il filo dei ricordi-racconti

martedì 17 dicembre 2013

CHICCO E IL NATALE

CHICCO E IL NATALE

Capita abbastanza sovente che Chicco si fermi a dormire a casa mia.
È felice la sera, di entrare nel lettone, inizialmente ci salta sopra e poi si mette sotto le coperte, a volte vuole che gli legga una fiaba, altre volte mi fa delle domande.


"Nonna ma quando tu eri piccola chi veniva a portarti i doni?
Babbo Natale o Gesù bambino?"
"Scrivevi la letterina?"



Così inizio a raccontare che a casa dei miei genitori c'era Gesù bambino, che era un Gesù poverello e che avevamo dei doni sotto l'albero ma erano pochi, molte volte era la nonna bis (mia mamma) che li preparava e poi li dava a Gesù bambino, ma che siccome il lavoro era tanto si faceva aiutare da Babbo Natale.




Il nonno Bis (mio papà), indicava la porta di casa nostra, con una lanterna, che al suo interno aveva una candela accesa, preparava sempre del fieno, fuori della porta, con un po di pane secco e dell'acqua per le renne che arrivavano molto stanche, si dovevano riprendere dal lungo viaggio.
La sera, andavamo a letto presto senza discutere, perchè durante la notte sarebbe arrivato Gesù bambino.
La sveglia il giorno dopo non aveva bisogno di suonare, in pigiama , spettinate, senza aver nemmeno lavato il viso, di corsa entravamo nella camera dove c'era l'albero, una stanza freddissima,  ognuno  di noi prendeva il proprio  pacchetto, e poi, sempre  di corsa davanti al camino in cucina a scartare il nostro dono...
Un anno ero già grandicella, ho avuto due regali, un paio di stivali con le stringhe e una cosa tanto desiderata .....un mangiadischi.....
era di colore arancione, con alcuni dischi di fiabe e poi un po' di 45 giri che forse qualcuno ci aveva dato....
ero strafelice...



In cucina la nonna bis aveva già parecchie pentole sul fuoco, il brodo di pollo, mezzo pollo arrosto e mezzo alla cacciatora, il baccalà alla vicentina con la polenta bianca, poi dovevamo prepararci per andare a Messa.
Spiego a Chicco che mio papà metteva il vestito della festa, e la mia mamma aveva un bel grembiule bianco tutto col pizzo, mio fratello arrivava coi suoi bambini piccoli, mia cognata, la tavolata grande in cucina.




In un locale adiacente, che fungeva da ripostiglio, c'erano le conserve fatte dalla nonna bis, acciughe con prezzemolo e aglio, giardiniera nei vasi di vetro, mandarini, la frutta secca e il panettone.
Racconto a Chicco la storia del panettone....
La nonna bis faceva sempre uno zabaione che faceva cuocere a bagno maria e poi metteva nel piatto vicino alla fetta di panettone. 




Il panettone dopo essere stato servito al pranzo di Natale, veniva messo nel ripiano più alto del mobile della cucina, affinchè qualcuno un po' goloso, non riuscisse a raggiungerlo, ma come sempre, qualcuno di noi, riusciva a prenderne magari solo una fetta sottile,  il nonno bis, aveva messo degli stuzzicadenti come segno,  per cui si accorgeva subito che lo avevamo toccato.
 Poi chiedeva: " chi ha toccato il panettone?"
"Nessuno rispondeva, nessuno di noi era stato" 
Chicco mi guarda e ride divertito:
Allora ti ha messo in castigo nonna?"
-"No il giorno di Natale, nessuno riceveva castighi".
La carta dei pacchetti veniva piegata per essere riutilizzata, si stava a tavola per un bel po di tempo, molti  gusci di arachidi e noci,



 e le bucce di mandarino sulla griglia del camino facevano profumo.
Verso sera, in mezzo alla cenere venivano cotte le aringhe avvolte nella carta oleata, le fette di polenta avanzata erano sulla griglia ..



Non avevamo il patè di oca e nemmeno il salmone.
Chicco si è addormentato , la sua testolina è diventata pesante lo sposto un pochettino, tanto tra poco me lo ritroverò addosso, cercando il calore...



