il filo dei ricordi-racconti

giovedì 26 giugno 2014

I cimiteri di Montagna


I CIMITERI DI MONTAGNA

Ho visto le immagini pubblicate nel web di alcuni cimiteri di montagna piccoli, raccolti che hanno una particolarità, rispetto ai cimiteri di ogni altra regione d'Italia.

In seguito all'editto di Saint Cloude, Napoleone Bonaparte stabiliva che per ragioni igieniche, ( e militari) i cimiteri dovevano essere costruiti alla periferia dei paesi oltre le mura cittadine.



In certi paesi di montagna, soprattutto in Tirolo, non so il perchè e non ho trovato spiegazioni, hanno mantenuto quei cimiteri-giardini attorno alle chiese, proprio nel centro del paese.



Sono bellissimi, tranquilli, decorosi, con una semplicità che rende tutto normale, senza ostentare alcun che, senza cappelle di famiglia, marmi, madonne in lacrime, monumenti di bronzo. Solo croci di ferro battuto o di legno, molte belle come opere d’arte, vecchie di decine di anni.


Qualche grande lapide sul muro di cinta ricorda i morti in guerra: diverse le perdite, per paesini di poche anime: morti o dispersi in Russia, Grecia, Spagna, Polonia, Siberia.



In questi luoghi, semplici si racconta la vita di poche anime, mestieri, famiglie, partenze e ritorni, famiglie intere dai vecchi capostipiti ai bimbetti che sono vissuti solo pochi giorni o pochi mesi, famiglie miste, cognomi tedeschi insieme a cognomi italiani. Storia e storie che scivolano da una croce all'altra e che tessono la vita di una comunità. Non sono luoghi che mi fanno pensare alla morte, ma alle vite che si sono susseguite e consumate.


Io ho visto il cimitero di Salisburgo, oramai meta del turismo, anche qui le croci sono tutte in ferro battuto, un'amica mi ha parlato del cimitero della collegiata di San Candido, dice che è un giardino, oppure del cimitero di Sarentino dove quello che più stupisce è l'emozione che trasmettono anche a chi come me, non è credente, forse sarà il silenzio, il senso di calma e la solitudine, come dire qui si riposa davvero in Pace.





Poi c'è chi sdrammatizza e nel web ho trovato la notizia del museo del cimitero dove viene raccontata la morte attraverso le lapidi. Dal web:




Raramente la morte è divertente come qui al Museo del Cimitero nel comune di Kramsach, nell´idilliaca Alpbachtal in Tirolo.
È un cimitero senza morti: infatti non ci sono corpi sepolti. Ci sono tombe e iscrizioni spiritose, scurrili e macabre, raccolte da tutta la regione, anche santuari e croci in memoria delle vittime. „Ein Rutsch, dann war er futsch“ (uno scivolone e poi se n´è andato) ricordo di un alpinista morto. „Unter diesem Rasen liegt die versoffene Kupferschmiednasen“ (sotto questo prato giace il naso ubriaco), un´altra debolezza di un morto alla gogna. „Hier ruht mein lieber Arzt, Herr Grimm, und alle, die er heilte, neben ihm“ (Qui riposa in pace il mio amato dottore, il Signo Grimm, e tutti quelli che ha guarito accanto a lui), l´abilità di un medico lunatico. Ecco il motivo per cui il cimitero è anche conosciuto con il nome „il cimitero divertente“.



domenica 22 giugno 2014

Il Sale

IL SALE

In quasi tutte le gite che io ho fatto, quando le guide ci raccontano oltre alla posizione geografica, le curiosità delle zone, e la storia, spesso, molto spesso, ci fanno notare un filo conduttore che lega queste zone a volte anche all'estero, con la nosta Italia.
Si potrebbe pensare, a guerre, oppure a delle conquiste, alle scienze, all'arte, e invece è un prodotto che noi abitualmente usiamo tutti i giorni, e che è in tutte le nostre case: "IL SALE".



Il comunissimo sale da cucina, ha origini antichissime, prima ancora di essere usato per cucinare, era un conservante naturale.
Secondo le informazioni che ho acquisito, già nel neolitico, circa 10.000 anni fa circa, l'uomo cominciava la sua evoluzione, da cacciatore diventava anche agricoltore e allevatore, aveva la necessità di poter conservare, sopratutto carne e pesce, e ci riusciva attraverso la salatura degli alimenti.


