il filo dei ricordi-racconti

sabato 31 agosto 2013

                L’EREMO DI SANTA CATERINA DEL SASSO


E' una domenica di bel tempo;Riccardo mi ha già fatto fare un bel giro,  ma mai avrei pensato, che avrei potuto vedere un posto così bello, inizialmente anche lui è stupito dice che l'ultima volta che ci è venuto non erano stati fatte tutte le migliorie che troviamo ora.
Siamo sul lago maggiore, o Verbano, essendo meno profondo del lago di Como il suo colore è di un bell'azzurro,  Siamo precisamente all’Eremo di Santa Caterina del Sasso.  Davanti a noi  un piano c'è un ascensore che scende all'Eremo,  si vede il lago dall'alto, ci sono anche i gradini, e noi decidiamo di scendere a piedi.
 L’Eremo di Santa Caterina del Sasso è uno dei più affascinanti luoghi storici del Lago Maggiore.

 Questo vero e proprio “balcone” proteso sul Golfo Borromeo si raggiunge dal lago salendo una scalinata di 80 gradini oppure dal piazzale sovrastante scendendo una scala di 268 scalini.
 L'Eremo di Santa Caterina ha una storia lunga, si dice che nel 1170, in seguito ad un naufragio Alberto Besozzi di Arolo, si ritirò a vita solitaria in una grotta, poi  in seguito ad una pestilenza che aveva colpito la sponda lombarda del lago Maggiore, gli abitanti di Arolo si rivolsero al Pio eremita che chiese in cambio la costruzione del Saccello di Santa Caterina simile a quello della santa sul monte Sinai.
Una famiglia di nobili di Ispra decise poi di costruire anche la cappella  di Santa Maria Nova, in quanto le preghiere del Pio avevano permesso la liberazione dai Lupi che imperversavano nella zona uccidendo gli animali da pascolo. Chiamato inizialmente monastero di Saxobalaro ricevette tre terreni in dono per la chiesa di San Nicolao. Nel XIV secolo l’Eremo venne abitato da una comunità di monaci Agostiniani, successivamente nel 1379 si stanziarono i Romiti Ambrosiani  infatti fra il 1300 e il 1320 venne dipinto il preziosissimo  affresco di S.Nicolao, e nel 1649 i Carmelitani. Ad oggi è retto dagli Oblati Benedettini. nel corso dei secoli però i cambiamenti adottati furono diversi e passò di mano in mano per diverse istituzioni fino a far parte della istituzione monastica milanese, che però con il dominio austro-ungarico proclamò la chiusura dellEremo, la decadenza dell'eremo continuò lentamente fino a che nel 1914 venne dichiarato Monumento Nazionale.
Si avvicendarono periodi di  decadimento e di ristrutturazione ora è totalmente gestito dalla provincia che ne ha notevolmente rigenerato e migliorato l'accesso al santuario visto che in seguito a delle frane l'accesso precedente non era più agibile.
Decidiamo di acquistare un libretto che ci dia qualche informazione
Il complesso architettonico dell'Eremo avendo subito parecchi cambiamenti è così stutturato: Il convento meridionale, il conventino e la chiesa. Si giunge al convento meridionale venne eretto nel 1400 e successivamente modificato nel 1624 da Padre Giulio Martignoni,  passando sotto ad un porticato di colonne di granito semplice ma armonioso  come una finestra sul lago e  la vista sulle Isole Borromee