Ecco cosa portava il Natale... portava calore






sabato 14 dicembre 2013

LA STRADA STREGATA


Mi è stato raccontato di un luogo particolare.
Questo posto si trova in Italia, precisamente in Trentino, è la strada che porta al Santuario della madonna di Pinè.
Situata alle pendici del Colle di S'Ana, Montagnaga è un piccolo centro abitato con origini antiche che risalgono ai Celti.



Nell'anno 1729 fino al 1730  la Madonna apparve cinque volte, alla pastorella Domenica Targa, la piccola chiesa dedicata a S. Anna non riusciva più a contenere i fedeli, che si recavano sul luogo e decisero di ampliare la chiesa, divenne un santuario, che fu ampliato nell'arco di un secolo e mezzo ben due volte, contiene dipinti importanti ,dove vengono rappresentate le apparizioni della Madonna, l'interno della chiesa è decorata da 16 grandi tele racchiuse in cornici lavorate a stucco, opera di vari artisti che si sono susseguiti dal XVII secolo fino al XIX.





Nella penitenzieria, oltre all'altare e al crocefisso in legno, gli esperti dicono che alle pareti ci sia una Via Crucis di notevole fattura, mentre gli ex voto posti come ringraziamento alla madonna superano i 7000 pezzi.



Il santuario della madonna di Pinè ospita un rappresentazione originale della madonna del Caravaggio, mentre nel 1894 l'immagine della madonna venne incoronata, la corona, ricca di brillanti diamanti e altre pietre preziose, fu creata dall'orafo trentino Giacomo Piller, in quell'occasione la chiesa si completò con un'ottimo organo.




Dopo aver visitato il santuario, si può visitare il Monumento al Redentore, in stile rinascimentale del primo novecento con la Scala Santa, che i credenti ancora oggi percorrono in ginocchio.




Poi dal Sacro si passa al profano, c'è una strada definita in tanti modi: la strada del miraggio, o la salita in discesa, oppure la strada stregata,
Infatti, chi me lo ha raccontato dice che la caratteristica di questa strada è che, una palla, oppure dell'acqua, invece di scendere, salgono, mi sono così documentata e nel web ho trovato queste informazioni:

A Montagnaga  di Pinè esiste una strada che dà origine ad un fenomeno ottico piuttosto bizzarro. La strada d'ingresso (se si proviene da Baselga) di Montagnaga si inserisce su un tratto quasi pianeggiante sulla destra mentre la strada provinciale procede in discesa sulla sinistra. Il tratto pianeggiante appare a prima vista in leggera pendenza nella direzione verso il paese, tuttavia semplici esperimenti, dimostrano che la strada è in realtà in discesa. Ad esempio una macchina in folle, un pallone, dell'acqua sull'asfalto, o per più scettici anche un livello a bolla, hanno un andamento che è contrario a quello che a prima vista uno potrebbe razionalmente supporre: invece di tornare indietro, salgono!

Sul fenomeno si sono espressi diversi pareri tra cui quello una anomalia gravitazionale che comunque è da escludere. L'ipotesi più accreditata è quella dell'illusione ottica. Su tale questione, qualche tempo fa la rivista scientifica Focus (N.88-febbraio 2000) ha dedicato un articolo tentando di spiegare il fenomeno ottico della strada di Montagnaga.

In ogni caso rappresenta una curiosa attrazione di Montagnaga di Pinè. Molti sono infatti i turisti (anche stranieri) che incuriositi dal fenomeno (la cui esistenza si diffonde come una leggenda metropolitana) vengono a sperimentare la strada anomala.
Provare per credere !!

Chissà che con la bella stagione   possa diventare una nostra meta.
Per il momento ringrazio chi mi ha informato. 















giovedì 12 dicembre 2013

UN RACCONTO PER RITROVARSI


Che io fino a poco, tempo fa scrivessi per un blog, si è sempre saputo.
Con qualche amicizia fatta, ci sentiamo per telefono.
Poi, una di queste persone, con la quale, sono rimasta in contatto, mi dice che un'altra persona, che ho conosciuto, anche personalmente, per motivi di salute era stata forzatamente assente dal blog, che una volta rientrata, si era molto dispiaciuta di non avermi più trovata.

martedì 10 dicembre 2013

Nonna Licia e il Sacrista

Si avvicina il Natale e la mia nonnina Licia mi racconta sempre qualche aneddoto, ha iniziato dicendomi che aveva ormai quasi 20 anni, quando il suo papà dopo una vendita azzeccata di vino Asprino chiamato in dialetto Ciaret, aveva potuto comperare per lei, le sue sorelle, e i suoi cugini, un frutto esotico che non avevano mai visto: " Le Banane", ricorda che la mangiava a piccoli morsi e che la teneva in bocca il più possibile per assaporarne il gusto.
Poi mi parla del Natale da sposina, e di quando ha avuto il primo figlio, che essendo nato a novembre, era per loro un Gesù bambino.

