il filo dei ricordi-racconti

lunedì 18 novembre 2013

una visita inaspettata


Un po di mesi fa, ho ricevuto una visita inaspettata, che mi ha riempita di stupore, ma anche di tanto piacere, ho saputo aneddoti che non conoscevo.
Con una telefonata, mia sorella mi comunica che, un coppia di amici dei miei genitori, sono tornati dalle nostre parti, dopo tanti anni, sono andati nel suo negozio e lei, che è più grande di me, se li ricorda, ha parlato con loro, vorrebbero incontrare anche me, per cui il giorno dopo, la domenica li ha accompagnati a casa mia.
Mia sorella non mi ha proprio spiegato,  tutto nei dettagli,  per cui ero un po' curiosa e un po'in difficoltà,  in imbarazzo.
La mia cagnolina Luna, prima ancora che qualcuno suoni il campanello, abbaia come una disperata,.....  poi,  fa entrare tutti, ladri compresi, mi annuncia così che i miei ospiti sono arrivati.




Sono con due auto, nella prima ci sono gli amici, con mia sorella,
che ha fatto da navigatore, dietro di loro mio cognato con la propria auto.
Scendono dall'auto un signore alto e ben piazzato,  con la barba brizzolata, e una bellissima signora bionda, un po imbarazzata, mi avvicino e dopo i saluti, mia sorella mi dice: "lo riconosci, lo ricordi?"
Non ho idea di chi possa essere questo marcantonio, e scuotendo la testa mi scuso, sono a disagio.
Il signore mi guarda e mi dice:
-"Sei come la tua mamma, proprio come lei, anzi,tua mamma era più bella, perchè sorrideva di più".
Non so cosa rispondere,  li invito ad entrare in casa, che ho, per fortuna, pulito bene il giorno prima, chiedo loro se hanno già fatto colazione, dicono che bevono volentieri un buon caffè, poi mia sorella si congeda dicendomi:
-"Stai tranquilla, il Signor Giovanni, ti ha visto che eri grande così,  fa segno con le mani, era uno dei finanzieri a cui la mamma lavava e stirava".

" Il braccialetto d'oro quello col cuoricino te lo ha regalato lui, lo hai ancora?"
Rispondo,  che se i ladri non avessero deciso di farmi visita, forse lo avrei ancora il braccialetto, e proprio mentre rispondo la signora dice:
"  assomigli in modo esagerato alla mamma anche nella voce".
Mia sorella saluta, abbracciando il signore e la signora quasi con confidenza.



Rimasti solamente noi tre,  allora io chiedo: " ma la conosceva anche lei?"
mi risponde, che lavorava per una ditta Svizzera, che faceva la pendolare tra Como e Ginevra e che in dogana ha conosciuto Giovanni, che si sono sposati e trasferiti a Padova, dove hanno formato la loro famiglia e raggiunto la pensione, sono rammaricati per aver perso i contatti, sono dispiaciuti per non aver saputo della dipartita dei miei genitori.
Il tempo passa chiedo se vogliono fermarsi a pranzo, ho fatto lasagne e arrosto al forno con patate, loro accettano, se avessi saputo che sarebbero venuti avrei fatto qualcosa in più, ma sono stata avvisata proprio all'ultimo momento.
Sono tornati per festeggiare 40 anni di matrimonio, sono alloggiati in un albergo di Cernobbio.
Mentre apparecchiamo il tavolo e preparo le ultime cose, la signora Emma, si è offerta di aiutarmi, Giovanni mi racconta di quanto volesse bene a mia mamma, la chiama mamma Agnese, perchè per loro era una mamma, erano ragazzi giovani, lontani da casa, non c'erano tutti gli elettrodomestici che ci sono oggi,  in un paesino come il nostro,  a quei tempi non c'era nemmeno una lavanderia.



Era mia mamma, la persona di fiducia a cui loro si affidavano, il punto di riferimento, che li manteneva puliti e in ordine, non fa che rammaricarsi di non essere venuto prima.
Mi chiede di tutti noi, di mio fratello, ricorda particolarmente, quanto fosse vivace, e monello, e io dal canto mio ribadisco che mio figlio, ha preso questa caratteristica dallo zio.... ci facciamo una risata,.... i geni del DNA.
Un giorno mio fratello, di nascosto ha preso la moto di papà, quella che usava per spostarsi, recarsi al lavoro, è tornato a casa portando la moto a mano, aveva fuso il motore....
Mentre Giovanni racconta, mi immagino la faccia di papà, la sua rabbia, e davanti ai miei occhi, vedo la mamma che cerca di calmarlo, per evitare che mio fratello le prendesse di santa ragione.