 Nel convento meridionale ,ci sono affreschi che risalgono dal 1339 fino al 1600, troviamo lo stemma dei frati Carmelitani su un camino barocchetto di marmo e sopra sulla parete i resti di una crocefissione del 300 tipica della pittura romano-gotica del settentrione italiano. Nello spazio tra le finestre c'è una croceffissione seicentesca con S. Ambrogio e s Caterina, hanno trovato anche definitiva collocazione dopo il restauro una pala di altare risalente al 1510
 Tra il convento meridionale e il conventino si trova posizionato un torchio di notevole dimensioni è datato 1759  pressavano uve e olive  che provenivano dai fondi dell'eremo,  situato di fronte al cortile del torchio, eretto su muri duecenteschi, e impreziosito da un porticato  di quattro archi a sesto acuto poggiati su pilastri in pietra c’è il Conventino che anticamente era la cucina con il forno del pane e il classico camino grande, al piano superiore ci sono le celle dei frati sulle cui finestre si trovano tracce di affrescature cinquecentesche del “Martirio di Santa Caterina d’Alessandria” ; consente il passaggio fra la chiesa e il convento meridionale, sotto questo porticato sono state riposizionate dopo il restauro 10 scene rispetto alle 15 originarie, dove è rappresentata la danza macabra, o danza della morte.
 In queste tavole viene rappresentata l'uguaglianza assoluta di tutti gli uomini davanti alla morte,  che ha senso solo se è illuminata da Cristo, anche se notevolmente danneggiate, si riesce a vedere un mercante coi suoi registri, un un cortigiano che difende la sua amica, un prete ed un cardinale,  un frate ed un senatore: La morte nel XIV eXV secolo entra come decorazione nelle mura di chiese e cimiteri,  se ne trovano a Clusone vicino a Bergamo,  nel Camposanto di Pisa.



Nel cortile della  chiesa troviamo alla destra  la grotta della madonna di Lourdes, e sulla sinistra, un portico cinquecentesco costruito con colonne in Pietra di Angera, in stile rinascimentale.
 Il campanile posto a strapiombo sul lago venne edificato nel 1300 e presenta una cella campanaria aperta a bifora fatta in pietra d’Angera, l'azzurro del lago riflette luminosamente  tra i porticati,  gli affreschi sono stati duramente danneggiati, dall’umidità e dal tempo. 

 
Sembra che la attuale chiesa di Santa Caterina sia del XVI secolo, ma si crede che siano stai inclusi edifici storici preesistenti. Mi colpiscono le vetrate, dalla guida risultano che sono ottocentesche , chiudono il matroneo della chiesa , una volta coro invernale dei frati,  la cappella di San Nicolao è  alla sinistra dell'altare maggiore,  era in realtà una parte della prima chiesa originaria dedicata a San Nicolao, a fianco  c'è la cappella di Santa Caterina la più venerata nel medioevo e la cappella di Santa Maria Nova, ancora tanti affreschi devono essere restaurati altri sono stati rinvenuti durante i restauri.
La cappella del Beato Alberto,  molto rovinata dall'umidità, contiene un' urna della scuola del Beato Angelico , con  i resti di Alberto Besozzi, è detta cappella dei sassi perchè alcuni massi che si erano staccati dalla parete rocciosa rimasero impigliati nella struttura della volta della cappella sfondata e poi rimossi nel 1983 per esigenze di restauro.

Insomma io,  che non conosco l'arte, mi affido  a delle guide per avere qualche nozione, ma di una cosa sono certa, questo Eremo è bellissimo, il lago, i porticati, le cascine del quicchio che sono di recente state ristrutturate, meritano di essere viste   consiglio a tutti,  una visita a questa meraviglia.
Risaliamo sempre a piedi, tutti  gradini, ho il fiatone, mi fermo a prendere fiato e con lo sguardo torno verso il basso,  è così bello, ma la voce di Riccardo mi fa tornare alla realtà, riprendo la salita arrivo fino in cima, ho un fiatone terribile, ma la consapevolezza di aver visto qualcosa di veramente bello. E forse anche la certezza che…… dovrei dimagrire……………






  

   

    Il fiume Adda e Leonardo da Vinci

                              

Più di 500 anni fa, Leonardo da Vinci con una lettera si annunciava  a Ludovico  Sforza detto il Moro, una specie di curriculum/vitae dove elencava le sue qualità di inventore, più che di artista pittore, un modo per far colpo sull'allora Signore di Milano, elencava in nove punti quanto fosse capace a progettare e a creare macchine da guerra.
 Si trasferisce a milano nel 1482, nella città i maggiori esempi delle sue opere sono il "Cenacolo Vinciano" e le chiuse, sui navigli.



Fu  proprio di Ludovico il Moro ad incaricare Leonardo di studiare un sistema che permettesse la navigazione dal lago di Como fino ai navigli nel cuore di Milano
Leonardo progettò il sistema delle chiuse per ovviare ai dislivelli del terreno e permettere la navigazione, le chiuse di Leonardo sono state adottate in tutto il mondo.


