il filo dei ricordi-racconti

sabato 16 agosto 2014

BASTA POCO .....CHE CE VO....!

15 AGOSTO 2014

Avrei voluto stare a casa e non uscire, per il mio stato d'animo, per il tempo che stamattina con grandine e acqua ci ha dato il buongiorno,


perchè è davvero un brutto periodo, ma Riki ha insistito e siamo riusciti a passare una buona giornata, anzi una bella giornata.
Vivo alla giornata,  settimana, per settimana,  mi  avevano garantito un lavoro di poche ore, ma continuativo, dicendo che ero brava e svelta e che con me si trovavano veramente bene, mi confermavano che avrebbero fatto tutti documenti necessari per assumermi definitivamente nella vicina Svizzera. Martedì, mi hanno telefonato,  dicendo che per motivi, che non dipendevano dalla loro volontà, ma dal ruolo lavorativo che svolgono, non mi assumevano più, avrebbero provato una persona di nazionalità Svizzera e nel caso, che la signora non fosse adeguata alle loro esigenze, mi avrebbero richiamata, perchè come lavorante sono brava.
Mi è sembrata una doppia presa in giro, sono rimasta così delusa, che davvero non ho avuto nemmeno parole da dire.
Contavo su questi lavori, mi è caduto il mondo addosso, che senso ha sentirti dire che sei brava, onesta, se poi non ti fanno lavorare
Richi, dapprima a parole, poi con una poesia,  ha cercato di tirarmi su, poi ha   deciso  e organizzato, senza alcuna collaborazione da parte mia,  di portarmi, di portarci,  perchè è venuta anche Marinella, una mia amica, a visitare Isole Borromee.
Il Lago Maggiore, o Verbano, è il secondo lago italiano per estensione, le sue sponde, sono aperte a scenari ampi, chiunque percorra le sue sponde viene accompagnato da un susseguirsi di ville e giardini.
Ha un clima mite, tanto che vengono coltivati gli ulivi, cedri, limoni, e piante esotiche rare.
Oggi abbiamo visto tre gioielli, l' Isola Bella, l'Isola dei pescatori e l'Isola madre.



In auto abbiamo percorso la strada del lago, passando da Arona, che ha di fronte, proprio sulla sponda opposta,  Angera, dove la Rocca, dall' alto, come una sentinella sembra controllare tutte due le sponde. Oltrepassiamo il bivio che conduce ad un'altra meta turistica: la statua di S. Carlo Borromeo, e ci dirigiamo verso Stresa, una delle più importanti stazioni di soggiorno turistico del Lago Maggiore, qui nel Golfo Borromeo troviamo le magnifiche isole.
Riccardo ha fatto i biglietti del battello, la giornata è strana, nuvole cariche di acqua, poi sole, poi vento, e ancora nuvole, ma il nostro zaino è bene equipaggiato in caso di pioggia, inizia la nostra gita.
Mentre raggiungiamo l'Isola Bella, già da lontano si vedono i giardini 
all'Italiana rinomati in tutto il mondo,



nel 2007 hanno ricevuto il premio come il miglior parco d' Italia, dieci terrazze di composizione barocca, sovrapposte a gradinata, consentono al visitatore di passare attraverso un susseguirsi di statue, fontane, fiori e piante rare, capita di incontrare anche dei pavoni bianchi,


liberi nel verde, tra camelie, magnolie, azalee, pompelmi, arance amare,nsull'ultima terrazza si trova il famoso anfiteatro dove le nicchie si alternano alle statue del seicento, mentre il liocorno, il simbolo dei Borromeo, svetta nel  cielo.

anfiteatro


L'Isola bella, ai giorni nostri è senz'altro la perla del lago, ma in tempi lontani era un scoglio brullo, grazie al Conte Carlo III Borromeo nel 1600, iniziarono i lavori per il palazzo e per i bei giardini all'italiana, tutti i migliori architetti nel corso dei secoli, si avvicendarono nella completamento della villa, e dei giardini.
Dedicò l'isola alla moglie Isabella d'Adda, chiamandola Isola Isabella, trasformato poi in Isola bella.