Il sale, o Cloruro di Sodio, diventava così indispensabile per la conservazione dei cibi deteriorabili, nel corso dei secoli, divenne anche un elemento importante per la cucina, i molti cereali coltivati, erano poveri di sale, per cui iniziò il cambiamento del gusto, affinchè divenne un elemento a cui era impossibile rinunciare, per dare sapore alle pietanze sia nella preparazione che nella cottura.
Quanti cibi devono la loro creazione grazie al sale, partendo dal "Garum"degli antichi romani fatto dalla miscelazione di interiora di pesce con il sale, alla bottarga, al caviale, all'aringa salata, al tabasco, alla pasta d'acciughe, al merluzzo.



E' un composto chimico, esistono tanti tipi di sale, quello usato comunemente in cucina, viene estratto dal mare e viene denominato sale marino, o da miniere terrestri, in questo caso viene chiamato salgemma.

Le popolazioni che abitavano lungo le coste europee in tempi antichi producevano limitate quantità di sale, facendo bollire l’acqua di mare sino ad ottenere la cristallizzazione ed il deposito del sale.
Tutte le civiltà della Terra hanno avuto un rapporto con questo elemento importantissimo, per le nostre diete alimentari: non possiamo vivere senza il comune sale da cucina, in quanto regola molte delle nostre funzioni vitali.




Col passare del tempo grazie l'ingegno dell'uomo comparve un metodo di produzione più veloce: quello delle grandi saline ad evaporazione solare.
L’acqua marina, raccolta in grandi vasche artificiali disposte in prossimità dei litorali, evaporava naturalmente permettendo così la concentrazione del cloruro di sodio.
Estese saline di questo tipo sono note presso le popolazioni italiche, ma furono sicuramente i Romani a fare della produzione del sale una vera e propria industria di cui detenevano il monopolio.
Come ricordano le fonti antiche in molte zone delle coste italiane erano occupate da impianti per la produzione del sale; i più importanti furono, probabilmente, quelli situati vicino a Roma in prossimità delle foce del Tevere. Si tratta delle saline di Ostia e di quelle, di origine etrusca, collocate presso la moderna Fiumicino e note nell’ antichità. Scavi archeologici attualmente in corso intorno all’Aeroporto Leonardo da Vinci (Fiumicino) stanno riportando in luce le canalizzazioni, le vasche di evaporazione e le infrastrutture produttive che costituivano il cuore delCampus Salinarum Romanarum.
Più l'uomo perfezionava la tecnica per la produzione, più miglioravano le tecniche per la conservazione.



Il sale, dunque, condizionò profondamente lo sviluppo delle società antiche; la sua centralità nella vita dell’uomo è largamente testimoniata nella letteratura, nella mitologia e nelle religioni.




I primi ad usarlo furono i Celti, per conservare il cibo, dato che occupavano le terre comprese tra la Francia meridionale e Salisburgo, che erano ricche di sale. In Egitto era importante nel processo di mummificazione.
I Maya, lo usavano mischiato a miele od olio per preparare medicine.
Gli Ebrei e i Greci lo usavano durante i sacrifici, come anche le sacerdotesse romane chiamate vestali che con la salamoia salavano la "mola" ( una focaccia sacra) sacrificale. Furono i Romani e le popolazioni del Salento ad usarlo come moneta di scambio.



Nel mondo romano si offriva del sale ai Penati, spiriti protettori della casa e della famiglia, e veniva dato del sale ai soldati come parte della loro paga (da questo deriva la parola "salario").
Utile per disinfettare, viene usato per purificare
Nella civiltà cristiana si metteva del sale nella bocca del battezzato.
Generalmente la frase " il sale della terra" è il riferimento a qualcosa che aiuta a preservare
Rappresenta la saggezza, l' incorruttibilità, l' eternità. La frase avere un sale in zucca, è sinonimo di acume, di responsabilità nell'agire, oppure si è soliti dire usare "con un pizzico di buon senso".
Se scagliato porta sfortuna agli altri, se fatto cadere per terra a noi stessi (in quanto era costoso).
Nell’epoca delle colonizzazioni gli schiavi venivano comprati anche con blocchi di sale.