Le mie informazioni sono nozioni acquisite in occasione di una visita guidata sui navigli, ma come sempre accade, non si è mai imparato abbastanza, e parlando con Pachino, un amico di Eldy, in occasione di una nostra uscita in compagnia, ho avuto modo di approfondire cose che non sapevo.
Il fiume Adda, che scorre in Lombardia con un percorso lungo 300 km Nasce in Valtellina, si tuffa nel lago di Como e poi riprende la sua corsa fino al Po, attraversando la terra di mezzo fra le province di Milano, Lecco e Bergamo. 


Per secoli ha permesso un collegamento stabile fra il capoluogo e le regioni circostanti lungo l’asse Nord-Sud, segnando il confine naturale fra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia.
 Il suo corso è caratterizzato oltre a significative testimonianze storiche e culturali, dal paesaggio compreso in aree protette e riserve naturalistiche.
 Non sapevo che l'Adda fosse  stato fonte di ispirazione di  tanti progetti, disegni e quadri del famoso Leonardo.
 Pachino mi spiega  che ad Imbersago si può attraversare il fiume in pochi minuti con un traghetto a mano  che è la riproduzione esatta eseguita in base agli studi e dai disegni di Leonardo, è un barcone in legno di 60 metri quadrati che può trasportare 100 persone e 5 macchine, pur essendo governato da una sola persona con l'aiuto di un bastone, il tutto senza motore collega Imbersago, in provincia di Lecco con Villa d' Adda nel bergamasco.


Mi spiega inoltre che a Trezzo sull'Adda, proprio in prossimità del castello, dove ora rimangono solo i resti di quel che era una roccaforte di difesa,



prima  tra il  Barbarossa e il ducato di Milano e successivamente tra le famiglie dei Visconti e dei Torriani, Leonardo da Vinci,  subì il fascino di questo fiume e iniziò a cercare il  panorama adatto per i suoi quadri.
 Si dice infatti che la veduta  che sta dietro le spalle della celebre Gioconda sia  di queste parti,  riprodusse queste bellezze anche in celebri dipinti ora custoditi nella chiesa di San Francesco maggiore in Milano. 
 Per i due dipinti della Vergine delle rocce,si spostò nella zona rocciosa dell'Adda, vicino a Porto d'Adda infatti lo sfondo dei quadri è molto  simile  al panorama che ancora oggi si può vedere, queste tele sono  ora  sono costudite una al museo del Louvre di Parigi, e l'altra alla National Gallery di Londra.

 Nel periodo che risiedette a Vaprio d'Adda presso la splendida villa di Francesco Melzi, suo erede e più grande collaboratore, disegnò il fiume Adda, lo studiò cercando di sfruttare la forza dell'acqua, iniziò a fare schizzi in china e in seppia sfruttando anche la tecnica di disegno sanguigna, molti dei suoi schizzi e disegni sono ora conservati nella Raccolta Reale dei Windsor, mentre nella Biblioteca Ambrosiana conservano il codice atlantico,e io, non sapendo cosa fosse mi sono documentata:
è un codice di grandi dimensioni che contiene 1750 tra disegni, schizzi progetti e studi di Leonardo che variano da anatomia,astronomia, botanica, matematica, meccanica studi sul volo degli uccelli, studi di ingenieria meccanica e di architettura, sono fogli senza un ordine cronologico o di studio, ma che dimostrano il genio di Leonardo.
La promessa fatta con Pachino e di trovare almeno un giorno per poter visitare tutto questo,non solo per la storia ma per poter vedere con i nostri occhi la bellezza del panorama  e gustare le prelibatezze di queste zone che  variano, si distinguono ma .....la  gastronomia di queste zone che  è fatta di scambi. La storia di questo fiume, la troviamo anche sulle tavole, lungo le rive dell'Adda convivono,
  i casoncelli bergamaschi

,con il risotto di salsiccia



 e zafferano tipico della zona di Monza, o il risotto col pesce persico tipico del lago di Como,i musultitt (agone affumicato) pesce tipico

 del lago di Como e di Lecco, con  i formaggi delle prealpi,  famosi sono i formaggini di Montevecchia, che si possono mangiare freschi o stagionati con olio pepe in polvere 




Una cosa è certa ci incontreremo ancora, e ancora,  mi faranno vedere posti nuovi, e mi faranno gustare nuove pietanze....grazie a Pachino e a Teresa per avermi accolta, e sopratutto di farmi imparare così tante cose e a Riccardo per avermi permesso di conoscerli, è un racconto fatto a quattro mani, dove tutto quello che mi viene spiegato,  viene scritto, forse bene o forse no,  ma che  io sono contenta per tutto quel che ho acquisito e che voglio trasmettere.