Il palazzo è una delle opere barocche più particolari, preziose tappezzerie, arazzi, mobili antichi, lampadari di murano, e quadri di notevole pregio arricchiscono questo gioiello, dove, nel corso della storia, tanti personaggi importanti sono stati ospitati: Napoleone, con la moglie Giuseppina dormirono una notte nell'agosto del 1797,

camera di Napoleone


 nella  sala della musica dall'11 al 14 aprile 1935 si incontrarono Mussolini, Laval e Mac Donald.

sala della musica 


Riprendiamo il viaggio, arriviamo all'isola dei pescatori, che mi era stata raccontata come la più particolare, romantica e caratteristica, particolare determinato dal fatto che fosse stata la prima ad essere abitata dai pescatori, non mi ha trasmesso queste emozioni, non c'erano reti stese ad asciugare, a parte qualche scorcio sul lago, ho visto tantissimi ristoranti, a disposizione dei turisti, il mercatino con di tutto un po', mi è mancata la poesia di una tradizione.



Riprendiamo il battello, raggiungiamo l'isola madre, è la più grande, proprio sviluppando il clima temperato anche su quest'isola si trova un parco botanico  e il settecentesco palazzo Borromeo, si dovrebbe pagare un'altro biglietto di entrata, ritengo veramente che sia troppo oneroso per chi ha voluto organizzarmi questa sorpresa, e in tutta coerenza decidiamo di tornarci un'altra volta. 



Riccardo fotografa  dei fiori che  si notano all'interno del parco e poi riprendiamo il traghetto che ci riporta a Stresa.




Il tempo è stato clemente, o quasi, mentre ritorniamo a Stresa inizia a piovere, scesi dal battello, cerchiamo dei servizi igenici che non troviamo, entriamo in un bar, dove non è possibile però, accedere ai bagni, una storia tutta italiana, vogliono i turisti, e i loro soldi, ma nessuno concede i servizi igenici, non ci sono nemmeno indicazioni per dei bagni a pagamento, dietro lo stabile della navigazione laghi, un solo bagno, in condizioni pietose, dove si faceva la fila sotto la pioggia per accedervi.
Italia..... che ti mette a disposizione arte, delicatezza, ingegno, impegno, e poi si perde, nel negarti quello dovrebbe essere tranquilla regolarità.
Oggi, devo ringraziare Riccardo, ha sempre un incrollabile ottimismo, forse fiducia, sempre, e sempre, grazie per aver reso questo giorno particolare, per aver pensato a tutto.............................. grazie



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domenica 10 agosto 2014

il gelato di patate

Il gelato di patate 


Sono le 10 del mattino, mentre sto facendo il mio lavoro, sento chiamare “Enrica è pronto”.
Sul tavolo della cucina, sopra ad una tovaglietta decorata c'è un piattino, la tazzina del caffè, una ciotolina con qualche biscotto e lo zucchero, la caffettiera piccola da una tazza,.... sull'altro lato del tavolo proprio di fronte, c'è un'altra tovaglietta con sopra un vasetto di yogurt e un cucchiaino.


 Di solito il martedì a quest'ora la mia nonnina Licia, fa il caffè, lo beve anche lei, oggi invece ha deciso di cambiare.
 Ho parecchie cose da fare oggi, ma lei mi dice che non c'è nessuno che ha stabilito che si deve far tutto in una giornata.
 “Si deve trovare anche il tempo per morire. Ma visto che siamo vive gustiamoci qualcosa.”
Ha voglia di parlare la mia nonnina, è tutta la settimana che non vede nessuno, a parte i suoi figli, che sono molto presenti, ma per motivi famigliari vanno e vengono.
Nel complesso di tre condomini, di otto appartamenti ciascuno, è rimasta a casa solo lei e un 'altro signore. 
Mangia lo yogurt con cura, il contenitore di plastica, non avrebbe bisogno di essere lavato prima di metterlo nella differenziata, tanto lo ha ripulito.



