spinse i miei genitori a
venderne un pezzetto al Signor Giuseppe (detto Pin ) Nel tempo le
case si sono moltiplicate ora è una via piena di casette.
Il
nome dato alla via era un nome particolare Via Ca' matta....in fondo,
proprio al confine con un'altro paese c'era una casa rurale,
divisa fra tanti proprietari, sembra che in quel casale ci fossero
frequenti discussioni, da qui il nome Ca' matta..
Eravamo
lontani dal centro del paese, avevamo un piccolo alimentari dove però
trovavamo di tutto, forse un po' caro, ma comodo, la signora che lo
gestiva si chiamava Albertina, vendeva molte cose sfuse, la farina
bianca 00, lo zucchero, il pane grattuggiato, la farina della
polenta, erano in una madia di legno nocciola con i vetri che
scorrevano e con le palette,ognuna per ogni prodotto, metteva il
prodotto richiesto in un una carta che poi arrotolava con le dita ,
ancora oggi ricordo la rapidità nello arrotolare quella carta
affinchè non ne fuoriuscisse il contenuto.
Non c'erano i
registratori di cassa si faceva la somma degli articoli acquistati
che veniva segnata su un libretto che la mamma pagava ad ogni fine
mese
Poi
c'era il Cesarino, era un macellaio, ma in negozio non c'era quasi
mai, o era dietro, in cella frigorifera a preparare la carne, oppure
lo dovevamo cercare al bar della pizzeria, di fianco all'alimentari,
la mamma ogni tanto, molto di rado, comperava qualche bistecca e
500gr di spezzatino di manzo che poi cucinava con patate e piselli,
erano sicuramente più le patate che gli spezzatini .....era solita
dire :
"Chiudi
gli occhi e manda giù."
Era
una frazione isolata e venivano un sacco di ambulanti, il Guido
formaggiaio, veniva due volte la settimana, vendeva affettati e
formaggio, latte e derivati del latte, burro e panna poi c'era il
mercoledì, non so con quale nome avrei potuto chiamare questo
signore , che vendeva abiti per tutti, lo chiamavano il
mercoledi...... c'era Geremia che portava il pane il mattino e il
gelato nella stagione estiva, solo gelato fior di latte, alla fragola
e al limone. Tutti i martedì e il venerdì passava l'ortolano che a
gran voce urlava i prodotti che aveva sul camion, anche lui aveva un
soprannome "il Cecini "
Il
giornalaio che consegnava il quotidiano a chi lo ordinava e
l'arrotino-ombrellaio che passava ogni tanto, come ogni tanto passava
chi con un camion vendeva di tutto, scope, scale apriscatole, palloni
,corda per saltare e quel filo ricoperto da una plastica dove
stendere i panni.
In
fondo alla via c'era un pozzo una volta si usava per attingere
l'acqua ora serviva per bagnare i campi ed era a disposizione di
tutti . La mamma ci proibiva di avvicinarci e..... come una legge non
bene definita, facevamo l'esatto contrario.....
C'era
tanto verde e già a fine di gennaio scendavamo sulle rive del Seveso
per cogliere i bucaneve, quante paure prendeva la mamma non vedendoci
tornare, poi c'erano le viole, belle, scure e profumate, e i campi
coltivati a frumento e in mezzo tanti fiordalisi, che andavamo a
cogliere creando qualche danno, facendo attenzione al contadino che
più di una volta ci ha fatto scappare di corsa, il fieno si
caricava sul carretto, veniva portato in cascina oppure si facevano
dei covoni in mezzo al prato con un bastone in mezzo, quante volte ci
siamo tuffati e abbiamo giocato divertendoci un mondo, però, coloro
che con tanta fatica lo dovevano per l'ennesima volta
ricomporre....era meno divertiti.....
Ma
il periodo che più mi piaceva era quando maturavano le ciliegie, una
signora ne aveva una infinità di piante e durante il pomeriggio
quando lei andava a fare la pennichella, perchè si alzava molto
presto per accudire alle mucche, noi, eravamo un bel
gruppetto
di ragazzini, salivamo su queste piante, e rubavamo le ciliegie, mi
sembra di sentirne ancora il sapore.