Gita a Bassano del grappa e Marostica

                             

                                              

   GITA A BASSANO DEL GRAPPA E          

                      MAROSTICA 


Ore 6 con le mie amiche partivo da Varese per una gita organizzata a Bassano del Grappa, e, data l’ora mattutina, sul pullman parecchie persone si misero a dormire, altre leggevano il giornale . Io che avevo conosciuto già in altre analoghe occasioni Cristina, l’accompagnatrice, commentavo con lei a bassa voce la destinazione e il programma della giornata.


Da persona preparata qual è Cristina mi 

diceva che la nostra meta era Bassano

del Grappa 

con visita allo storico ponte sul Brenta,


 ma che a suo parere Marostica avrebbe

 meritato una

 visita, anche se non contemplata dal 

programma, per cui, chiedendo alle oltre 50

 persone presenti sul pullman, riuscì a 

realizzare il suo intento con piena 

soddisfazione di tutti.




 Non so se siano state le spiegazioni che ci 

dava durante il viaggio, non so se la storia di 

questa piazza mi avesse colpito ma, appena

 arrivati l’ho trovata subito molto bella.

 L’aspetto attuale, è quello di una città murata

 che dal castello superiore posto sulla

 cima del monte Pausolino,


 abbraccia con 

mura di cinta merlate la pianura sottostante 

fino a congiungersi col castello inferiore che 

si affaccia sulla piazza degli scacchi.

 Qui si sviluppa il centro storico della 

cittadina



La storia racconta che nel 1454, quando 

Marostica era una fedele della Serenissima 

Repubblica Veneta, due nobili cavalieri, 

Rinaldo D’Angarano e Vieri di Vallonara, 

entrambi innamorati della stessa dama… 

Lionora, figlia maggiore del castellano Taddeo 

Parisio, si sfidarono a duello.Il castellano però

 in seguito ad un editto del Cangrande della 

Scala, proibì la contesa con le armi, ed evitò lo

 scontro, ma decise che i due contendenti si 

sarebbero sfidati in una partita a scacchi e che

 Lionora sarebbe stata data in moglie al 

vincitore, mentre il perdente avrebbe avuto in

 sposa la seconda figlia Oldrada, Il tutto si 

sarebbe svolto in un giorno di festa dove sia la

 corte del castellano, sia dei due pretendenti,

 avrebbe assistito all’evento insieme a tutta la 

popolazione, dal nobile, all’arciere o allo

 stalliere.

 Ancora oggi ogni due anni nei giorni

 7,8,9 del mese di settembre si rievoca la storia

 con costumi fastosi, arcieri, balestrieri, fanti, 

schiavi e cavalieri. Gonfaloni colorati fanno da 

cornice a circa 6oo persone per una 

rappresentazione elegante e fastosa.



Mentre tornavamo a casa stanca per una giornata piena, mi sentivo, forse stupidamente, arricchita anche solo di una leggenda che permette alla fantasia di spaziare e di conoscere una cittadina che merita comunque di essere visitata, Marostica è conosciuta in tutto il mondo come la città degli scacchi.






mercoledì 28 agosto 2013

LE CAMPANE DI MONTAGNA



Sono le cinque del mattino, del mese di agosto, sono in una camera d'albergo, semplice, pulito, e con un letto comodo, eppure sono sveglia come sempre a quest'ora.
Dalla tenda leggermente scostata mi rendo conto che piove, cerco di stare ferma il più possibile, per non disturbare chi dorme accanto a me, solitamente dormo poco, questa volta però, il mal di schiena non mi da tregua, se fossi a casa mi alzerei e cambierei ambiente, mi sdraierei sul divano o camminerei un po, ma qui non posso e non voglio disturbare.