Ricorda che avevo forse quasi due anni, e ancora la mamma mi allattava,(povera mamma), dice che volevo solo il suo latte, e che il mio migliore compagno di giochi era il mio cane, Flaick, un pastore tedesco a cui facevo di tutto, mi portava in groppa come un cavallo, e mi faceva girare per tutto il giardino, mi è tornato alla mente il più bel cane che avessi mai avuto.



Chiedo come fossero stati i miei genitori, quando io ero piccola, mi dice che la mamma soffriva un po' della severità del papà, che avrebbe voluto un po più di fiducia, era una brava donna, la mamma per tutti.
Ma che mio papà, era gelosissimo di tutti noi, e se caratterialmente era una persona complessa, era anche di una generosità infinita, lo definisce così:
"Un gran buon diavolo".
Concordo, mi racconta di quando era di libera uscita, si presentava a casa e con noi mangiava quel che c'era, pasta al sugo con insalata e uova sode oppure la sera, minestrone di verdura con formaggio o salame fatto da noi, pollo arrosto, o risotto coi fegatini, e le frittate con le verdure che faceva la mamma...
Il sabato sera in quel locale che avevano di sotto, fungeva da cucina/ taverna, mio papà suonava l'armonica a bocca e Giovanni la fisarmonica...

Emma mi parla del velo che la mamma, le aveva fatto in occasione del suo matrimonio, dice che lo conserva ancora tra due fogli di velina dentro una scatola, non lo lava perchè è talmente fine che ha paura di romperlo.. Continuiamo così fino a tardo pomeriggio, poi decido di uscire a cena.
Una telefonata,  prenoto in quel di Lenno sul lago di Como.



Decidono di rinfrescarsi al loro Hotel, ci accordiamo per le 19,30 passo io a prenderli, abbiamo cenato a base di pesce di lago, dicono di essere stati bene.
Una passeggiata su questo bellissimo golfo,  poi si rientra, arrivati al loro albergo, Giovanni chiede se mi può abbracciare,mi ringrazia dell'ospitalità si complimenta,  dicendomi che se fuori assomiglio tutta alla mamma, dentro ho un po' di tutti e due, mi sento sollevata, come se avessi superato un esame, mi invitano a casa loro, prometto che ci andrò, non so quando, ma ci andrò.
Ci siamo sentiti per telefono, ora al nostro incontro prossimo si aggiungerà un'altro collega, che ha conosciuto i miei genitori, il mondo è grande ma a volte basta poco per farlo diventare piccolo..
Sono stata al cimitero dai miei genitori, sulla lapide di mio papà, c'era una bellissima ciotola, sono venuti a salutarlo, un minestrone un po di pane e salame con tanti ricordi, al mio vecchio... faranno sicuramente piacere.



mercoledì 13 novembre 2013

LA LATTERIA DI DRESDA

LA LATTERIA DI DRESDA


C'è una latteria che è un gioiello, tanto è bella e particolare
nel cuore di Dresda,


E' sopravvissuta come per miracolo, ai bombardamenti che hanno raso al suolo la città nel febbraio del 1945 durante la II Guerra Mondiale.


Venne fondata nel 1879 da un agricoltore di nome Paul Gustav Leander Pfunds.
 Inizialmente aprì una latteria in un quartiere diverso da quello attuale, dove attraverso il negozio si potevano osservare sei mucche mentre venivano munte, serviva così latte fresco e igenico agli abitanti di Dresda.


 L'anno successivo anche il fratello Friedrich Pfunds si associò all'idea e da allora la latteria assunse il nome "Latteria di Dresda dei fratelli Pfunds", (Dresdner MolkereiGebrude Pfunds).
La Ditta s'ingrandiva tanto,  che ebbero bisogno di traslocare nella Bautzner strabe al n° civico 41 e poi ancora al n° 79 dove è ancora ai giorni nostri, e gli ampliamenti di questo stabile si susseguirono 


L'attività fioriva, tanto che i proprietari iniziarono a produrre per primi in Germania il latte condensato, lo esportavano, e nella loro produzione ,avevano prodotti come sapone al latte di capra, studiato per le persone, che avevano problemi di pelle sensibili agli allergeni, e prodotti per bambini.