La signora si chiamava Maria, originaria della Valtellina aveva capelli grigi faceva le trecce
che poi arrotolava in una crocchia sulla nuca
era
davvero un donnone e portava gonne arricciate in vita e mai, l'ho
vista con un paio di scarpe o ciabatte, portava sempre scarponi come
quelli che si usano per andare in montagna, aveva occhi neri e vispi,
quando ci vedeva sulle sue piante gridava: "Un giorno o l'altro
vi prendo, monelli che non siete altro," la sua mole non le
consentiva di correre, alzava quella gonna e sotto aveva una
sottoveste tutta rattoppata con pezze di diverso colore,
rammendava
tutto senza guardare molto per il sottile, noi avevamo la velocità
della gioventù dalla nostra, ci fermavamo a guardarla, quante
risate, rossi in viso col fiatone,con qualche braccio o gamba
graffiato dai rami dei ciliegi.
Sapevamo che Maria avrebbe avvisato
i nostri genitori, che puntualmente ci mettevano in castigo e qualche
sculacciata era di normale amministrazione.
Non
era per le ciliegie, una pianta l'avevamo anche noi a casa, era per il
gusto di trasgredire, per scappare via.
Quando
Maria ha saputo che mi sposavo, è venuta con un piccolo pacchettino,
con un regalo, malgrado i dispetti che le facevo da piccola, mi
voleva bene, dentro c'erano un cucchiaio, un forchettone, un coltello
per la polenta tutti di legno, diceva che portavano bene.....
Era
questa semplicità che ci distingueva, malgrado le monellerie, ci
perdonavano, non c'era astio, era logico e giusto che ci
sgridassero, ma senza cattiveria di fondo, eravamo bambini, queste
stesse persone che subivano le nostre scorrerie, comprendevano che
eravano ragazzate, perche in gioventù le avevano fatte anche loro.
Non era mai colpa di uno solo, eravamo colpevoli tutti in egual
misura, ora invece sembra sempre che nessuno abbia più colpe, ognuno
di noi giustifica i propri figli
La
domenica mattina, la mamma ci svegliava, dovevamo andare a Messa ,
non ci volevo andare, mi vestiva uguale a mia sorella , e non
eravamo gemelle, ma era vietato recriminare, mia sorella Emanuela era
già grande si truccava e si vestiva da signorina, io e Cinzia con
la stessa gonnellina, (ho sempre odiato le gonne), le calze coi
disegnini e le scarpe uguali, forse la maglia qualche volta era
diversa, andavamo in paese a piedi, noi tre davanti e papà dietro ,
poi noi in chiesa e lui andava in coperativa a giocare alle bocce.
Ricordo un particolare,... una mia compagna di scuola, anche lei in
chiesa con sua sorella, anche loro due vestite uguali, ma con un
accessorio in più avevano le scarpe di vernice rossa e la borsettina
uguale, ricordo di aver provato invidia per quell'accessorio che loro
avevano e io no , ma è durato poco fortunatamente. Uscivamo dalla
chiesa e di corsa ci recavamo dalla Matilde una signorina che vendeva
giornali quaderni e caramelle sfuse, con 50 lire comperavi stringhe
di liquirizia caramelle gommose e frutti di gelatina e delle
caramelle dalle forme di animali di liquirizia dura chiamati "esabesi
". Poi sono cresciuta e mi mandavano a messa da sola, ma dopo
ver saputo che bigiavo, dovevo andare in chiesa, tornare a casa e
spiegare tutto quello che avevano detto, anche durante la predica, mi
hanno messo anche nel coro, finchè non mi sono sposata non ho
potuto mancare mai.
Tutto è cambiato, è rimasta solo la chiesa di
famigliare, non c'è più la coperativa, non ci sono più le piante
di ciliegi, e forse nemmeno i bucaneve...con qualche amico sono
ancora in contatto e si tratta veramente di buoni amici Qualcuno non
c'è più, crescendo ha perso i ciliegi e le liquirizie, e ha
conosciuto sostanze che non lasciano speranza, ma io li ricordo
bambini dove di noi rimangono solo risate.....