Mi sgrida, non ho assaggiato i suoi biscotti, le ripeto ancora che sono a dieta, mi risponde che adesso tutti sono a dieta, adesso che c'è da mangiare il dottore ci mette a dieta, con tutta la fame che ho patito, adesso che posso permettermelo, devo fare la dieta.
Mi parla ancora della sua gioventù, ci mette diversi proverbi,  mentre io finisco le cose che ho da fare, lei mi segue camera per camera, e racconta, ritorniamo in cucina, si siede su una seggiola, mi offre un gelato, non lo voglio,  mentre lei racconta ho pulito tutta la cucina, dovrei solo lavare il pavimento. Appoggio la mano sul tavolo, ci mette sopra la sua e mi dice: “ “Fermati un attimo, non è così sporca la mia casa, parliamo un po'.



Mi guarda con quegli occhi azzurri, come il mare, parla del  mese di luglio, di tanti anni fa,  la domenica pomeriggio, il Signor Carletto con una specie di triciclo, passava per tutte le corti e portava il gelato, solo due gusti. Fior di panna e Limone.
 I ragazzi delle frazioni, aspettavano questo momento, dicevano: Sta arrivando! Sta arrivando ! Il Carletto! ((l'è scia, l'è scia ul Carletto!).
Ogni volta per lei era una delusione, i suoi genitori non potevano permetterselo, eppure costava solo 20 centesimi.


La mamma Elisabetta, stanca di non poter accontentare  le sue figlie e i nipoti,  si inventa qualcosa con quello che avevano in casa. Il gelato di patate. 
Faceva bollire le patate nel latte, ne faceva una specie di purè, aggiungeva lo zucchero, le uova, la panna del loro latte, divideva il composto in tre ciotole in una metteva il succo di una barbabietola, il composto diventava rosa,


 nell'altro aggiungeva qualche scaglia di cioccolato, (se c'era) e in un' altro ancora un po di panna poi lo metteva in cantina nel luogo più freddo, le prime volte mettevano il composto sulle parti finali del filone del pane. 
Così anche loro avevano il gelato, nessuno li scherzava più.
 Mi dice: 
"quante leccate facevamo su quelle punte di pane, orgogliosi di avere il gelato in casa, poi la mamma aveva migliorato  la tecnica e quando cuoceva il pane faceva delle cialde, le chiamavamo parigine".





 Ascoltando nonna Licia ho pensato, che non fosse possibile che ci potesse essere un gelato di patate, ma curiosando in internet ne ho trovato la ricetta, sicuramente più perfezionata. Quante cose, ha da raccontarmi la mia nonnina, è l'unica persona fra tutte le altre da cui vado a lavorare, che mi offre da bere o un caffè.
" Non sono ricca è solita dire, non sono povera, ma sono umana, non posso e non vorrei mai essere diversa, non mi manca nulla, e fin qui sono arrivata nella mia semplicità.
" E' contenta Licia?"
 "Si son contenta, più di così cosa potrei volere? Niente! ho già tutto..." 



…......................................................................Perle di saggezza

Zia Rosa



Mia suocera aveva una sorella, si chiamava Rosa, era la zia di mio marito, ma era anche diventata la Mia Zia.

Con più, mia suocera mi denigrava e offendeva, la zia mi difendeva e gratificava, anche lei come me, aveva subito e subiva ancora le meschine insinuazioni di una persona gelosa anche dell'aria che respiravamo.



Zia Rosa non era sposata, non aveva figli, ma amava i bambini, era una bella donnina, delicata, sempre ben vestita, non appariscente, era una persona fine, mai indiscreta, non curiosa, educata in ogni sua forma, mai ho avuto modo di sentirla alzare la voce o dire una parolaccia.




E' solamente grazie a lei, se io, con due bambini piccoli ho potuto continuare a lavorare in tessitura, lavorando su tre turni, compresa la notte.
Aveva raggiunto la pensione, e ho potuto contare su di lei, non gratuitamente, ma il mio compenso economico, era davvero minimo, di fronte alla mia tranquillità recandomi al lavoro.
Io sapevo, che i miei figli erano accuditi al meglio, non solo, erano davvero amati, la vera nonna dei miei figli, non è stata ne mia suocera, ne mia mamma, ma Zia Rosa.