Furono infatti dei pionieri nel cercare di produrre prodotti che si avvicinassero alle qualità del latte materno.
Nel dopo guerra riprese con la vendita di latte, latticini e formaggi, ma dal 1972 venne statalizzata dalla Repubblica Democratica Tedesca e poi chiusa nel 1978.
Negli anni novanta, osservando le tradizioni, venne riaperta.
È diventata una meta del turismo, anche perchè tutto il negozio e rivestito di maioliche dipinte a mano dalla nota impresa Villeroy and Boch, presentando scene ispirate alla latteria, lungo il soffitto una rappresentazione di angeli e cherubini che trainano carretti carichi di bidoni di latte, di bambini che giocano e paesaggi campestri.

Viene definita la più bella latteria del mondo, nel 1997 è stata registrata nel Guinness dei Primati , con 247,90 metri quadrati di piastrelle, offre ai suoi avventori per lo più formaggi a latte crudo.
Sono entrata in questa latteria che, ai miei occhi è , un misto tra un negozio che vende del formaggio e una sala da thè dove, forse si beve tutto tranne che il thè, siamo saliti per una scala abbastanza ripida e ci hanno fatto accomodare in tavolini rotondi da  dove si poteva ordinare.
Non ricordo, cosa ho bevuto, forse una cioccolata, che ci è stata servita con tanti bocconcini di formaggio.
 E' una zona riservata a ristorante dove solitamente i turisti provano le specialità della Sassonia


Oltre ai derivati del latte si possono provare o acquistare marmellate ai fichi e senape, mango e senape, zenzero, mostrarde e gelatine di mele, e vari distillati in genere derivati dalla frutta che i tedeschi chiamano Schnapss..









martedì 12 novembre 2013

MILVA E LA FRAZIONE DI CHEMPO

Nel Luglio del 1969 diventavo zia, mio fratello era diventato papà, malgrado ci dividesse un buon numero di anni, era comunque un papà giovanissimo, e di conseguenza divenni anche io una zia molto giovane. La zia di una bella bambina, nell'anno successivo, è nato un bel maschietto, e nell'anno dopo ancora un maschietto biondo, che il destino si è portato via a 20 anni a causa di un incidente stradale...

Quando erano piccoli, durante le vacanze scolastiche, spesso, molto spesso, stavo delle settimane intere a casa di mio fratello e mia cognata, davo una mano dove potevo, anche se ero anch'io una bambinetta.
Mia cognata, aveva incontrato mio fratello a Como, era la tata dei bimbi di una famiglia di facoltosi setaioli.
Di origine valtellinese, venuta a Como per cercare lavoro, ha conosciuto mio fratello, si sono fidanzati e sposati.
Un 'estate mi ha portato con se, forse per più di un mese, a casa dei suoi genitori, per mia cognata un ritorno a casa, per i bambini e per me un cambio d'aria, un'occasione di nuovi incontri.
In quelle vacanze ho conosciuto una bambina di nome Milva.
Eravamo a Chempo, frazione del comune di Civo.


Ricordo molto bene, la stradina che conduceva alla casa di mia cognata, era stretta, non credo ci passasse un'auto, invece a piedi facevamo il sentiero che scendeva dall'alto, era una collinetta verde, che girava attorno alla grande corte di pietra dei genitori di mia cognata.



Ricordo, che prima di arrivare alla casa, sulla sinistra del sentiero c'era una fontana di sasso dove, l'acqua scorreva sempre, non aveva il rubinetto, alla destra invece c'era un'altra casa, dove abitavano altri due ragazzini che arrivavano da Roma a trovare i parenti tutti gli anni.

I genitori di mia cognata venivano chiamati dai vicini, Carlino e Peppa, per i miei nipoti, nonno Carlo e nonna Peppa.
Nei miei ricordi Carlo, era un uomo alto e imponente, aveva sempre il cappello in testa , quando entrava in casa portava degli zoccoli tipici valtellinesi, con le calze di lana fatte a mano, le ricordo melange grigie 


Peppa una donna dal viso dolce, che lavorava tantissimo, ho un'immagine di lei che, proprio in quella collina dietro casa, taglia l'erba con una falce, ( nel nostro dialetto ranza), con le gonne ampie, ai piedi gli scarponi con il carrarmato per non scivolare sulla pendenza.


