il filo dei ricordi-racconti

martedì 12 novembre 2013

MILVA E LA FRAZIONE DI CHEMPO

Nel Luglio del 1969 diventavo zia, mio fratello era diventato papà, malgrado ci dividesse un buon numero di anni, era comunque un papà giovanissimo, e di conseguenza divenni anche io una zia molto giovane. La zia di una bella bambina, nell'anno successivo, è nato un bel maschietto, e nell'anno dopo ancora un maschietto biondo, che il destino si è portato via a 20 anni a causa di un incidente stradale...

Quando erano piccoli, durante le vacanze scolastiche, spesso, molto spesso, stavo delle settimane intere a casa di mio fratello e mia cognata, davo una mano dove potevo, anche se ero anch'io una bambinetta.
Mia cognata, aveva incontrato mio fratello a Como, era la tata dei bimbi di una famiglia di facoltosi setaioli.
Di origine valtellinese, venuta a Como per cercare lavoro, ha conosciuto mio fratello, si sono fidanzati e sposati.
Un 'estate mi ha portato con se, forse per più di un mese, a casa dei suoi genitori, per mia cognata un ritorno a casa, per i bambini e per me un cambio d'aria, un'occasione di nuovi incontri.
In quelle vacanze ho conosciuto una bambina di nome Milva.
Eravamo a Chempo, frazione del comune di Civo.


Ricordo molto bene, la stradina che conduceva alla casa di mia cognata, era stretta, non credo ci passasse un'auto, invece a piedi facevamo il sentiero che scendeva dall'alto, era una collinetta verde, che girava attorno alla grande corte di pietra dei genitori di mia cognata.



Ricordo, che prima di arrivare alla casa, sulla sinistra del sentiero c'era una fontana di sasso dove, l'acqua scorreva sempre, non aveva il rubinetto, alla destra invece c'era un'altra casa, dove abitavano altri due ragazzini che arrivavano da Roma a trovare i parenti tutti gli anni.

I genitori di mia cognata venivano chiamati dai vicini, Carlino e Peppa, per i miei nipoti, nonno Carlo e nonna Peppa.
Nei miei ricordi Carlo, era un uomo alto e imponente, aveva sempre il cappello in testa , quando entrava in casa portava degli zoccoli tipici valtellinesi, con le calze di lana fatte a mano, le ricordo melange grigie 


Peppa una donna dal viso dolce, che lavorava tantissimo, ho un'immagine di lei che, proprio in quella collina dietro casa, taglia l'erba con una falce, ( nel nostro dialetto ranza), con le gonne ampie, ai piedi gli scarponi con il carrarmato per non scivolare sulla pendenza.


Penso che da giovane, doveva essere una donna bellissima, anche mia cognata è molto bella, l'altra immagine che ho e di quando sedeva su uno sgabellino di paglia, e mungeva la mucca,


 aveva i capelli raccolti in trecce arrotolate dietro la nuca, e almeno per quel che io ricordo, doveva essere una donna molto buona.
Mia cognata e i suoi fratelli si rivolgevano ai genitori dando loro del Voi.....

Il sabato pomeriggio, quando tutti i fratelli rientravano a casa, dalla loro settimana lavorativa, ( anche loro erano costretti ad espatriare nella vicina Svizzera, perchè in quella zona non c'era lavoro) con il papà in testa e la mamma dietro, andavano a raccogliere o a girare il fieno, li vedevi con gerlo in spalla scendere carichi di fieno che poi portavano in cascina.


Ho visto un fratello di mia cognata, portare le mucche all'alpe, per la trasumanza estiva, l'altro fratello gestiva la vigna con il quale facevano il vino, ricordo anche il formaggio, naturalmente fatto da loro.


Uno dei fratelli di mia cognata era molto, molto carino si preparava il sabato sera e usciva con la moto, molte ragazzine facevano sogni su di lui, naturalmente anche io lo guardavo..