Quanti vestitini ha fatto a mia figlia, era come una bambolina, quanti maglioncini ai ferri.
Quando facevo il turno del pomeriggio, la mattina ero a casa, e verso le 10, mi bussava alla porta con in mano una piccola caffettiera da una tazza, mi diceva:
"Fermati, beviamo un caffè, non lavorare solamente!"
"Le rispondevo che con quella caffettiera non avremmo nemmeno bagnato il becco", così lo facevo io con la mia.
Mi sorrideva, un sorriso che mi trasmetteva tranquillità
Aveva sempre,il sorriso sulla bocca, e gli occhi dallo sguardo dolce 




Con Giovanni, ha tanto giocato,  si infilava un paio di scarpe da tennis vecchie, magari anche un po' grandi, non erano sue, ma mie, e giocava a pallone, oppure a mosca cieca, nel nostro giardino, i miei figli con lei erano felici.




L'unica cosa che mi rimproverava, era il fatto che non avessi nei miei interessi, ne la preghiera, ne la chiesa, col passare degli anni ci aveva forse, rinunciato, ma ogni tanto mi diceva:

-Sei un' atea con due T.

La domenica mattina, portava con se mia figlia alla Santa Messa, e poi andavano a trovare i nonni bis al cimitero, nel pomeriggio durante la bella stagione li portava con se nei nostri monti dietro casa, a volte raccoglievano i mirtilli, oppure qualche fungo, li conosceva, oppure le castagne.



Dal canto mio, quando la malattia devastante, si è manifestata, non l'ho lasciata sola, l'unico rammarico è che con l'alzheimer , non ci riconosceva più.
E' stata buona anche dopo la sua morte, ha infatti lasciato la sua casetta a mio figlio, e proprio ieri approfittando del bel tempo ha iniziato a svuotare il sottotetto, o soffitta, dove io per comodità avevo portato anche tanta roba nostra
Nei tanti scatoloni, abbiamo ritrovato i quaderni di scuola dei miei figli , le cartellette con i loro disegni, le tante foto che non ricordavamo di avere.
Le battute ironiche, dei miei figli nei miei confronti, si sprecano, ritengono che abbia perso tempo ad impacchettare cose che non servivano, ma dopo un attimo, si è fatto silenzio, dentro una valigia c'erano due coperte, una fatta di lana, all'uncinetto, tanti pezzetti di lana tutti colorati uniti , forse non tanto bella, l'altra fatta con la tecnica patchwork, tanti pezzetti di stoffa diversi ,uniti. Le aveva fatte la zia, per loro due, da mettere su pavimento affinchè non avvertissero il freddo delle piastrelle.
I miei figli si sono guardati, e daprima Giovanni ha detto:

" non è tanto bella, ma mi piaceva da matti mettere le dita dei piedi in mezzo a questi fori....
 Di rimbalzo sua sorella:
Ma quanto ci abbiamo giocato, su queste coperte? Chi se ne importa se non sono belle, io questa la lavo e me la tengo.
Mamma come faccio a lavare questa che è di lana, non è che faccio un disastro? Me la lavi tu?



Ridevano i miei figli ricordando aneddoti riguardando la zia.
Ti ricordi quando metteva la crema sul viso?,
Si! E quando la nonna brontolava e lei faceva finta di non sentire?
Quando andavamo a Como in bus e ci portava a mangiare il gelato sul lago?

 Poi tutti e due insieme, come se fossero stati in coro hanno detto : E la nonna Adele, continuava a brontolare, ma niente scalfiva l'ottimismo della zia.
Forte zia, mitica zia, grande zia.