Nei giorni successivi mi ha parlato di un Natale triste, in quell'anno aveva perso la sua unica figlia femmina, nata con una malformazione al fegato, a volte ancora oggi, mentre dorme, si sveglia, perchè sogna le grida di dolore della sua bambina, in quel Natale, la sofferenza era tanta, che lei e il marito non riuscivano nemmeno a guardarsi negli occhi.

I suoi occhi azzurri si velano un po, ma trovando, una forza personale, mi dice: " la vita è questa, gioie e dolori, ma sono contenta, dopo quella disgrazia, ci siamo messi d'impegno e abbiamo acquistato questo appartamento , è anche troppo per chi come me viene dal nulla..."
Il sorriso le torna sulle labbra, raccontandomi di quando aveva tutti i nipotini in casa, dice che a volte il marito sembrava geloso delle attenzioni che lei riversava sui tre nipoti.
Segue sempre un filo conduttore, ma ha tante cose da raccontarmi e divaga qualche volta, oggi mi parla del Giosuè, non ricorda con precisione quale fosse il loro grado di parentela, dice:
" sono sicura, che eravamo parenti".



Durante la prima guerra mondiale, il fucile di Giosuè è scoppiato per cui aveva un occhio di vetro e da un orecchio non sentiva più, cio nonostante era un uomo grande e grosso...
Con la seconda guerra mondiale, tutti gli uomini in buone condizioni fisiche, furono richiamati o arruolati, per cui in paese erano rimasti gli uomini malati e anziani, il Giosuè non essendo idoneo e Don Filippo.
Don Filippo confortava le anime, ma non aveva tempo per suonare le campane.
Giosùè non si lamentava mai, anche se in primavera pioveva troppo e il raccolto subiva dei danni, o se il sole troppo caldo di giugno o luglio bruciava le spighe, o se il raccolto dei bachi da seta non aveva dato l'entrata economica desiderata.
Aveva sempre un po di verdura nell'orto e qualche animale nel pollaio.
Gli fu proposto di fare anche il sacrestano, e il campanaro,



Accettò il compito di suonare le campane, continando ha lavorare la sua terra, aiutava nei lavori pesanti le mogli dei suoi compaesani che erano al fronte.
Il compito di campanaro lo aveva assunto con tale dignità e impegno, che al termine della guerra, qualcuno, forse un po' geloso, fece notare che il campanaro era per metà sordo, ma i suoi paesani, riconoscenti, non vollero sostituirlo,così come nessuno riuscì a farlo cedere, ne riuscirono a spegnere la sua buona volontà.
Le campane venivano usate, anche per occasioni personali, a disposizione di chi lo richiedeva, la disponibilità era di prestare il suono delle campane anche per fare una serenata alla fidanzata, o ad ogni nascita che avveniva nel paese.
Suonò la serenata alla sua bella fidanzata, che poi divenne sua moglie, ad ogni nascita dei suoi figli lo scampanellare risuonava nel paese.

I suoi otto figli presto iniziarono a lavorare, gli uomini nella fabbrica di strumenti musicali "Orsi " di Cavallasca, solamente durante il periodo bellico, ebbero un fermo, poi seguendo l'esempio famigliare tutti lavoravano e molto.
Le figlie femmine lavoravano nel cotonificio di Mendrisio, costruirono, ognuno la propria casa, e anche una piccolina per il Giosuè e la moglie Anna.
Era distante dalla chiesa, ma Giosuè, si recava sempre a suonare le campane, con ogni condizione atmosferica, pioggia, neve, ghiaccio o caldo afoso, non mancava mai.
Solo tre volte si fece sostituire, il suono di quelle campane era mesto.
Una brutta epidemia influenzale, in pochi giorni aveva portato via alla famiglia di Giosuè, due figle femmine e il vecchio padre...
Il suono delle campane era ad intermittenza, lanciava tanta felicità e a volte era foriero di dolori, di perdite, ma ciononostante amava
quel lavoro , il Sacrista Giosuè, ringraziava il Padre Eterno, invitando tutto il paese alle novene, alle sagre, per annunciare la partenza o l'arrivo degli emigrati.
Le notti di agosto, quando le stelle di San Lorenzo correvano nel cielo, la festa di fine estate.