Sento il profumo dei pomodori con le uova, che faceva nonna Peppa, buonissimi, vedo  le scale strette che conducevano alle camere, la cucina al pian terreno, aveva un grande camino, mi sembra che avesse delle panchine interne, per sedersi proprio vicino al fuoco, ma non ne sono sicura, un tavolone grande, con delle panche per far posto a tutti i sei figli, ricordo la preghiera prima di mangiare. Quanto tempo è passato!
Minimo 40 anni....
Guardando casualmente delle foto, su un social network le ho commentate e, quando si dice il destino, la signora che ha risposto ai miei commenti mi ha detto che si ricordava di me, ho così iniziato una conversazione con Milva, ricordo bene il nome, ma il resto è un po' confuso.
Dice che abbiamo riso tantissimo, e giocato, mi ricorda con capelli corti e gambe magre, i pantaloncini corti rossi, devo essere proprio io, visto che il rosso è il mio colore preferito.



Milva, dice che dovevamo scambiarci le cartoline, ma che per chissà quale motivo non lo abbiamo fatto, è strano ho sempre amato scrivere cartoline, forse avevo perso l'indirizzo, chissà!!!
Ricordo la cugina di mia cognata, una signora alta e magra, nel mio immaginario la vedevo come Olivia di Popeye, con la sigaretta in bocca e con una casa superpulita, la figlia Antonella e un bambino di cui non ricordo il nome.


La domenica mattina, si andava alla messa a piedi, con il Signor Carlo vestito della festa, tutti i suoi figli dietro di lui, e in quell'occasione c'ero anche io, mi ricordo una salita per arrivare alla chiesa, forse la chiesa di Roncalia, un'altra frazione di Civo. In qualche occasione con il fratello di mia cognata, Gianni, andavamo a fare poca spesa a Caspano, almeno penso si chiamasse così, anche in quell'occasione ricordo una strada che saliva.


Per qualche sera , tutte insieme, noi ragazzine, siamo andate dove iniziava la strada, mi sembra ci fosse un muretto, ci trovavano per scherzare, passare la serata prima che facesse buio, ricordo le lucciole,  le rincorrevamo.


Una domenica siamo scesi a Dazio, mio fratello con la sua famiglia con la loro automobile, mentre io e una bambina che penso proprio si trattasse di Milva, eravamo sull'auto del fratello di mia cognata, con noi la sua fidanzata, siamo andati alle giostre, sull'autoscontro io e Milva ci scontravamo, poi con mio fratello che è rimasto per molto tempo un ragazzino malgrado avesse una bella famiglia, siamo andati sui seggiolini volanti ( volgarmente detti Calcio in culo)


 ero talmente magra e leggera che con ogni spinta prendevo il codino, abbiamo fatto parecchi giri gratis, poi come premio per tutti, zucchero filato....una Slinzega da portare a casa insieme alla Bisciola....in questa fiera, la musica era alta suonava una canzone di Umberto tozzi: dal titolo "Dimentica Dimentica" che mi è rimasta impressa nella mente.


I miei ricordi, sono decisamente confusi per quel che riguarda chiese e paesi, non ricordo i nomi delle ragazzine o la fisionomia, ma ricordo di essere stata ben accolta.
Un mese è lungo, dopo un po' ho sentito la mancanza dei miei genitori, delle mie cose, in fondo ero ancora una bambina.



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lunedì 11 novembre 2013

LA CASA IN VIA CA'MATTA ,2
La casa dove io sono cresciuta , era la prima casa costruita in quella via, la strada era sterrata e il terreno che papà aveva acquistato partiva dall'inizio della strada e scendeva fino alla nostra casa, ma la paura di non poter pagare tutto spinse i miei genitori a venderne un pezzetto al Signor Giuseppe (detto Pin ) Nel tempo le case si sono moltiplicate ora è una via piena di casette.