Io invece dico: “ Grazie Zia”

lunedì 4 agosto 2014

CONFIDENZE DI AMICHE


Squilla il telefono, rispondo: Pronto.....
-Parlo con Enrica ? Mi ha dato il tuo numero la nostra comune amica....
_Ah si me lo ha detto, intanto buona sera, sei riuscita a contattarmi....
Parliamo del più del meno, dei miei scritti, della nostra vita, dei nostri figli, del fatto che anche lei è vedova, di come le manca suo marito, delle difficoltà che ha avuto, nell'affrontare la perdita di questo uomo.
Per lei era davvero la sua metà.


Dal canto mio, non potendo dire che anche per me fosse così, le ho fatto la battuta, dicendo che io per lui ero meno della metà di un quarto....
Da persona acuta, quale è, mi chiede e lui cos'era per te?
  • Un misto di amore, speranze, rabbie delusioni continue e prolungate, e occasioni mancate, dicono che basta volersi bene, forse non per tutti vale la stessa ricetta.


Continuiamo a dialogare, lei persona religiosa, mi parla delle sue emozioni dell'accostarsi alla fede, dice che non ci sono regole da seguire precise, che c'è chi prega e non agisce, c'è chi non recita preghiere ma agisce, è di supporto agli altri, un modo diverso di pregare
Tutti questi argomenti li affrontiamo a rate, perchè le telefonate hanno un costo e non possiamo esagerare.





Una mattina prima di uscire dal lavoro, l'ho chiamata, la voce strana, il respiro corto,
-non ti senti bene ?
-Faccio così, il mattino, poi in giornata mi aggiusto, non ti preoccupare.
Il giorno successivo è stata ricoverata, ho avutro modo di parlare al telefono con uno dei suoi figli maschi, e un'altra mattina con la figlia.
E' rientrata a casa, dopo circa quindici giorni, ora ha una nuova terapia, e diverse visite di controllo da effettuare nel prossimo futuro.
Siamo tutti contenti che sia ritornata a casa, da quel giorno, la chiamo quasi sempre la mattina, solo per dire due parole:
Come va? Come stai?


  • Bene grazie, vai buon lavoro!
  • Sono stata a trovarla a casa sua , mi ha parlato dell'amore che li ha uniti per tanti anni, delle fatiche dei sacrifici, ma anche della soddisfazione di far crescere 5 figli, di portarli tutti alla maturità scolastica, con un diploma in mano, qualcuno di loro ha ben due lauree.


Ma più di tutto, mi parla dell'amore che li ha uniti, della voglia di stare sempre insieme, proprio quando erano giunti alla pensione e non dovevano più correre, potevano gustarsi anche solo una partita a carte, la spesa, le terapie a Montegrotto, le risate insieme, avevano paura di troppa felicità, e come sempre succede, il bello dura poco, dapprima un tumore colpisce lei, che lo supera, e poi un'altro tumore colpisce lui, che non ce l'ha fatta....


Si è sentita come un cane buttato da una portiera aperta in mezzo all'autostrada, si è sentita il mondo cadere, era mancato il suo TUTTO.
Con l'aiuto dei figli, cinque sono un bel numero, con un social network per persone un po' avanti negli anni, è riuscita a superare, ha un coraggio da leoni, ha diversi problemi di salute, ma mai l'ho sentita lamentarsi, mai una sola volta.



In un suo momento di crisi, (vengono a tutti)
Le ho ricordato una cosa , forse due,
  • Pensa a quanti bei ricordi hai, a quanto amore hai avuto, ai tuoi figli che per te fanno unione anche se una vive in una regione, un'altro in un'altra, e insieme a quelli più vicini in termini di chilometri, non ti lasciano mai sola, non cercano scuse, non c'è distanza, ti raggiungono e si alternano per te.
  • Sei una persona fortunata, e forse lo stai scordando....
  • Hai ragione Enrica. Sono fortunata, ho cinque gioielli di figli, non dovrei dirlo io, ma con Toni ho fatto i miei capolavori, sono orgogliosa.



domenica 3 agosto 2014

LE SCATOLE DI LATTA

Le cartoline che scrivevo alla nonna, le ha mia sorella, insieme ad altre cartoline scritte, dalle mie sorelle, e dai miei cugini.
Sembra che la nonna, avesse un bel po di corrispondenza coi tutti nipoti. 
Per ogni nipote, aveva fatto una scatola di latta, in ogni scatola aveva messo le cartoline o le lettere, con dei fazzolettini di lino ricamati a mano e una saponetta piccolina profumata.


