IL LAVORO E LE EX COLLEGHE
Ho iniziato a lavorare presso una rinomata tessitura serica della mia zona, nel lontano 1976, quel giorno eravamo veramente in tante ragazzine, in fila indiana passavamo davanti ad un signore anziano che ci guardava le mani, e poi ci indirizzava da un'altra persona, nel mio caso una signora, che mi ha accompagnato, nel reparto preparazione, si chiamava Renata, l'unica cosa che mi ha detto: "qui non si parla, si guarda, si ascolta, e sopratutto non si risponde ai superiori, non mi aveva nemmeno chiesto come mi chiamassi.
Ho iniziato a lavorare presso una rinomata tessitura serica della mia zona, nel lontano 1976, quel giorno eravamo veramente in tante ragazzine, in fila indiana passavamo davanti ad un signore anziano che ci guardava le mani, e poi ci indirizzava da un'altra persona, nel mio caso una signora, che mi ha accompagnato, nel reparto preparazione, si chiamava Renata, l'unica cosa che mi ha detto: "qui non si parla, si guarda, si ascolta, e sopratutto non si risponde ai superiori, non mi aveva nemmeno chiesto come mi chiamassi.
Dopo quel
giorno in cui avevo imparato a fare i nodi principali, mi mandarono
alla roccatura e alla binatura dei filati, ma dovevo consegnare anche
le spole ai telai, le spole le preparava una signorina di nome
Graziella, che correva di qua e di la e io, non ci capivo nulla, poi
al cambio di turno nel pomeriggio, alle spole affiancavo la signora
Mariuccia, era molto severa, ma più organizzata, si criticavano
l'una con l'altra, naturalmente sempre quando una delle due non era
presente.
Una settimana
dopo, venivo spedita alla roccatura sui rocchelloni di legno che
servivano all'orditura.
In questo nuovo
posto lavoravo con la signora Cesira,
era una persona
anziana, che non vedeva l'ora di arrivare alla pensione, si cambiava
il turno con Maria una ragazza poco più grande di me.
Con Maria
siamo diventate amiche, ma è stata molto sfortunata, ci ha lasciati
già da qualche anno ammalata di sclerosi multipla.
Ho girato per
tutti i macchinari del reparto " preparazione" finchè
sono arrivata all'orditura, o reparto ordimento come lo chiamavano.
Mi hanno messo
con una signora che doveva andare in pensione 15 giorni dopo.
Il direttore, mi ha detto che dovevo fare in fretta ad imparare
perchè non poteva lasciare la macchina ferma.
Ho saputo poi
che chi ha imparato prima di me stava 6 mesi per imparare e poi
provava, per me non è stato così .
Ricordo ancora
quel primo giorno, si stava ordendo una pezza di 10966 fili di seta, organzino 40/44 bianco, un filo si è rotto io non lo avevo visto, ho
preso una sgridata dalla signora Iole, così si chiamava, perchè
dovevo vederlo, " Sveglia, sveglia, io non voglio nessuno qui
con me che dorma" mi ha detto da subito.
Era una donna
severissima, quando ha finito di lavorare per stare a casa in
pensione erano tutti contenti perchè se ne andava definitivamente.
Ho lavorato su
di un "orditoio de roulè"inizialmente le catene (pezze
ordite) erano di massimo 100 metri, ed era tutto manuale niente di
elettronico.
La signorina,
che lavorava su questo macchinario, non faceva
vedere nulla del funzionamento della macchina, era gelosa, ma cadendo, si era infortunata un ginocchio, per cui chi doveva subentrare al
posto suo, non conoscendo ne la macchina ne la procedura, si trovava i difficoltà.
Senza nemmeno
capire bene cosa dovessi fare, sono stata spostata dal mio macinino
alla macchina elettronica, era tutto un'altro modo di lavorare, ho
sbagliato parecchie volte, le critiche alle mie spalle si sprecavano.
Non volevo più
andare in fabbrica a lavorare, ma la mia famiglia aveva
bisogno, e non volevano sentire lamentele:
"Il pane
dei padroni ha sette croste, e ancora una crosta piccola, vai non
rispondere e vieni a casa quando hai finito"
Sono rimasta
ventidue anni in quella ditta, nel passare del tempo mi è capitato
ancora di commettere degli errori, ma credo di essere stata una
brava operaia.
Sono cresciuta,
mi sono sposata, sono diventata mamma, mentre lavoravo in quella
ditta, ho pianto, e anche riso, ho ancora delle amicizie, e mi capita spesso di incontrare qualcuno, che proprio non mi piaceva, come io, probabilmente non sono piacevo a loro.
Quando avevo i
bambini piccoli facevo il turno di notte per poter essere a casa di
giorno, come ero sempre stanca, ho fatto questi sacrifici per un po
di anni.
Era un lavoro di precisione, lo è tutt'ora, mi piaceva molto, la crisi ha colpito e ora non lo faccio più, il lavoro che tanto mi ha fatto preoccupare, ma anche gioire quando una buona pezza andava a telaio,
ho ordito tanti tipi di filato, seta cruda, seta tinta in filo, tinta in pasta, crespo a più torsioni, poliestere, acetati, 20 denari, lino e misto lino, nylon stellare, così elettrostatico da far scintille.
Era un lavoro di precisione, lo è tutt'ora, mi piaceva molto, la crisi ha colpito e ora non lo faccio più, il lavoro che tanto mi ha fatto preoccupare, ma anche gioire quando una buona pezza andava a telaio,
ho ordito tanti tipi di filato, seta cruda, seta tinta in filo, tinta in pasta, crespo a più torsioni, poliestere, acetati, 20 denari, lino e misto lino, nylon stellare, così elettrostatico da far scintille.
Gli anni son
passati, mi sembra ieri, con qualche ex collega mi sento ancora, a
volte ci ricordiamo degli aneddoti e ci ridiamo sopra.
Recentemente
siamo state in pizzeria, quante risate quella sera, quanti racconti,
quanta gioventù che è passata, alcune ragazze proprio non le avevo
più viste, mi ha fatto piacere rivederle sicuramente ci ritroveremo
ancora .....
Da come lo descrivi, e da come ne parli con gli amici, eri proprio innamorata del tuo lavoro, purtroppo la vita ci riserva anche queste prove come quella di perdere il lavoro che oltre ha sfamarti ti da anche soddisfazione personale, ma tu ne hai dovute superare tante, anche troppe di queste prove, io ti auguro tutto l'amore e la felicità che meriti.
RispondiEliminaE io farò di tutto per farti felice.
è vero fare un lavoro che piace sopporti meglio tutto il negativo che esso può darti. Tu ne parli con una malinconia che solo la forza maggiore delle cose ti ha impedito di continuare. tu hai amato il tuo lavoro quasi al pari della famiglia, non lo hai scritto ma si legge tra le righe.Donna madre lavoratrice ecco che cosa siamo noi donne due vite parallele che gli uomini non capiscono e non sono degni di noi donne Viva le donne di fabbrica
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