Il nome dato alla via era un nome particolare Via Ca' matta....in fondo, proprio al confine con un'altro paese c'era una casa rurale, divisa fra tanti proprietari, sembra che in quel casale ci fossero frequenti discussioni, da qui il nome Ca' matta..



Eravamo lontani dal centro del paese, avevamo un piccolo alimentari dove però trovavamo di tutto, forse un po' caro, ma comodo, la signora che lo gestiva si chiamava Albertina, vendeva molte cose sfuse, la farina bianca 00, lo zucchero, il pane grattuggiato, la farina della polenta, erano in una madia di legno nocciola con i vetri che scorrevano e con le palette,ognuna per ogni prodotto, metteva il prodotto richiesto in un una carta che poi arrotolava con le dita , ancora oggi ricordo la rapidità nello arrotolare quella carta affinchè non ne fuoriuscisse il contenuto.

Non c'erano i registratori di cassa si faceva la somma degli articoli acquistati che veniva segnata su un libretto che la mamma pagava ad ogni fine mese


Poi c'era il Cesarino, era un macellaio, ma in negozio non c'era quasi mai, o era dietro, in cella frigorifera a preparare la carne, oppure lo dovevamo cercare al bar della pizzeria,  di fianco all'alimentari, la mamma ogni tanto, molto di rado, comperava qualche bistecca e 500gr di spezzatino di manzo che poi cucinava con patate e piselli, erano sicuramente più le patate che gli spezzatini .....era solita dire :
"Chiudi gli occhi e manda giù."
Era una frazione isolata e venivano un sacco di ambulanti, il Guido formaggiaio, veniva due volte la settimana, vendeva affettati e formaggio, latte e derivati del latte, burro e panna poi c'era il mercoledì, non so con quale nome avrei potuto chiamare questo signore , che vendeva abiti per tutti, lo chiamavano il mercoledi...... c'era Geremia che portava il pane il mattino e il gelato nella stagione estiva, solo gelato fior di latte, alla fragola e al limone. Tutti i martedì e il venerdì passava l'ortolano che a gran voce urlava i prodotti che aveva sul camion, anche lui aveva un soprannome "il Cecini "

Il giornalaio che consegnava il quotidiano a chi lo ordinava e l'arrotino-ombrellaio che passava ogni tanto, come ogni tanto passava chi con un camion vendeva di tutto, scope, scale apriscatole, palloni ,corda per saltare e quel filo ricoperto da una plastica dove stendere i panni.


In fondo alla via c'era un pozzo una volta si usava per attingere l'acqua ora serviva per bagnare i campi ed era a disposizione di tutti . La mamma ci proibiva di avvicinarci e..... come una legge non bene definita, facevamo l'esatto contrario.....
C'era tanto verde e già a fine di gennaio scendavamo sulle rive del Seveso per cogliere i bucaneve, quante paure prendeva la mamma non vedendoci tornare, poi c'erano le viole, belle, scure e profumate, e i campi coltivati a frumento e in mezzo tanti fiordalisi, che andavamo a cogliere creando qualche danno, facendo attenzione al contadino che più di una volta ci ha fatto scappare di corsa, il fieno si caricava sul carretto, veniva portato in cascina oppure si facevano dei covoni in mezzo al prato con un bastone in mezzo, quante volte ci siamo tuffati e abbiamo giocato divertendoci un mondo, però, coloro che con tanta fatica lo dovevano per l'ennesima volta ricomporre....era meno divertiti.....


Ma il periodo che più mi piaceva era quando maturavano le ciliegie, una signora ne aveva una infinità di piante e durante il pomeriggio quando lei andava a fare la pennichella, perchè si alzava molto presto per accudire alle mucche, noi, eravamo un bel
gruppetto di ragazzini, salivamo su queste piante, e rubavamo le ciliegie, mi sembra di sentirne ancora il sapore.