In autunno si festeggiava la vendemmia, lo scampanare era motivo di festa.
Ma la vera festa era il Natale, il bilancio di un anno la benedizione, il fieno in cascina, il granoturco in granaio, qualche sacco di frumento per il pane, il lino raccolto che aspettava in queste lunghe serate invernali di essere filato,



 mentre le uova vendute permettevano il viver quotidiano, i capponi pronti già prenotati , ma il più grosso era per la famiglia, per il giorno di Natale, in quell'occasione tornavano, i figli emigrati in giro per il mondo e le figlie, da Mendrisio, ognuno col proprio gruzzoletto.

Tanta grazia, veniva onorata dal sacrista con colpi secchi e sicuri sui legni che tiravano il battacchio delle campane,
per la canzone del Santo Natale.



Proprio alla vigilia di Natale di quarant'anni dopo, col groppo in gola, e lacrime che gli rigavano il viso, il Giosuè suonava per l'ultima volta, non l'avevano abbattuto le difficoltà, i dolori o la vecchiaia, ma il progresso, l'avevano messo fuori servizio, le campane elettriche.

martedì 3 dicembre 2013

LA POZZA, UNA CHIESETTA E STARE INSIEME


LA POZZA, UNA CHIESETTA E STARE INSIEME

Dopo parecchi anni, senza vederci con Marisa, ex colleghe di lavoro ,abbiamo di nuovo ritrovato il feeling che da ragazze ci aveva fatto diventare amiche. Pur essendo diverse nel modo di pensare e nel modo di agire.
In settimana il mio cellulare squilla,
è Marisa, sbrigativa come sempre dice:
- "Vado ancora a Isolaccia per motivi personali se vuoi venire andiamo il mattino e torniamo la sera ".
Mi prende alla sprovvista, anche perchè,ho problemi ai piedi e alla schiena, ho paura di non sentirmi bene, la sua risposta è:
-"ci aggiorniamo sabato".
Ore 12,30 di sabato, squilla il telefono:



" Ciao domani mattina si parte, se proprio stai male, stai a casa, altrimenti fai uno sforzo, perchè a causa di alcuni contrattempi, qualcuno non può venire".
Non voglio lasciarla andare da sola, così decido di andarci comunque, le previsioni del tempo sono buone.
Il giorno dopo, alle sette si parte, con noi viene anche Emanuela che non conosco, abbiamo parlato di tutto un po', ci siamo fermate a far colazione, abbiamo raggiunto il passo del Foscagno alle ore 10,30 , essendo zona franca il pieno dell'auto è d'obbligo, la benzina domenica costava euro = 1,03 al litro, poi abbiamo fatto qualche acquisto e siamo scesi verso Livigno.




Un po' di foto, e ci avviavamo verso Isolaccia dove Lucia ci aspettava per il pranzo.



Altre foto, battute e poi siamo arrivati, ci attendevano tagliatelle al ragù con finferli, e sciat con bresaola e insalatina



un caffè e ripartiamo, la chiesetta di un paesino della zona circostante che , sembra dipinta tra le montagne, ci sta aspettando.