l monaci nel medioevo portavano i malati nelle caverne di sale e lasciavano che respirassero particelle di sale. 
Si metteva nelle culle per proteggere i neonati, nella tasca sinistra dello sposo (nei Pirenei), sulle scarpe della sposa (in Germania), sul palcoscenico per proteggere gli attori (in Giappone).
Quante parole latine hanno la stessa radice della parola" Sal: salve (augurare un'ottima salute),salus (salute), salubritas (sanità), salario, salsiccia, salame (dal latino salare) e persino insalata (dall'uso degli antichi romani si salare le verdure per attenuarne il gusto amaro).
Anche il nome della città austriaca di Salisburgo deriva da Sal per le sue miniere di sale, come anche l'Alsazia che era chiamata "Terra del Sale".
Il sale ha da sempre creato un contatto tra le varie culture: quelle capaci di produrlo potevano offrirlo a quelle carenti, stabilendo rapporti commerciali.
Ben nota è anche la strada che proprio dal sale prendeva il suo nome, laVia Salaria, attraverso la quale questo prodotto giungeva da Roma sino alle zone più interne della penisola.
Ma non era la sola via del sale, erano considerate vie del sale anche le rotte di navigazione, utilizzate nell'antichità dai mercanti.




Marco Polo racconta, nel Milione, come il sale fosse moneta di scambio al pari dell’oro e di fondamentale importanza nell’economia della Serenissima che lo commercializzava tracciando delle vere e proprie “rotte del sale”; ancor’oggi si possono ammirare i Magazzini del Sale opera di ingenti dimensioni costruita nel punto strategico della città e adibita all’approdo delle imbarcazioni della potente repubblica marinara.

n Italia i popoli emiliani, lombardi, e piemontesi avevano ognuno una propria rete per spostarsi, dai vari centri abitati, punti di partenza delle pianure e delle colline, si sono andati formando dei sentieri, delle vie, delle mulattiere, attraverso le quali gli uomini dell’entroterra viaggiavano per andare a comprare il sale dagli uomini di mare. Erano dunque degli stretti sentieri, impercorribili con i carri, che arrivavano a tratti fin sopra il crinale delle montagne.




Per percorrerli gli uomini erano soliti fare uso dei muli, trasportavano merci riso, vino, lana e armi,che barattavano con l'oro bianco così definito.
Insieme al sale, giungevano a nord anche il pesce e l'olio e le acciughe ecco perchè se ne trovano così tante nella "bagna cauda!"
Le vie del Sale principali partono dal Piemonte, a sua volta collegato con la Provenza, dall’Emilia, dalla Lombardia , scendendo a Domodossola, risalendo la Valle Bognanco, superando il passo del Sempione per raggiungere Briga nel Cantone svizzero Vallese,

Mettendo in comunicazione la Pianura Padana con la Liguria, i sentieri erano snodo di incontri tra le varie regioni.
In epoca medievale questa strada oltrepadana era diventata particolarmente importante; i commerci si accrescevano e le famiglie potenti, come i Malaspina, si arricchivano, considerando che il sale era paragonato come valore all'ambra, alle spezie e alla seta. Ne approfittavano chiedendo ai passanti e ai commercianti il pagamento di dazi e gabelle, tanto era il valore delle merci trasportate, tanto si doveva pagare.






















Fino al 1975, in Italia, si pagò un'imposta sul sale.

La Via del sale nel suo tratto più facilmente percorribile, che dall’ abitato di Varzi porta a Genova, è diventata un luogo di transito per pellegrini e amanti della natura,nonché punto di interesse per storici e appassionati del territorio. Sono necessari tre giorni, tra rifugi dimenticati e piccoli borghi, con il silenzio, la natura incontaminata e le viste spettacolari dalle piccole montagne.



Esistono in commercio più tipi di sale, dalle caratteristiche differenti quali il colore, la capacità di salare, la percentuale di altri elementi (potassio, magnesio), e dalla provenienza.
I più conosciuti sono quello
rosa dell'Himalaya, quello azzurro dell'Iran, quello hawaiano rosso(ALEA ROUGE dal profumo di nocciola) o nero (di origine lavica), quello viola indiano(digestivo) o quello affumicato americano.
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venerdì 20 giugno 2014

L'educazione

L'EDUCAZIONE

Chi mi conosce sa, quanto io sia arrabbiata con l'alcool, chi mi frequenta sa che io non bevo assolutamente nulla di alcolico, che non tengo alcool in casa e che mi da fastidio, molto fastidio, vedere gente bere vino e alcolici in genere.