La signora si chiamava Maria, originaria  della Valtellina aveva capelli grigi faceva le trecce che poi arrotolava in una crocchia sulla nuca
era davvero un donnone e portava gonne arricciate in vita e mai, l'ho vista con un paio di scarpe o ciabatte, portava sempre scarponi come quelli che si usano per andare in montagna, aveva occhi neri e vispi, quando ci vedeva sulle sue piante gridava: "Un giorno o l'altro vi prendo, monelli che non siete altro," la sua mole non le consentiva di correre, alzava quella gonna e sotto aveva una sottoveste tutta rattoppata con pezze di diverso colore,
rammendava tutto senza guardare molto per il sottile, noi avevamo la velocità della gioventù dalla nostra, ci fermavamo a guardarla, quante risate, rossi in viso col fiatone,con qualche braccio o gamba graffiato dai rami dei ciliegi.
 Sapevamo che Maria avrebbe avvisato i nostri genitori, che puntualmente ci mettevano in castigo e qualche sculacciata era di normale amministrazione.
Non era per le ciliegie, una pianta l'avevamo anche noi a casa, era per il gusto di trasgredire, per scappare via.
Quando Maria ha saputo che mi sposavo, è venuta con un piccolo pacchettino, con un regalo, malgrado i dispetti che le facevo da piccola, mi voleva bene, dentro c'erano un cucchiaio, un forchettone, un coltello per la polenta tutti di legno, diceva che portavano bene.....

Era questa semplicità che ci distingueva, malgrado le monellerie, ci perdonavano, non c'era astio, era logico e giusto che ci sgridassero, ma senza cattiveria di fondo, eravamo bambini, queste stesse persone che subivano le nostre scorrerie, comprendevano che eravano ragazzate, perche in gioventù le avevano fatte anche loro. Non era mai colpa di uno solo, eravamo colpevoli tutti in egual misura, ora invece sembra sempre che nessuno abbia più colpe, ognuno di noi giustifica i propri figli
La domenica mattina, la mamma ci svegliava, dovevamo andare a Messa , non ci volevo andare, mi vestiva uguale a mia sorella , e non eravamo gemelle, ma era vietato recriminare, mia sorella Emanuela era già grande si truccava e si vestiva da signorina, io e Cinzia con la stessa gonnellina, (ho sempre odiato le gonne), le calze coi disegnini e le scarpe uguali, forse la maglia qualche volta era diversa, andavamo in paese a piedi, noi tre davanti e papà dietro , poi noi in chiesa e lui andava in coperativa a giocare alle bocce. Ricordo un particolare,... una mia compagna di scuola, anche lei in chiesa con sua sorella, anche loro due vestite uguali, ma con un accessorio in più avevano le scarpe di vernice rossa e la borsettina uguale, ricordo di aver provato invidia per quell'accessorio che loro avevano e io no , ma è durato poco fortunatamente. Uscivamo dalla chiesa e di corsa ci recavamo dalla Matilde una signorina che vendeva giornali quaderni e caramelle sfuse, con 50 lire comperavi stringhe di liquirizia caramelle gommose e frutti di gelatina e delle caramelle dalle forme di animali di liquirizia dura chiamati "esabesi ". Poi sono cresciuta e mi mandavano a messa da sola, ma dopo ver saputo che bigiavo, dovevo andare in chiesa, tornare a casa e spiegare tutto quello che avevano detto, anche durante la predica, mi hanno messo anche nel coro,   finchè non mi sono sposata non ho potuto mancare mai.
Tutto è cambiato, è rimasta solo la chiesa di famigliare, non c'è più la coperativa, non ci sono più le piante di ciliegi, e forse nemmeno i bucaneve...con qualche amico sono ancora in contatto e si tratta veramente di buoni amici Qualcuno non c'è più, crescendo ha perso i ciliegi e le liquirizie, e ha conosciuto sostanze che non lasciano speranza, ma io li ricordo bambini dove di noi rimangono solo risate.....








domenica 10 novembre 2013

Le colline intorno ai miei paesi

Io abito in provincia di Como a nove chilometri dalla città, sul confine con la Svizzera, circondata da una fascia collinare, tanto che è stato creato un parco Regionale chiamato Spina Verde che comprende diversi paesi.