Aprendo la scatola ancora oggi, malgrado gli anni, si riesce a percepirne il profumo, c'è un po' di polvere bianca del sapone, all'interno.
Anche la mia mamma aveva la mania delle scatole di latta, erano di diverse forme.


In cucina la mamma, invece aveva quelle del caffè svizzero " La chiassese", 
non contenevano tutte il caffè, le lavava bene, le asciugava e poi ci metteva un ingrediente per ogni scatola, farina, riso, zucchero, pasta una di quella scatole l'ho presa io e ancora la uso per contenere il caffè.



C'erano altre scatole, le più belle erano decorate i colori del fondo erano tenui rosa, azzurro e giallino con bei disegni floreali,







 ho ancora in mente la scatola con la "moretta" della ditta Ambrosoli che ha ancora il suo stabilimento in un paese vicino al mio.



Contenevano di tutto, ogni scatola diventava il contenitore per bottoni, avanzi di lana e cotone che rimanevano dai maglioncini che ci faceva a seconda della stagione, piccoli pezzi di stoffa che teneva in caso di necessità, poi c'erano quelle piccole con le farfalle che la nonna teneva nella tasca del grembiule,


contenevano le pastiglie che doveva prendere, e quelle quadrate,
ma non troppo alte che diventavano il contenitore dei messaggi personali, portagioie, e contenitori di segreti, le casseforti dei sentimenti.


Quelle scatolette nel cestino del cucito, che contenevano gli spilli,


 e nel cassetto sotto i tovaglioli c'era la scatola delle pastiglie del Re Sole, era diventato il salvadanaio della mamma, le monete delle uova che vendeva, stavano sopra, mentre i soldi in carta venivano ripiegati e messi sotto..



Mi tornano alla mente anche i sacchettini di lavanda, che confezionava con le sue mani messi in mezzo alla biancheria.
Mi sta venendo un nodo in gola, ci sono momenti in cui tutto sembra mancarti, e pensare, che tutto è iniziato ....con una scatola di latta....



lunedì 28 luglio 2014

LA PASTA

Chiccolino, dove sei?
Son qui sotto, non lo sai?
E la sotto non fai nulla?
Dormo dentro la mia culla.
Dormi sempre? Ma perchè?
Voglio crescere come te.
E se tanto crescerai, Chiccolino che farai?
Una spiga io farò, tanti chicchi metterò, e fresco pane, e pasta ti darò.


La coltivazione del grano, nel Mediterraneo, coincide con l'inizio dell'agricoltura, con la lavorazione e la trasformazione di questi chicchi in farina.
Impastare farina e acqua, è stata la scoperta autonoma che quasi tutti i popoli hanno fatto, il processo di evoluzione ha fatto si che l'impasto sia stato schiacciato e cotto su una pietra calda, il passaggio alla cottura in acqua calda è stata la naturale conseguenza.
Dopo aver scoperto come fare il pane, l'uomo ha elaborato, manipolando con abilità, l'impasto, dapprima a livello casalingo,


 diventando sempre più bravo, sperimentava produzioni più avanzate, facendo seccare all'aria il prodotto, ottenendo così la pasta secca.



La diffusione della pasta secca di formato lungo, ha radici lontane, la tecnica risale al periodo della dominazione araba della Sicilia tra
VII e il XII secolo.
In quei tempi la bella Sicilia, aveva fiumi navigabili e foreste immense.
Palermo rivaleggiava con le splendide città orientali, possedeva giardini lussureggianti.
Sotto il dominio arabo, la Sicilia non fu depredata, ma vennero introdotte coltivazioni del gelso, per fare la seta, del riso, degli agrumi, del cotone, della canna da zucchero, portando prosperità in tutta l'isola.