Penso che da giovane, doveva essere una donna bellissima, anche mia cognata è molto bella, l'altra immagine che ho e di quando sedeva su uno sgabellino di paglia, e mungeva la mucca,


 aveva i capelli raccolti in trecce arrotolate dietro la nuca, e almeno per quel che io ricordo, doveva essere una donna molto buona.
Mia cognata e i suoi fratelli si rivolgevano ai genitori dando loro del Voi.....

Il sabato pomeriggio, quando tutti i fratelli rientravano a casa, dalla loro settimana lavorativa, ( anche loro erano costretti ad espatriare nella vicina Svizzera, perchè in quella zona non c'era lavoro) con il papà in testa e la mamma dietro, andavano a raccogliere o a girare il fieno, li vedevi con gerlo in spalla scendere carichi di fieno che poi portavano in cascina.


Ho visto un fratello di mia cognata, portare le mucche all'alpe, per la trasumanza estiva, l'altro fratello gestiva la vigna con il quale facevano il vino, ricordo anche il formaggio, naturalmente fatto da loro.


Uno dei fratelli di mia cognata era molto, molto carino si preparava il sabato sera e usciva con la moto, molte ragazzine facevano sogni su di lui, naturalmente anche io lo guardavo..


Sento il profumo dei pomodori con le uova, che faceva nonna Peppa, buonissimi, vedo  le scale strette che conducevano alle camere, la cucina al pian terreno, aveva un grande camino, mi sembra che avesse delle panchine interne, per sedersi proprio vicino al fuoco, ma non ne sono sicura, un tavolone grande, con delle panche per far posto a tutti i sei figli, ricordo la preghiera prima di mangiare. Quanto tempo è passato!
Minimo 40 anni....
Guardando casualmente delle foto, su un social network le ho commentate e, quando si dice il destino, la signora che ha risposto ai miei commenti mi ha detto che si ricordava di me, ho così iniziato una conversazione con Milva, ricordo bene il nome, ma il resto è un po' confuso.
Dice che abbiamo riso tantissimo, e giocato, mi ricorda con capelli corti e gambe magre, i pantaloncini corti rossi, devo essere proprio io, visto che il rosso è il mio colore preferito.



Milva, dice che dovevamo scambiarci le cartoline, ma che per chissà quale motivo non lo abbiamo fatto, è strano ho sempre amato scrivere cartoline, forse avevo perso l'indirizzo, chissà!!!
Ricordo la cugina di mia cognata, una signora alta e magra, nel mio immaginario la vedevo come Olivia di Popeye, con la sigaretta in bocca e con una casa superpulita, la figlia Antonella e un bambino di cui non ricordo il nome.


La domenica mattina, si andava alla messa a piedi, con il Signor Carlo vestito della festa, tutti i suoi figli dietro di lui, e in quell'occasione c'ero anche io, mi ricordo una salita per arrivare alla chiesa, forse la chiesa di Roncalia, un'altra frazione di Civo. In qualche occasione con il fratello di mia cognata, Gianni, andavamo a fare poca spesa a Caspano, almeno penso si chiamasse così, anche in quell'occasione ricordo una strada che saliva.


Per qualche sera , tutte insieme, noi ragazzine, siamo andate dove iniziava la strada, mi sembra ci fosse un muretto, ci trovavano per scherzare, passare la serata prima che facesse buio, ricordo le lucciole,  le rincorrevamo.


Una domenica siamo scesi a Dazio, mio fratello con la sua famiglia con la loro automobile, mentre io e una bambina che penso proprio si trattasse di Milva, eravamo sull'auto del fratello di mia cognata, con noi la sua fidanzata, siamo andati alle giostre, sull'autoscontro io e Milva ci scontravamo, poi con mio fratello che è rimasto per molto tempo un ragazzino malgrado avesse una bella famiglia, siamo andati sui seggiolini volanti ( volgarmente detti Calcio in culo)


 ero talmente magra e leggera che con ogni spinta prendevo il codino, abbiamo fatto parecchi giri gratis, poi come premio per tutti, zucchero filato....una Slinzega da portare a casa insieme alla Bisciola....in questa fiera, la musica era alta suonava una canzone di Umberto tozzi: dal titolo "Dimentica Dimentica" che mi è rimasta impressa nella mente.