Attraverso alcune zone della città, seguendo determinati percorsi si arriva alle nostre colline, con itinerari naturalistici , culturali, sportivi, di strategia bellica e religiosi,
Proprio nelle colline intorno a casa mia, nel mio paese di origine si trovano le trincee della linea Cadorna, sono i resti di fortificazioni costruite,durante la prima guerra mondiale, per fronteggiare gli attacchi dell'esercito austro-tedesco, un'opera imponente che venne eseguita sotto il controllo del generale Luigi Cadorna, Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Italiano. Oltre all'opera, di scavo e muraria troviamo anche i percorsi e i camminamenti, che i soldati facevano, sentieri molto più angusti che permettevano l'approvvigionamento di armi e viveri.



Studi fatti intorno al 1971, ci dicono che sono stati trovati anche reperti archeoligici che risalgono all'abitato Pre-Romano, forse attribuibili alla cultura di Gola secca, con diverse camere che si snodano seguendo alcuni percorsi ben definiti, ognuna con un proprio ruolo, per esempio, in una camera si lavoravano i metalli
Sulle rocce di Pianvalle, si possono vedere, segni rituali come l'incisione dell'ascia, il simbolo solare, o dell'omino orante, il serpente, e il simbolo vulvare.




Ci sono poi i sentieri panoramici che ci permettono di vedere la città di Como dall'alto, sentieri naturalistici, e anche in questo caso il mio paese la fa da padrone.



Seguendo il sentiero ben delimitato oltre ad ammirare la natura con alberi di robinie, e castagni, qualche albero di pino silvestre mentre gli arbusti sono ginestre e agrifogli, troviamo punti dove la pietra non permette la crescita di piante, oppure ciottoli che indicano il passaggio fluviale del Paleo Adda, un grande fiume che scorreva lungo una valle corrispondente all'attuale ramo del lago di Como che si gettava nel mare padano.
Continuando a seguire il sentiero troviamo alberi di betulle, castagni,robinie,roveri, carpini neri, mentre nel sottobosco troviamo piante di mirtillo e tante piante di felce aquilina. Mentre si scende, entriamo nel territorio del paese, dove io risiedo da quando mi sono sposata, qui una quercia rossa imponente fa da vedetta in una zona dove i massi di granito ghiandone e gneiss



 ci raccontano che sono stati trasportati e dimenticati dal ghiacciaio durante l'ultima glaciazione, in una piccola zona umida spostata più a lato troviamo ontani neri



 più avanti dove il terreno è più asciutto ci sono querce e biancospini, riprendiamo a salire e ci troviamo in una zona che viene chiamata Colombirolino perchè venivano allevati colombi, o piccioni.
Nel 1630 in questa area venivano seppelliti i corpi dei morti di peste, menzionata anche dal Manzoni.
Mentre nel 1857 i superstiti del colera del 1855, costruirono e dedicarono una chiesetta a San Rocco, protettore dei malati epidemici, questa chiesetta per gli abitanti è luogo di devozione, si può notare un elemosiniere davanti alla chiesetta dove si chiedeva ai viandanti un'offerta per i malati di colera.
Dopo il restauro avvenuto nel 1979, da alcuni artisti del "Circolo Cultura e Arte" viene definita "La Chiesetta dei Pittori",viene però mantenuta la tradizione e i festeggiamenti in occasione del Santo nel mese di agosto, intorno alla chiesa si possono trovare diverse piante di cappero, sicuramente piantate dall'uomo, che non si possono osservare in altri luoghi della provincia di Como, in questa chiesetta prima del restauro mi sono sposata, è graziosa immersa nel verde.