E' la chiesa di Pedenosso, un piccolo centro, che d'estate è meta di turisti/ escursionisti, d'inverno una buona località sciistica con parecchie piste da sci, fa parte del Parco Nazionale dello Stelvio


 La chiesa di Pedenosso, è in una particolare posizione panoramica, proprio sopra uno sperone di roccia , dove domina dall'alto tutta la Valdidentro, e le montagne intorno fanno parte della catena del "Cima Piazzi", è la struttura che è davvero particolare, salendo una scalinata si è convinti di entrare nella chiesa, ma invece ci si trova un corridoio in ciotolato, 




che girando in circolare abbraccia tutta la struttura della chiesa, con finestre che permettono di ammirare il panorama sottostante dal lato destro mentre dal lato sinistro le montagne che svettano alte. Attraverso un portale decorato molto bello si accede alla chiesa.
Purtroppo è un po buia e non riesco a fotografare come vorrei, ma è davvero, davvero molto bella e particolare, un soffitto a cassettoni 


intarsiati rende l'ambiente austero, e intimo, non freddo e distante, e opulento , dove lo sfarzo quasi stona con il luogo di preghiera.
La chiesa è dedicata ai Santi Martino e Urbano
Si riparte e giungiamo alla pozza di Leonardo, così chiamata, un sentiero che si innoltra nel bosco, non molto lungo, una parte di questo passaggio è stata cementata si allunga accanto ad una parete rocciosa a strapiombo sul torrente, non è molto alto, le mie amiche erano davanti a me, andavano spedite, poi un piccolo ponticciolo, che non aveva nulla a cui afferrarsi, devo dire che per piccolo che fosse...ho provato un senso di paura, ma piano piano l'ho superato, molto piano per la verità.
 Siamo arrivate alla pozza, c'erano parecchie persone, bambini immersi in questa piscina naturale di acqua termale calda, mentre dai canaloni dalle montagne scendevano le stalattiti di ghiaccio, dalla pozza il vapore caldo si alzava, a fianco il fiume Adda scorreva bello gonfio.
Siamo entrate e ci siamo state un po, ma poi dovevamo rientrare alle nostre case e lasciare spazio anche alle altre persone.
Dicono sia emozionante di notte, fare il bagno nella pozza illuminata tutto intorno dalla luce delle candele.. Ci siamo rivestite non senza un po' di imbarazzo, da parte mia, mi hanno aiutato le mie amiche visto i miei problemi con i piedi e la schiena, e siamo ritornate all'auto.
Un'esperienza nuova, un po trasgressiva, o forse no, ma è stata una giornata speciale. A Sondalo abbiamo fatto una sosta per salutare una persona, che purtroppo è ricoverata, anche l'ospedale ha però un lato positivo, le montagne tutte intorno.
Dalle finestre delle camere si gode un panorama che è qualcosa di veramente bello.
Questa particolare aria aiuta molto chi per una malattia è debilitato....
Il ritorno a casa, mentre dall'auto in lontananza si vedevano  le chiese, ruderi, torri di guardia, e qualche piccolo castello illuminato,  con le nostre chiacchiere e le nostre risate, non è sembrato lungo, davvero una giornata in serenità.
Con Emanuela ci siamo chieste l'amicizia in un network virtuale e ci siamo sentite, cosa dire.... se non.... Grazie Marisa





sabato 30 novembre 2013

LE CAMPANE DI PREDAZZO E LA LORO STORIA

La storia delle campane di Predazzo

Mentre cercavo delle immagini su delle campane nel web, davanti agli occhi, sullo schermo è apparsa e  ho letto la storia delle campane di Predazzo, Riccardo ha fatto le gare di Minigolf, ci siamo recati in quella zona proprio per questo motivo.


 E' uno dei paesi più estesi e popolati della Valle dell'Avisio e anche uno dei centri principali della Val di Fiemme, l'altro è Cavalese....situato dove il torrente Travignolo confluisce nel fiume Avisio, è un centro di notevole importanza.



Il suo nome in tedesco significa grande prato, perchè in tempi antichi il fondovalle dove ora c'è il paese era un grande prato da pascolo lungo i due torrenti che scendevano dai monti circostanti.
Furono i contadini che disboscarono il terreno e bonificarono le zone rendendole più sicure dalla potenza dei fiumi, che iniziarono i primi insediamenti.
Grazie ai "principi vescovi", che stabilirono diverse assegnazioni di feudi rustici, valide anche ai giorni nostri, permettendo di tramandare le tradizioni, proteggendo il territorio dall'urbanizzazione, principi validi, incontrastabili, fatti rispettare dalla "Regola Feudale di Predazzo".