I miei ricordi, sono decisamente confusi per quel che riguarda chiese e paesi, non ricordo i nomi delle ragazzine o la fisionomia, ma ricordo di essere stata ben accolta.
Un mese è lungo, dopo un po' ho sentito la mancanza dei miei genitori, delle mie cose, in fondo ero ancora una bambina.



.

lunedì 11 novembre 2013

LA CASA IN VIA CA'MATTA ,2
La casa dove io sono cresciuta , era la prima casa costruita in quella via, la strada era sterrata e il terreno che papà aveva acquistato partiva dall'inizio della strada e scendeva fino alla nostra casa, ma la paura di non poter pagare tutto spinse i miei genitori a venderne un pezzetto al Signor Giuseppe (detto Pin ) Nel tempo le case si sono moltiplicate ora è una via piena di casette.



Il nome dato alla via era un nome particolare Via Ca' matta....in fondo, proprio al confine con un'altro paese c'era una casa rurale, divisa fra tanti proprietari, sembra che in quel casale ci fossero frequenti discussioni, da qui il nome Ca' matta..



Eravamo lontani dal centro del paese, avevamo un piccolo alimentari dove però trovavamo di tutto, forse un po' caro, ma comodo, la signora che lo gestiva si chiamava Albertina, vendeva molte cose sfuse, la farina bianca 00, lo zucchero, il pane grattuggiato, la farina della polenta, erano in una madia di legno nocciola con i vetri che scorrevano e con le palette,ognuna per ogni prodotto, metteva il prodotto richiesto in un una carta che poi arrotolava con le dita , ancora oggi ricordo la rapidità nello arrotolare quella carta affinchè non ne fuoriuscisse il contenuto.

Non c'erano i registratori di cassa si faceva la somma degli articoli acquistati che veniva segnata su un libretto che la mamma pagava ad ogni fine mese


Poi c'era il Cesarino, era un macellaio, ma in negozio non c'era quasi mai, o era dietro, in cella frigorifera a preparare la carne, oppure lo dovevamo cercare al bar della pizzeria,  di fianco all'alimentari, la mamma ogni tanto, molto di rado, comperava qualche bistecca e 500gr di spezzatino di manzo che poi cucinava con patate e piselli, erano sicuramente più le patate che gli spezzatini .....era solita dire :
"Chiudi gli occhi e manda giù."
Era una frazione isolata e venivano un sacco di ambulanti, il Guido formaggiaio, veniva due volte la settimana, vendeva affettati e formaggio, latte e derivati del latte, burro e panna poi c'era il mercoledì, non so con quale nome avrei potuto chiamare questo signore , che vendeva abiti per tutti, lo chiamavano il mercoledi...... c'era Geremia che portava il pane il mattino e il gelato nella stagione estiva, solo gelato fior di latte, alla fragola e al limone. Tutti i martedì e il venerdì passava l'ortolano che a gran voce urlava i prodotti che aveva sul camion, anche lui aveva un soprannome "il Cecini "

Il giornalaio che consegnava il quotidiano a chi lo ordinava e l'arrotino-ombrellaio che passava ogni tanto, come ogni tanto passava chi con un camion vendeva di tutto, scope, scale apriscatole, palloni ,corda per saltare e quel filo ricoperto da una plastica dove stendere i panni.


In fondo alla via c'era un pozzo una volta si usava per attingere l'acqua ora serviva per bagnare i campi ed era a disposizione di tutti . La mamma ci proibiva di avvicinarci e..... come una legge non bene definita, facevamo l'esatto contrario.....
C'era tanto verde e già a fine di gennaio scendavamo sulle rive del Seveso per cogliere i bucaneve, quante paure prendeva la mamma non vedendoci tornare, poi c'erano le viole, belle, scure e profumate, e i campi coltivati a frumento e in mezzo tanti fiordalisi, che andavamo a cogliere creando qualche danno, facendo attenzione al contadino che più di una volta ci ha fatto scappare di corsa, il fieno si caricava sul carretto, veniva portato in cascina oppure si facevano dei covoni in mezzo al prato con un bastone in mezzo, quante volte ci siamo tuffati e abbiamo giocato divertendoci un mondo, però, coloro che con tanta fatica lo dovevano per l'ennesima volta ricomporre....era meno divertiti.....