 Tutto questo, nel mio caso, ha una motivazione di fondo, proprio in occasione di uno dei miei scritti contro l'alcool una signora che mi ha letto, abitando nella mia città mi ha contattato.
Inizialmente è stato uno scambio reciproco per lo più telefonico, quando parlavamo al telefono ero un po' risentita perchè questa persona, sembrava non voler capire le mie motivazioni, avevo trovato modo anche di farglielo notare.  Un giorno ci siamo incontrate a Como, abbiamo iniziato a chiacchierare.


E' una donna di una certa età, in pensione, da qualche annetto, che proprio per sentirsi viva e attiva, attraverso l'università della terza eta ha ottenuto ben 3 lauree.
Le ho detto:" Io sono Cenerentola, al Suo cospetto!"
Così mi ha spiegato la sua vita, era una dirigente di settore in un ente statale, veniva da una famiglia benestante di Menaggio, già ai suoi tempi aveva conseguito un diploma di contabilità avanzata.
Ha sempre mantenuto il lavoro, pur avendo una famiglia numerosa, di cinque figli, un maschio e quattro femmine, rimasta vedova molto presto mi racconta che la sua casa era gestita come una caserma, ognuno di loro dal più grande al più piccolo aveva dei compiti da svolgere per il funzionamento della normale vita quotidiana. Dice di aver avuto come educazione famigliare il rispetto, per la fatica di tutti.
Pur non avendo avuto grossi problemi economici, ha dovuto fare tanti sacrifici, perchè essere dirigente donna a quei tempi non era facile, di essere riuscita a far studiare con buonissimi risultati tutti i suoi figli.
Che oggi ringrazia ,racconta con orgoglio che erano bravi e responsabili, ma non erano dei Santi, qualche marachella la combinavano.


Vedere questa donna così equilibrata, sembra che le difficoltà non l'abbiano nemmeno sfiorata, e lo faccio presente.
La sua risposta non è fatta di parole, scuote la testa.



Fra le tante cose che ci siamo dette quel giorno, ha parlato volutamente dell'educazione, non l'educazione intesa come rispetto, ma l'educazione al lavoro degli altri, al non eccedere.



Insegniamo ai nostri figli, come si sta a tavola, come si sta seduti, come si parla, ma non insegniamo loro l'educazione al non eccedere.




Io sono diventata un'estremista contro l'alcol, l'ho bandito dalla mia vita e vorrei bandirlo dalla vita degli altri.


La signora mi parla di rispetto alla fatica.
Mi parla delle viti, che diventano uva, e che da uva poi diventano vino.


Della fatica, del lavoro, dell'impegno, di chi fa questo tipo di lavoro.
Mi parla delle cure, degli studi, delle ricerche, che chi vuole fare un buon vino, deve affrontare. Senza tener conto che basta un periodo di brutte condizioni atmosferiche per danneggiare il lavoro di un anno.


Ho pensato avesse una attività inerente al vino, mi ha risposto che adora la poesia che c'è dietro lo sforzo, il credere ancora nelle origini della terra e di quello che ci da, tutto quello che ancora ci da.


Parla di moderazione.
Ma come è possibile insegnare la moderazione, in questo mondo dove sono gli eccessi che ormai fanno notizia?
Questa signora, molto simile nei modi alla Signora Levi-Montalcini per la delicatezza che ha, e pratica come Margherita Hack, preparata e convinta che dovremmo insegnare la moderazione come educazione ai nostri figli. Per lei è importante insegnare anche la moderazione economica, le tangenti , gli imbrogli economici, sono il frutto di un eccedere a livello economico, e di potere. Eccedere credendo di essere furbi, equivale ad essere stolti perchè non si mette nel conto che prima o poi gli eccessi si pagano. Tutto molto semplice e lineare.


Non è detto che io abbia cambiato il mio modo di pensare, riguardo all'alcol , forse grazie a questi scambi di opinione posso dire di aver preso in considerazione, anche un'altro aspetto. L'impegno lavorativo, lo sforzo economico che sta dietro ad una bottiglia di buon vino. Sono disposta a comprendere che chi beve moderatamente un bicchiere ai pasti, non è una calamità per la società.
Continuerò a combattere contro l'abuso di alcol, continuerò a non bere, e a chiedere di usare la testa non solo la gola .