La cosa che però mi ha colpito è la storia delle campane di Predazzo...
Quello che attualmente è il palazzo comunale, era una chiesa con tanto di campanile gotico, fornito di 5 campane, ma un fulmine danneggiò la struttura muraria e fuse le campane.


Il campanile fu riparato, senza campane, intanto però i cittadini, proprio grazie ai fondi della Regola Feudale, stavano costruendo un'altra chiesa, che fu consacrata, benedetta, e nel 1875 avvenne la consacrazione solenne.
Per la costruzione delle nuove campane venne usato il bronzo delle vecchie campane fuse dal fulmine.In seguito, però queste campane hanno avuto ancora una vita difficile, nel 1916 il governo austriaco le sequestrò e le fuse per contribuire allo sforzo bellico, nel 1922 vennero riportate da un carrettiere da Ora a Predazzo, l'onorario non fu in denaro, ma, l'unico impegno richiesto dal buon uomo, era che si fosse suonato il campanone, la campana più grande, alla sua morte.

Durante la II guerra mondiale nel 1944, dopo la processione del Corpus Domini, per ordine tedesco, tutte le campane divennero mute, si poteva suonare solo l'agonia.
All'arrivo degli americani nel 1945,il primo maggio le campane ripresero a suonare allegramente, nel 1950 grazie anche al contributo di Alcide Degasperi vennero dotate di impianto elettrico.
Predazzo può vantare, la sede della Scuola Alpina della Guardia di Finanza.
Fondata nel 1920, è la più antica scuola militare del mondo, ancora oggi vengono addestrati i militari delle Fiamme Gialle specializzato nei soccorso Alpino, e dove ha la sede del gruppo sciatori Fiamme Gialle tra cui Gustav Thoni fu campione del mondo e maestro di Alberto Tomba, è possibile visitare anche il Museo della scuola Alpina 





venerdì 29 novembre 2013

salisburgo

SALISBURGO E MOZART


Che la crisi, ha lasciato un grosso segno, lo sappiamo tutti.
Per quest'anno le gite approfondite di tre o quattro giorni, non le posso proprio fare, devo accantonare il pensiero.
Mi è tornata così alla mente, una gita fatta un po di anni fa, una delle mie prime gite.
Partenza da Como, per visitare Salisburgo, che è veramente una bomboniera tanto è bella, sembra delicata, ha un rapporto particolare con la musica, infatti proprio a Salisburgo è nato Wolfang Amedeus Mozart,



 mentre sto scrivendo mi torna alla mente un particolare, in quel periodo si stavano concludendo le rappresentazioni per l'anno mozartiano, per cui era il 2006
Per le strade di Salisburgo, nelle sale da the, nei caffè concerto e nelle maggiori piazze, suonavano in contemporaneamente le opere di questo grande genio e maestro, era una delizia passeggiare per quelle vie, solo il tempo non ci ha aiutato, pioveva e anche nevicava. Ricordo che faceva freddo,tanto che la guida che ci attendeva di prima mattina, ha preferito fare un percorso con
l' autobus, prima di entrare proprio nella città.
Salisburgo è una città dell' Austria, la regione di Salisburgo confina con la Germania, questa cittàdina si è sviluppata in una conca piuttosto vasta tra due collinette, in mezzo scorre il fiume Saalach, i primi insediamenti risalgono al neolitico, ma è con l'avvento del sacro romano impero che Salisburgo gode di maggior splendore, gli insediamenti romani, si svilupparono sulla collina alla sinistra del fiume, il Monchsberg, dove poi continuò lo sviluppo anche nel medioevo
A pochi chilometri (16 ) dal centro della città si può trovare il massiccio alpino dell'Untersberg, dove i Salisburghesi si recano nei periodi estivi per gite di giornata, a piedi seguendo i tanti sentireri ma anche con una funivia.