Il percorso è ormai terminato scendendo si costeggia la recinzione di " Villa Archinto" conosciuta per il parco ricco di essenze esotiche.



sabato 9 novembre 2013

ANCORA PIETRO E IL MINIGOLF

Ancora Pietro e il minigolf


Venerdì sera ore 18.45 ritorno dal lavoro, una doccia veloce, proprio veloce, dobbiamo andare in un paese che onestamente non ricordo bene, mi pare si chiami Carnago, ma se così non fosse sono sicura che qualcuno mi correggerà.
Riccardo mi fa fretta, " dai Chicca, abbiamo un bel pezzetto di strada, e a quest'ora c'è traffico", lui ha riposato sul mio divano, ha preparato tutte le sue cosine, io non sono così ordinata, e mi affanno per fare in fretta.
Un'altra serata all'insegna del minigolf e della loro amicizia,
Riccardo avrebbe voluto andare a prendere Pietro, ma col fatto che io finisco tardi, non ha potuto, l'opzione era che io me ne stessi a casa, e  l'ho proposta ma non vuole andare da solo.
Malgrado tutto siamo arrivati in orario, c'erano tutti gli amici intorno a Pietro.
Questa volta l'entrata del ristorante, è molto più agibile, ma gli amici seguono Pietro, nel caso in cui abbia bisogno di aiuto.
Prima di entrare, Riccardo, che ha preparato un pensiero per ricordare la serata, chiama Ivano, il coach del loro gruppo, da il tempo a tutti gli altri amici del minigolf, di prendere posto al tavolo, e poi fa il giro armato di penna e ognuno di loro ha messo la propria firma.



Si tratta di una semplice fotografia messa in cornice, firmata da tutti i presenti, che tutti insieme, vogliono dimostrare a Pietro la loro presenza.
Questa sera siamo più numerosi dell'altra volta, onestamente, ora mi ricordo, di qualcuno, Ivano il coach,


 Luciano che commenta su un social network, Luisa che ama raccontare le barzellette, suo marito ma non ricordo come si chiama,




Pietro che è sempre l'ospite d'onore, e stasera ho capito chi è Rochepin, perchè è colui che ha mangiato con vero piacere tutto quello che aveva ordinato, la battuta che è stata fatta scherzosamente in compagnia è questa:
" Mangia sempre tantissimo a qualunque ora, non ingrassa di un grammo,"



Ho conosciuto anche la sua Signora ma non ricordo il nome..
Il cibo è buono, la compagnia pure, si parla di tutto un po', di cose belle e anche di qualche brutta malattia, si parla della Calabria, delle granite siciliane, vedo Pietro ridere e parlare con i suoi amici, si parla di donne, di uomini, di computer.
La voce di Pietro sottile e di basso tono, a volte viene coperta da qualche vocione dei suo amici.....
Poi sul tavolo iniziano a saltellare delle Palline, uno di questi amici, non vorrei sbagliare nel dire un nome, le ha portate e ne ha fatto omaggio agli altri, il tempo passa, siamo arrivati ai dolci, tutti molto buoni, qualcuno ha fatto il bis, e la serata si avvia alla chiusura, un brindisi a Pietro, che rispetto alla volta precedente sembra aver preso un po di vigore, forse non, nel  fisico, ma il suo sorriso sembra molto più deciso, con il suo bastone in mano, circondato fisicamente, oltre che da braccia forti, dall'affetto dei suoi amici..












































































                         
                                             
                



                       

giovedì 7 novembre 2013

RENZO PIANO

RENZO PIANO


Silvana, è una maestra in pensione, aveva tanto desiderato di raggiungere la pensione per poter girare, ma una malattia subdola agli occhi l'ha costretta dentro i confini della sua cittadina. Ascolta molto la televisone e la radio, facendo zapping con il telecomando si è fermata su un programma televisivo dove Renzo Piano era ospite, purtroppo era quasi finito lo spazio a disposizione per l'intervista e mi chiesto se potevo approfondire per lei.