Spero di continuare a rapportarmi con chi mi insegna cose ogni giorno, e sempre che riesca a raggiungere la pensione, chissà che non possa laurearmi anche io, un'altro sogno che metterò nel cassetto... grazie





giovedì 19 giugno 2014

ISTAMBUL RACCONTATA IN POCHE PAROLE

Istambul raccontata 


Istanbul, ha una storia di più di 2.500 anni, è situata su una penisola circondata dal Mar di Marmara, dal Bosforo e dal Corno d'Oro.
Unica città al mondo a cavallo tra due continenti, divisa quattro settori principali : il Parco Archeologico (Piazza Sultanahmet e l'area circostante), la Moschea di Solimano, la Moschea del quartiere di Zeyrek (in precedenza Chiesa di Cristo Pantocratore) e l'area circostante di tutela e le mura della città di Istanbul.
E' una città santa, dove moschee, chiese e sinagoghe vivono fianco a fianco proclamando la loro fraternità. Famosa per i suoi palazzi, le ville e gli edifici monumentali : ciascuno, un esempio unico, degli stili architettonici ereditati dagli Ottomani.
Il Palazzo Topkapi si trova sul Corno d’Oro a due passi da Santa Sofia e dalla Moschea Blu. L’intera area del palazzo, viste le sue grandi dimensioni, occupa da sola buona parte del promontorio. In passato era usato non solo come residenza privata del sultano, ma anche come luogo del potere, non a caso per tre secoli è stato il centro politico dell’Impero Ottomano.


Si compone di quattro corti progressive : le più esterne erano destinate alla vita pubblica e politica, mentre quelle più interne erano private del sultano.
La prima corte
ospitava le guardie del palazzo, mentre la seconda era uno spazio semi pubblico dove si svolgevano le attività di governo. 


porta della felicità

Nella seconda corte c’è anche l’accesso all' harem, e ai locali delle immense cucine dove si preparavano pranzi e cene per l’enorme quantità di persone che abitavano il palazzo.
La terza era la zona personale del sultano, dove accoglieva ambasciatori e diplomatici da ogni parte del mondo, ma con i quali non parlava se non tramite la mediazione dei suoi visir (era impensabile che si rivolgesse direttamente ad una persona di nazionalità diversa da quella turca) . Ora in questa corte ci sono delle esposizioni di abiti, armi, gioielli e pietre preziose dell’epoca.
La quarta corte il giardino terrazzato che si affaccia sul Bosforo



giardini

Mentre l'harem merita un discorso a parte: si trova in una zona distinta e per accedervi è necessario pagare un ulteriore biglietto
L’harem era la zona del palazzo dove vivevano le tantissime moglie concubine del sultano, con gli innumerevoli figlie e le schiave, inoltre c’era anche una zona completamente dedicata agli eunuchi che erano i guardiani dell’harem. Storie di donne, concubine, sultani ed eunuchi…Ma era la mamma del sultano che decideva con quale delle mogli, il sultano dovesse passare la notte.
Le moschee di Istambul:
Tutte le volte in cui entro in una Chiesa la prima cosa che mi capita di fare è di guardare in alto, in una moschea ad Istanbul guardare in alto mi veniva spontaneo, forse è un’abitudine, credenti o meno, ho notato che molte persone quando entrano in una chiesa o in un'altro luogo di culto, guardano in alto, forse nel nostro inconscio, vogliamo credere a qualcosa che sia al di sopra di noi.
Nelle moschee di Istambul, sedersi a terra, guardare i grandi soffitti e le cupole e stare lì in silenzio per un po’, è quasi una fatto normale, il bisogno di un po’ di riposo, di ammirare i bellissimi affreschi, o solamente fare il turista col naso all'insù, oppure per fermarsi a riflettere.

moschea blu

La Moschea Blu, la Moschea del Sultano Ahmet, è la più affollata, ma molto spesso il chiacchiericcio quasi per magia si zittisce, e si riesce ad ammirare i bellissimi affreschi solo per qualche attimo.
Le pareti sono tappezzate di piastrelle recitanti versi del corano e rendono l'ambiente molto suggestivo, oltre 21.000 piastrelle in maioliche di Iznik dalle diverse tonalità di azzurri e blu ricoprono l’interno della moschea trasformandola in una vera e propria opera d’arte.