Ma il periodo che più mi piaceva era quando maturavano le ciliegie, una signora ne aveva una infinità di piante e durante il pomeriggio quando lei andava a fare la pennichella, perchè si alzava molto presto per accudire alle mucche, noi, eravamo un bel
gruppetto di ragazzini, salivamo su queste piante, e rubavamo le ciliegie, mi sembra di sentirne ancora il sapore.


La signora si chiamava Maria, originaria  della Valtellina aveva capelli grigi faceva le trecce che poi arrotolava in una crocchia sulla nuca
era davvero un donnone e portava gonne arricciate in vita e mai, l'ho vista con un paio di scarpe o ciabatte, portava sempre scarponi come quelli che si usano per andare in montagna, aveva occhi neri e vispi, quando ci vedeva sulle sue piante gridava: "Un giorno o l'altro vi prendo, monelli che non siete altro," la sua mole non le consentiva di correre, alzava quella gonna e sotto aveva una sottoveste tutta rattoppata con pezze di diverso colore,
rammendava tutto senza guardare molto per il sottile, noi avevamo la velocità della gioventù dalla nostra, ci fermavamo a guardarla, quante risate, rossi in viso col fiatone,con qualche braccio o gamba graffiato dai rami dei ciliegi.
 Sapevamo che Maria avrebbe avvisato i nostri genitori, che puntualmente ci mettevano in castigo e qualche sculacciata era di normale amministrazione.
Non era per le ciliegie, una pianta l'avevamo anche noi a casa, era per il gusto di trasgredire, per scappare via.
Quando Maria ha saputo che mi sposavo, è venuta con un piccolo pacchettino, con un regalo, malgrado i dispetti che le facevo da piccola, mi voleva bene, dentro c'erano un cucchiaio, un forchettone, un coltello per la polenta tutti di legno, diceva che portavano bene.....

Era questa semplicità che ci distingueva, malgrado le monellerie, ci perdonavano, non c'era astio, era logico e giusto che ci sgridassero, ma senza cattiveria di fondo, eravamo bambini, queste stesse persone che subivano le nostre scorrerie, comprendevano che eravano ragazzate, perche in gioventù le avevano fatte anche loro. Non era mai colpa di uno solo, eravamo colpevoli tutti in egual misura, ora invece sembra sempre che nessuno abbia più colpe, ognuno di noi giustifica i propri figli
La domenica mattina, la mamma ci svegliava, dovevamo andare a Messa , non ci volevo andare, mi vestiva uguale a mia sorella , e non eravamo gemelle, ma era vietato recriminare, mia sorella Emanuela era già grande si truccava e si vestiva da signorina, io e Cinzia con la stessa gonnellina, (ho sempre odiato le gonne), le calze coi disegnini e le scarpe uguali, forse la maglia qualche volta era diversa, andavamo in paese a piedi, noi tre davanti e papà dietro , poi noi in chiesa e lui andava in coperativa a giocare alle bocce. Ricordo un particolare,... una mia compagna di scuola, anche lei in chiesa con sua sorella, anche loro due vestite uguali, ma con un accessorio in più avevano le scarpe di vernice rossa e la borsettina uguale, ricordo di aver provato invidia per quell'accessorio che loro avevano e io no , ma è durato poco fortunatamente. Uscivamo dalla chiesa e di corsa ci recavamo dalla Matilde una signorina che vendeva giornali quaderni e caramelle sfuse, con 50 lire comperavi stringhe di liquirizia caramelle gommose e frutti di gelatina e delle caramelle dalle forme di animali di liquirizia dura chiamati "esabesi ". Poi sono cresciuta e mi mandavano a messa da sola, ma dopo ver saputo che bigiavo, dovevo andare in chiesa, tornare a casa e spiegare tutto quello che avevano detto, anche durante la predica, mi hanno messo anche nel coro,   finchè non mi sono sposata non ho potuto mancare mai.
Tutto è cambiato, è rimasta solo la chiesa di famigliare, non c'è più la coperativa, non ci sono più le piante di ciliegi, e forse nemmeno i bucaneve...con qualche amico sono ancora in contatto e si tratta veramente di buoni amici Qualcuno non c'è più, crescendo ha perso i ciliegi e le liquirizie, e ha conosciuto sostanze che non lasciano speranza, ma io li ricordo bambini dove di noi rimangono solo risate.....








domenica 10 novembre 2013

Le colline intorno ai miei paesi

Io abito in provincia di Como a nove chilometri dalla città, sul confine con la Svizzera, circondata da una fascia collinare, tanto che è stato creato un parco Regionale chiamato Spina Verde che comprende diversi paesi.