Rientriamo in città, a piedi ci avviamo verso il centro, la chiamano la Città vecchia, le torri e le cupole barocche delle
chiese,dominano, mentre i palazzi, alcuni ci raccontano lo sfarzo che alcuni arcivescovi-principi richiedevano agli architetti ai quali commissionavano le opere, alcuni di questi architetti erano italiani




A Salisburgo l'intreccio " potere e religione" veniva rappresentatao nella massima espressione dall'arcivescovo-principe, " Primate di Germania" , che non aveva una giurisdizione politica, ma ricopriva un ruolo fondamentale tra lo Stato e la Chiesa in quanto era il primo referente del Papa, oltre ad essere il governatore permanenete del Papa in Germania, questo gli permetteva di indossare i panni di un Cardinale, pur non essendo mai stato nominato.
Salisburgo, deve il suo splendore proprio all'arcivescovo-principe di origini italiane, Wolf Dietrich von Raitenau, che cresciuto nello sfarzo papale, all'età di 28 anni si insediò nella città, le sue idee grandiose gli fecero radere al suolo una parte della città per far posto ai suoi progetti, non si fece amare dal popolo per i suoi fasti aumentò notevolmente le tasse, ed aveva un' amante, Salomè Alt con la quale ebbe 16 figli.
Donò a lei il castello di Altenau, oggi chiamato Mirabello che è la attuale residenza del sindaco.
Von Raitenau venne rinchiuso, fino alla sua morte, nella torre della fortezza che sorge sul monte che domina la città, chiamata "Hohensalzburg", questa fortezza in pietra bianca, con grandi bastioni che la cingono, tanto che veniva definita inespugnabile, è ora meta di turisti che possono raggiungerla a piedi, o con una funicolare, il panorama dovrebbe essere stupendo ma c'è nebbia e non vediamo nulla.
Importante è il duomo, la cattedrale nei tempi è stata distrutta da diversi incendi, poi ricostruita da un architetto italiano Santino Solari che ne fece il primo edificio barocco al nord delle Alpi .



Mentre nevicava, abbiamo visitato il cimitero di San Pietro, ad un passo dal centro storico, veramente particolare, qui non ci sono monumenti ogni lapide è uguale, in ferro battuto, mentre scavate dentro la montagna, ci sono le cappelle delle autorità cittadine tra cui anche il nostro architetto Solari o i genitori di Mozart, uscendo dal cimitero mantenendo la destra si può salire verso la fortezza..




Pioveva talmente tanto che gli ombrelli si incastravano per queste stradine abbiamo così deciso di visitare il palazzo dell' arcivescovo- principe.
Una parte del palazzo era sottoposto a restauro, ma abbiamo comunque visitato un numero non indifferente di sale.



Viene chiamata la " Residenz di Salisburgo" il simbolo del potere, un edificio di enormi dimensioni, residenza urbana e sede di rappresentanza degli arcivescovi principi fin dal XIV secolo, è affacciata sulla piazza principale, residenzplaz,
Mi ha colpito molto la Sala dei Carabinieri, così erano chiamate le guardie del corpo degli arcivescovi-principi, un salone grande con un soffitto veramente bellissimo.



La sala dei Cavalieri e quella delle conferenze, dove Mozart giovanissimo, fece molti concerti, e la sala delle udienze.

 Un particolare che ricordo, è che, le stufe e i camini venivano caricate dalla parte posteriore, dietro ad ogni stufa o camino c'era un corridoio stretto dove dei ragazzini magri si infilavano per caricare la legna, tutto questo per non disturbare gli arcivescovi-principi.
Nella parte alta del palazzo ricordo una galleria ricca di dipinti.
Uscendo dal palazzo ci siamo recati in una pasticceria per bere qualcosa di caldo, mentre la musica di sottofondo suonava, dopo aver acquistato i dolci tipici, le palle di Mozart, palline di marzapane al pistacchio ricoperte da crema al gianduia e ricoperte di un ulteriore strato di cioccolato fondente, ci siamo recate al punto di ritrovo.
 Il giorno seguente con la guida abbiamo visitato,
il Castello Hellbrunn, una residenza estiva considerata ancora oggi un gioiello rinascimentale a nord delle Alpi.
L'arcivescovo principe si divertiva con giochi d'acqua, e allietava anche i suoi ospiti, fontane, grotte e giochi meccanici incastonati in giardini ritenuti meravigliosi, purtroppo era il mese di dicembre e non ci è stato possibile vederli.




 abbiamo poi visitato
il Museo Viva Mozart, la Casa natale e l’abitazione.



Sono tornata a casa e negli occhi avevo ancora questa meraviglia
Vorrei tornare a vederla in primavera , allora avrei un quadro completo di questa città, riconosciuta come patrimonio mondiale dell'umanità