Ricordo per esempio che quando sono stata a Parigi, la guida che ci faceva fare il tour della città, ci ha portato davanti al Centro George Pompidou, facendoci notare la particolarità dell'immobile

Renzo Piano nato in una famiglia di costruttori si laurea nel 1964.
Dopo anni di perfezionamento negli Stati Uniti ed in Inghilterra, nel 1968 inizia ad esser conosciuto a livello internazionale grazie al padiglione della XIV TRIENNALE di Milano e l'anno successivo curerà il padiglione italiano dell'esposizione di Osaka.


Ma proprio a Parigi nel 1971 vince il concorso per realizzare il Centro George Pompidou, voluto dal Presidente Pompidou per risollevare le sorti della capitale della Francia a livello culturale, si è voluto creare un centro che comprendesse tutte le arti, una biblioteca, un museo, un centro di creazione dove la musica incontrasse la pittura, la scultura, i libri e la creatività, non poteva che essere il museo dell'arte moderna, per le altre arti avevano il Louvre e altri musei ancora come la gare d'Orsay.
Il Centro George Pompidou ha avuto nel progetto la collaborazione di più architetti, tra cui Renzo Piano, per lo più sconosciuti, un edificio audace e colorato divenuto proprio per queste particolarità uno dei simboli dell'architettura del XX secolo, dove anche i colori hanno uno scopo, una differenziazione.


 In ogni città d'Europa e del mondo Renzo Piano, nel corso degli anni ha portato e ha fatto dell'eccellenza Made in Italy, la sua bandiera.
Parla del proprio lavoro così:
" Quello dell'architetto è un mestiere d'avventura: un mestiere di frontiera , in bilico tra arte e scienza. Al confine,tra invenzione e memoria, sospeso tra il coraggio delle modernità, e la prudenza della tradizione. L'architetto fa il mestiere più bello del mondo perchè su un piccolo pianeta dove tutto è stato scoperto, progettare è ancora una delle grandi avventure possibili"

Lione

Sono stata anche a Berlino e anche qui ho sentito parlare delle sue opere,


sono talmente tante che citerò le fonti Web:

Ecco le opere più famose di Renzo Piano:
  • Nemo di Amsterdam
  • Zentrum Paul Klee di Berna
  • Fondazione Beyeler di Riehen
  • Centre Georges Pompidou di Parigi
  • IRCAM, Instituto per la ricerca musicale di Parigi
  • Riqualificazione del centro di Otranto con un progetto dell’UNESCO
  • Spazio musicale per l’opera Prometeo di Luigi Nono a Venezia
  • The Menil Collection a Houston
  • Stazioni metropolitane Principe, Darsena, Brin e Dinegro di Genova
  • Restauro della Basilica Palladiana a Vicenza
  • Kandhar Center di Sestriere
New York Times Tower, sede del New York Times a New York
  • Kansai International Airport di Osaka
  • Cité Internationale di Lione
  • Aula liturgica per Padre Pio a San Giovanni Rotondo
  • Centro design Daimler Benz, Sindelfingen, Stoccarda
  • Auditorium Parco della musica a Roma
  • Galleria del vento della Ferrari, Maranello, Modena
  • Auditorium Niccolò Paganini, Parma
  • Maison Hermes, Tokyo
  • Monastero francescano, San Giovanni Rotondo
  • The Art Institute of Chicago – The Modern Wing, Chicago
  • Pinacoteca Giovani e Marella Agnelli, Torino
  • Ristruturazione e ampliamento della Morgan Library, New York
  • Riqualificazione e ampliamento del Harvard Art Museum, Cambridge

Nel 1981 Renzo Piano fonda il Renzo Piano Building Workshop aprendo uffici a Genova, Parigi e New York. Da allora la sua carriera è decollata: grandissime e memorabili le opere compiute in patria, altrettanto indimenticabili quelle proposte in altri paesi del mondo, soprattutto negliStati Uniti d’America, dove la sua visione è stata acclamata in più di un edificio. (fonte Web)


Nel 2004 istituisce la Fondazione Renzo Piano, con sede a Genova, organizzazione no-profit dedicata al supporto dei giovani architetti, che accoglie a «bottega». (fonte web).