L'Emiro che dominava Catania, invitò a far le vacanze un geografo di notevole fama, si chiamava Indrisi, che scrisse il libro "Il nome di Ruggero" nel 1154.
Fra le tante annotazioni, sono sottolineate, le abitudini alimentari, molte simili ad alcuni piatti della cultura araba, come il torrone al miele,chiamato sia in arabo che in siciliano "cubbaita", o il gelato siciliano chiamato da noi "cassata", prendendo il nome dalla scodella tonda e grande in cui viene preparato, e che in arabo si chiama "quas'at".


La cosa che più ha interessato il geografo, è la produzione di pasta di grano in fili, itriya in arabo (vermicelli), che era una fonte di guadagno altissimo, per gli abitanti di Termini Imerese, tanto che ne parla diffusamente nel suo libro.
La produzione veniva spedita in Calabria e in tutti i territori musulmani, ma anche in quelli cristiani.
Non sono sfuggiti ai nostri antenati, i vantaggi di questo tipo di alimento, La pasta secca, consentiva periodi di conservazione molto più lunghi, ed evitava uno dei principali problemi che avevano a quei tempi, il deterioramento.
Nel dialetto Siciliano ancora oggi i vermicelli vengono chiamati "tria", anche la trafila che serve per la loro preparazione ha questo nome.


Ci furono una serie di controversie per stabilire chi fossero gli inventori degli spaghetti, Marco Polo tornando dal suo viaggio in Oriente, scrisse "il Milione", spiegando la fabbricazione degli spaghetti di soia, e l'introduzione della pasta alimentare in Italia.
Indris, però li aveva già citati nel proprio libro, cento anni prima.
Per stare nel giusto, si potrebbe dire che i siciliani hanno inventato i vermicelli e la pasta fatta col grano, mentre le paste di farine alternative, vengono dall'Estremo Oriente.


Alla dominazione araba , susseguirono i Normanni e gli Svevi, che impoverirono definitivamente l'economia della regione, le foreste vennero tagliate e i pozzi non più curati, fecero scarseggiare l'acqua così che le coltivazioni di grano si spostarono verso nord, nella pianura Padana dove il Po, con le sue acque rendeva i terreni fertili.
Attorno al grande fiume sorsero i mulini, nacque la nuova arte della pasta, che venne elaborata e preparata con sontuosi ripieni, riempita arricchita passata in forni.


La produzione di ravioli, agnolotti, tortellini,cappeletti, marubini , tortelloni, vengono citati da Frà Salimbene di Parma, nelle sue "Cronache" sulle sfoglie e ripieni nel XII secolo.
Nel 1700, tutta la pasta veniva definita maccaroni, furono i napoletani, a mettere ordine, e usarono questo nome per la pasta, non all'uovo e trafilata al bronzo, ancora oggi a Gragnano in campania ci sono dei pastifici artigianali dove la semola migliore incontra l'acqua e le trafile esclusivamente al bronzo, per darci un prodotto che tutti ci invidiano.


Tra un invasore che arriva,e uno che se ne va, portando con se, se non altro, il ricordo della nostra buona cucina, pasta, spaghetti, maccheroni, bucatini, sfoglia e ravioli, si sparsero dappertutto in Europa, seguendo le nostre ricette, a volte apportando varianti con allucinanti ingredienti, marmellata sopra gli spaghetti, o un caramello dolce o la salsa di mirtilli.
Ai nostri giorni, i turisti vengono per le bellezze artistiche e il bel sole, ma anche per amore di un piatto di pasta cucinato come Dio (Allah) comanda!
Capita, o almeno,a me è capitato, di ricevere ospiti inaspettati all'ultimo momento decidere di cenare insieme e allora che si fa...
Un piatto di pasta,...




Aglio olio e peperoncino, con zucchine e gamberetti, o una semplice pasta al sugo di pomodoro e basilico.
Un piatto di pasta mette il buonumore, condivisa con gli amici, oppure la pasta al forno della domenica, durante la stagione fredda, un buon brodo con cappelletti, che nutre e scalda.
W la pasta, ha superato crisi, invasioni,  è sempre un piacere riempire il nostro piatto e non solo.