Chiudo gli occhi, il tempo sembra essersi fermato, poi sento le campane della chiesa che sta proprio dietro il nostro albergo, non hanno un suono che disturba, anzi è un suono dolce lieve che sembra si allunghi.
Dopo pochi attimi e sento altri suoni, mi sembrano una melodia, suonata da diversi strumenti, sento il suono di più campane.


Sarà il silenzio che c'è tra queste vallate, saranno le correnti d'aria che portano questo suono lieve e dolce ma, io non ricordo di avere mai sentito una melodia simile.
Non sono in preda alle allucinazioni, le sto sentendo veramente, le campane della valle, hanno un suono talmente bello e lieve.
Quando sono a casa forse, non sento nemmeno le campane, non so nemmeno distinguere i suoni, che hanno pur sempre una motivazione
.

Nei secoli antichi servivano come saluto a chi andava in guerra, per segnalare la fine della guerra, un suono i giorni di festa, un'altro per avvisare la popolazione quando un componente della comunità veniva a mancare. 
 Il Venerdì Santo le campane hanno un suono mesto. 
E' lo scandire delle ore che mi ha stupito, non so quanti fossero i campanili, ma vi posso assicurare che il suono delle campane questa mattina, era un concerto molto ma molto bello, non si trattava di echi, erano proprio suoni diversi, che facevano una melodia.
Avevo quasi timore a parlarne, ho pensato che avrei fatto la figura della folle, ma poi ho osato chiedere alla reception.
 Con mia sorpresa, mi dicono che è una caratteristica della montagna.



Si tratta di un giro d'aria, capita poche volte in un anno, è un fenomeno di bassa pressione che trasporta il suono delle campane, per la valle e ne fa una dolce melodia.


Non so dire se sono stata fortunata perchè ho sentito le campane, o malandata perchè avevo un mal di schiena atroce che mi ha tenuta sveglia.
Una cosa è certa se avessi dormito non avrei sentito nulla.

Nelle ore successive non ho sentito più lo stesso suono perchè erano cambiate le condizioni atmosferiche,un concerto suonato da campane in Val di Fiemme
suonato solo per pochi rintocchi, quasi una magia. 
Una valle molto bella sia nella stagione estiva  che in quella invernale 




Il cielo carico di pioggia ci veniva incontro mentre tornavamo a casa, lasciando la valle, come un guardiano che controlla chi entra e chi esce.





lunedì 19 agosto 2013

IL PARCO SCHERRER

                                     
                                IL PARCO SCHERRER


C'è un posto che ho visto un po' di tempo fa, che ho trovato bellissimo.
 In occasione di una recente visita di una amica, ci sono tornata, mi era talmente tanto piaciuto, che volevo farlo vedere, ma mi ha un po' deluso, sarà che la fioritura di maggio è passata, che il caldo torrido di queste settimane, ha sicuramente influito sulla vegetazione, che in questo periodo ci siano le vacanze estive, per cui la manutenzione è minore, ma il mio entusiasmo è un po' sfiorito come le ortensie che abbiamo incontrato durante la visita, malgrado questo, vale comunque la pena di visitare, ogni volta si scopre un qualcosa in più, che la volta precedente non si era visto o notato.
Nel 1930 il commerciante di tessuti Artur Scherrer, costruì il suo giardino da sogno.
In una porzione di terra bagnata dal lago, ai piedi del monte Abostora, dove viene ancora coltivata la vite, che poi diventa vino di merlot, proprio a strapiombo sul lago, c'è il paese di Morcote.


In un tratto di terra, dove il clima mite è invidiato, dove i venti freddi del nord sembrano venir banditi, tanto da permettere ad alcune piante tropicali, e subtropicali di poter dare il loro contributo in fioriture colorate e profumi particolari, sorge il parco Scherrer , il panorama attorno ci dice che di fronte abbiamo il golfo Italiano del Ceresio, le montagne del Varesotto e in una giornata limpida si può vedere anche la pianura Padana.


