il filo dei ricordi-racconti

domenica 8 giugno 2014

otto giugno 2014 Campionato sociale del GSP Lozza

LA GARA SOCIALE DI LOZZA


Oggi è l'otto giugno 2014, Riccardo da circa un anno è tornato a giocare a minigolf, dopo parecchi anni.
Con i suoi amici, era contento, perchè il gioco lo rendeva vivo, forse esagerava un po', ma ci teneva a queste gare, purtroppo con la caduta di venerdì 23 maggio, con il ricovero e il successivo intervento, e la riabilitazione che dovrà iniziare, non potrà più giocare, almeno finchè non si sarà ristabilito.


Malgrado non possa partecipare, oggi ha voluto comunque essere presente alla gara sociale, con i suoi compagni di club.
Gli hanno chiesto tutti, nessuno escluso come stava, se riusciva dormire con il braccio in quel modo, chi lo prendeva bonariamente in giro, mentre lo attraversava, un sottile rammarico per non aver potuto giocare.



Dopo la gara abbiamo pranzato, tutti insieme, le battute, le barzellette, le previsioni e i programmi che riguardano le prossime gare, gli auguri a chi compiva gli anni, fanno parte dell'aggregazione al gruppo.


Oggi era una giornata calda, il tutore al braccio gli dava davvero noia, siamo tornati a casa, nel tragitto, mi parlava di quando era un giovanotto, di quando si rendeva disponibile, anche solo come servizio di trasporto per quei giovani, che ora sono gli adulti del club.



E' felice del punteggio raggiunto da Marzia, mi parla di lei da ragazzina, della sorella Giulia che giocava anche lei con loro.
Mi spiega che avrebbe voluto davvero fare questo torneo, " non immagini nemmeno quanto avrei voluto fare queste gare, tu non mi comprendi, non ami la competizione, io mi sentivo più in forza;
Mi rendo conto che aveva desiderato fare queste gare, ma quando la sfortuna ci mette lo zampino. .....

Riccardo in allenamento alla 7


Tornati a casa mentre su un social network scorrevano le foto fatte e pubblicate, mi faceva notare i complimenti che mi hanno fatto per la mia torta, oggi abbiamo vinto comunque un premio, in golosità, e in AMICIZIA .




Monet e la sua casa

La mattina appena sveglia, controllo le e-mail sperando di ricevere una risposta, alle tante domande di lavoro che ho inviato.
Questa,mattina ho trovato una mail di una compagna di scuola, ci sentiamo veramente poco, mi informa nel messaggio, che mi segue attraverso i miei scritti, ma, che è impossibilitata a commentare e non sa nemmeno lei dare una spiegazione. Dal canto mio, non sono davvero in grado di fornire delucidazioni , non ci capisco niente di personal computer.
Apro il video che mi ha inviato e davanti a me si apre uno spettacolo, di fiori e colori. Essendosi recata per il suo anniversario di matrimonio in Provenza, in Camargue e in Normandia,mi ha inviato le immagini della casa di Monet a Giverny, il giardino che tanto lo ha ispirato.
Così ho pensato di condividerle in questo racconto.


Claude Monet, nella primavera del 1883 si trasferì con la sua famiglia a Giverny, un piccolo centro della Normandia, una delle regioni più ricche di fascino della Francia, nel piccolo villaggio trovò una grande casa rosa, con le persiane verdi, un frutteto che era protetto da alti muri perimetrali , costeggiato da siepi di bosso, tassi e pini. Non era il genere di alberi che il pittore amava, tanto che li fece abbattere, solo i due tassi davanti alla casa furono salvati, grazie alle insistenze della moglie Alice.