le decine di lampade che scendono dall’alto a formano cerchi di luce rendendo ancor più bello e suggestivo l'intero contesto.
Con i suoi imponenti minareti e la forma aggraziata, la moschea venne realizzata dal sultano esattamente di fronte ad Aya Sofia per competere in bellezza e grandiosità con l’opera di Giustiniano.
E' la più grande e maestosa moschea di Istanbul, elegante e suggestiva. La luce che filtra dalle moltissime finestrelle dai vetri colorati regala un'atmosfera magica.
Situata al centro della piazza di Sultanahmet, questa moschea è il vero e proprio simbolo di Istanbul. Punto di riferimento sia per i turisti che per gli abitanti della città. Unica nel suo genere. Il giardino esterno è ben curato (come tutti i parchi presenti a Istanbul) e l'interno è ancora più spettacolare. Si entra naturalmente scalzi, le donne anche con il velo e i pantaloni lunghi.



La Moschea Rüstem Pasha è talmente bella, un piccolo capolavoro di architettura ottomana, un pò difficile da raggiungere, alle spalle del mercato delle spezie, ma vale la visita. un vero gioiellino di ceramica nascosto nel caos di questo quartiere.



La Moschea di Solimano collocata in cima ad un colle, poco distante dal gran bazar, gode di una posizione fantastica, Anche se molto simile alla moschea Blu o alla moschea Nuova, è forse la più bella delle tre e sicuramente meno affollata! E' bellissimo ammirarla anche dal ponte di Galata, dove il suo profilo svetta 
imponente.






Ma è la chiesa – moschea, ora museo, la Basilica di Santa Sofia (Ayasofya)
La basilica di Santa Sofia e' decisamente molto bella. I mosaici sono stupendi e la visita interessante. Importante monumento che si trova a poche centinaia di metri dal Palazzo di Topkapi, imponente, con all'interno una commistione di stili e reperti sia cristiani che musulmani, arte e storia unite da due religioni che non si sono sovrapposte una all'altra. Davvero originale Il miḥrāb (costruito in direzione della Mecca) che non coincidendo con il vecchio altare, risulta invece decentrato. Ad ogni modo Il risultato di questa fusione di stili e culture è eccezionale. Nessun posto al mondo racchiude in se tanto fascino



La Cisterna basilica, un luogo fantastico, le luci l'ambiente molto particolare l'effetto è davvero suggestivo.
 Una cisterna sotterranea costruita dall'impero romano, che in passato raccoglieva le acque da fornire a tutta la città.
Più di 300 colonne immerse nell'acqua, che gocciola anche dal soffitto. Un'atmosfera magica, immersa nel buio più totale del sotterraneo illuminato da alcune luci artificiali. L'enorme distesa di acqua, le colonne che vi emergono,le passerelle sull'acqua, i pesci che si vedono sott'acqua e al termine del percorso le teste di Medusa che sorreggono le colonne.



Il Gran Bazar è considerato il più grande mercato coperto del mondo. Una curiosità: sembra che i sultani amassero passeggiarvi in incognito, non solo per osservare la merce esposta, ma anche per sentire i commenti del popolo sul loro operato.Il Gran Bazar rispecchia sostanzialmente la sua architettura originaria. Conta 12 accessi principali e altri 20 secondari. Si sviluppa su una superficie di 200 mila metri quadrati e conta circa 4000 esercizi commerciali. Qui gli odori i colori, i profumi delle spezie,inebriano l'olfatto e la vista, mentre non si può fare a meno di assaggiare i pistacchi, nel gran bazar si incrociano i colori delle pelli,e il brillare di anelli e collane orologi e pentolame di rame.


Non si può fare a meno di assaggiare un thè alla menta sulle rive del Bosforo nei tanti chioschi del quartiere Ortakoy, visitare i quartieri di Galata (fondato dai Genovesi dopo la quarta crociata) e di Pera (che risale al 19° sec.), che nel complesso formano la parte della città denominata Beyoğlu.