 Un quadro che davvero incanta gli occhi, saliamo per questi ronchi, attraverso scalette e troviamo cedri, palme, camelie, glicini, oleandri, eucalipti, magnolie, aranci, limoni, azalee e bambù.
Nei viaggi che effettuava per motivi di lavoro Artur Scherrer aveva raccolto tantissimi ricordi, souvenir dei tanti viaggi, oltre alla vegetazione dei luoghi da lui visitati. Non si accontentava di riproduzioni o di una stampa. Salendo per queste scalette numerate che ci indicano il percorso troviamo le simmetrie e gli aspetti del rinascimento Italiano che danno ai giardini l'effetto di sembrare più ampi, e variegati, poi salendo di pianoro in pianoro ci troviamo nel mondo greco e romano, siamo sorvegliati da statue di Venere, Ercole, Giunone e Giove,  tra piante di azalee.Poco più in alto siamo nell'antica Grecia, abbiamo di fronte la riproduzione dell'Eretteo, in questo caso fatto in pietra di Vicenza, è la riproduzione del secondo tempio dell'acropoli di Atene.


Basta spostarsi di poco e in un'altro pianoro costeggiando aceri rossie bambù troviamo la riproduzione di una casa da thè in stile giapponese, più avanti un serpente orientaleggiante in pietra vigila sulla statua del Buddha.


 La rappresentazione della casa Thailandese.
Nella palazzina indiana troviamo elefanti e guardando da questo terrazzo la vista è impagabile, stiamo attraversando l' India ma, poco dopo......


Giungiamo nell'antico Egitto davanti alla riproduzione fedele dedicata alla regina Nefertiti che col marito Akhenaton cercò di imporre il culto del sole, particolare molto amato da Artur Scherrer e riproposto sopratutto in questa parte di parco.




Rimane incompiuta la casa araba, ma che comunque, riesce a suscitare in chi la guarda delle sensazioni bellissime, colori bellissimi, e oggetti particolari, che danno l'impressione dell'irraggiungibile
Abbiamo girato per tutti i continenti scavalcandoli e raggiungendo infine l'oriente dove il sole aveva il potere di incantare, una persona come Artur Scherrer.

Il sole, in questa parte del parco diventa il tema dominante, un giro nel mondo antico e moderno dove la cultura viene rappresentata e non raccontata, spiegata attraverso gli oggetti diversi,e colorata adornata da tante piante particolari, abbellita da piscine e da templi dedicati nell'antichità alle divinità.
Un tour dove la geografia la storia e la cultura e la botanica raccontano senza dire una sola parola. Avvicinandoci all'uscita, fa bella mostra la casa Ticinese, per farci ricordare dove ci troviamo.


Un signore che era diventato qualcuno creando abiti e girando il mondo, ha voluto lasciare al Comune questo gioiello fatto di fauni,leoni e sibille, di pietra che invitano ad entrare ed ammirare come se fosse un mondo irreale.

lunedì 12 agosto 2013

IL COMPUTER

C'è stato un periodo in cui, mi arrabbiavo con mio figlio, era sempre al computer, odiavo quella macchina.
Le amiche, le mie colleghe, parlavano di social network, io, non sapevo nemmeno cosa stessero dicendo. Ho così deciso di fare qualche lezione e ho acquistato anche io un pc.
Ma entravo solamente in internet, leggevo guardavo foto, video, senza iscrivermi a nulla, avevo una paura folle, poi un giorno, precisamente il 30 marzo, il mio nipotino Chicco, che frequentava, o forse no, la prima elementare, ha detto:
"Nonna metti FB che mando gli auguri alla mamma, compie gli anni"
Non volevo, ma insisteva talmente tanto.
L'iscrizione per me è stata una faticaccia non ricordavo e-mail, non capivo bene cosa fare, ma alla fine ci sono riuscita.
Con Chicco abbiamo trovato, il profilo di mia figlia.
Era un piacere vedere, che con un solo dito, pigiava sui tasti della tastiera, mandando gli auguri alla sua mamma;
non sapevo fosse così bravo, il suo messaggio diceva: " mamma sono Chicco, questo è il computer della nonna Chicca, tanti auguri"
mia figlia che era in pausa pranzo, ha risposto al messaggio attraverso il cellulare: " grazieeeeeeeeeee Amoreeeeeeeeee Miooooooooooo