Durante il suo soggiorno In Olanda, aveva molto ammirato le distese di tulipani e narcisi e giacinti, proprio per questo motivo e per creare un giardino da dipingere, molte delle piante vennero sopresse, vennero create aiuole strette e lunghe dove vennero piantati anemoni,gladioli, papaveri orientali, aster, tulipani dalie, che a seconda della fioritura nelle diverse stagioni cambiavano creando giochi di colore.


fiori, con colori, luci e trasparenze, le piante scelte per essere accostate in base ai loro colori e poi lasciate crescere spontaneamente intervenendo il minimo indispensabile in modo da imitare il più possibile la semplicità della natura, sul grande prato aveva disseminato di fiordalisi, margherite e papaveri, fece piantare dei Prunus ornamentali, ciliegi e meli, amava le leggere fioriture primaverili molto simili a nuvole.


Le rose rampicanti, e le clematidi fanno scena ai bordi del grande viale, attorcigliate su degli archi di metallo mentre a terra le rose, le peonie, i gigli, e anche girasoli, molto bello è il tappeto di nasturzi di tutti i colori.



Dopo dieci anni dall'acquisto della casa, Monet acquistò un lotto di terreno confinante dove scorreva un' affluente del Reno, qui iniziò a costruire un giardino con ispirazione giapponese, fece costruire un ponte e un laghetto di ninfee, il glicine quando era in fiore, ricopriva il ponte, i salici piangenti, con bambù e azalee facevano da cornice a questo incanto. Considerato dai vicini di casa come un personaggio eccentrico, (sospettavano che potesse avvelenare le acque con i fiori che vi galleggiavano sopra), riuscì a vincere anche la loro diffidenza.


Questo delizioso giardino d'acqua ricco di luci filtrate, trasparenze e immagini riflesse, che ispirò gli oltre 200 quadri del ciclo delle Ninfee oggi ospitati nel museo dell'Orangerie a Parigi.



Appassionandosi sempre di più alla botanica, Monet era in continua ricerca di nuove varietà, accostando con semplicità e maestria specie semplici (primule e non ti scordar di me) a specie molto più sofisticate che acquistava senza badare a spese, leggeva libri di giardinaggio e scambiava con i propri amici semi e bulbi


Orgoglioso di questa sua creatura, in parte copiata dalle stampe cinesi che collezionava, permetteva agli amici di visitarlo, l'unica regola da seguire era che: " dovevano essere presenti prima delle cinque pomeridiane"ora in cui i fiori iniziano a chiudersi.In questo piccolo paradiso Monet trascorse quasi 40 anni della sua vita dipingendo questi fiori bianchi che scivolano sulla superficie dell'acqua, creando delle vere e proprie sensazioni.
Pochi luoghi furono studiati con tanta assiduità come lo stagno di Giverny, Monet morì nel 1926, la figlia Blanche continuò ad avere cura di questo paradiso, ma alla sua dipartita, la casa subì parecchi anni di degrado.


La casa e i suoi giardini nel 1980, sono stati aperti al pubblico dal 1° aprile al 1° novembre di ogni anno sono vistabili, fanno parte della fondazione Monet, che si è impegnata nel restauro per ritornare all'immagine poetica di colore, che solo un pittore poteva creare.


I



lunedì 2 giugno 2014

La festa della Repubblica


 inno di mameli 




Oggi è il due giugno, è la festa della Repubblica in Italia, ed anche il compleanno di mio figlio. Io però, sono al lavoro in Svizzera, la signora decide che devo stirare, si ricorda della nostra festa, le parlo della sfilata e lei mi accende il televisore...
Non è ancora iniziata, le immagini girano sui fori imperiali e sul Colosseo, Roma è Roma, la città più bella al mondo, oggi la nostra Repubblica compie 68 anni.



La cerimonia della festa della Repubblica inizia all'Altare della Patria, dove il Presidente Giorgio Napoletano, depone l'omaggio al Milite Ignoto con lui i massimi rappresentanti della Difesa Italiana..


Sullo schermo si vede arrivare il presidente Napolitano con la storica "flaminia scoperta," in auto con lui, il Capo di stato maggiore della Difesa, e il ministro della difesa Roberta Pinotti,
la prima donna in Italia ad assumere una tale carica.


Lo Stato è rappresentato anche dal Presidente della Camera, e
del Senato, e il Presidente del Consiglio rappresenta il governo.