Dall'agosto 2013 Renzo Piano è senatore a Vita, nominato dal Presidente Napolitano, per essersi distinto ed aver dato lustro al lavoro, all'impegno e alla genialità italiana nel mondo.




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domenica 3 novembre 2013

la chiesetta in mezzo ai monti

LA CHIESA IN MEZZO AI MONTI

C'è una famiglia, molto religiosa, tanto che, uno dei parenti, è il parroco di un paese molto vicino a casa mia, che proprio quest'anno ha festeggiato sessant'anni di sacerdozio.
Quando mi sente cantare, il parroco dice che io ho Dio nel cuore e nella voce, solo che non lo voglio ascoltare...
Sa che sono molto critica e non praticante, ciò nonostante mi ha parlato di una chiesetta che è un gioiello incastonato tra i monti.


Tutte le chiese, raccolgono il valore spirituale, anche le più spoglie, alcuni edifici religiosi, però, rappresentano uno straordinario e inestimabile valore, diventando delle vere e proprie opere d'arte.
Si tratta della chiesa dedicata a San Carlo, (già S. Ambrogio) di Negrentino, nel comune di Prugiasco, incastonata sul pendio ovest della Valle di Blenio, in Svizzera.



In realtà fino al 1888 le tre Valli: Blenio, Leventina e Riviera appartenevano alla diocesi Milanese per questo in origine era dedicata a S. Ambrogio.
La chiesa gode di una posizione privilegiata, ad una altezza di 850 metri, circondata dal verde, si affaccia su di un pendio dove si apre un panorama, che abbraccia tutta la vallata.


Viene definita dagli esperti uno dei più significativi esempi di "romanico lombardo" in Svizzera, conserva ancora intatto tutto il suo fascino, un insieme di affreschi tardogotici di straordinaria fattura con influenze bizantine, carolinge e ottomane, una raccolta con pochi uguali nel Canton Ticino.


Anche la struttura architettonica, mostra delle particolarità, ha infatti due absidi e due altari, che in tempi remoti, permetteva di svolgere più funzioni contemporaneamente, oppure consentiva di onorare più di un santo patrono, ma anche la divisione, tra uomini e donne, pellegrini o viaggiatori durante le funzioni.
 Secondo gli studiosi , la particolare disposizione riprende senza equivoci, la forma delle tavole della legge, che Dio consegnò a Mosè, le tavole sono infatti, l'elemento fondamentale per la religione cristiana ed ebraica.
La prima abside, è la più grande, poi la più piccola fu edificata in un secondo tempo.


Nella zona prealpina lombarda gli edifici a doppia abside o abside gemellare, o pseudo gemellare,  sono piuttosto diffusi..
Questa chiesetta racchiude un'enorme ricchezza pittorica, nell'abside minore, nell'Incoronazione della Vergine, Cristo appare seduto alla medesima altezza di Dio Padre,  in un'insolita composizione.

Tutta la chiesa è decorata e gli studiosi hanno distinto le pitture in tre epoche differenti.
All'esterno sul lato che domina la valle, sono ancora visibili gli stemmi che dimostrano il passar di mano del territorio da un Cantone all'altro.


Il campanile è staccato dalla chiesa e risale probabilmente al XII secolo.
Non ho mai visto questa chiesetta, se non in fotografia,   non ho la preparazione adeguata, mi è stata solamente raccontata, mi sono documentata, solo per poterla descrivere, chissà che con la bella stagione non diventi un luogo da visitare.