Così è iniziata la mia avventura nel virtuale, alcuni persone che non conoscevo mi hanno chiesto l'amicizia, altri li ho cancellati, altri ancora hanno cancellato me. Ho amicizie virtuali che durano da parecchio tempo,
Una domenica piovosa, triste e cupa, della fine di settembre, dopo aver svolto le solite faccende, nel pomeriggio mi avvicinavo a questa macchina infernale. Nella home mi passavano davanti le immagini di un posto, che io avevo già visto, ma non ne ero proprio sicura, erano passati parecchi anni.
Ho commentato, senza pensare, non ricordo le parole che ho scritto, ma, devo aver detto, che a me sembrava di conoscere quella frazione, che assomigliava alla zona, che avevo visto in Valtellina.
Pochi minuti dopo ho ricevuto una risposta.
Era proprio la frazione, che io dicevo di aver visto, continuavo a commentare dicendo che i genitori di mia cognata, abitavano proprio in una di quelle case.


Ho ricevuto una richesta di amicizia dalla persona che commentava, dialogando con me.
Accetto l'amicizia, poco dopo la lucina sulla mia chat, si accende, ci scambiamo i soliti convenevoli dovuti all'educazione, e poi la signora che si chiama Milva, mi dice: Non ti ricordi di me? Ho passato due mesi bellissimi in tua compagnia, eri venuta a Chempo con tua cognata Carmen.
I tuoi nipotini, erano piccoli, e tu gli facevi da baby sitter."
Ricordavo quel posto, ma non ricordavo i particolari di quell'estate, mi prende il vuoto, e anche un po di disagio, non so, ma poi dico la verità, non ricordo e mi scuso.


Tornando a ritroso con la memoria, ricordo di avere fatto amicizia, eravamo delle ragazzine, siamo eravamo state bene insieme, che abbiamo giocato insieme, ma tanti particolari proprio non li ricordo,
mi è  rimasto impresso nella mente  una famiglia che veniva da Roma,

 Ci siamo scambiate nel tempo,  le informazioni sulla nostra vita, le cose belle e le meno belle, le ho parlato del mio nipotino, lei che lavora coi bimbi, mi dice che sono una cosa meravigliosa, ci sentiamo con una certa regolarità, ma non troppo spesso, ogni volta l'una, dice all'altra: " vienimi a trovare, e ogni volta la risposta è " credo che, verrai prima tu da me", .
Questa macchina infernale, che tanto odiavo, mi ha fatto trovare un'amica che non ricordavo, e chissà, prima o poi , la incontrerò, dopo tutto la Valtellina non è così lontana.


Sono stata comunque felice di sapere, che qualcuno si ricordava di me, con piacere, vuol dire che tutto sommato, anche da bambina non ero poi così male.
Ho parlato anche con mia cogntata, di questo incontro vrtuale dopo tanti anni, non ci credeva,:
" Vado in Valtellina tutti i week end, e non incontro mai Milva e tu la ritrovi col computer? Incredibile..."
Ricordo che portavano le mucche all'alpeggio e che verso la fine di agosto, se non sbaglio, tornavano giù in paese, ricordo che mamma di mia cognata, Pina, faceva uova e pomodori, non so come, ma erano buonissime.


Milva, sa che avrei scritto, questo racconto, parlando di noi, Mi spiace di non ricordare gli aneddoti, di quei mesi passati a Chempo.
Un particolare, un po sfuocato ritorna alla mia mente, una salita piuttosto faticosa, portava alla chiesa, la domenica mattina, ci dovevo andare con il signor Carlo, il papà di mia cognata e i suoi fratelli, Renzo, Pino, e Gianni il più piccolo.


Sono passati tanti anni, senza internet non credo ci saremmo mai sentite, in questo caso posso solo dire.... grazie alla tecnologia, grazie ad una ragazzina che non si è mai dimenticata di me, nemmeno da adulta .



Il supermercato


Se c'è una cosa che proprio non mi piace fare, è andare a fare la spesa, ma purtroppo, mi tocca,  volente o nolente ci devo andare. Cerco un supermercato dove trovo di tutto, ma molto più contenuto di un centro commerciale, qui trovo quel che mi serve senza essere tentata dalle mille offerte, che nei centri più grossi fanno, dove solitamente si entra per acquistare prodotti di consumo quotidiano, e si esce con tante altre cose messe in offerta o in promozione che ti colpiscono, tornando poi a casa con il portafoglio vuoto.