Il tema della sfilata è :" Forze armate, valori e tradizione dalla prima guerra mondiale alla difesa europea ". Si uniscono per la commemorazione, il centenario della grande guerra e la prossima carica di presidenza italiana del Consiglio dell'Unione Europea.
Il Presidente Giorgio Napolitano, alzandosi in piedi, nell'auto scoperta, sventolando un cappellino bianco saluta tutte le persone che partecipavano all'evento.


 Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi è giunto a piedi,fermandosi a stringere la mano a parecchie persone dietro le transenne.



Sono sette i settori che sfileranno, aprono la sfilata i Corazzieri a cavallo, e la banda dei Carabinieri suonando l'inno di Mameli tutti gli altri settori sfileranno a piedi, si vedono stendardi, dell'Unione Europea, delle compagnie militari e non, che ci rappresentano:


L'esercito, la Marina 



e la Guardia di finanza, in uniforme storica della prima guerra Mondiale.











 I carabinieri che quest'anno festeggiano anche il bicentenario, sfilano con le loro divise storiche.









L'aeronautica Militare e i corpi militari e ausiliari dello Stato e le infermiere della Croce Rossa Italiana, 


 

I vigili del fuoco la Protezione civile 
La brigata Sassari un'altro fulcro importante, e l'applauso ai due marò trattenuti in India quando hanno sfilato i militari della Brigata San Marco
Non ci saranno i mezzi di trasporto, verranno solamente trasportati alcuni mezzi storici, 
Dal Web:

LUNGO UN CHILOMETRO DA PIAZZA VENEZIA AL COLOSSEO:
si rivedranno i mezzi storici, come una trattrice Fiat 20b, con al traino uno dei cannoni usati sull’Isonzo e sul Piave.
Poi una torpedine semovente Rossetti, meglio nota come Mignatta.
E un velivolo SVA, della Ansaldo, uno dei biplani che il 9 agosto 1918 compirono il beffardo volo su Vienna, impresa alla quale prese parte anche Gabriele d’Annunzio. Momenti della nostra storia, anche dolorosi, come ci ricorda il passaggio delle infermiere. Le loro vecchie colleghe furono attive durante la Grande Guerra in 204 ospedali da campo, dove vennero curati 696.993 militari feriti.




STORIA - Nel giugno del 1948 per la prima volta Via dei Fori Imperiali a Roma ospitava la parata militare in onore della Repubblica. L'anno seguente, con l'ingresso dell'Italia nella NATO, se ne svolsero dieci in contemporanea in tutto il Paese mentre nel 1950 la parata fu inserita per la prima volta nel protocollo delle celebrazioni ufficiali.



Il presidente della Repubblica Napolitano, si vede conversare con gli esponenti che rappresentano le nostre istituzioni.


Dopo due anni di assenza le frecce tricolore son tornate, un lungo tricolore a riempito il cielo di Roma ho ancora presente l'emozione che si prova stando col naso all'insù per seguire le pattuglie acrobatiche che tutto il mondo ci invidia, siamo criticabili per tante cose, ma nelle eccellenze rimaniamo invidiabili.





NONNA LICIA E LA POLITICA

E' strano per me, vedere la mia nonnina, che si infervora mentre è seduta sul divano, guarda la televisione, dove ogni quarto d'ora c'è un telegiornale, che le ricorda lo stremo in cui siamo caduti.


E' una donna pacata, ma è stanca di sentire i consigli, che adesso, sui giornali e dalle varie televisioni, il governo grida ai quattro venti.
"Cosa vogliono dire tutte quelle parole? " -Dice:
"SPREAD, PIL, DEF, CCT, BOT",
 la sento brontolare: -" ma quando vogliono, allora si fanno capire, sanno parlare in italiano, dicono che si devono fare dei TAGLI, per RISPARMIARE, ci dicono di fare una vita sobria".
Ma io l'ho sempre fatta, cosa dicono questi qua, quello che loro predicano, con tanta insistenza, era ed è il costume delle persone della mia generazione.
-"Vogliono farci tornare al tempo che fu....?"