Fare ungiro sulla sponda Turca della città precisamente nel quartiere di Kadikoy.
La crociera sul Bosforo, Il modo migliore per apprezzare le due sponde è quella di imbarcarsi su uno dei tanti traghetti che solcano le sue acque.
Con il vento in faccia, i tempi rallentati e qualche ora a disposizione si ha il modo di osservare la costa di Istanbul e di ammirare le costruzioni sulle rive, i colori del mare e della vegetazione, i palazzi e le residenze da una prospettiva assolutamente particolare.
La sera al ritorno ammirare dal ponte di galata che unisce le due sponde il tramonto è uno spettacolo suggestivo.



Il giorno successivo calarsi nel cuore commerciale della città, Istiklal Caddesi, ascoltare un concerto di un gruppo musicale di strada per immedesimarsi l'intensità della musica turca, mangiare un kebab (Doner Ekmek) l'hot dog turco, nei chioschi di Besiktas.



Non può assolutamente mancare un bagno turco di Cagaloglu, dove il bagno turco è un rito che da 300 anni, viene tramandato, per poi cenare in un ristorante con la magnifica vista sul Bosforo, assaggiare i famosi dolci ricchi di miele




 e mentre si passeggia per l'ultima sera farsi rapire dallo spettacolo dei dervisci rotanti.

Ma Istambul ha un filo particolare che lo lega all'Italia, Monsignor Roncalli, divenuto poi Papa Giovanni 23°, che nel novembre 1934, mons. Roncalli riceve la nomina a delegato apostolico in Turchia e in Grecia, con residenza stabile ad Istanbul. La vita religiosa in questi paesi dove i cattolici sono una esigua parte non è facile. Pochi mesi dopo l'arrivo ad Istanbul di mons. Roncalli, il Governo Turco emana una legge che proibisce ai sacerdoti l'uso dell'abito sacro; non viene riconosciuta ufficialmente l'esistenza della rappresentanza pontificia, così il delegato deve sempre stare in guardia per non rischiare di venire accusato di trasgredire in qualunque modo le leggi dello Stato. Praticando la pazienza e la carità in un modo fuori del normale, agendo sempre con la massima prudenza e riuscendo ad appianare non poche difficoltà. La basilica di Sant'Antonio di padova, in turco Sent Antuan Bazilikasi, è il più grande luogo di culto cattolico di Istanbul, situato nel distretto di Beyoglu
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Mantenendo attivamente le relazioni amichevoli con i rappresentanti delle Chiese ortodosse.
In Turchia, e soprattutto in Grecia, prosegue questo apostolato ecumenico: "Tutto quello che era cristiano l'attirava, Egli batteva alla porta dei monasteri e delle chiese ortodosse, per ammirare e venerare le antiche icone, i meravigliosi mosaici, i manoscritti degli antichi tempi. Andò anche a visitare i monaci del Monte Athos, tutti stupiti di vedere in mezzo ad essi il rappresentante del vescovo dell'antica Roma". Visita pure il patriarca ortodosso di Costantinopoli nella sua sede del Fanar e vuole dare alle cerimonie cattoliche una maestà liturgica che favorevolmente impressiona i fratelli d'Oriente. Quando Pio XI muore, nella cattedrale cattolica di Istanbul vengono invitati, per il pontificale in suffragio del defunto, tutti i rappresentanti delle Chiese ortodosse e cattoliche orientali; il rito si svolge con uno splendore mai visto ad Istanbul e mons. Roncalli vuole che, al termine del pontificale, le cinque assoluzioni al tumulo, in uso per la morte di un Papa, vengano date, oltre che da lui personalmente, da quattro rappresentanti dei riti orientali.

L'ultima tappa per me è stata la stazione Sirkeci, dove hanno allestito un museo con cartelli e divise che ricordano l'Orient Express,
Il treno di lusso che collegava Istambul a Parigi,che permise alla Turchia di allacciare scambi non solo diplomatici, ma anche turistici e industriali, trasformando Istambul in una delle mete più ambite.




Il giorno successivo per l'ultima volta ci sveglia il canto del muezin che richiama i fedeli alla preghiera, sono le cinque del mattino questo canto per sette giorni ci ha accompagnato.
Istambul suoni colori profumi di spezie e tante cose da vedere.

il mercato delle spezie 




un, sulle rive del Bosforo