Preferisco evitare, e acquistare solo quel che mi serve, tenendo conto, che anche qui, acquisterò qualcosa che teoricamente non era compreso nella lista preparata, e che sicuramente dimenticherò qualcos'altro perchè io, faccio così.
Inizio il mio giro, cerco la lista della spesa,  ma non la trovo, probabilmente l'ho lasciata sul tavolo a casa, e allora vado a memoria.
 Inizio a riempire il carrello, i detersivi per la casa, per l'igiene personale, la carta casa, qualche bottiglia di bibite , l'acqua, finchè arrivo davanti al frigo cerco le cose confezionate di consumo quotidiano, yogurt, mozzarella, e altri prodotti, di libero servizio. Mi reco nel reparto salumeria per un po di salumi affettati freschi e qualche pezzetto di formaggio
Arrivata davanti alla pescheria rimango stupita, al banco,  c'è un signore, che qualche anno fa,  aveva un negozio di pescheria in un paese vicino al mio, scambiamo i soliti convenevoli, mi dice che in seguito ad una lunga malattia, ha dovuto chiudere l'esercizio, ora  che è guarito, è dipendente di questo gruppo di supermercati, dove si trova bene.
Avendo ancora l'animo del commerciante,  in un attimo mi propone tutto quello che avrei acquistato, se a fare la spesa ci fossi andata con mio papà.
Volevo solo delle orate da fare al cartoccio e un po di misto da fare fritto, ma lui, non rendendosene conto, forse remore degli anni precedenti, quando eravamo dei buoni clienti per il suo negozio,  mi propone le stesse cose, che il mio papà amava mangiare.


Mi dice che lo stocafisso è appena arrivato, che ha un buon prezzo, perchè ne hanno acquistato un grosso stock, dice anche,  che non mi spiega il procedimento,  di preparazione,  perchè sa che lo conosco, in realtà io non ho mai cucinato lo stocafisso quello secco, che si batte col martello di legno e poi si mette a bagno per diversi giorni, per poi essere cotto in umido con la polenta o in insalata mantecato col prezzemolo, conosco il procedimento, ma non ho mai cucinato questo pesce perchè lo faceva buonissimo la mia mamma.
Rispondo che sono sola ed è troppo costoso per me in questo periodo.

Passa allora a farmi vedere le lumachine di mare, buone, buonissime per fare il sugo,  ne acquisto una retina perchè sono già confezionate, ma arrivate fresche.
Poi mi fa vedere una confezione sottovuoto,-: " a
questa non puoi dire di no, sono sicuro che ti fa venire l'acquolina in bocca e poi confezionata così si mantiene in frigo per un po’", non ci vedo e non  capisco cosa sia, inforco gli occhiali  e poi leggo sul biglietto: aringhe confezionate sottovuoto.
Le ho acquistate... ho salutato e ho continuato il mio giro in macelleria e nel banco dei surgelati.
Tornata a casa dopo aver  sistemato la spesa, ho lavato ben bene le lumachine ho fatto il sugo, e ho chiamato due care amiche a mangiare una spaghettata a casa mia.
Nel frigorifero però rimangono le aringhe sottovuoto, non riesco, proprio non ce la faccio ad aprire quel pacchetto.
Pochi giorni dopo, ho fatto un sogno, io, che non ricordo mai, i miei sogni, questa volta l'ho ricordato:
" ero a casa mia, le aringhe molto bene in carne erano  su una griglia, cuocevano al calore della brace, sul tavolo il piatto di legno aspettava una bella polenta bianca e le papate nella cenere con la carta stagnola, erano quasi pronte, c'eravamo tutti,  tutta la mia famiglia,  non avrei potuto  mangiarle da sola".
Nel sogno ho sentito il  gusto delle aringhe salate con la polenta calda e il dolce delle patate.
Le aringhe sono ancora nel frigorifero. Ma un'idea mi frulla in testa, sono sicura che a mio papà piacerebbe tanto.
Un tuffo nei ricordi attraverso il pesce, incredibile quanto poco ci voglia per ricordare le cose belle, .un' aringa,  un sogno .