Quando vestivamo le scarpe solo per poche ore, per andare alla Messa grande la domenica mattina, dovevano durare negli anni e se ci cresceva il piede li passavamo in ordine di età ai fratelli più piccoli di noi, finchè il figlio più grande spesso divideva le scarpe col padre.


Le donne rammendavano e rinforzavano e rattoppavano senza economia, per fare ECONOMIA.


Gli uomini facevano un abito, una volta ogni morto di Papa, dal sarto, i pantaloni all'interno avevano tanta stoffa, per cui se aumentava di peso si provvedeva ad allargarli, poi quando si consumava veniva girato dalla parte opposta e ricucito, le camicie avevano due colli che venivano sostituiti, e le calze venivano rammendate.



La mattina, mangiavamo la zuppa avanzata la sera precedente, il caffèlatte solo la domenica, per pranzo due fette di polenta dove il salame lo vedevi per traverso, e la sera minestrone di verdura dell'orto, anche in piena estate.



Solo la domenica veniva santificata la festa, si faceva un'eccezione, magari pastasciutta o un pochino di manzo lessato, la sera si faceva il risotto col brodo della carne, niente caffè nero,solo la nonna e i malati, niente dolci, e leccornie,  quando andavamo a Como a piedi guardavamo nelle vetrine, ma non potevamo assaggiarle, qualche volta per la sagra di S. Anna,il babbo le aveva acquistato un bastoncino di zucchero...


Ma eravamo in gamba, eccome se lo eravamo....
Mentre io lavoro, lei parla come se fossi seduta accanto a lei, e se mi sposto mi viene a cercare, continua la sua filippica.


Quando avevamo fame rubavamo un pezzetto di pane di gran turco, se proprio riuscivamo a farla franca, lo intingevamo nello zucchero, sempre che riuscissimo a non farci vedere dalla nonna.


 Eravamo sempre all'aria aperta tranne che per le ore di scuola e della messa, all'avvicinarsi dell'inverno, verso la fine di ottobre, tutti i bambini in grado di aiutare venivano mandati a raccogliere le stoppie, per evitare di usare la legna.


I prati, i viottoli di tutti i campi, erano la nostra palestra, dove tutte le partite dei giochi più strani iniziavano e finivano, le corse sui ronchi, le spedizioni per riempire di frutta i cesti, per i pesci andavamo al rivo , e in alcuni periodi nelle selve dove catturavamo anche uccelli...
Nessuna palestra da pagare, facevamo podismo, arrampicate, flessioni, pugilato, lotta libera, acrobazie, e nuoto, l'agilità e la destrezza erano la qualità di tutti ragazzetti.


Poi sono cresciuta ho iniziato a lavorare, mi sono sposata, avevo una famiglia da mandare avanti, le mie condizioni erano migliorate, ma ho sempre dovuto fare economia.
Quanto cucire ho fatto! Quante pezze ho messo nei pantaloni da lavoro, di mio marito, con i ritagli confezionavo i pantaloncini dei miei figli, la sera dopo il lavoro, lavavo a mano, cucivo e preparavo il pranzo del giorno dopo.


Cosa vogliono ancora da me?
Facessero loro, l'economia che ho fatto io, condita di tanti sacrifici, sono certa che otterrebbero dei risultati, non avevamo nulla, dopo il lavoro, tagliavamo l'erba, facevamo il fieno, gli uomini spaccavano la legna, e si seminava.



-"Non voglio tornare a quella vita, No Signori del Governo, i risparmi e l'economia la dovete fare Voi io la faccio già tutti i giorni.


Mi guarda e sorride,-" non sono matta", -dice " sono proprio arrabbiata, a questa gente manca la semplicità, ecco perchè c'è una così grande diversità tra noi e loro, loro si complicano e ci complicano la vita".


Ho ricevuto un'altra lezione di storia, attualità e costumi di qualche tempo fa, e nei suoi occhi vedo la delusione di quel che siamo diventati.