Attraverso alcune zone della città, seguendo determinati percorsi si arriva alle nostre colline, con itinerari naturalistici , culturali, sportivi, di strategia bellica e religiosi,
Proprio nelle colline intorno a casa mia, nel mio paese di origine si trovano le trincee della linea Cadorna, sono i resti di fortificazioni costruite,durante la prima guerra mondiale, per fronteggiare gli attacchi dell'esercito austro-tedesco, un'opera imponente che venne eseguita sotto il controllo del generale Luigi Cadorna, Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Italiano. Oltre all'opera, di scavo e muraria troviamo anche i percorsi e i camminamenti, che i soldati facevano, sentieri molto più angusti che permettevano l'approvvigionamento di armi e viveri.



Studi fatti intorno al 1971, ci dicono che sono stati trovati anche reperti archeoligici che risalgono all'abitato Pre-Romano, forse attribuibili alla cultura di Gola secca, con diverse camere che si snodano seguendo alcuni percorsi ben definiti, ognuna con un proprio ruolo, per esempio, in una camera si lavoravano i metalli
Sulle rocce di Pianvalle, si possono vedere, segni rituali come l'incisione dell'ascia, il simbolo solare, o dell'omino orante, il serpente, e il simbolo vulvare.




Ci sono poi i sentieri panoramici che ci permettono di vedere la città di Como dall'alto, sentieri naturalistici, e anche in questo caso il mio paese la fa da padrone.



Seguendo il sentiero ben delimitato oltre ad ammirare la natura con alberi di robinie, e castagni, qualche albero di pino silvestre mentre gli arbusti sono ginestre e agrifogli, troviamo punti dove la pietra non permette la crescita di piante, oppure ciottoli che indicano il passaggio fluviale del Paleo Adda, un grande fiume che scorreva lungo una valle corrispondente all'attuale ramo del lago di Como che si gettava nel mare padano.
Continuando a seguire il sentiero troviamo alberi di betulle, castagni,robinie,roveri, carpini neri, mentre nel sottobosco troviamo piante di mirtillo e tante piante di felce aquilina. Mentre si scende, entriamo nel territorio del paese, dove io risiedo da quando mi sono sposata, qui una quercia rossa imponente fa da vedetta in una zona dove i massi di granito ghiandone e gneiss



 ci raccontano che sono stati trasportati e dimenticati dal ghiacciaio durante l'ultima glaciazione, in una piccola zona umida spostata più a lato troviamo ontani neri



 più avanti dove il terreno è più asciutto ci sono querce e biancospini, riprendiamo a salire e ci troviamo in una zona che viene chiamata Colombirolino perchè venivano allevati colombi, o piccioni.
Nel 1630 in questa area venivano seppelliti i corpi dei morti di peste, menzionata anche dal Manzoni.
Mentre nel 1857 i superstiti del colera del 1855, costruirono e dedicarono una chiesetta a San Rocco, protettore dei malati epidemici, questa chiesetta per gli abitanti è luogo di devozione, si può notare un elemosiniere davanti alla chiesetta dove si chiedeva ai viandanti un'offerta per i malati di colera.
Dopo il restauro avvenuto nel 1979, da alcuni artisti del "Circolo Cultura e Arte" viene definita "La Chiesetta dei Pittori",viene però mantenuta la tradizione e i festeggiamenti in occasione del Santo nel mese di agosto, intorno alla chiesa si possono trovare diverse piante di cappero, sicuramente piantate dall'uomo, che non si possono osservare in altri luoghi della provincia di Como, in questa chiesetta prima del restauro mi sono sposata, è graziosa immersa nel verde.

Il percorso è ormai terminato scendendo si costeggia la recinzione di " Villa Archinto" conosciuta per il parco ricco di essenze esotiche.